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Le cose che non ti ho detto: un amore che sa di vita vera

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In Le cose che non ti ho detto Grace (Annette Bening) e Edward (Bill Nighy) sono sposati da quasi trent’anni. Vivono a Hope Gap, una piccola città affacciata sulle scogliere inglesi. Nella loro elegante casa piena di oggetti raccolti negli anni Grace passa le se giornate dedicandosi alla sua grande passione, la poesia, e lavora a un’antologia personale. Edward invece continua a insegnare e, nel tempo libero, si diverte a controllare la correttezza delle informazioni pubblicate su Wikipedia.

Un giorno Edward chiama suo figlio Jamie (Josh O’Connor), che vive a Londra, e gli chiede di trascorrere un fine settimana con i genitori, a Hope Gap. Jamie accetta. Ma il giorno dopo il suo arrivo, quasi come una doccia fredda, il padre gli confessa di voler lasciare la moglie e di volersi trasferire a casa di Angela (Sally Rogers), madre di un suo studente e di cui è innamorato.

A nulla servono i tentativi di Jamie, che cerca di convincere il padre a desistere. Edward parte. Il ragazzo torna nella capitale e, a fatica, prova ad accettare la separazione dei genitori, che lo spinge a riflettere sulla sua esistenza. Sempre più spesso fa ritorno nella cittadina di origine e aiuta la madre Grace, devastata dal dolore, a superare il dramma e a ritrovare una sua vita.

Nell’assistere a Le cose che non ti ho detto – su Sky Primafila Premiere, Apple Tv, Chili, Google Play, Infinity, TimVision, Rakuten tv e CG Entertainment a partire dal 29 Maggio 2020 – si ha subito la sensazione di trovarsi davanti ad un racconto drammaticamente e teneramente vero. Un racconto che sembra di aver visto o sentito, tante volte, nella vita reale. Del resto, il plot che prende forma davanti alla macchina da presa di William Nicholson è ispirato all’esperienza intima vissuta dal regista in prima persona.

Il legame con un’esperienza reale e diretta si riflette, oltre che nella trama, nella complessa psicologia di ciascuno dei personaggi. Non ci sono buoni o cattivi. Non ci sono figure banali. Ognuno, a modo suo, ha commesso degli errori. Ognuno soffre e cerca la strada per una nuova possibile felicità.

Nicholson affronta con grande profondità e delicatezza lo shock, il dolore e la rabbia che Grace, Edward e Jamie attraversano prima di trovare una soluzione accettabile all’esperienza vissuta. Le cose che non ti ho detto è un film che si rivela capace di indagare a fondo il concetto di amore e la vita di una coppia che, dopo anni vissuti insieme, vede saltare un equilibrio che sembrava certo ed era, invece, ingannevole. Alla fine però, la rottura e la sofferenza diventano la strada che porta alla consapevolezza e all’accettazione, in cui a fare da collante vi sarà Jamie.

 

 

Valeria Gaetano

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Fabio Zuffanti presenta la raccolta di racconti “Amori elusivi”

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Il Taccuino Ufficio Stampa

Presenta

 

Amori elusivi di Fabio Zuffanti

Lo scrittore e musicista genovese Fabio Zuffanti presenta la raccolta di racconti “Amori elusivi”: una serie di venticinque istantanee che fissano su pellicola la realtà delle relazioni interpersonali, e in particolare di quelle amorose, utilizzando il filtro del surreale e dell’ironia. Sono racconti malinconici, a volte grotteschi; altri sono esilaranti, spesso agrodolci e attraversati da un profondo senso di inquietudine. In situazioni bizzarre al limite del parossismo così come nelle storie più lineari, tante sono le domande sull’amore alle quali né l’autore né il lettore riescono a dare una risposta. Perché forse, semplicemente, una risposta non c’è.

 

Titolo: Amori elusivi

Autore: Fabio Zuffanti

Genere: Raccolta di racconti

Casa Editrice: Les Flâneurs Edizioni

Collana: Bohemien

Pagine: 122

Prezzo: 10,00 €

Codice ISBN: 978-88-313-14-237

 

«Dischiude leggermente le gambe, ha bisogno di sentirsi posseduta dal dolore fisico per poterne scacciare un altro molto più intenso che la sta erodendo. Questo vago senso di smarrimento che la accompagna ogni giorno da tempo, ma solo stasera, con un “clic”, ha cominciato a sbocciare annunciando l’inizio della fine, la trasformazione di quella torbida malinconia in infelicità. Apparentemente non c’è nulla che non vada, non ha nulla di cui lamentarsi. Nonostante ciò l’avvoltoio dello scontento si poserà sulla sua esistenza e su quella della sua famiglia per lacerarne i contorni e disgiungere ciò che fino a quel momento è stato unito […]».

Amori elusivi è una raccolta di racconti brevi scritta da un autore, Fabio Zuffanti, che è anche un ottimo musicista. E si può infatti avvertire storia dopo storia come la musicalità delle parole e delle atmosfere sia orchestrata da un professionista, che sa agganciarti sin dalle prime note, che sa scandire il ritmo togliendo il respiro, che sa gestire il crescendo e le variazioni. Solo verso il finale, quando la composizione esige una risoluzione, l’autore sveste i panni del musicista per rimettersi quelli più ampi e comodi dello scrittore, e con una piccola dose di sadismo decide spesso di non chiudere i giochi, lasciando al lettore l’arduo compito di trarre le proprie riflessioni. Un lettore sempre in bilico sulla voragine aperta da storie che scavano dentro, scritte con originalità di intenti e di stile: passando dalla prima, alla seconda, alla terza persona, sperimentando sulla struttura narrativa, manipolando ad arte la caratterizzazione dei personaggi. Racconti che scorrono come fotogrammi vividi di un unico film che parla d’amore, declinato in tutte le sue forme. Piccoli frammenti di vita che possono essere profondamente surreali come nel racconto Lo strano caso di Juan Carlos Álvarez, dolorosamente realistici come nel racconto Clic, ironicamente grotteschi come nel racconto Capelli, sottilmente perturbanti come nel racconto C’è romanzo e romanzo. L’autore presenta un “umanissimo” bestiario di personaggi che sembrano fin troppo familiari anche nelle loro bizzarrie, nella loro illogicità, nel loro autolesionismo a volte tristemente consapevole. Sono personaggi che noi conosciamo bene, incontrati davanti allo specchio o vagando nel mondo esterno; sono protagonisti di storie che, anche quando sfiorano i limiti dell’assurdo, parlano dei piccoli e grandi affanni, delle paure e delle ossessioni, della lucidità e della follia, delle meschinità e degli inganni di noi meravigliosi esseri umani. Come il tassista riservato della sua ultima storia, così Fabio Zuffanti ha scelto un privilegiato punto di vista per avere la libertà di raccontare la sua idea di umanità, quella che lo stimola, che tortura i suoi pensieri, che si mostra fugacemente a chi ha la forza di osservarla senza schermi protettivi. Amori elusivi è un’opera malinconica e lucida che svela i paradossi dei nostri tempi: il cancro aggressivo dell’incomunicabilità in una società iper connessa, e la conseguente sfuggente realtà delle relazioni affettive. L’amore è il macro tema di questa raccolta, che da tempo immemore viene citato in ballate, canzoni, romanzi, dipinti, film; eppure questo amore “che move il sole e l’altre stelle”, che diventa concreto e conoscibile perché tutti ne parlano, si trasforma in questi racconti nel più enigmatico e aleatorio dei sentimenti. E alla fine ci si domanda se non sia solo un’illusione come tante altre, o forse la causa della sua elusività risiede nella paura: come nel racconto La seconda volta, solo chi avrà il coraggio di aprire la porta all’amore potrà infine afferrarlo.

 

TRAMA. Si dice che l’amore muova il mondo, ma non sempre tesse l’idillio. Quando incomprensioni, ostacoli, assur­dità deviano il percorso delle cose, quando ci si perde nei labirinti mentali, l’amore si fa sfuggente, rimane un sentimento sfiorato ma mai posseduto, mai goduto a pieno. Un libertino incallito decide di costruirsi una fa­miglia modello ma si trova a fronteggiare una donna dalla personalità multipla; una donna con una spiccata predilezione per i capelli trova un uomo dalla splendi­da chioma che pagherà le conseguenze di questa os­sessione; una moglie legge un romanzo in cui è narrata la sua vita nell’istante esatto in cui sta accadendo… In questi racconti surreali, in cui il sentimento amoroso non ha mai occasione di sbocciare completamente, l’autore descrive con delicatezza i paradossi e il lato più grottesco delle relazioni umane, che provano a funzio­nare ma che inciampano costantemente nella propria imperfezione. Una galleria di personaggi e di storie, di frammenti di vita quotidiana, si snoda con infinite sfu­mature fra il realistico e il fantastico, mostrando, con uno sguardo ironico e malinconico, istantanee del no­stro tempo effimero e dell’illusorietà delle cose umane.

 

L’AUTORE È DISPONIBILE A RILASCIARE INTERVISTE

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BIOGRAFIA. Fabio Zuffanti (Genova, 1968) è narratore, saggista, musicista e pro­duttore. Ha inciso album da solista, con band quali Finister­re, Maschera di Cera, Höstsonaten e con svariati altri progetti. Ha all’attivo una fitta attività concertistica in tutto il mondo. È autore di saggi musicali, tra i quali si ricorda la biografia “Battiato: La voce del padrone” (Arcana Editrice, 2018) e di un volume di racconti, “Storie notturne” (Ensemble edizioni, 2018). Il suo ultimo lavoro è la raccolta di racconti “Amori elusivi” (Les Flâneurs Edizioni, 2019). At­tualmente scrive di musica per «La Stampa» e per «Rol­ling Stone Italia».

Per ulteriori approfondimenti: https://it.wikipedia.org/wiki/Fabio_Zuffanti

 

LA CASA EDITRICE. Les Flâneurs Edizioni nasce nel 2015 grazie a un gruppo di giovani amanti della Letteratura. Il termine francese “flâneur” fa riferimento a una figura prettamente primo novecentesca d’intellettuale che, armato di bombetta e bastone da passeggio, vaga senza meta per le vie della sua città discutendo di letteratura e filosofia. Oggi come allora, la casa editrice si pone come obiettivo la diffusione della cultura letteraria in ogni sua forma, dalla narrativa alla poesia fino alla saggistica, con indipendenza di pensiero e occhio attento alla qualità. Les Flâneurs Edizioni intende seguire l’autore in tutti i passaggi della pubblicazione: dall’editing alla promozione.

 

 

Contatti

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IL TACCUINO UFFICIO STAMPA

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Antonella Betti presenta il saggio d’inchiesta “Vite strappate in Italia dagli anni ’70 ad oggi”

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Il Taccuino Ufficio Stampa

Presenta

 

Vite strappate in Italia dagli anni ’70 ad oggi

di Antonella Betti

La scrittrice e assistente sociale romana Antonella Betti presenta “Vite strappate in Italia dagli anni ’70 ad oggi”, un libro autobiografico d’inchiesta in cui espone un’appassionata difesa dell’infanzia rubata attraverso il racconto di storie vere e della sua esperienza personale. Con partecipazione e professionalità l’autrice parla del dilagante fenomeno degli allontanamenti coatti dei bambini dalle loro famiglie d’origine, e della piaga delle adozioni e degli affidi gestiti da enti istituzionali disonesti, che hanno interesse solo nel guadagno e non nel benessere del minore.

 

Titolo: Vite strappate in Italia dagli anni ’70 ad oggi

Autore: Antonella Betti

Genere: Narrativa-inchiesta

Casa Editrice: Editrice Italia Semplice

Pagine: 268

Prezzo: 16,00 €

Codice ISBN: 978-88-942-37-160

 

«Da circa 40-50 anni, i giudici non sempre troppo ‘super-partes’, con un team multidisciplinare composto da: assistenti sociali, psicologi, psichiatri, ‘sequestrano’ i bambini con l’inganno e futili motivi. Sebbene però le madri naturali-biologiche ed in vita, cercano disperatamente i loro figli/bambini di fatto sottratti dallo Stato ‘illegalmente’, tali bambini attraverso questa macchina/spirale o vanno in adozione (anche appena nati o di pochi mesi) o peggio ancora nelle case-famiglia: di fatto dei ‘lager’ che li accolgono in questo vero e proprio ‘olocausto’ di bambini […]».

Vite strappate in Italia dagli anni ’70 ad oggi di Antonella Betti, dall’illustre prefazione della Senatrice Paola Binetti, è un’opera difficile e dolorosa, che racconta verità agghiaccianti che sono sotto gli occhi di tutti da troppi anni, e da altrettanti sono spesso ignorate. Un’inchiesta esauriente e profondamente sentita da parte di un’autrice che ha vissuto sulla sua pelle un’ingiustizia tremenda, comune a quella delle vite spezzate dall’indifferenza individuale e istituzionale di tanti minori e anche delle loro famiglie, che se li sono visti strappare a volte per futili motivi. Antonella Betti è un’assistente sociale impegnata in prima linea nella difesa dei diritti dei bambini, che da anni si batte strenuamente affinché la fragilità di certi nuclei famigliari venga preservata da un allontanamento forzato dei minori, che potrebbe essere evitato con l’aiuto appropriato; l’autrice chiede a gran voce la verità, per fare finalmente giustizia e cominciare a costruire un futuro migliore. Nel libro si tratta di tutela dei diritti dei minori, diventata ormai un’emergenza “che necessita di studio, consapevolezza, cambiamento delle leggi attuali e tanta sensibilità”. L’allontanamento coatto dalla famiglia d’origine è a volte compiuto senza studiare a fondo la storia famigliare, e senza capire le ragioni effettive dei problemi del bambino; è pertanto necessario acquisire più consapevolezza sulle carenze legislative perché, come afferma l’autrice, ad oggi non si hanno chiari i parametri con cui si giudica l’allontanamento del minore, e non esiste neanche un registro ufficiale dei bambini adottati e affidati. L’inchiesta si occupa anche e soprattutto della piaga del tacito traffico di bambini – e non possono non colpire le parole “sequestrano”, “illegalmente” e “lager” che sono evidenziate nella prima pagina del libro, e che intendono rappresentare la condizione di minori strappati letteralmente dalle braccia dei genitori senza un motivo fondante, e collocati in case-famiglia che in certi contesti lavorano solo con lo spregevole scopo di guadagnare da queste situazioni limite. L’autrice racconta dell’abuso di potere di certi tribunali dei minori, che dagli anni settanta si pensa abbiano sottratto illegalmente circa quarantamila bambini l’anno per alimentare il business delle case-famiglia, che ottengono lauti contributi pubblici per ogni minore, e quello delle adozioni clandestine. Una vera e propria violazione dei diritti umani ad opera di un insospettabile accordo tra tribunali, uffici comunali e case-famiglia, che Antonella Betti continua a denunciare con coraggio, nonostante si trovi davanti il muro di un sistema ancora troppo inattaccabile.

 

 

TRAMA. Sono circa quarantamila i bambini tolti in modo coatto dalle loro famiglie. Nessuno è immune da questo olocausto, da questo scempio che necessariamente deve cessare. Emma e i suoi fratelli e sorelle restano i porta bandiera di tutto questo, nonché le voci più alte di quelle silenziate dal sistema, solo per evitare che tale macchina-sistema finalmente si inceppi e smetta di mietere vittime su vittime. I bambini non sono “bancomat”, sono e restano dei bambini (che devono essere considerati come persone e non come oggetti) che hanno diritto di crescere all’interno della loro famiglia d’origine. È ora di dire basta all’olocausto di bambini, siano essi dati in affido e/o adozione, messi nelle case-famiglia o semplicemente allontanati per futili motivi.

 

 

L’AUTRICE È DISPONIBILE A RILASCIARE INTERVISTE

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BIOGRAFIA. Antonella Betti (Roma, 1982) è un’assistente sociale, giornalista e scrittrice. È laureata in “Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali” e ha conseguito il primo diploma di formazione in “Analisi scena del crimine, criminologia e gestione dell’emergenza” e il diploma di aggiornamento e formazione in “Scienze criminologiche e forensi; violenza, trauma e crimine – protocolli d’intervento e strategie di prevenzione”. Ha fondato nel 2010 l’Associazione di Promozione Sociale “Help & First Aid: Minori e Famiglie Roma” (O.N.L.U.S.) di cui è Presidente & Legale Rappresentante. È da sempre impegnata nell’attività di docenza presso corsi, convegni, seminari ed eventi, svolgendo costantemente la sua professione di assistente sociale ed operatrice socio-sanitaria. Scrive per la testata online di EdicolaWeb.

 

 

Contatti

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In blu-ray il dramma attuale di Sorry we missed you di Ken Loach

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Sempre al passo con i tempi, Ken Loach, che ha cavalcato gli anni portando al nostro cospetto un urlo proletario inevitabilmente fattosi valere nel cinema tramite opere quali Riff-Raff – Meglio perderli che trovarli, Piovono pietre, Terra e libertà e La canzone di Carla, giusto per innalzare ancor più il suo grido di battaglia e protesta contro le ingiustizie della società è tornato dietro la macchina da presa con Sorry we missed you.

Era inevitabile, infatti, pensare che al suo attento sguardo sfuggisse l’attuale settore dell’import/export, sorretto da un sistema gestito da aziende che operano nel campo delle spedizioni e del facchinaggio.

Una tematica che, apounto, approfondisce in Sorry we missed you, ennesima creazione in fotogrammi portata alla luce affiancato dal fido sceneggiatore Paul Laverty, insieme al quale ha concepito un paio di pellicole Palma d’ordo come Il vento che accarezza l’erba e Io, Daniel Blake.

In questo caso viene raccontata la vicenda di Ricky (Kris Hitchen), sommerso dai debiti dopo il crack finanziario del 2008 e che, per sbarcare il lunario, trova un nuovo lavoro per una nota azienda con lo scopo di rimediare un furgone e immergersi nel trasporto pacchi, trascorrendo intere giornate in giro per Newcastle a bordo del mezzo.

Tali ritmi, però, non gli consentono di stare insieme ai suoi familiari, tanto che anche sua moglie Abbie (Debbie Honeywood) lavora continuamente come badante in orari diversi e, per entrambi, non vi è modo di crescere i figli: l’adolescente turbolento Seb (Rhys Stone) e la piccola Liza Jae (Katie Proctor).

E Loach l’arrabbiato si aggiorna con questa commovente storia familiare, immergendo un nucleo inglese domestico nel cinismo dei tempi che corrono, sempre più mirato al commercio spietato e privo di etica esistenziale.

Sorry we missed you è un sincero spaccato che colpisce nel segno, analizzando ciò che proprio non riesce ad aggiustare i rapporti umani di oggi, e alza il tiro analizzando l’impossibilità di tenere unita una famiglia nel terzo millennio.

L’odissea del Rick di Hitchen è un espediente che il regista di My name is Joe utilizza per approfondire al meglio un dramma odierno, puntando il dito sulle multinazionali che basano il proprio profitto sullo sfruttamento di corrieri sempre in movimento (ogni riferimento a noti brand multimediali non è puramente casuale) e commovendo non poco lo spettatore, coinvolto dalla dura situazione riportata, destinata ad abbracciare anche la situazione della badante Abbie di una bravissima Honeywood.

Sorry we missed you è edito in blu-ray da Lucky red, corredato di extra che aspaziano dal making of (cinque minuti di durata) alla conferenza stampa svoltasi presso la Cineteca di Bologna in presenza di Loach stesso (diciannove minuti), passando per il trailer.

 

 

Mirko Lomuscio

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Nasce Più Compagnia, la sala virtuale che parte dalla Toscana

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Nasce Più Compagnia, uno spazio virtuale con il cinema al centro, unico in Italia nel suo genere, con un programma ed eventi di letteratura, teatro, musica e danza, per un progetto di Fondazione Sistema Toscana e Regione Toscana.

Più Compagnia si presenta come una sala cinematografica virtuale del Cinema La Compagnia, la Casa del cinema della Toscana, per raddoppiare, online, la proposta culturale declinata in varie forme, fruibile con qualsiasi dispositivo connesso. Alla sala virtuale si potrà accedere direttamente dal sito www.cinemalacompagnia.it: l’utente troverà le offerte dettagliate con didascalie e spiegazioni, orari e prezzi, in cui si potrà muovere liberamente scegliendo “lo spettacolo” preferito. A differenza delle altre proposte in streaming Più Compagnia proporrà degli orari ben definiti “come se si andasse fisicamente al cinema” (anche l’impostazione grafica evocherà l’entrata in sala). La bigliettazione è aperta dal 22 Maggio 2020, con modalità di pagamento online.

Il nome nasce proprio per spiegare il senso multidisciplinare del progetto, evidenziando allo stesso tempo l’intenzione di affiancare (e non sostituire) alla sala tradizionale uno spazio in più dedicato ai contenuti culturali proposti da La Compagnia e dai festival. Il progetto, infatti, nasce nella prospettiva di essere stabile e duraturo nel tempo, destinato ad accompagnare la programmazione in sala, anche quando sarà terminata la fase dell’emergenza sanitaria, per arricchire l’offerta culturale verso il pubblico toscano e non solo.

Il viaggio di Più Compagnia parte con la letteratura e il prestigioso premio Premio Gregor von Rezzori alla XIV edizione (dal 26 al 28 Maggio) con incontri, conversazioni e lecture ad ingresso gratuito con ospiti di prestigio come, tra gli altri, Fabrizio Gifuni e Ralph Fiennes. Spazio ai documentari nella sala virtuale con una selezione proposta dai prestigiosi festival toscani: si parte con la prima al pubblico di You Only Die Twice di Yair Lev (dal 26 Maggio) dal Middle East Now e con l’incontro del regista a seguire (ingresso 3,99€). Si prosegue con Pj Harvey – A dog Called Money di Seamus Murphy (dal 29 Maggio) presentato in anteprima alla sessantesima edizione del Festival dei Popoli, e al Filmmker Festival di Milano un viaggio con la musicista cult PJ Harvey e con A Voce alta, la forza della parola di Stéphane de Freitas, Ladj Ly, vincitore del premio del pubblico al Torino Film Festival (a 6,99€). Dallo Schermo dell’Arte arriva un programma di tre film d’artista per raccogliere fondi a favore della campagna Artists’ Film Italia Recovery Fund a sostegno della produzione di opere video originali di giovani artisti italiani: Looking for Oum Kulthum di Shirin Neshat, proiezione arricchita da un contributo inedito dell’artista iraniana (28/05), Station to Station di Doug Aitken (4/06) presente con un video in esclusiva e Where is Rocky II? di Pierre Bismuth (10/06). Visione con donazione minima a 5 euro. I festival sostenuti dalla Regione Toscana proporranno proiezioni nel programma in divenire: da France Odeon al River to River; da Florence Korea Film Festival a Cinema e Donne; dal Florence Queer Festival al Premio NICE Città di Firenze; dal Lucca Film Festival a Immagini e suoni del mondo. Più Compagnia sarà un’opportunità per i festival sia per coinvolgere un pubblico più ampio (nazionale e internazionale) sia per ospitare anche professionisti dall’estero che forse non potranno partecipare in loco.

Tra le curiosità gli Appuntamenti al Buio: nel mare di contenuti digitali disponibili in rete, un film a sorpresa, sulla fiducia (si parte il 27 Maggio), sempre accompagnato da una breve introduzione critica (ingresso a 3.99€).

Trasversale la formazione e l’incontro con gli autori: nel cartellone virtuale, infatti, anche un ciclo di lezioni sul Linguaggio audiovisivo contemporaneo: si parte con una lezione su Pablo Larraín (30/05, ore 21), regista cileno che rappresenta uno dei punti di vista più lucidi e spietati sul regime di Pinochet. Ancora lezioni di cinema con il corso Da Shakespeare al melodramma nel cinema, a cura del prof. Stefano Socci (dal 1° Giugno, a ingresso gratuito) con incontri e proiezioni (si parte con Romeo & Juliet di C.Carlei, Ingresso: 3.99€).

Al centro delle attività dedicate alla formazione i progetti di Lanterne (più) Magiche, il programma regionale di educazione all’immagine e al linguaggio audiovisivo, rivolta alle nuove generazioni di spettatori. Lanterne Magiche propone un evento collettivo a giugno di chiusura scuola con proiezioni rivolte agli studenti, inaugurando una prima stagione estiva di contenuti educativi e di intrattenimento con proiezioni e laboratori ludico-educativi per studenti della primaria e della secondaria di primo grado fruibili nel periodo estivo. In questo ambito si inseriscono quattro lezioni di cinema in un viaggio attraverso la storia, corredate di clip di film celebri, interviste a registi, “dietro le quinte” dei set a cura Giovanni Bogani, critico cinematografico e docente di storia del cinema e giornalismo.
Da Mercoledì 3 Giugno arriva Hitchcock riscoperto, uno dei più grandi registi di sempre, con una serie di film dedicati alla sua carriera a partire da Ricatto del 1929. Il ciclo prosegue con Omicidio del 1930 e Notorious del 1946. Ingresso (film + approfondimento): 3.99€
Molti gli eventi speciali in collaborazione con Fondazione Fabbrica Europa; Fondazione Palazzo Strozzi; Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux e con la Compagnia Virgilio Sieni.
Partner del progetto sono: MyMovies, che ha reso possibile la realizzazione della sala Più Compagnia; CG Digital e Wanted Cinema per la distribuzione di alcuni titoli in programma.

Informazioni e prezzi: www.cinemalacompagnia.it

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10 HP: la bellezza del Rock italiano

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La bellezza del grande pop rock italiano che ci riporta inevitabilmente in quegli anni ’90 / 2000 in cui era ancora forte un certo culto per la provincia e per i confini della controcultura. E band come i 10 HP sono bandiere di quel certo modo di fare main stream in cui c’è un humus di sensibilità ed energia nuova che non va mai sottovalutato. Purtroppo siamo sempre molto ancorati alle mode e alle bandiere… se potessimo guardare anche oltre, soprattutto oltre, sarebbe una bella rivoluzione. “Mantide”, il loro nuovo disco… sa di dolce e morbida rivoluzione.

Noi parliamo di bellezza ma non solo quella superficiale, estetica da vedere… parliamo anche della bellezza che sta oltre le righe. Per voi cosa significa la bellezza?
La bellezza è per noi il fascino di un arrangiamento musicale, una poesia, un film che appassiona, un paesaggio. Troppe cose in natura e alcuni prodotti dell’ingegno umano possono essere definiti belli.

Che poi, nel video di lancio, la bellezza è una colonna portante. Ecco che torna anche un concetto di estetica. Per voi doveva esserci una modella… perché?
Abbiamo pensato che a testimoniare il fascino della seduzione ingannevole tipico della mantide non poteva che esserci una bella donna.

Nel tutto, nell’equilibrio di una scrittura, di una produzione… quanto conta la resa estetica per dirsi completato un brano? Quanto pesa ha il gusto e quanto il messaggio?
Conta tantissimo, anche se molto soggettiva.Per noi sia il gusto che il messaggio veicolato hanno un peso enorme, ma oggi definire un prodotto artistico “di gusto” è diventato molto relativo. Quanta musica di successo oggi è scritta con gusto? Troppo difficile rispondere perché quello che non è affine al nostro gusto oggi lo stigmatizziamo immediatamente, ma risulta appetibile al gusto di molti altri.

10 HP che inevitabilmente rimanda a Battisti… ecco, un artista che l’estetica la metteva in discussione sempre. Secondo voi quanto è importante rivoluzionare le cose?
Molto importante se la vocazione artistica di chi compone ne sente l’irrefrenabile impulso.Molto spesso però si rischia di finire per geni incompresi ed essere apprezzati solo dopo la morte.

Non pensate che oggi l’estetica sia predominante su tutto? Della copertina mi si esalta il colore dell’insetto e non il significato della mantide… come vi relazionate a questo? Cosa ne pensate?
Oggi sembra quasi che conti solo l’estetica, motivo per cui a volte ci sentiamo tanto nostalgici degli anni ‘90.Forse siamo un po’ troppo vecchi.

Eppure, ripescando il tema della trasgressione, in questo vostro nuovo disco più volte avete lasciato la strada classica. Forse avrei preferito un coraggio maggiore ma l’avete fatto. Perché non continuare in questo senso? Perché rientrare sempre dentro i binari del classico?
Non crediamo di essere troppo trasgressivi nè troppo modaioli, abbiamo il nostro sound che viene fuori dagli ascolti diversi e dalle esperienze musicali di 3 persone legate indossolubilmente al rock/pop.Ogni canzone racconta una storia diversa e anche i temi trattati nei testi non sono poi così classici, considerando che in tutto l’album non viene mai nominata la parola “amore”.

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A Tutto Vip con la Morris: Demetra

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Intervista a Demetra, vincitrice di uno dei concorsi per artisti drag queen più famosi e professionali d’Italia che ci racconta il suo anno da Miss!

Come è stato il tuo anno da Miss Ciao Drag Queen Italia?

Il mio anno da Miss è stato pieno di eventi e trasferte, nelle quali ho conosciuto un sacco di persone, artisti. Non sapevo a cosa sarei andata incontro, devo essere sincera, immaginavo che vincere una corona mi avrebbe dato tanto ma non pensavo fino a questo punto. Sono maturata molto, sia artisticamente che umanamente.

Come e quando nasce il tuo amore per lo spettacolo?

È nato con me: già all’asilo amavo le recite, carnevale, interpretare qualcuno sotto i riflettori. Sono sempre stato un ragazzo e un bambino molto timido, ma sul palco mi trasformavo, potevo essere chiunque e questo mi aiutava a vivere la mia infanzia in una zona purtroppo omofoba come la Valtellina. Mia madre mi ricorda sempre che da piccolissimo stavo in piedi davanti al televisore ballando insieme alle ragazze di “Non è la Rai”. Il palco è stato un posto speciale da sempre, quasi un tempio dove tutto è perfetto e si può essere felici.

Hai parlato di tua madre, come vivi il rapporto coi tuoi genitori?

Posso dire di essere fortunato. Mia madre è sempre stata aperta a qualsiasi mia scelta. Fu lei a comprarmi la prima parrucca, frequentavo l’asilo e volevo vestirmi da bambina, così un pomeriggio torno a casa e trovo una parrucca bionda coi boccoli. Ero il bambino più felice del mondo. Mi permise in quarta elementare di frequentare danza classica, cosa più unica che rara per un ragazzo delle mie zone. Ero l’unico maschio in mezzo a circa 70 bambine. Il sostegno dei miei genitori non si è mai fermato. Mia madre ha cucito degli abiti che ho indossato e mio padre mi ha aggiustato più di una volta i tacchi!

Demetra oltre che artista e performer è organizzatrice di eventi. Raccontaci meglio.

Si! Quest’anno ho voluto mettermi alla prova nel creare qualcosa, usando la mia notorietà. Ho dato vita a due grossi eventi, un po’ intrecciati tra loro. La linea di unione è stata la beneficenza: avevo voglia di fare del bene concretamente, non come scusa per farmi vedere o altro ma per una causa che mi sta molto a cuore: la questione della sieropositività all’HIV. I guadagni di questi eventi sono stati devoluti all’associazione LILA Piemonte.

Il primo è stato un progetto più ampio, due momenti che hanno anticipato l’evento principale: una prima serata di dialogo col pubblico per far conoscere meglio la “Kiki House of Savoia” di cui sono membro e la cultura ballroom; una seconda serata che ha invece inaugurato una mostra fotografica organizzata insieme al collettivo “Elvira”, mostra progettata come viaggio, un insieme di fotografie tratte da diverse ball d’Italia raggruppate per categorie.

L’evento principale, a dicembre, è stato “The Book of Life Kiki Ball”, ispirato dal mantra “non giudicare un libro dalla copertina” perché troppo spesso si giudica una persona sieropositiva solo per il suo stato sierologico e non nel suo essere persona, e nel 2020 con i farmaci e le cure a cui possiamo accedere, lo stigma è davvero assurdo!

Con mio immenso piacere è stato un successo, ragazz* della scena italiana e persone esterne venute da tutta Italia per vedere e godere di un’atmosfera davvero stupenda, fatta di unione.

Il mese prima invece è andato in scena “Le Città Invisibili”, uno spettacolo teatrale creato da me insieme al mio padrino artistico Max Extremis, di cui ho curato la regia e in cui ho convogliato i miei amori: la danza, il teatro e l’arte drag, e per il quale ho avuto la fiducia di molti artisti. Il mio intento era creare una storia, attraverso le parole di Italo Calvino, che avesse un senso per me ma che potesse avere diverse chiavi di lettura. È stato uno spettacolo molto forte per me essendo autobiografico, ma come ci insegnano, l’arte, in ogni sua forma, aiuta ad esorcizzare qualsiasi cosa.

Quale è stato il periodo più difficile di quest’anno?

Sicuramente l’autunno. La preparazione estiva degli eventi era finita e si doveva mettere tutto in pratica. Con settembre sono iniziati gli eventi, le trasferte, le prove. Però è stato un bellissimo periodo. Spingermi al limite è bello. Purtroppo il contrario di questa quarantena.

Ma la cosa bella è la famiglia che si è creata. Grazie a Ciao Drag Queen ho trovato amici che sono diventati una vera famiglia, con cui c’è reciproco sostegno sia artistico che umano, e questo per me è importante.

Queen of Aosta, parlaci di come ti sei rimessa in gioco.

Per me é stato il secondo anno. Nell’edizione 2018 sono arrivata seconda, dopo la bellissima Alexandra Gonzalvez. Quest’anno ho voluto riprovarci. Non avevo molte pretese, volevo fare un bello show e divertirmi, e credo sia stata la chiave. Riguardando anche i video di quella serata, mi stavo proprio godendo la serata, e credo che il pubblico l’abbia notato, infatti era giudice sovrano della competizione.

Demetra ha qualche sogno nel cassetto?

Assolutamente si! Mi piacerebbe poter continuare ad esibirmi sui palchi italiani e magari anche all’estero. Vorrei poter continuare a vivere della mia arte, a creare esibizioni e spettacoli che possano piacere al pubblico. Demetra non è solo drag ma anche ballroom. Il mio sogno è poter entrare in una Major House ed essere riconosciuta all’estero.

Com’è il carattere di Demetra?

Testarda! La parola perfetta per me!

Io ho amato molto la mia comfort zone. All’inizio Demetra cercava sempre di non coprirsi le sopracciglia, non usare ciglia finte, di rimanere nel mood showgirl sexy.

Ma grazie ai miei genitori artistici Max Extremis e Gina Lellafrigida sono riuscito piano piano a togliermi queste convinzioni e ampliare le mie conoscenze.

Sono cresciuta tanto come look ma soprattutto come personaggio.

Ho imparato ad abbracciare il mio lato comico, il mio lato attoriale e commovente.

Ho imparato ad usare un microfono! Le mie “drag fight” (una delle prove del contest, in cui i concorrenti sono sfidati a punzecchiarsi tra loro in modo ironico per fare pratica col microfono e l’intrattenimento) durante la mia edizione erano allucinanti (ride) Ora sono più sciolta, anche se ho ancora molta strada da fare!

Demetra vive in due mondi si può dire. Il mondo drag e il ballroom , puoi spiegarceli’.

Il ballroom nasce negli anni ’60 dalla comunità lgbt e black o latina, che in quegli anni sentiva di non avere le stesse possibilità di una persona etero e di pelle bianca. Erano soggetti alla cosiddetta doppia discriminazione. Quando ci si allena e si compete, ancora oggi, è davvero importante conoscere la storia del ballroom e le motivazioni che hanno portato alla sua creazione.

In tal senso, c’è una categoria in particolare che è davvero utile a spiegare questi bisogni: realness. Quando competi nella categoria “Realness” devi cercare di rappresentare al meglio il tema, o il personaggio, che viene stabilito in gara. Se, per esempio, occorre rappresentare la figura tipica del dirigente aziendale, dovrai munirti non solo dei costumi adatti a rappresentare il personaggio, ma anche di atteggiamenti, sguardi, modi di camminare, eccetera. La categoria serviva, quando è nata, a persone che erano impossibilitate a fare quel determinato tipo di lavoro – per motivi economici, sociali, politici –, per dimostrare al proprio sé e al pubblico presente che, in realtà, le caratteristiche (estetiche e interiori) per poter ricoprire quel ruolo c’erano tutte: erano le possibilità, invece, a mancare.

Le persone che fanno parte di questa cultura si ritrovano durante le ball per potersi sfidare e arrivare a vincere dei gran prize. Ci sono due tipi di realtà, la scena Major e la scena Kiki con relative function.

La Major è più “formale”, più rigida nelle regole, ed è la più antica. Ognuno può decidere di competere nella scena che preferisce, ma solitamente si compete sulla scena Major solo quando si pensa di possedere una buona padronanza della categoria. La scena Kiki, invece, è più rilassata, molti partecipano ad alcune categorie per il puro piacere di farlo e non si fanno troppi problemi quando sanno di essere ancora alle prime armi. Le regole ci sono, certo, e variano in base alla categoria a cui si partecipa.

Forse la regola più rappresentativa del ballroom è proprio “esprimi ciò che sei”. Occorre dare sempre libero sfogo alla propria personalità e creatività ma sempre restando all’interno del tema assegnato dalla categoria nella quale stai competendo.

Invece Ciao DragQueen?

Ciao DragQueen è un game contest / scuola.

È un percorso che dura molti mesi, la selezione Nord ovest (dove io ho partecipato) inizia a settembre fino a febbraio. Ogni mese viene portata in scena una puntata, ma il lavoro nelle 4 settimane precedenti è per i partecipanti una vera e propria scuola, che include corsi di trucco, teatro, portamento, sartoria e performance, con una particolare attenzione alla creazione del personaggio, che è mirata a creare una stabile struttura della drag per potersi esprimere al massimo. Il dover affrontare temi assegnati può sembrare un obbligo forzato, ma aiuta a capire quello che funziona su di noi, per arrivare alla finale con una coscienza molto forte.

Per me Ciao DragQueen è tutto. Sono nata con la primissima puntata in assoluto, quasi incosciente, su un paio di tacchi con un completino bianco cantando “Malamoreno” di Arisa.

Consiglio vivamente agli emergenti di avvicinarsi a Ciao DragQueen, perché oltre a dare tante opportunità si crea una vera famiglia!

Progetti futuri?

Purtroppo molti progetti sono stati rimandati a causa dell’emergenza sanitaria all’anno prossimo, ma è già in progettazione una nuova kiki ball sempre di beneficenza, che avrà luogo, leggi permettendo, a Dicembre, come lo scorso anno.

Nella fase due si sta già lavorando a qualche progetto online, come stanno facendo anche tante colleghe in tutto il mondo, per portare un po’ di spensieratezza in questo periodo un po’ buio.

Un consiglio per i nostri lettori

Un consiglio? Sicuramente umiltà e autocritica se si vuol far parte di questo mondo. È molto importante per me non sentirsi mai arrivati perché è un atteggiamento che ti porta a calare il tiro, ad adagiarsi, e a rimetterci è la propria arte. Autocritici sempre, cercare di creare un bel prodotto, curato sotto ogni aspetto. Ma la cosa più importante è divertirsi, perché se non ci divertiamo e non amiamo noi per primi quello che facciamo, perdiamo credibilità di fronte al pubblico, che percepisce la finzione.

Barbara Morris Piazza

https://www.mondospettacolo.com/?s=a+tutto+vip+con+la+morris

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Alfonso Chiarenza intervista l’attrice Roberta Valdes

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Amici di Mondospettacolo, sono Alfonso Chiarenza (Produttore Cinematografico e Direttore Commerciale di Mondospettacolo), oggi sono tornato sul nostro portale per proporvi l’intervista a questa bellissima e bravissima attrice, il suo nome è: Roberta Valdes. 

Roberta Valdes, parlaci di te.

Sono nata e cresciuta in Sicilia, sin da piccola con l’amore per la settima arte e la recitazione. Cresciuta con pane, cinema, musica e rock da quando avevo 8 anni e già  guardavo i grandi classici del cinema. Da allora, il gioco è diventato interesse, dall’interesse è diventato passione e dalla passione è diventato un bisogno, un punto fermo della mia vita. È per questo che mi sono trasferita a Roma, dove ho frequentato la scuola di cinema sul metodo Strasberg. Ho frequentato e studiato recitazione all’accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico. Durante i 3 anni d studio in accademia, lavoravo già come modella, cantante per gli eventi e nei villaggi turistici e servivo mojito nei locali al ritmo di danza. I sacrifici sono stati molti. Sono specializzata in cinematografia alla Sapienza di Roma. Ho un master in recitazione cinematografica e ho svolto un training intensivo per attori cinematografici presso EG Actors Lab, un percorso veramente unico nel suo genere. Da lì ho lavorato a in progetti cinematografici del regista Gianluca Testa. Ho una specializzazione in doppiaggio. E ho lavorato in qualità anche di doppiatrice negli ultimi anni, ho prestato la ia voce per documentari e spot, fra cui i doc di Toni Occhiello e il film visionario Come Closer di Gianluigi Perrone. Ho preso parte a progetti cinematografici stranieri in Irlanda e Spagna (dove ho frequentato l’accademia del cinema). Prima dell’emergenza Covid il lavoro di modella mi ha permesso di viaggiare molto: Atene, Madrid, San Sebastián, Siviglia. Ho studiato danza allo ials di Roma (istituto addestramento lavoratori dello spettacolo) confrontandomi con diversi stili: danza orientale, flamenco arabo, musical dance, burlesque, samba, tango. In particolare lo studio della danza del ventre mi ha portato a una dimensione nuova di ricerca e sono abilitata all’insegnamento della danza.

Amo l’arte in tutte le sue forme: cinema, danza, letteratura, musica, cultura. Sono una divoratrice di libri di generi diversi. I miei autori preferiti sono Saramago e Camus. Amo e vivrei immensamente con la musica: tutte le volte che lavoro su un personaggio, ascolto sempre la musica. Mi divido fra set cinematografici e passi di danza.

Perché ami quello che fai?

Quando entro su un set è come se entrassi in una terza dimensione in un mondo nuovo. Vivo di questo, per i personaggi che bussano alla mia porta e quelli che scrivo per me. Mi piace la capacità della macchina da presa di catturare ogni sfumatura dell’interpretazione. È lo spazio in cui mi sento libera. Il fatto di creare è l’essenza della mia vita. Il lavoro dell’attore è un lavoro a tempo pieno. E credo che l’arte sia come la scienza e la medicina. C’è sempre una nuova scoperta. Non c’è mai nulla di definitivo. E l’attore deve sempre stare in ascolto e osservare attentamente tutti i dettagli del mondo esterno. Sul palcoscenico, invece, mi piace esprimermi danzando. Avevo già scritto sopra che sono abilitata all’insegnamento della danza. La cosa meravigliosa del mio avvicinamento con la danza del ventre è che posso rivestire i passi di danza con il sottotesto. Ho lo stesso tipo di approccio con un personaggio. Solo che quando ballo riverso l’energia femminile in tutto il corpo. E sto facendo un percorso di ricerca sulla danza del ventre con le fusioni: oriental tango, flamenco arabo, oriental salsa.  Non potrei vivere senza tutto questo.

Artisti o personaggi a cui ti ispiri?

David Lynch, Quentin Tarantino, Scorsese, Nolan, Kubrick, Hitchcock. Questi autori sono grande fonte di ispirazione per me. Mi piace guardare i grandi classici del cinema Hollywoodiano e avere dei riferimenti alti. Mi piace capire e osservare la recitazione dei grandi interpreti e la lista sarebbe davvero lunghissima. Adoro il cinema di qualsiasi genere, epoca o provenienza: quando un film è bello, ben scritto, ben fatto e ben recitato non conosce confini. Grandi maestri per me sono i libri che aprono un mondo sconfinato. Grande maestra è la musica: il rock, i Pink Floyd, Led Zeppelin, Nick Cave, Muse, le colonne sonore e la musica classica. La musica mi ispira giorno dopo giorno e mi accompagna nelle mie creazioni. Maestri sono gli animali, bambini e la natura che sono i primi veri grandi attori. Maestri sono i dipinti e le statue.

La vita sentimentale di Roberta Valdes ?

Sono estremamente riservata e mi riesce difficile parlare di me. Tendo a tutelare le persone importanti per me. Non mi piace gestire il profilo come se fosse una piazza. Non fa per me.

Pregi e difetti di Roberta Valdes ?

Dovrei pur averlo qualche pregio (sorride).

Film preferiti o spettacoli?

La lista è lunghissima ma in cima fra i miei preferiti rientrano: Mulholland Drive, Shining, Vertigo, Kill Bill, L’Attimo Fuggente, Duello al sole, Titanic, The Constant Gardener, tutti i film di Woody Allen, di Kubrick, di Tarantino, di Lynch. Come forme di spettacolo dal vivo  preferisco quelle legate alla danza, al movimento scenico e alla musica.

Alfonso Chiarenza

https://www.instagram.com/roberta.valdes.attrice/

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Ecco il trailer del thriller The room – La stanza del desiderio

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Dall’11 Giugno 2020 sarà disponibile in esclusiva on demand il film The room – La stanza del desiderio, un thriller dalle tinte dark che racconta di desideri che si trasformano in terribili incubi quando si è costretti a goderne solo dentro le mura domestiche.

Kate e Matt sono una giovane coppia di trent’anni in cerca di una vita più autentica e sana. Poco dopo essersi trasferiti in una grande casa abbandonata da tempo, scoprono una stanza segreta che ha lo straordinario potere di materializzare tutto ciò che desiderano. Dopo un primo periodo da sogno – durante il quale la coppia si circonda di gioielli, opere d’arte, soldi – Matt e Kate scoprono che dietro questo apparente stato di felicità, si nasconde qualcosa di più oscuro: tutto ciò che la stanza crea sopravvive solo all’interno della casa.

Quando la stanza offre loro ciò che stavano aspettando da sempre e che la natura gli stava negando, presto capiscono che il loro più grande sogno è destinato a essere il loro più terribile incubo…

The room – La stanza del desiderio, con la regia di Christian Volckman, ha come protagonisti Olga Kurylenko (che abbiamo visto sugli schermi nel ruolo di bond girl in Quantum of solace e al fianco di Tom Cruise in Oblivion) e Kevin Janssens.

Di seguito, il trailer ufficiale.

 

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Arriva il film su Leone Jacovacci, pugile nero che ha combattuto per essere italiano

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Palomar ha acquisito i diritti per sviluppare un film sulla straordinaria vita di Leone Jacovacci, il pugile nero che negli anni Venti ha combattuto per il titolo europeo e per affermare la sua italianità.

Il film internazionale, scritto da Silvia Ebreul e Marcello Izzo con la collaborazione di Tommaso Renzoni, sarà girato ad inizio 2021 in Italia, Francia e Inghilterra.
Palomar è in trattative avanzate per una partnership con un distributore internazionale.

Chi è Leone Jacovacci? Un uomo non comune, un pugile dal talento eccezionale e il fisico scultoreo. Nato in Congo, ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza a Roma dove è stato ribattezzato il “mulatto di Trastevere”.

A causa del colore della pelle arriva a Parigi dove con lo pseudonimo di Jack Walker colleziona nel pugilato un successo dopo l’altro, estasiando il pubblico.
La sua vera ambizione però è quella di aggiudicarsi il titolo europeo, e per farlo, la Federazione Italiana deve ufficializzare la sua cittadinanza.

È il 1928, Mussolini sta intessendo il suo sogno imperiale e nessuno è pronto anche solo a immaginare un campione italiano di pelle scura. Per realizzare il suo sogno, Leone dovrà sfidare i migliori pugili e ammaliare il pubblico, arrivando a fronteggiare l’orgoglio italico Mario Bosisio.

Può un uomo mettere a tappeto il campione italiano ma soprattutto la propaganda fascista? Basterà uno stadio gremito per farlo sentire finalmente italiano e tramandare la sua storia?

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A Cinecittà riaprono MIAC e Cinecittà si Mostra

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Immergersi nelle storie raccontate dal mondo dell’audiovisivo è stato il passatempo preferito durante la quarantena: i personaggi di film e serie tv sono diventati per molti gli amici virtuali con cui condividere gli ultimi due mesi. Ora, grazie al DPCM Rilancio del 17 Maggio, che regola le riaperture del patrimonio di musei e mostre del territorio italiano, è possibile mettere da parte il telecomando e tornare a vivere il cinema davvero da protagonisti assaporandone la magia e scoprendo i suoi segreti.

Da venerdì 29 Maggio 2020, ogni weekend dalle 10.00 alle 18.30, Cinecittà torna ad accogliere gli amanti della Settima arte dando la possibilità di visitare in tutta sicurezza l’offerta espositiva degli Studios, realizzata e promossa da Istituto Luce-Cinecittà: le esposizioni permanenti di Cinecittà si Mostra, Felliniana e il MIAC, il Museo italiano dell’Audiovisivo e del Cinema.

E torna così fruibile anche il resto del patrimonio di Cinecittà: 40 ettari di spazio a disposizione, i monumentali set all’aperto e il grande parco centrale, abitato da elementi scenografici originali come la Venusia, la grande testa di donna usata per le riprese de Il Casanova di Federico Fellini.

Con Cinecittà si Mostra si viaggia nella storia del cinema italiano e degli Studios. L’esperienza di visita è suddivisa in due momenti distinti: il tour guidato con mediazione specializzata all’aperto conduce sui set grandi set permanenti di Roma Antica, Tempio di Gerusalemme e Firenze del 1400 , mentre filmati, costumi di scena e sale interattive sui mestieri del cinema, sono visitabili autonomamente all’interno degli edifici storici con il percorso a senso unico indicato dalla segnaletica della mostra. Una proposta che da anni vede crescere il gradimento del pubblico ormai stabilmente al di sopra delle 90mila presenze.

Nel centenario dalla nascita del regista de La dolce vita sarà possibile tornare a visitare anche Felliniana – Ferretti sogna Fellini, ulteriore percorso di Cinecittà si Mostra, che regala la straordinaria immersione nell’immaginario del Maestro rivisitato e creato dal suo scenografo, il tre volte premio Oscar Dante Ferretti che con la sodale (e a sua volta vincitrice di tre Oscar) Francesca Lo Schiavo ricostruisce attraverso ambienti scenografici – vere e proprie installazioni d’arte -luoghi, oggetti, ispirazioni, sogni dell’universo del regista. Entrare in Felliniana è come entrare non solo con gli occhi dentro un film di Fellini.

Così come si potrà entrare dentro 120 anni di storia dello spettacolo italiano con le video-installazioni e le esperienze immersive del MIAC, il nuovissimo Museo italiano dell’Audiovisivo e del Cinema. Un percorso espositivo di 1600 metri quadri attraverso centinaia di filmati provenienti dalle più importanti cineteche d’Italia, installazioni interattive, videoarte, percorsi multimediali, che sorprendono lo spettatore facendolo entrare nel lungo film che il cinema italiano, la TV e la Radio hanno prodotto dall’invenzione del cinematografo di fine ‘800 fino alle serie tv di oggi. Un viaggio sorprendente, spiazzante, vivacissimo, già salutato con entusiasmo dalla stampa italiana e da tante testate internazionali.

“Riuscire a riaprire le mostre e il museo permettendo così al grande pubblico di tornare a camminare per i viali alberati che hanno visto passare i volti più importanti del cinema nazionale e internazionale è uno sforzo importante che testimonia quanto la nostra volontà di portare avanti la mission di conoscenza e valorizzazione del patrimonio degli Studi di Cinecittà non abbia perso priorità nemmeno con lo stop imposto dall’emergenza Covid-19” commenta Giancarlo Di Gregorio, direttore di Cinecittà si Mostra. “Tempio del cinema in Italia dal 1937, anno della sua fondazione, Cinecittà coniuga l’attività di polo di produzione e realizzazione di opere cinematografiche con quella di struttura espositivo-museale in continuo ampliamento già dal 2011: siamo sicuri che la ripresa delle visite guidate, seppure in questa prima fase con una frequenza inferiore, rappresenterà l’occasione per tornare a vivere la città di Roma e il tempo libero in modo diverso, non solo in sicurezza e con tranquillità ma anche con intelligenza. Siamo inoltre fiduciosi di poter riprendere già nelle prossime settimane le nostre proposte dedicate alle famiglie e ai ragazzi, due pubblici che in questi anni non hanno mai perso occasione di dimostrarci il proprio affetto”.

A partire dal mese di Giugno su prenotazione (visit@cinecittaluce.it) saranno disponibili anche le visite In Famiglia che offrono un’esperienza di attività completamente all’aperto per nuclei familiari, pensata per essere condivisa da grandi e piccoli nel pieno rispetto delle misure per il contenimento del contagio da Covid 19.

LE MISURE DI SICUREZZA

Cinecittà si Mostra, Felliniana-Ferretti sogna Fellini e MIAC affacciano su un ampio parco verde consentendo un percorso a “senso unico” sia all’esterno che all’interno delle sale espositive.
Per garantire la massima sicurezza al pubblico gli Studi di Cinecittà hanno inoltre adottato le seguenti misure:
– Servizio di prenotazione tramite mail all’indirizzo visit@cinecittaluce.it e acquisto online del biglietto di ingresso su www.ticketone.it
– Gestione degli ingressi e delle uscite con ingressi contingentati dei visitatori per fasce orarie
– Percorsi a “senso unico” con personale addetto alla gestione degli ingressi
– Obbligo di mascherina sia per i visitatori che per il personale del museo
– Misurazione della temperatura e presidio medico
– Pulizia giornaliera degli ambienti chiusi all’interno delle mostre, del bookshop e del Caffè di Cinecittà
– Posizionamento dei distanziatori in plexiglass e segnaletica di distanziamento presso la biglietteria e il bookshop
– Posizionamento di dispenser per sanificazione delle mani

Per tutte le altre info www.cinecittasimostra.it www.museomiac.it

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Le Fotomodelle di Mondospettacolo: Greta Tonelli

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Greta Tonelli, benvenuta su Mondospettacolo, come stai innanzitutto? Descriviti al nostro pubblico raccontami un po’ di te.

Ciao Alex, sto bene ti ringrazio e grazie anche per l’accoglienza sul tuo sito. Sono una ragazza molto ambiziosa e determinata .  Mi definisco una ragazza molto solare e testarda. Non mi piacciono le bugie e le doppie faccie e soprattutto odio chi mi chiede di essere volgare, motivo per il quale sono molto selettiva.  Ho molte passioni, in particolare quella della musica.  Non mi piacciono le persone che fanno la doppia faccia e soprattutto le persone volgari. Tendo sempre a selezionare accuratamente le persone con cui stare e soprattutto lavorare. Sono , una persona molto diretta infatti dalla mia espressione capisci subito se una persona mi va a genio o meno. Soprattutto una ragazza senza peli sulla lingua.

Da quanto tempo posi come fotomodella?

Poso da circa 3 anni. È iniziato tutto come divertimento con un amico che voleva iniziare a dilettarsi nel mondo della fotografia. Da quel giorno ho capito che posare davanti a una macchina fotografica mi faceva sentire a mio agio.

Come è stata la tua prima volta sul set fotografico?

Il mio primo set é stato una risata unica e continua  , non avendo mai lavorato come fotomodella e soprattutto posato con persone serie è stato molto divertente e soprattutto spettacolare.

Quali sono i motivi per cui hai deciso di posare?

Ho deciso di posare perché fin  piccola mia mamma mi riempiva di fotografie e la cosa mi entusiasmava molto, vivo in una famiglia di artisti e ho deciso di buttarmi. In realtà non mi sentivo nemmeno un briciolo all altezza di tutto questo essendo una ragazza insicura, Ma il giorno che ho  avuto l’occasione di poter mostrare il mio corpo e il mio viso, l’ho fatto tranquillamente anzi con più sicurezza di quanto pensassi.

Il mondo della fotografia è come lo immaginavi prima di farne parte?

Si. È mondo che può dare delle opportunità enormi, ma soprattutto bisogna stare attenti con le persone con cui si collabora, perché non tutte le persone che ti contattano sul web sono  affidabili. Prima di entrane a far parte infatti pensavo che tutte le persone che ti contattavano fossero persone serie, ma in realtà poi come per tutte le cose, ti rendi conto che  ci sono persone e persone. Ma accetto questo mondo così com’è.

Cosa riesce a far emozionare Greta Tonelli?

Mi fa emozionare molto l’idea di essere riuscita ad arrivare a certi livelli. Difatti, quando qualsiasi fotografo nuovo mi contatta è sempre come se fosse la prima volta. Un emozione assurda. Non essendomi mai accettata del tutto fisicamente credo che sia una delle cose piu emozionanti che ci sia.

Ti definisci più bambola o più pantera?

Mi definisco di piu una bambola.

Un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?

Il mio sogno nel cassetto sarebbe di diventare una fotomodella a tutti gli effetti.

Quali sono le tue passioni?

Le mie passioni sono la musica e lo sport.

Un pregio e un difetto di Greta Tonelli.

Un mio pregio è che sono una ragazza umile e buona, nonostante abbia parecchie persone che mi seguono sul web tendo sempre ad essere gentile con tutti, non mi piace sentirmi al centro del mondo solo perché ho delle persone che mi seguono. Un mio difetto grande e dico davvero grande è sempre l’essere troppo buona. Perché dopo le persone se ne approfittano della mia bontà.

Amicizia, Amore, Famiglia, Lavoro Salute, Sesso e Soldi mettili in ordine di importanza!

Famiglia, salute, amicizia, lavoro , amore, sesso, soldi.

Un  motto o una frase che più ti rappresenta?

La frase che mi rappresenta di piu di tutte è questa: “lo sai non c’è futuro per chi vive nel passato” è la mia frase da 8 anni a questa parte.

A.C.

https://www.instagram.com/gretatonelli07/

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Michelle Carpente torna in veste di Wedding Planner con l’iniziativa “Matrimonio in casa”

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L’attrice e wedding planner (esperta di destination wedding) Michelle Carpente lancia la sua nuova iniziativa  “Matrimonio in casa” per non dover rinunciare al giorno tanto atteso da migliaia e migliaia di coppie in tutta Italia.

Certamente, il wedding è stato uno dei settori più colpiti dalla dura crisi economica dovuta all’arrivo della tragica pandemia di Covid-19. Parliamo di una delle industrie, fino a pochissimo tempo fa, più fiorenti del nostro paese e che ogni anno realizza il sogno di tantissime coppie che aspettano frementi di celebrare e festeggiare il proprio amore.

La completa insicurezza che questo virus ha generato, però, ha portato moltissimi futuri sposi a cancellare e/o posticipare a data incerta il giorno delle proprie nozze. “Ma è proprio in un momento di totale precarietà che è giusto e doveroso festeggiare l’unica certezza che si ha, cioè l’amore, assieme alle persone più care” – spiega la Carpente. Per questo nasce “Matrimonio in casa”, un  progetto che incoraggia i futuri sposi a celebrare la loro unione con un ricevimento dentro le mura domestiche. Una iniziativa che non è pensata solo per grandi case o ville. Un ricevimento per pochi invitati, infatti, può esser realizzato anche in una piccola dimora. “Ciò che conta” – prosegue l’attrice e wedding expert – “è la pianificazione, una consulenza ad hoc realizzata da una squadra di fornitori esperti che lavorano instancabilmente anche a distanza. Tra questi c’è la bravissima floral designer Flavia Bruni con cui collaboro spesso”. Infatti, tutte le consulenze vengono realizzate e personalizzate tramite video-chiamate per garantire la massima sicurezza.

Un modo innovativo che segna una prima possibile apertura di un settore fondamentale come quello del wedding.

NOTE DELL’IDEATRICE

I ricevimenti intimi saranno la nuova tendenza, già esistente nel Destination wedding e meno diffusa in Italia per il legame molto stretto con la tradizione ed il sogno del matrimonio in pompa magna ma un matrimonio di lusso è possibile anche tra le mura della propria casa, da sempre location privilegiata oltreoceano.  Inoltre questa soluzione vuole essere per tutti, sia per chi desidera e si può permettere un matrimonio di lusso, sia per chi non ha la possibilità in questo momento di forte crisi di affrontare una spesa importante come quella delle proprie nozze ma ha comunque la volontà di volerlo fare.

Gli sposi hanno bisogno di soluzioni ed è nostro compito realizzarle e fare proposte alternative.

“Dal momento in cui sono stati proibiti i ricevimenti dei matrimoni tutti i futuri sposi hanno iniziato a chiedersi se era giusto posticipare o cancellare. Per questo motivo, ho capito quanto in realtà la consulenza e i consigli degli esperti fossero fondamentali.

Durante il lockdown ho sentito l’esigenza di creare THE WEDDING TIPS, una pagina Instagram in cui mi rivolgo alle coppie italiane e straniere dando loro consigli mirati sull’organizzazione matrimonio. Su questa pagina, una volta a settimana tramite diretta e sul mio sito internet michellecarpente.com, sarà possibile prendere un video-caffè con me su prenotazione. In entrambe le situazioni dedicherò il mio tempo a tutti i clienti che hanno necessità di avere risposte alle loro domande, o semplicemente consigli sull’organizzazione del loro matrimonio o su problemi logistici, il tutto davanti ad un buon caffè. Un modo ‘più smart’ di occuparsi del matrimonio”.

(Michelle Carpente)

 

THE WEDDING TIPS

La pagina nasce dall’esigenza di studiare un nuovo modo di fare wedding planning, anche perché sono sempre di più le coppie che vogliono occuparsi da sole della pianificazione di un matrimonio, scegliendo e studiando le loro diverse opzioni. Per questo è nata la nuova pagina Instagram (@theweddingtips) ideata e gestita da Michelle Carpente che, per l’occasione, ha aperto anche una pagina sul suo sito web www.michellecarpente.com dedicata alla figura del wedding consultant. Una figura professionale capace di consigliare gli sposi su questioni e dettagli particolari e che non implicano l’intera pianificazione del matrimonio, ma solo di una singola parte (problemi contrattuali, ricerca di fornitori, studio del design, ecc.).

 

CREDITI

Sito Web:  www.michellecarpente.com

Profilo Instagram: @theweddingtips

Profilo Facebook: The Wedding Tips

Fiori: Flavia Bruni

Foto: Karen Di Paola

Torta: Lucia Marchetti @briciolediluciamarchetti

Cake Topper: Fili di poesia

Palloncini: Festalandia Palloncini

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Il cantautore Simonluca ci racconta la sua: “Libertà”

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In occasione dell’uscita del suo singolo “Libertà”, noi di Mondospettacolo siamo andati ad intervistare il cantautore Simonluca.

Nato a Milano classe 1992, sin da piccolo appassionato a qualsiasi forma d’arte, fino al canto.Nel 29 giugno del 2016 esce con il suo primo brano, una cover/traduzione di Alvaro Soler “Sofia”, il quale, riscuote un caloroso successo su i social media, prosegue col far uscire altre cover fino all’uscita del primo singolo Pop, nel 2/6/2017, dal titolo “Ascoltami “ brano italiano, prodotto e masterizzato da Andrea Blanco, uscito con video ufficiale diretto da Mattia Biancardi, esce poi con un secondo singolo Pop “Love” brano inglese, prodotto e masterizzato da Andrea Blanco, nel 27/10/2017 esce con video ufficiale diretto da Andrea Miranda nel 30/4/2018, nel 16/4/2018 esce con “Another World” brano Eletronico in inglese, prodotta da Audioz e masterizzata da Andrea Blanco;Nel 25/5/2018, esce con il singolo “Qui con Te Feat. Diluvio”, genere R’n’B, prodotto e masterizzato da Andrea Blanco con video ufficiale diretto da Mauro Russo (Calibro9);I’1/8/2018, esce un nuovo inedito dal titolo “Ricordo”, brano Funky, prodotto e masterizzato da Andrea Blanco; video ufficiale diretto da Enea Colombi;Nel 17/8/2018 decide di unire tutti gli inediti e le cover/traduzioni in un album dal nome “Ascoltami”, componendo cosi un album da 7 inediti e 3 cover/traduzioni, che conclude con l’uscita del ultimo inedito dal titolo “Buttati Feat. Diluvio, Dogma”, nel 15 ottobre 2018 con video ufficiale diretto da Andrea Miranda.Attualmente sta lavorando per l’uscita dei suoi nuovi inediti!

La prima domanda che salta in mente leggendo il titolo del singolo è il fatto che “Libertà” si scontri con il difficile momento di reclusione che abbiamo vissuto negli ultimi mesi. Quando e com’è nata l’idea? 

“Libertà” è nata nell’estate del 2019 dalla collaborazione di un team fantastico composto da me, Andrea Debernardi e Valerio Tufo e con la supervisione della mia manager, Greta Amato; il brano è stato pensato quindi già tempo prima del momento critico e problematico che abbiamo vissuto. Abbiamo ritenuto che “Libertà” fosse il singolo perfetto per trasmettere un’energia positiva, grazie anche al ritmo Pop/Latin che lo caratterizza, e per raccontare la passionalità di un amore selvaggio. Sono soddisfatto del risultato perché credo che emerga alla perfezione la mia personalità artistica.

La quarantena per alcuni è stato un momento di ricerca e crescita artistica. Tu come l’hai passata? Ti sei dedicato alla scrittura di nuovi brani?

Mi sono trovato ad affrontare un momento particolarmente difficile e non riuscivo a liberare la mia mente da pensieri e preoccupazioni. In questo periodo ho preferito così ritagliarmi degli spazi per riflettere… Per fortuna che prima di questa catastrofe ci eravamo già portati avanti dal punto di vista musicale.

Solitamente mi lascio ispirare dalle mie esperienze personali, quindi per ripartire con la scrittura di nuovi brani penso sia meglio aspettare una tranquillità emotiva e mentale.

Nel video spicca un’accurata ricerca anche dei colori, così come nel tuo look. E’ una scelta stilistica che farà da fil rouge anche per tutto il progetto?

Sicuramente i colori sgargianti e l’eleganza fanno parte di me e del mio stile; la stilista, Renata Ercoli, ha di certo fatto un gran lavoro scegliendo, a parer mio, i brand giusti per rappresentarmi al meglio, tra cui Enrico Cover e Karl Mommo, ma nei prossimi video stravolgeremo un po’ le cose!

Come nascono le canzoni? Nasce prima il testo o la melodia? 

Ci sono diversi modi di approcciare alla creazione di un brano, io personalmente tendo a basarmi su basi musicali che mi aggradano e crearvi su una melodia e poi accingermi alla scrittura del testo!

Quali sono i tuoi riferimenti musicali?

Ultimamente uso un pò come riferimento un mix di artisti come Maluma , JBlavin , Bud Bunny e Luis Miguel per la similitudine di ritmica e genere, nei i brani che abbiamo scelto per comporre questo progetto.

Quali saranno le principali tematiche di questo tuo nuovo lavoro discografico?

Le principali tematiche sono l’amore e la positività ma non si sa mai cosa può spuntare fuori nel percorso!

Cosa pensi del panorama musicale italiano attuale e di generi come l’indie-pop, la trap e il rap? 

A me piace tutta la musica di ogni genere: l’indie-pop non è altro che il classico pop italiano, secondo me stato creato per riconferire un po’ di importanza a questo genere che ormai veniva sottovalutato; il rap, che nasce per dar voce a chi non viene preso in considerazione, al “popolo”, che è stato un po’ mezzo di rivolta e di denuncia sociale, con gli anni si è molto semplificato e banalizzato a parer mio; la trap è invece, come il rap, un genere che nasce in americano, una lingua molto distante dalla nostra, e quindi risulta molto più complicato adattare quel tipo di sonorità alla nostra lingua. Ora come ora ci sono molti emergenti che fanno canzoni molto simili e anche a chi non ha grandi capacità canore ha la possibilità di intonare e correggere la propria voce grazie all’utilizzo di varie effetti.

Cosa ti ha spinto invece ad avvicinarti al Pop/Latin? 

Il Pop/Latin è un genere che mi ha sempre attratto, come si può vedere da uno dei miei primi brani, “Ascoltami”, uscito nel giugno del 2017. E’ molto passionale e il ritmo ti entra dentro, è vivace e non ti permette di restar fermo.. Poi, insieme al team con cui ho lavorato all’ultimo brano, lo abbiamo individuato come genere che maggiormente mi rappresenta.

Dove potranno seguire tutte le novità su di te i lettori di Mondospettacolo?

Sicuramente in tutti i social network e quindi su tutte le piattaforme come YouTube, Spotify, Instagram, Facbook ecc.., ma stiamo andando molto bene anche in radio e chissà…. prima o poi spero di potermi esibire anche dal vivo!

G.D.M.

https://www.facebook.com/SimonLuca.official/

 

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Magari: l’esordio alla regia per Ginevra Elkann

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In confronto a Favolacce dei fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, ritenuto un film di punta del reclamizzato circuito nazionale di sale di qualità sul web #iorestoinSALA, ma analogo a guardar bene ad alcuni vanagloriosi apologhi sulla tomba della famiglia intesa come truce ed emblematica chimera, Magari è un capolavoro.

Se non altro perché alieno all’impasse sia del copia e incolla, con i rimandi ad American beauty uniti alla carlona ai richiami a Toro scatenato, sia delle mire artistiche favorite a prescindere da chi vuole declinare il giudizio critico in infecondo ossequio. L’uscita dell’opera d’esordio di Ginevra Elkann su RaiPlay merita almeno un giudizio sereno e compiuto. Formulato senza usare le scorciatoie del cervello odiate da Jim Morrison. L’attitudine a spacciare per omaggi la pigrizia delle idee prese in prestito dai riveriti maestri, nella convinzione che i registi eletti ad autori ed ergo demiurghi dai radical chic estranei alla fede in Dio, non riguarda l’avventizia artefice. Oggetto di curiosità piuttosto fini a se stesse agli occhi della gente borghese incapace di capire l’interazione tra chiave autobiografica ed elaborazione espressiva. Ed è certo più importante afferrare quanto ci sia di suo nel debutto dietro la macchina da presa della figlia del noto giornalista Alain Elkann anziché azzardare ipotesi sulla sfera d’influenza d’una produzione Wildside con Rai Cinema.

Non c’è dato sapere né se Ginevra, nipotina anche del compianto e invidiato avvocato Gianni Agnelli, abbia in un certo senso giocato in casa, attingendo ai propri ricordi per poi trasfigurarli sulla scorta degli stilemi della Settima arte, né della farina del sacco di Chiara Barzini nella fase di stesura dell’ambizioso plot. La co-sceneggiatura, redatta a quattro mani seguendo la falsariga di antesignani tipo Kramer contro Kramer e Gente comune, chiarisce poco. Benché tenti di districarsi alla bell’e meglio tra l’ambizione di mostrare lo stream of consciousness dell’età verde stretta nella morsa dei canonici passaggi connaturati, dovuti alla separazione dei genitori, e l’ovvio valore attrazionale della scrittura per immagini, il copione costeggia comunque molteplici banalità. La voce fuori campo sin dall’incipit della piccola Alma banalizza l’ormai risaputa, ma pur sempre interessante, tecnica dei romanzi psicologici. Il connubio della rappresentazione dei teneri e innocenti pensieri con la sequenza del quadretto intimo nel bel mezzo della messa ortodossa in quel di Parigi diventa troppo generico. Oltre che poco libero, giacché legato all’affollarsi d’inani luoghi comuni. Le reazioni mimiche della mamma Charlotte, di nuovo in dolce attesa, l’angoscia malcelata dei figli, la tenerezza dimostrata nondimeno da entrambi ad Alma, l’incertezza del futuro, l’inganno dell’avventura rientrano nel novero dell’indefesso déjà-vu.

Neppure la trovata della vacanza in montagna con gli sci che ripiega al mare possiede l’appeal poetico del ragguaglio stilistico. Gli echi di Amici miei, ravvisabili nelle cosiddette “villeggianti”, ovvero la moglie e l’unigenita dell’egoista conte Mascetti coi vestiti estivi in pieno inverno, sono alieni al compiacimento dei colpi di gomito. La nota di merito paga però lo scotto al fondato sospetto del massimo di consapevolezza dell’estro della Commedia all’italiana convertito in filigrana nel dato antropologico ed etnologico del melodramma in teoria più erudito. I cortocircuiti visionari rappresentati dall’effigie sul palcoscenico del distratto padre Carlo con la nuova fiamma Benedetta, in grado di corrispondere alle frecce di Cupido in risposta alla scarsa intesa sul versante creativo, avrebbe meritato un trattamento meno superficiale ed esornativo. Stessa cosa per le location dove i ragazzi, avvezzi alla lingua francese e alle forme-bandiera della cadenza romana, sperano d’invertire. “Magara!” ripete sovente Benedetta giustificando il titolo della pellicola che edulcora in corretto italiano l’esclamazione capitolina. La geografia emozionale stenta quindi ad andare in profondità, svelando il riverbero degli stati d’animo. Magari appare così il frutto di un’occasione in gran parte mancata a causa dell’assenza dell’indispensabile polso. La gamma di ragioni psicologiche connesse ad attese ed empatiche speranze, nutrite per sconfiggere la noia di piombo e l’atteggiamento a dir poco distratto del velleitario Carlo, che sogna di ottenere successo nel cinema degli anni Ottanta in veste di screenplayer, si adegua all’ottica del pistolotto confuso per inteso monito esistenziale.

La virtù di far ridere amaramente e di far riflettere ironicamente affiora in modo discontinuo insieme al professionismo del cast. Con Riccardo Scamarcio in odore, per ciò che conta, del David di Donatello nel ruolo dell’anaffettivo padre sugli scudi. Mentre l’insistito ricorso alle inquadrature di quinta, ai corridoi lungo i mercati in cui Donatella, impersonata da Alba Rohrwacher in maniera abbastanza scolastica, alle montagne di Courmayeur e alle spiagge di Sabaudia esibisce un fiacco ritratto delle cose, la musica intradiegetica fornisce stimoli degni di segnalazione. Il carattere d’autenticità della canzone Se mi lasci non vale di Julio Iglesias intonata sull’esempio di Insieme a te non ci sto più nel morettiano La stanza del figlio, trascende l’evidente timbro esplicativo: il ricordo dell’esimio nonno, estremamente controllato fuori dallo stadio, ed entusiasta in tribuna d’onore quando tifava per l’amata Juventus, impreziosisce il riferimento associato alla forza trascinante della cultura. L’esplicita intimità non va tuttavia confusa con l’aura contemplativa: il timbro trascinante del brano musicale Cosa resterà degli anni ’80 trova scarsa attinenza in Magari. Il parlato filmico, congiunto alla vana scoperta dell’alterità, contrattacca alle certezze imposte dalla lancia spezzata alla fiducia nell’avvenire con una vana panacea demodé. La dote rappresentativa predominante è più vecchiotta che giovane. Col risultato di gettare una luce di speranza sul futuro anteponendo tradizioni sorpassate allo spessore dell’ingegno.

 

 

Massimiliano Serriello

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I documentari di Mondovisioni di Internazionale in streaming

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I documentari della rassegna Mondovisioni di Internazionale per la prima volta in streaming, in attesa di tornare nelle sale di tutta Italia.

Il tour dei migliori film su attualità, informazione e diritti umani, organizzato dal settimanale Internazionale con la collaborazione di CineAgenzia, che porta in Italia il meglio del documentario di inchiesta dai festival di tutto il mondo, debutta tradizionalmente ogni inizio autunno a Internazionale a Ferrara, raggiungendo a ogni edizione nei mesi successivi oltre 30 città da nord a sud, per più di 200 proiezioni all’anno.

Quest’anno non è andata così: dopo il successo della prima parte del tour, la chiusura dei cinema e lo stop alle proiezioni, a inizio marzo, hanno causato l’annullamento delle numerose tappe previste tra primavera ed estate, privando tantissimi spettatori di quello che, in molte città, è diventato un appuntamento fisso.

Da qui l’idea di trasferire Mondovisioni online, con tutti e otto i documentari disponibili a noleggio on demand dal sito di Internazionale al costo di 4€, per la prima volta quindi non solo nelle città toccate dal tour, ma attraverso lo streaming ovunque in Italia.

Mondovisioni racconta, e continuerà a farlo online, la complessità che ci circonda grazie al miglior cinema documentario, attraverso storie senza filtri che ci riguardano, appassionanti ed esemplari. I temi della rassegna spaziano dalla lotta alle fake news ai salvataggi nel Mediterraneo, dalla situazione delle donne single in Cina agli abusi sessuali sui minori nella Chiesa, dalle frontiere della genetica alle truffe online, dalle migrazioni verso l’Europa a un coinvolgente ritratto della “gola profonda” Chelsea Manning.

Di particolare attualità, in questo periodo in cui la tecnologia genetica CRISPR è stata evocata tra le soluzioni possibili per studiare e combattere il Coronavirus, il documentario Human Nature di Adam Bolt, che presenta con straordinaria chiarezza le impressionanti e inquietanti prospettive di questa rivoluzione scientifica.

Ugualmente rilevante, per le recenti ulteriori rivelazioni del sito di giornalismo d’inchiesta Bellingcat sul caso dell’abbattimento sui cieli dell’Ucraina del volo Malaysian Airlines MH17, Bellingcat – Truth in a Post-Truth World di Hans Pool, che celebra le battaglie dell’omonimo collettivo di citizen journalists , impegnati a smascherare propaganda e fake news.

Gli altri titoli disponibili per Mondovisioni on demand sono Prey di Matt Gallagher, sulla questione degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa, a partire da un clamoroso caso in Canada; Sakawa di Ben Asamoah, sguardo senza moralismi dietro le quinte delle truffe online grazie alle quali sopravvivono i giovani ghanesi; Leftover Women di Hilla Medalia e Shosh Shlam, toccante ritratto di tre giovani cinesi alle prese con gli sprezzanti giudizi di famiglie e società sulle donne non sposate; il pluripremiato Midnight Traveler di Hassan Fazili, coinvolgente e commovente cronaca in prima persona dell’odissea di una famiglia in fuga dall’Afghanistan all’Europa; il sempre attuale Mission Lifeline di Markus Weinberg, che porta lo spettatore a bordo della nave di una ONG tedesca impegnata nei salvataggi nel canale di Sicilia, e tra i manifestanti che in Germania gridano “Lasciateli annegare”; e infine XY Chelsea di Tim Travers Hawkins, che ripercorre con formidabile intimità la parabola di Chelsea Manning, dalle rivelazioni di Wikileaks alla sua transizione di genere, fino all’impegno in politica.

Lo streaming dei documentari di Mondovisioni è basato sulla piattaforma Vimeo on Demand, il noleggio di 4€ a film dà diritto alla visione per 48 ore.

Maggiori informazioni su Mondovisioni e accesso ai documentari: www.internazionale.it/mondovisioni

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Alessandro Bruni presenta il romanzo We Were Grunge

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Il Taccuino Ufficio Stampa

Presenta

 

We Were Grunge di Alessandro Bruni

Lo scrittore bolognese Alessandro Bruni presenta “We Were Grunge”, un romanzo intimo ma anche un’opera di non fiction che rievoca i tempi della musica grunge in quel di Seattle, quando gruppi come Nirvana, Soundgarden, Alice in Chains e Pearl Jam hanno rimescolato le certezze e le coscienze dei ragazzi degli anni novanta. È anche la storia di un uomo, aspirante scrittore, che cerca sé stesso attraverso un pellegrinaggio tra i boschi della Via degli Dei, con la sola compagnia dei fantasmi dei soccombenti e dell’ingombrante figura di chi è rimasto, con il quale intrattiene un emozionante dialogo interiore.

Titolo: We Were Grunge

Autore: Alessandro Bruni

Genere: Narrativa contemporanea

Casa Editrice: Persiani Editore

Collana: Narrativa

Pagine: 120

Prezzo: 14,90 €

Codice ISBN: 978-88-858-04-746

 

«La mia foto a vent’anni, non è tanto diversa dalla tua Eddie e nemmeno tanto diversa da quella di Christopher, il Supertramp. Siamo abbronzati di spazi aperti, abbiamo occhi spiritati, disor­dinati negli impulsi, desiderosi di essere liberi, non controllati e fedeli solo a ogni nostro desiderio e alla nostra vera, singola e unica natura. Siamo arruffati e capelloni, talvolta sporchi, sempre affa­mati di tutto. Pronti a stravolgerci, più incoscienti che coraggiosi, incapaci di guardare oltre il limite dei nostri anni. Vale forse per tutti. Ci tuffiamo nella promiscuità di ogni percezione sensoriale e di ogni pensiero o emozione che ne consegue. Credo sia giusto o inevitabile così, eppure come vorrei riuscire a tornare vicino a un ragazzo che si è perso, per portarlo in salvo, anche contro la sua apparente volontà […]».

 

Il romanzo We Were Grunge di Alessandro Bruni ha un sottotitolo che presenta in parte la trama di quest’opera a metà tra il saggio e l’auto-fiction: In cammino con Chris Cornell, Kurt Cobain, Layne Staley e Eddie Vedder. E sono infatti quattro le sezioni in cui è diviso il libro, relative ai quattro musicisti che sono stati i protagonisti indiscussi della scena grunge di Seattle negli anni novanta. Ma oltre al racconto lucido e profondamente partecipato della storia in pillole di questi tormentati artisti, l’opera si focalizza anche sulla vicenda di un uomo che decide di chiudere temporaneamente i ponti con la sua vita, per partire per un viaggio a piedi tra i boschi dell’Appennino Tosco-Emiliano e scrivere un romanzo che da tempo girovagava nella sua testa. Sarà un cammino faticoso dal punto di vista mentale e fisico, una sorta di pellegrinaggio pagano che porta omaggio a divinità malridotte e terrene, tre delle quali già ascese al Paradiso altrettanto pagano della Musica. In certi passaggi questo cammino diventa una via crucis, le cui stazioni sono rappresentate dalle canzoni che risuonano nella testa del protagonista, a memento di uomini che hanno trasformato in arte la loro sofferenza interiore, che si sono immolati sull’altare della condivisione esponendo le proprie ferite sanguinanti e donandosi completamente, anima e corpo, anche quando era rimasto ben poco da offrire. E non è un caso che la dedica in apertura del romanzo reciti: “Per quelli che soccombono e quelli che restano”, a rimarcare l’intento dell’autore di raccontare della sottile linea che separa l’attitudine a resistere o a soccombere alla vita. Eddie è sopravvissuto al vortice distruttivo del grunge e alla caduta nella dannazione dei suoi colleghi; ancora oggi attivo nella scena musicale, è il punto di arrivo del viaggio del protagonista, l’unico con il quale può avere un confronto concreto, esplicitato nel dialogo “epistolare” che intrattiene con lui per tutto il libro, una conversazione spesso turbolenta, specchio dell’inquietudine che lo avvolge. Chris, Kurt e Layne rappresentano invece i fantasmi di un’epoca che non tornerà più, che l’autore rievoca uno dopo l’altro in una sorta di straniante seduta spiritica. Chris con il suo suicidio che è stato rimandato a lungo ma che è sempre esistito in potenza: “il seme dell’autoannientamento è germogliato in una terra remota della psiche, del passato”; Kurt che come uno spettro impertinente segue il protagonista nel suo peregrinare tra i boschi, nel suo osservare gli alberi: “nell’intreccio delle ramificazioni ho intuito il gioco della grazia e dell’istinto selvaggio, entrambi presenti in natura” – così com’erano presenti anche in Cobain; Layne che era un morto vivente molto prima della sua morte, ma che è stato forse l’interprete più raffinato e allo stesso tempo più disperato del male esistenziale: “Kurt è bruciato in una folgore che ha avvampato una notte; Layne è marcito poco per volta, al ritmo lento di una nenia meravigliosa, capace di cullare i peggiori sogni tossici, le dannate astinenze, ogni fallimentare tentativo di risalita verso la superficie”.

 

TRAMA. Il 18 maggio 2017 Chris Cornell, cantante dei Soundgarden, viene trovato morto in una stanza d’hotel a Detroit. Sono trascorsi oltre vent’anni da quel pugno di tempo contrassegnato dal grunge e dall’ultima onda di ribellione musicale. Kurt Cobain dei Nirvana e Layne Staley degli Alice in Chains sono morti da anni e ora il destino è venuto a prendersi Cornell. Un protagonista di cui non sappiamo il nome, con il suo sole e il suo tempo in bilico sul mondo, si allontana da casa e dalla famiglia, dagli impegni presi e dal lavoro. Vuole solo camminare e scrivere, scrivere e parlare con l’ultimo di quei ragazzi che fronteggiavano il pubblico, l’ultimo ora rimasto in vita, l’ultimo ancora sul palco. Eddie Vedder. We Were Grunge è il racconto di questo cammino di stenti, questa disputa di anime che toccano il fondo e si contendono quello che resta, nella meschinità, nella passione, nella vergogna e nella verità, sino alla conta finale per capire se esiste ancora una differenza fra soccombere e resistere.

 

L’AUTORE È DISPONIBILE A RILASCIARE INTERVISTE

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BIOGRAFIA. Alessandro Bruni (Bologna, 1972) è uno scrittore e avvocato civilista. È autore dei romanzi editi da Persiani Editore “Ulisse aveva una figlia” (2015), “Killing Rock Revolution” (2017) e “La prossima estate. Un requiem per il noir” (2019) – che compongono la trilogia della commedia itinerante, della spy story complottista e dell’equivoco secondo il registro della tragedia. Il suo ultimo romanzo è “We Were Grunge” (Persiani Editore, 2020).

 

LA CASA EDITRICE. Persiani Editore è una casa editrice distribuita a livello nazionale, con circa 300 titoli in catalogo divisi in 14 diverse collane. Nasce nel 2005 quando la New Media Entertainment, azienda produttrice di programmi radiofonici e televisivi, decide di dedicarsi al settore dell’editoria libraria. La sua linea editoriale è basata sul fondamentale principio di libertà e pluralità di pensiero, e quindi di stampa: il suo catalogo è caratterizzato da collane e pubblicazioni anche di ispirazione diametralmente opposta. Ne sono esempio le diverse collane di psicologia (Sviluppo Integrale, Immagini dall’inconscio, Quaderni Asolani, Temenos), dove studiosi di estrazioni opposte, come Junghiani e Freudiani, propongono tesi di alto profilo scientifico. Tra le altre principali pubblicazioni troviamo anche testi inerenti al mondo dello spettacolo, raggruppati in una preziosa e originale collana di libri dedicata interamente al teatro e al cinema. Nel cinema è importante anche segnalare che la Casa Editrice Persiani cura le pubblicazioni dell’Associazione Italiana di Ricerche di Storia del Cinema (AIRSC). Seguono, inoltre, le collane dedicate alla poesia e alla narrativa.

 

 

Contatti

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Link di vendita

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IL TACCUINO UFFICIO STAMPA

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Tabib è il primo cortometraggio italiano disponibile su Amazon Prime Video

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Il cortometraggio Tabib di Carlo D’Ursi, già vincitore della Menzione Speciale ai Nastri d’Argento e di numerosi riconoscimenti internazionali, è disponibile su
Amazon Prime Video.

Definito un vero e proprio “tributo a tutti i medici del mondo”, Tabib mostra gli ultimi minuti di vita del pediatra Mohammed Wassim presso l’ospedale Al Quds di Aleppo in Siria, che il 27 Aprile 2016 venne bombardato dalle forze aeree alleate. Era l’ultimo pediatra rimasto in città.

“Per la forza evocativa e insieme la semplicità del racconto con il quale mette in scena l’ultimo pediatra di un campo medico siriano”, Tabib nel 2018 si è aggiudicato la Menzione Speciale nell’ambito dei Corti d’Argento, i premi assegnati dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (SNGCI) presieduto da Laura Delli Colli.

Il cortometraggio ha inoltre lasciato il segno nell’ambito di numerose rassegne cinematografiche internazionali, vincendo oltre cinquanta premi.

https://www.primevideo.com/detail/0H3CM77TWV039UU3CU51FH8V2Q/ref=atv_sr_def_c_unkc__1_1_1?sr=1-1&pageTypeIdSource=ASIN&pageTypeId=B0884BF447&qid=1588761787

Le immagini della video vigilanza dell’ospedale Al Quds di Aleppo (Siria), mostrano gli ultimi minuti di vita del pediatra Mohammed Wassim, il caos nei corridoi e la disperazione di medici e pazienti. A differenza dal resto, Mohammed non fugge, ma si dirige verso una stanza con decisione. Mohammed entra in sala operatoria, dove c’è solo un paziente, un bambino di 9 anni, e due infermiere. Il resto dei medici è scappato. La vita del bambino è in pericolo, e Mohammed rischierá la sua vita per salvarlo.

Interpreti di Tabib sono Josean Bengoetxea e Son Khouri.

 

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I nuovi singoli di Reshape Records

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Si intitolano “Cafè” e “Rebola” i nuovi singoli di Reshape Records, firmati rispettivamente da NAW & Luca Lazza e da Gabriele D’Andrea. In entrambi i casi, house music declinata in svariate modalità, come sempre ci si aspetta dalle produzioni Reshape, fedele alla house come poche altre label al mondo.

Naw & Luca Lazza: Cafè
House dal sapore balerarico con richiami old school e nu disco per il nuovo singolo di Law e Luca Lazza per Reshape. Ritmica da subito potente, voci di chiara matrice black usata in loop, per un brano che parte subito in quarta e arriva dritto alla meta senza che nemmeno ce ne si accorga. House music nell’accezione più tradizionale del termine, come sempre quando si parla di produzioni dell’etichetta discografica milanese specializzata in questo genere come poche altre.

Gabriele D’Andrea: Rebola
House con ampie sfumature brasiliane per il nuovo singolo Reshape, firmato da Gabriele D’Andrea: percussioni costanti, assai ritmate, e il titolo della canzone che viene ripetuto in loop con partenze, break e ripartenze che non lasciano un attimo di tregua. Rebola in portoghese è ha lo stesso significato in inglese di shake, quel movimento non troppo lento che si fa quando si balla e non si riesse a proprio a star fermi nemmeno se ci si trova legati mani e piedi ad una sedia.

Reshape Records è un’etichetta discografica nata nel 1996: il suo catalogo comprende oltre 2mila tracce di artisti quali Frank’ O Moiraghi, Nerio’s Dubwork with Darryl Pandy, Scandal Dada, Fred Pellichero, F. Physical, Alex Guesta, Yan Kings, Paid n Laid, Maxx Peak, Mauro Mbs, Gabriele D’Andrea, Morning Squad, Pat-Rich, Luca Lazza, Simon Shane e tanti altri ancora. Una label che da sempre si dedica ad un unico genere musicale: la House. Senza alcun dubbio, senza alcun compromesso. Perché “Big Dreamers Never Sleep”, come recita uno degli slogan più celebri di Reshape.

www.reshapecords.com

 

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Silvia Tirado: dopo Gabriele Pippo, solo me stessa e la musica

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Si è fatta conoscere al grande pubblico grazie alla sua partecipazione a Temptation Island, il reality di Canale 5 ideato da Maria De Filippi protagonista, assieme al suo ex: Gabriele Pippo, (figlio di Pippo Franco) di una delle storie più tormentate del programma. Ma oggi Silvia Tirado ha voltato pagina, sentimentalmente e lavorativamente, è cresciuta, si è dedicata al canto ed è diventata un’influencer molto apprezzata e seguita su Instagram. Noi di Mondospettacolo l’abbiamo intervistata per voi.

Bellissima, seguitissima e molto chiacchierata. Chi è davvero Silvia Tirado?

Ciao a tutti gli amici di Mondospettacolo, è sempre un piacere essere intervistata da voi. Io sono una semplice ragazza che studia, lavora, si tiene sempre occupata e con una grande passione per la musica.

Hai da poco lanciato il tuo singolo. Come nasce la passione per il canto?

La passione per la musica mi è stata tramandata da mio padre, cantante e polistrumentista, il quale tutt’ora fa parte di un gruppo musicale.
È appena uscito il mio nuovo singolo estivo Chanel Parfum su tutte le piattaforme digitali (Youtube, Spotify, Apple Music) è una canzone in spagnolo, molto calda e ritmata. Il titolo allude al famoso marchio utilizzato anche dalla celebre Marylin Monroe ed amato da tutte noi donne ed ovviamente il mio preferito.  Il singolo tratta tematiche amorose difatti  viene anche citato l’amore tra “Tokio y Rio” della famosa serie televisiva La casa di Carta, parlo inoltre dell’idea di libertà nella coppia dicendo “contigo sueño, no quiero dueño” tradotto “con te sogno, non voglio un padrone”, dicendo questo volevo appunto esprimere la mia idea d’amore: una donna che vuole sentirsi libera da ogni tipo di gelosia ed autorità maschile.
Spero che ballerete sulle note di Chanel Parfum quest’estate!

Conosciamo il tuo passato amoroso dalla tua partecipazione a Temptation Island Vip, ma adesso c’è un uomo nella tua vita?

Attualmente non frequento nessuno sia perché ho un vero e proprio “blocco” in questo momento e poi perché sinceramente non sto pensando agli uomini, ma piuttosto cerco di dedicarmi soltanto a me stessa, realizzarmi, portare a termine il mio percorso universitario e pensare alla mia carriera!

Hai dichiarato di essere stata vittima di razzismo. Ce ne vuoi parlare?

Purtroppo il razzismo nel 2020 non è stato ancora sconfitto e siamo ben lontani dal poterlo fare! Dopo la mia partecipazione al reality Temptation Island Vip non avrei mai pensato di poter ricevere così tante critiche razziali nei miei confronti anche perché ho semplicemente una carnagione olivastra ! Non riesco ad immaginare se fossi stata di colore quante me ne avrebbero potute dire!
Le persone fanno di tutto per essere abbronzate stando ore ed ore esposte al sole, si comprano autoabbronzanti e poi ti criticano per il colore della pelle, che ipocrisia! Mi dispiace davvero tanto che dopo tutte le lotte fatte nel corso del tempo contro la discriminazione razziale ci siano ancora persone così “piccole” (mentalmente parlando) che criticano il colore di pelle e che riescono a discriminare per la provenienza geografica di una persona! Io ho studiato la storia e ricordo anche di aver fatto la tesina di terza media sulla tematica “razzismo”, quindi nel mio piccolo so di cosa stiamo parlando . Se le persone aprissero un libro di storia e studiassero la discriminazione che hanno subito le persone di colore e gli sforzi fatti da personaggi come ad esempio Martin Luther King forse ci penserebbero due volte prima ad aprir bocca e sputare sentenze!

Oltre che a proseguire nel canto, ti piacerebbe tornare a lavorare in tv? Ci sono proposte che stai vagliando o desideri che vorresti concretizzare?

Non escludo l’ipotesi di tornare in tv, alla fine tutto fa esperienza! Mi piacerebbe tornarci per far ascoltare la mia musica ad un pubblico più ampio, quello sicuramente.

Silvia Tirado, prima di chiudere questa piacevolissima chiacchierata, ti andrebbe di salutare tutti i lettori di Mondospettacolo?

Grazie Sabrina per questa chiacchierata, saluto tutti gli amici di Mondospettacolo e li invito a seguirmi ed ascoltare la mia musica! Stay tuned!

https://www.instagram.com/silviatirado__/

www.mondospettacolo.com/silvia-tirado/

Sabrina Lanzillotti

L'articolo Silvia Tirado: dopo Gabriele Pippo, solo me stessa e la musica proviene da Mondospettacolo.

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