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SUVARI: le paure hanno una loro forma

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Un Ep di soli 3 brani inediti per Luca De Santis ovvero SUVARI che sforna un breve assaggio sulla sue capitalizzazione del concetto paura. Ed è paura esistenziale del tempo che passa in questo lavoro dal titolo “Di cosa hai paura?”. Ed è pop raffinato di impronte digitali il DNA primo di questa estetica concettuale, filosofie che SUVARI compone in modo leggero ed immediato e che rilascia al pubblico in una forma ballata alla indie-maniera. Solo 3 scritture di cui è “Altrove” il singolo scelto per farne immagine da videoclip da rilasciare in rete… un altrove dove rifugiarsi ma anche dove ritrovarsi, un altro luogo che al pensiero corrisponde ad un non-luogo, un altrove da raggiungere… la paura di lasciare qualcosa che sia ha o che si è… e poi ritrovarsi grandi, adulti, anziani e ricordarsi dell’era fanciullesca quando si giocava con il “Supertele”… ve lo ricordato il Supertele? Un bel disco, semplice, pop, di nostre abitudini…

Noi parliamo di estetica… innegabile, basta sfogliare il magazine. Cos’è per te l’estetica e quanto conta in una forma espressiva?
Ovviamente anche l’occhio vuole la sua parte. Nella musica la parte estetica ti permette di aggiungere un livello di lettura in più all’aspetto sonoro, veicolando così l’audio con un’immagine che si vuol trasmettere. Oltre a questo oggi in un mondo filtrato dai social network ha un aspetto molto importante l’estetica che si associa ad un progetto musicale. Io sono anni che lavoro come grafico, quindi mi viene naturale curare maggiormente gli questi aspetti come ad esempio è stato per il concept dietro al nuovo ep.

Però l’estetica è anche quella che si nasconde tra le pieghe della forma d’arte superficiale. E quindi, al di la del significato sfacciato delle tue canzoni, c’è un messaggio latente dietro questo Ep?
Certo. Cerco di far vivere ogni canzone su diversi livelli di lettura e su forti contrasti. Ad esempio i ritornelli allegri portano con se aspetti profondi e più fragili del mio carattere. Dietro a questo Ep ci sono i discorsi che si sente fare al bar, chiacchiere di passaggio che dicono molto delle persone. Ultimamente ho sentito parlare fin troppo di paura, e mi sono chiesto quali fossero queste paure. Dal punto di vista personale sono le normali difficoltà del quotidiano, ma ho notato purtroppo che dietro i discorsi passeggeri del bar c’era molta ignoranza, odio verso il prossimo, incapacità di comprendere il mondo che viviamo.

Che poi anche SUVARI, anche l’uso di un moniker significa qualcosa che si nasconde all’evidenza. Anche nascondere se stessi al pubblico ha, per me, lo stesso valore. Non è così?
Si, creare un nickname per produrre musica ci permette di creare un “io” alternativo, una maschera con la quale si può giocare. È divertente ed è stimolante, ma soprattutto ti offre la possibilità di aprire gli orizzonti ed essere in continua evoluzione. Oggi Suvari sono io, domani possiamo essere 2 o 3 persone, o diventare qualcosa di diverso.

E sempre restando nell’ambito dell’estetica: perché solo 3 brani? Ha un qualche significato? Una cosa che mi pare assai curiosa… quanto meno mai vista…
Volevo far uscire della musica nuova che celebrasse un anno dall’uscita del disco di debutto “prove per un incendio”, avevo già molte canzoni pronte ma lavorare ad un disco ha un procedimento lungo e necessita di tempo. Ma soprattutto mi son reso conto che oggi la fruizione della musica è molto più veloce e si esaurisce in un tempo più ristretto. 3 canzoni sono una misura giusta per creare un concept, per rinfrescare il proprio repertorio continuando a lavorare su brani nuovi.

Di sottofondo ci leggo una grossa nostalgie degli anni ’90. Non è così? E nel caso ci sono riferimenti da fare nello specifico?
Sono cresciuto negli anni 90, sono gli anni in cui ho scoperto la musica, mi sono innamorato di gruppi che mi hanno totalmente cambiato e invogliato a suonare. La nostalgia non è voluta, ma forse il ricordo un po’ nostalgico di quel periodo me lo porto sempre dietro.
Dal punto di vista compositivo le mie ispirazioni vengono più dalla prima elettronica e dal post punk anni 80, ma tutto il bagaglio dei miei gruppi preferiti è proprio nei 90.

E anche il pop è una forma estetica che cerchi di inseguire, anche in questo realizzare brani partendo da idee che magari nascono fischiando. C’è una direzione precisa…
Non proprio, l’obiettivo è essere soddisfatto al massimo di una canzone, deve essere un brano che ho voglia di ascoltare molte volte e di suonare dal vivo. Le canzoni nascono spontaneamente, come appunto dicevi a volte da un motivetto nella testa. Ad esempio la canzone “Di cosa hai paura?” nasce dal ritornello che mi canticchiavo e che ho registrato mantenendo il “na na na” che mi girava per la testa.

E per chiudere parliamo del video che ha un aspetto decisamente anni ’90. L’hai voluto così… vero?
Si, ha dei colori che mi ricordano un po’ i primi anni di MTV. Ho deciso di unire diverse immagini riprese col cellulare durante un viaggio on the road negli Stati Uniti con altre che rappresentano il quotidiano, sia a Roma che in Toscana, dove sono cresciuto. Le immagini che si sovrappongono invece rappresentano le idee di fuga, sogni, pensieri che abbiamo ogni giorno.

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Il ritorno di “Anymore”

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Amici di Mondospettacolo, come sapete sono ormai tantissimi anni che mi occupo di promuovere fotomodelle affermate ed esordienti, con particolare riferimento alle modelle che fanno servizi fotografici in stile Glamour/Lingerie e nudo Newton, tra queste c’è la bravissima e bellissima Anymore.

Ciao Sonia, bentornata su Mondospettacolo, hai carta bianca, raccontati ai nostri lettori con le tue bellissime foto e con naturalmente una tua descrizione.

Ciao a tutti e grazie a te Alex che sei il Direttore di  Mondospettacolo per questa mio ritorno con questa nuova intervista.

Per chi non avesse letto la mia intervista di qualche anno fa, mi presento nuovamente (sorride). Sono Sonia Croci, ma preferisco farmi chiamare Anymore, ho 41 anni ma ho ancora voglia di mettermi in gioco e di poter fare sempre nuove esperienze nel mondo della fotografia perché è sempre stata una mia grande passione che negli ultimi anni mi ha portato molte soddisfazioni e collaborazioni che mi hanno aiutato a migliorarmi e a crescere.

Amo la fotografia perché ti porta ad evadere dalla quotidianità e a poter interpretare diverse situazioni e stili, negli ultimi mesi infatti ho posato per diversi fotografi interpretando situazioni diverse dalla donna in officina…

Alla donna dell’esercito… alla donna musicista….

E  nella versione più intima e intrigante e in ciascuna occasione mi sono sempre impegnata al massimo.

Ma non solo , grazie alla visibilità che mi è stata data ho avuto la possibilità di provare l’ esperienza radiofonica grazie all’ ospitata da parte di radio Punto dove sono stata intervistata in diretta e devo dire che è stata molto emozionante.

Ho anche girato il mio primo cortometraggio in stile horror dove ho interpretato una vampira….

E per finire l’ esperienza del body painting  dove ho posato per una bravissima artista che ha completamente dipinto il mio corpo.

Insomma che dire, se non ringraziare tutte la persone che mi hanno dato fiducia e appoggio nel voler collaborare con me.  E alle nuove che ci saranno…..

Sempre pronta a nuove sfide!

Un bacione a tutti.

Anymore

Anymore su Facebook

Anymore su Mondospettacolo

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Iniziate le riprese de I migliori anni, nuovo film di Gabriele Muccino

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Sono iniziate oggi, Lunedì 3 Giugno 2019 a Roma, le riprese di I migliori anni, il nuovo film di Gabriele Muccino, che torna dietro la macchina da presa dopo il grande successo di A casa tutti bene (Oltre 1.4 milioni di spettatori, con un incasso di 9.18 milioni di euro).

I migliori anni vede come protagonisti Pierfrancesco Favino, Micaela Ramazzotti, Kim Rossi Stuart e Claudio Santamaria. Fanno parte del cast anche Nicoletta Romanoff ed Emma Marrone.

Sceneggiato da Gabriele Muccino insieme a Paolo Costella I migliori anni è una produzione Lotus Production, una società di Leone Film Group con Rai Cinema in associazione con 3 Marys Entertainment. Prodotto da Marco Belardi, uscirà nelle sale italiane il 13 febbraio 2020 distribuito da 01 Distribution. La colonna sonora del film sarà di Nicola Piovani.

I migliori anni è la storia di quattro amici Giulio (Pierfrancesco Favino), Gemma (Micaela Ramazzotti), Paolo, (Kim Rossi Stuart), Riccardo (Claudio Santamaria), raccontata nell’arco di quarant’anni, dal 1980 ad oggi, dall’adolescenza all’età adulta.
Le loro speranze, le loro delusioni, i loro successi e fallimenti sono l’intreccio di una grande storia di amicizia e amore attraverso cui si raccontano anche l’Italia e gli italiani. Un grande affresco che racconta chi siamo, da dove veniamo e anche dove andranno e chi saranno i nostri figli. È il grande cerchio della vita che si ripete con le stesse dinamiche nonostante sullo sfondo scorrano anni e anche epoche differenti.

Le riprese del film si svolgeranno a Roma per nove settimane.

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Pijamaparty dal vivo ad Ancona, venerdì 7 giugno il live al Reasonanz di Loreto

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Ca$h Machine è il titolo del primo album della band toscana Pijamaparty, disponibile da venerdì 12 aprile nei negozi di dischi per Black Candy Records e con la release parte anche il tour.

La band toscana presenterà dal vivo le 15 tracce presenti nel disco che arrivano subito al punto: celebrare sound, estetica e approccio degli Anni ’90 attraverso un mega pigiama party -appunto- per bambini un po’ troppo cresciuti. Come fossero inconsapevoli della scena musicale che li circonda, o forse troppo menefreghisti per importargli qualcosa, fanno man bassa di tutti i generi musicali e degli immaginari pop contemporanei. Da Marylin Manson ai Teletubbies, dai Rage Against the Machine a Nyan Cat, dai Die Antwoord a Miyazaki, mettendoci dentro anche gli orsetti gommosi.

La formazione nasce nel 2016 tra Firenze e Siena nei bassifondi della provincia, precisamente nella rinomata Colle val d’Elsa o Wildelsa come preferiscono chiamarla loro.

I pijamaparty hanno scelto tutti i generi musicali che finiscono con la lettera k: rock, punk, funk e skunk. E scorrono impazienti nelle vene di questa misteriosa creatura risvegliatasi negli anni ‘90 nella stessa culla di Mix Master Mike, che cresciuta è stata truccata dalla fatina dell’elettronica, ed è in botta del passivo del reggae e della dub. Una nuova forma di crossover schizofrenico che dal vivo esprime il suo massimo potenziale, uno spettacolo coinvolgente dove convergono citazioni ricercate e motivetti tormentone che attingono a indelebili ricordi delle canzoncine dell’asilo. La musica dei PJP è immediata e diretta, facile da ascoltare e da ballare provocando lo stesso effetto delle “musichette da autoscontro”. $ilvia (voce), CumZ (basso), Hanif (chitarra), Vic (tastiere) e Mug (batteria) fanno esattamente quello che gli pare, in uno sproloquio musicale svincolato da preconcetti e etichette di genere in maniera violenta e spudorata, ma affabile. In oltre un’ora di show spazio anche per cover a sorpresa e pezzi inediti della band.

 

Venerdì 7 giugno

dalle 22 alle 04

Reasonanz

via Leonessa snc (c/o “ex tiro a volo”) – Loreto (AN)

Ingresso Libero con tessera AICS

Infoline 3890016545

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In dvd l’Alberto Sordi mercante di morte di Finché c’è guerra c’è speranza

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Oltre che grandissimo attore, comico e non solo, Alberto Sordi è stato un acuto osservatore, sempre pronto a mettere in scena vezzi e lazzi dell’italiano medio, soggetto primario del noto “americano a Roma” che non ha mai saputo resistere all’idea di cavalcare l’onda dell’attualità con una graffiante ironia.

Lo ha fatto in qualità d’interprete, dando vita ad una galleria di personaggi ancora oggi indimenticabili, e si è ripetuto anche quando si è cimentato nella regia, dirigendo pellicole capaci di argomentare nel migliore dei modi determinate parentesi attuali.

Tra queste, il mercato delle armi, discorso che il buon Albertone nazionale decise di raccontare nel 1974 in Finché c’è guerra c’è speranza, di cui è anche protagonista nel ruolo di Pietro Chiocca, venditore di armamenti che fa grandi affari in terre africane, dove le guerre civili sono sempre attive e nel pieno dello svolgimento. Fino al giorno in cui un giornale lo denuncia come “mercante di morte” e gli affari cominciano per lui ad andare male, tanto da trovarsi contro anche la moralità della sua famiglia, tra sua moglie Silvia (Silvia Monti) e i propri figli. Perché questi ultimi non pensano al fatto che il benessere in cui sguazzano è stato possibile proprio grazie agli affari conclusi con questo commercio, quindi fare retromarcia sembra essere una scelta assai difficile, se non impossibile. Mentre Pietro si vede costretto a proseguire i propri affari, nonostante l’assoluta mancanza di rispetto nei confronti delle vite umane.

Guardando avanti di parecchio tempo, quindi, Sordi realizzò Finché c’è guerra c’è speranza affrontando il business di chi si è sempre arricchito sulle spalle di sangue versato in paesi perennemente in lotta, come quelli abitati in terre africane.

E decide di costruirvi sopra una commedia amara mirata a descrivere un determinato pensiero circostante, quello appartenente ai falsi moralisti, fulcro di mancate vittorie nei riguardi di vere e proprie piaghe come lo smercio di materiale bellico. Un’ipocrisia che secondo Albertone andava derisa e analizzata, in modo da essere messa allo scoperto.

Risate a denti stretti non mancano davvero in Finché c’è guerra c’è speranza, ulteriore conferma del Sordi regista. Un titolo che dimostra come, su script steso da lui stesso insieme a Leo Benvenuti e Piero De Bernardi, il noto attore sia stato capace anche dietro la macchina da presa di offrire sguardi non poco all’avanguardia (del resto, ha preceduto il Lord of war di Andrew Niccol, interpretato da Nicolas Cage).
Edito in dvd da Mustang Entertainment (www.cgentertainment.it), con il trailer quale extra.

 

 

Mirko Lomuscio

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Borgo Pallavicini Mori un agriturismo tutto da scoprire alle porte di Roma

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A pochi minuti dal cuore di Roma, tra la meravigliosa piana del Tevere e le suggestive colline a Nord della Capitale, ricche di boschi secolari e vasti campi caratterizzati da affascinanti colori che mutano con l’avvicendarsi delle stagioni, si trova l’agriturismo Borgo Pallavicini Mori una tenuta agricola, un tempo appartenuta agli Altieri e successivamente alla famiglia Pallavicini Mori.

Il Borgo ospita oggi un accogliente luogo circondato da maestosi alberi di quercia e testimonianze delle civiltà etrusca e romana. In epoca antica erano presenti, come oggi, ampie coltivazioni di cereali, ville rustiche e fattorie.

Gli ospiti si troveranno immediatamente in un connubio tra natura e ospitalità a pochissimi passi da Roma e dai principali snodi stradali e autostradali. Il risveglio del mattino sarà accompagnato dal cinguettio di numerosi tipi di uccelli e da una sensazione di benessere e tranquillità.

I casali che ospitano le sue dodici camere sono denominati con gli antichi nomi usati nel territorio: Procoio, Fontanaccio e Polverino, il cui arredamento è stato creato con ricercata cura dei particolari al fine di rendere il soggiorno gradevole e confortevole.

Alcune camere si affacciano su un’incantevole corte interna con un antico fontanile, nonchè sui vari scorci della collina, sulle antiche grotte di epoca etrusca e sulla valle del Tevere.

Il Ristorante Pallavicini ha chiari richiami a tempi antichi in una cornice moderna, con opere d’arte di rara importanza, adatto ad ospitare anche grandi eventi. Dalle sue vetrate si viene catturati dalla natura circostante mentre si possono gustare piatti della tradizionale cucina regionale e mediterranea con selezionati prodotti tipici, alcuni di produzione propria.

La Sala Altieri e la Sala Pallavicini, in un contesto tra antico e moderno, sono delle ampie sale che si adattano ad ospitare matrimoni, meetings, conventions ed ogni tipo di evento con l’ausilio di moderne attrezzature. La prima puo’ ospitare fino a  180 persone, la seconda fino a 140.

Una location da sogno per il giorno più bello. Circondato da querce secolari il Borgo Pallavicini Mori puo’ accogliere il ricevimento dei propri sogni; Puo’ essere anche punto d’incontro per convention, team building, cene ed aperitivi offrendo sempre il giusto standard per eventi bussiness.

Oltre il Bar del Tino appare accanto ad una antica fienilessa, quasi come una sorpresa, una piscina circondata da ulivi con affaccio sulla collina dove, a seconda della stagione, si alternano le varie colture.

L’Area Spa Grotta della Regina deve il proprio nome alla vicina cavità nota alle fonti storiche, utilizzata prima dagli etruschi e poi dai romani e ancora esistente. All’interno di un piccolo casale è presente una confortevole cabina sauna ed un moderno bagno turco, mentre all’esterno una terrazza permette di gustarsi momenti di relax e quiete tra i profumi della vegetazione, senza mai perdere il contatto con la natura che di per sé è bellezza.

 

 

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È Claudio Morales il nuovo Diabolik?

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Fisico atletico, ex nuotatore agonista e 187 centimetri di altezza.

È stato “avvistato” per le vie della città di Napoli l’attore che maggiormente ricorda Diabolik, popolare ladro protagonista dell’omonimo fumetto creato dalle sorelle Giussani.

Il nome è Claudio Morales e ne danno conferma un recente commento della regista Simona Izzo su Facebook e una sua fotografia che il conduttore televisivo Piero Chiambretti – appassionato, appunto, di Diabolik – ha postato sul proprio profilo ufficiale Instagram.

Influencer con 139000 followers sul noto social network (@claudiovmorales), non è un sosia del professionista del furto, ma lo interpreta alla perfezione e sembra veramente incarnarlo nella realtà.

Non a caso, ne ha vestiti i panni in un fotoromanzo, a teatro, in eventi importanti come quello di Rabarbaro Zucca con Carolina Crescentini o quello della catena Hotel Meliá a Milano e in uno spot per una società internazionale che si occupa di sistemi di sicurezza, il cui breve estratto è diventato virale, superando le 550000 visualizzazioni su YouTube.

Un video che sta ottenendo moltissime visualizzazioni su tutti i social e che conferma Morales unico attore italiano che, al momento, ha interpretato Diabolik, avendolo preceduto soltanto l’americano John Phillip Law nel noto cinecomic diretto nel 1968 da Mario Bava e il Daniel McVicar della soap opera Beautiful nel videoclip Amore impossibile dei Tiromancino.

Di conseguenza, con all’interno della propria filmografia quattro lungometraggi di genere firmati dal regista stracult Bruno Mattei (tra i quali Cannibal world e Land of death), potrebbe essere il volto maggiormente adatto da prestare al tanto discusso Diabolik che i Manetti Bros hanno da qualche tempo in progetto.

L’età, le caratteristiche fisiche e il viso ne danno evidente conferma, come pure i consensi ottenuti sul web dai fan del Re del terrore, che sembrano tutti tifare per lui, che ha studiato recitazione presso l’accademia Duse a Roma.

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Cinema e drink: Jay, ispirato a Il grande Gatsby di Baz Luhrmann

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La creatività nel mondo dei drink travalica qualsiasi confine geografico, mentale e tematico. Drink ispirati a un amore, a un’emozione, ma anche a un oggetto, ai luoghi del cuore e a un film amato.

Abbiamo chiesto ad alcuni dei migliori barman e barlady romani di individuare un proprio, personale, film del cuore cui ispirarsi. Ne sono scaturite decine e decine di drink, ispirati a filmografie delle più disparate, dai classici Via col vento ai neo-classici firmati Quentin Tarantino.

Con tanti registi anche italiani al centro dell’ispirazione, da Giuseppe Tornatore a Gabriele Mainetti, passando per David Lynch e il suo Mulholland drive, dai film romantici a Mad Max, passando per i cinecomic e il recente Avengers: Endgame.

Film che hanno ispirato l’uso di tutti gli ingredienti presenti nel mercato, ricette coniugate con cognac, tequila, whisky scozzese, irlandese, bourbon americani del Kentucky, vermouth piemontese, gin inglesi, romani e toscani, amari e bitter, ma anche vodka, ginger beer e liquore Strega, per una nuova ‘geografia cinematografica del bere di qualità’. Preparazioni semplici e meno semplici, da gustare nei loro ingredienti di qualità, ricette create ad hoc da barman e barlady cinefili per sperimentare sé stessi dietro il bancone con un occhio al Grande Cinema.

Oggi è la volta di Jay, ispirato a Il grande Gatsby, diretto nel 2013 da Baz Luhrmann.

BARMAN:  Paolo Manna del Donna Romita – Alcolici&Cucina di Napoli

INGREDIENTI:

5 cl VII Hills Italian Dry Gin
3 cl succo di limone fresco
1.5 cl zucchero aromatizzato al basilico homemade
2 cl liquore St.Germain

Bicchiere: Old Fashioned

Garnish: zest di limone con foglia di basilico

PREPARAZIONE:
Il cocktail si esegue con la tecnica shake e double strain. Raffreddare il bicchiere con del ghiaccio. Nel frattempo, versare tutti gli ingredienti in un tin e riempirlo con del ghiaccio. Shake e double strain. Guarnire con zest di limone con foglia di basilico.


ISPIRAZIONE:
Il cocktail si ispira alle trasposizioni cinematografiche de Il grande Gatsby, già romanzo di Francis Scott Fitzgerald. Il gin, compagno fedele di Jay Gatsby e protagonista dei suoi lussuosi party, era proibito negli anni Venti, proprio come Gatsby, anche se tutti ambivano a partecipare alle sue feste. Proibito come l’amore di Gatsby per Daisy. E’ ben noto che si desidera ciò che non si può avere ed è per questo che Jay, alias gin, rappresenta il lato oscuro del Sogno Americano.

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Milano arriva il panino ignorante gourmet di Vittorio Gucci che sfida i vip

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“Il Panino Ignorante Gourmet“ diVittorio Gucci sfida i vip

Milano – La sera del 24 maggio Via Vigevano si è tinta di blu per un’esperienza gastronomica, artistica e social mai vista prima!

PANINO IGNORANTE VS GOURMET

La nuova sfida lanciata da Vittorio Guccinei confronti di tanti personaggi del mondo dello spettacolo.

Il primo artista ad accetta la sfida è Ronn Moss, il leggendario Ridge di Beautiful, amante della buona cucina e del buon vino italiano.

Oltre a questa sfiziosa sfida, a mezzanotte Vittorio ha festeggiato il suo compleanno insieme a soci, amici clienti e celebrity coronando il successo che ha rivoluzionato il food di Porta Genova (Navigli) MILANO, sull’onda del fermento innescato da Expo 2015.

L’evento aperto a tutti, ma i fortunati ospiti che hanno ricevuto lo speciale braccialetto-pass, hanno potuto liberamente accedere a tutti e tre i locali, che per l’occasione hanno offerto i propri cavalli di battaglia nella versione “tapas”, aree private con esperienze enogastronomiche esclusive e performance artistiche, un esposizione dedicata di Ulysse Nardin, storico marchio svizzero di alta orologeria partner della serata e sponsor di Semplicemente Al Mare… e, per l’occasione, gli ospiti potranno assaggiare specialità di mare cucinate dallo special guest al fianco di Vittorio Gucci.

Da gennaio, nuovi format di ristorazionehanno colorato la via:

Semplicemente Al Mare, pescheria con cucina, 

Semplicemente Gourmet, pizza e delizie d’autore.

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Microfono d’Oro: tra i premiati Claudio Lippi, Fabio Canino, Loredana Errore, Danilo Brugia, Carmen Di Pietro, Beppe Convertini, Daniela Martani, Janet De Nardis

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Si svolgerà Venerdì 7 Giugno 2019, alle ore 18, la 9^ edizione del ‘Microfono d’Oro’.
La manifestazione, organizzata da Fabrizio Pacifici e presentata da Cosetta Turco, si svolgerà al Planet Roma (ex Alpheus), in via del Commercio 36 (zona Ostiense), tempio storico della movida capitolina.
Anche quest’anno, grazie al gradimento del pubblico e al giudizio della giura di qualità, saranno diverse le categorie che avranno dei riconoscimenti, ogni vincitore sarà premiato da un ospite di prestigio. Nel corso della kermesse saranno assegnate anche delle gratificazioni speciali.
I vincitori della 9^ edizione:

PREMIO ALLA CARRIERA: Claudio Lippi

PREMIO SPECIALE: Loredana Errore

ROMA: Te la do io Tokio – Centro Suono Sport. Mario Corsi, Jonathan Calò

LAZIO: Laziali on air – Elle Radio. Danilo Galdino

SPECIALE: Miracolo Italiano – Rai Radio 2. Fabio Canino, LaLaura

MATTINA: The Morning Show – Radio Globo. Roberto Marchetti, Federico De La Vallèe, Carmen Di Pietro, Giovanni Lucifora

INTRATTENIMENTO: Attualmente Diverso – Radio Incontro Donna. Beppe Convertini

GOSSIP: Non succederà più – Radio Radio. Giada Di Miceli

MUSICA: VIPiace – Radio Crik Crok. Danilo Brugia, Paciullo

SPETTACOLO: Incidentalis Arte – Radio Incontro Donna. Janet De Nardis

ATTUALITA’: Prima Pagina – Centro Suono Sport. David Gramiccioli

POLITICA: Cor Veleno Corve – RTR 99. Luca Casciani

APPROFONDIMENTO SPORTIVO: Io sto con gli Indiani – Centro Suono Sport. Alberto Mandolesi, Valeria Biotti

CULTURA: Cocktail – Idea Radio. Paola Liberatori

UNDER 18: Radio Bimbo – Radiobimbo.it. Alessio De Silvestro/Bambinando – Cristina Campagna

RIVELAZIONE: La Mosca Bianca – NSL Radio TV. Daniela Martani

 

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Canapa Festival 2019, da Mogol allo street food tutto il programma dell’evento

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Al via dal 7 al 9 giugno la quarta edizione del Canapa Festival presso il Parco Fluviale di Castrocaro Terme. La kermesse dedicata alla canapa torna anche quest’anno con un programma ricco di eventi, ospiti e speciali iniziative che consacrano la manifestazione come un punto di riferimento del settore a livello locale e nazionale.

Oltre 20.000 MQ espositivi, oltre 50 espositori, 15 artigiani, 10 postazioni food, 10 artisti, 10 relatori, 150 posti tenda. Questi sono solo alcuni numeri relativi a Canapa Festival 2019 che nella tre giorni prevede un ampio cartellone e numerose iniziative.

Il Canapa Festival 2019, che nella scorsa edizione ha superato la quota di oltre 12.000 presenze, ospiterà oltre cinquanta espositori dall’artigianato all’industria di settore, che esporranno tutti i segmenti applicativi e commerciali della canapa, e vedrà la presenza anche di numerosi oltre dieci punti di street food e anche un’area allestita per il campeggio, relax e zona bimbi.

Una ricca offerta enogastronomica dalle piadine fatte con la canapa ai dolci con le infiorescenze, dalle farine di canapa alla frutta e verdura bio. Quindici artigiani locali esporranno decine di prodotti tra oggettistica in legno, riciclo, abiti e accessori ma anche cosmetici naturali a base di canapa. Spazio all’informazione con la presenza fisse delle riviste di settore Dolce Vita e Canapa Industriale, otto conferenze con oltre dieci relatori per confrontarsi sulle tematiche della canapa. Dalla filiera agroalimentare agli aspetti legali, etici, medici fino allo scenario economico internazionale.

Nella giornata di venerdì 7 concerti dedicati al rap con Nitro Wilson, rapper di spicco della scena nazionale direttamente da Machete Crew. Nel suo live accompagnato dal DJ, proporrà i brani dell’ultimo album “No Comment” e altri estratti dalla sua discografia. Ad aprire il concerto, le nuove promesse della scena locale YaMatt e Jerico.

Sabato 8 andrà in scena il Viva Woodstock Show, uno spettacolo tutto dedicato al celebre festival organizzato nel 1969 che proprio quest’anno compie mezzo secolo. Protagonista dello show sarà la band Woodstock Alive che ripercorrerà dal vivo tutti gli indimenticabili brani dei grandi artisti che si sono esibiti a Woodstock: Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jefferson Airplane e molto altro. A chiusura il set a cura di DJ Sunshine per ballare a occhi chiusi, saltare, cantare, sognare di essere nell’immenso prato di Woodstock tutta la notte. Ad aprire il concerto gli Ukus In Fabula, un trio di ukulelisti che propone un vasto repertorio da Bob Dylan a Bob Marley tutto suonato con la tipica chitarra hawaiiana.

Gran finale domenica 9 con la serata dedicata a Lucio Battisti e l’intervento del Mastro Giulio Rapetti in arte Mogol, che intratterrà il pubblico con il suo personale ricordo dell’artista scomparso nel 1998. L’appuntamento sarà anticipato dal live di Monica P. e Giacomo Toni e seguito dall’esibizione de Il nostro canto Libero. Massimo Luca e Gianni Dall’aglio con Daniele Perini, Johnny Pozzi, Pino Montalbano e Franco Malgioglio raccontano e cantano la musica di Lucio Battisti.

Canapa Festival

Parco Fluviale di Castrocaro Terme

Via Osvaldo Favelli – Castrocaro Terme (FC)

Da venerdì 7 a domenica 9 giugno 2019

dalle 11.00 alle 02.00

ingresso giornaliero euro 5

infoline +393453117387

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Fiore gemello: due solitudini in una terra misteriosa

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Dopo l’esordio nel progetto collettivo Feisbum (2009), che ha preceduto la commedia romantica Febbre da fieno (2011), Laura Luchetti torna dietro la macchina da presa per mettere in scena la singolare storia di due solitudini in Fiore gemello.

Un lavoro che, rifacendosi a questioni riguardanti l’attualità, ci racconta anche una terra suggestiva e misteriosa come la Sardegna.

Anna (Anastasya Bogach) è una ragazza che, dopo aver subìto un forte trauma, non parla più. La giovane vaga apparentemente senza meta ed è in fuga da un uomo losco e violento. Basim (Kallil Khone) è un ragazzo di colore che cerca di arrotondare aiutando con le buste della spesa i clienti di un supermercato. Dopo essere stato mandato via in malo modo, anch’egli inizia a peregrinare senza meta. I due, inevitabilmente, finiscono presto per incontrarsi.

Anche se inizialmente la storia messa in scena in Fiore gemello sembra parecchio campata in aria, pian piano si ricompongono i pezzi del puzzle. Con un copioso uso di flashback la regista ci mostra, così, la storia dei due ragazzi. Eppure, a tal proposito, il racconto risulta, a tratti, assai sbilanciato. Se, infatti, Laura Luchetti dedica tanta attenzione al passato di Anna, le esperienze pregresse di Basim vengono praticamente del tutto bypassate.

Eppure, malgrado tutto, il film nel complesso funziona. E, probabilmente, è proprio questa sua forma eccessivamente “astratta” e contemplativa a rappresentare il maggior elemento di interesse. Particolarmente degno di nota è, come già accennato, il ritratto di una terra come la Sardegna. Un luogo capace di inghiottire e far sparire cose e persone in un’affascinante aura di mistero.

Il senso di libertà e di ritorno all’innocenza, qui messo in scena in modo assai delicato e giustamente privo di inutili fronzoli, è la colonna portante dell’intero lavoro. Il tutto per un lungometraggio che, rispetto alle precedenti produzioni della Luchetti, mostra una personalità ben più marcata.

 

 

Marina Pavido

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Juliet, naked – Tutta un’altra musica: tutto un altro cinema?

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Musica e cinema vanno da sempre a braccetto. E non solo per le colonne sonore, ma anche e, forse, soprattutto per i tanti(ssimi) film che di musica parlano e sulla musica riflettono.

Sgombriamo allora il campo da opere leziose – che, almeno a parere nostro, niente levano ma niente aggiungono al cinema- che si vestono da biopic ma senza lo sguardo, il punto di vista, l’angolazione dell’autore (qualcuno ha detto Bohemian Rapsody?) e parliamo di Juliet, naked – Tutta un’altra musica, con la regia di Jesse Peretz e il volto di Ethan Hawke a dare fisicità ad un musicista alla deriva, in una storia tratta dal libro di Hornby.

Hawke, straordinario, è affiancato da una Rose Byrne mai così efficace. A Sandcliff, Annie gestisce un museo ed è da tanto, troppo tempo fidanzata con Duncan, tranquillissimo professore che ha però una passione spropositata per un album, Juliet, il cui autore Tucker Crowe è sparito nelle brume del dimenticatoio più spietato da oltre due decenni.

Passione che rasenta la mania, visto che il docente ha fondato e gestisce un sito dei fan del musicista che approfondisce e analizza, forse di più del suo stesso artista di riferimento, la sua evanescente discografia. Peretz, dal canto suo, ha di buono la sua provenienza (anche) musicale e non ha nascosto il proprio entusiasmo per la produzione di Hornby (almeno lui…). Due elementi che riescono a rendere un film che si poteva perdere in una produzione magmatica ma che, invece, si lascia vedere, e perché no, apprezzare, grazie a un’effervescenza di scrittura mai banale.

Specialmente nel delineare il rapporto fra uomo ed espressione artistica, nel momento in cui l’hobby si trasforma in passione, e nel restituire il ritratto di un artista depresso, roba di cui gli annali del grande schermo non sono pieni, di più.

Hawke tenta forse di bissare la performance del Bradley Cooper di A star is born. Perde il confronto, ovvio, ma fa lo stesso la sua figura nello scansare abilmente le trappole di una storia a fortissimo rischio di deja-vù. Se non altro, per sapersi districare nella marea di personaggi che, nell’a volte goffo tentativo a tutti i costi di sembrare “veri”, finiscono per sfiorare il surreale (come nella sequenza del festival cittadino a tema anni Sessanta, o ancora con tutti i numerosi figli e figliastri del cantante al suo capezzale) e, oltretutto, ingombrano un film di per sé scorrevole e leggero con fin troppe storie accennate e non approfondite. Certo, avere Hawke al centro del drammone è un’arma a doppio taglio, perché un interprete così carico di passato, specie in piccoli film indi e sperimentali, innesca inevitabilmente il confronto. E in un’opera così mainstream è sicuramente inglorioso. Insomma, due grandi attori in due buone prove sprecatissime.

Sarà pure tutta un’altra musica, ma di certo il film è sempre lo stesso.

 

 

GianLorenzo Franzì

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Cinema e drink: Eau de Saffron, ispirato a Cleopatra

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La creatività nel mondo dei drink travalica qualsiasi confine geografico, mentale e tematico. Drink ispirati a un amore, a un’emozione, ma anche a un oggetto, ai luoghi del cuore e a un film amato.

Abbiamo chiesto ad alcuni dei migliori barman e barlady romani di individuare un proprio, personale, film del cuore cui ispirarsi. Ne sono scaturite decine e decine di drink, ispirati a filmografie delle più disparate, dai classici Via col vento ai neo-classici firmati Quentin Tarantino.

Con tanti registi anche italiani al centro dell’ispirazione, da Giuseppe Tornatore a Gabriele Mainetti, passando per David Lynch e il suo Mulholland drive, dai film romantici a Mad Max, passando per i cinecomic e il recente Avengers: Endgame.

Film che hanno ispirato l’uso di tutti gli ingredienti presenti nel mercato, ricette coniugate con cognac, tequila, whisky scozzese, irlandese, bourbon americani del Kentucky, vermouth piemontese, gin inglesi, romani e toscani, amari e bitter, ma anche vodka, ginger beer e liquore Strega, per una nuova ‘geografia cinematografica del bere di qualità’. Preparazioni semplici e meno semplici, da gustare nei loro ingredienti di qualità, ricette create ad hoc da barman e barlady cinefili per sperimentare sé stessi dietro il bancone con un occhio al Grande Cinema.

Oggi è la volta di Eau de Saffron, ispirato a Cleopatra, diretto nel 1963 da Joseph L. Mankiewicz.

BARMAN: Jonathan Bergamasco

INGREDIENTI:

4 cl Vermouth Rosso Oscar 697
2 cl gin Ginepraio
4 cl acqua di rose e zafferano Saffy
2 dash boker’s bitter

Bicchiere: coppa Martini

Garnish: zest di arancia

PREPARAZIONE:
Con la tecnica dello stir&strain, versare tutti gli ingredienti in un mixing glass, aggiungere ghiaccio e miscelare fino al raggiungimento della migliore diluizione e raffreddamento desiderato, quindi filtrare in una coppa Martini precedentemente raffreddata. Questa è una ricetta che si può preparare prima e conservare in frigo e che può essere servita direttamente in un calice oppure on the rocks.

ISPIRAZIONE:
Drink ispirato al film sulla Regina d’Egitto, Cleopatra, che, come racconta la storia, si lega all’Italia sposando Giulio Cesare. Nell’antico Egitto si usava bere vino fortificato e aromatizzato, soprattutto con fiori e spezie. Ho immaginato di creare il cocktail per il matrimonio di Cleopatra e Giulio Cesare utilizzando del vino importato dall’Italia dal Re di Roma (rappresentato dal Vermouth Rosso Oscar 697), unito a spezie e fiori tipici del nord Africa come lo zafferano (coltivato su gran parte del territorio) e rose (famosa la loro acqua) utilizzati dagli egiziani sia nell’alimentazione che nella cosmesi. Nasce così “Eau de Saffron” un drink deciso, elegante, dolce e profumato proprio come era, appunto, Cleopatra.

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Il Gran Galà della Moda, di Carlo Senes, alla sua 20^ edizione.

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La 20° edizione del Gran Galà della Moda si terrà sabato 8 giugno sullo strepitoso scenario della Cattedrale Regina Pacis di Ostia Lido (Rm). La manifestazione ideata e condotta da Carlo Senes con la partecipazione in questa edizione  di  Milena Miconi.

Una  serata dedicata alla moda con la presentazione delle migliori collezioni tra le quali la linea di Filippo La fontana Uomo, Verusca Spose  per le spose,  l’immancabile Accademia Maiani per gli stilisti emergenti ,e la linea Mare di Femmnilità  con la collezione   2019 e la linea bimbi con Robe Colorate con i suoi 50 bambini in scena.

E ancora la collezione del giovane stilista Flavio Filippi , e il quadro di Maia Elena Duenas; questa edizione sarà Internazionale perché vedrà la partecipazione dello stilista Giuseppe Laciofano in arrivo da Londra con la collezione Gianco Hadmade.
Grande attenzione per l’ambiente con la moda del riciclo e gli abiti di Roberta Mucci che ha realizzato una collezione con tutti materiali di scarto…..da non perdere!

Non mancheranno anche i meravigliosi accessori;  gli Occhiali di Ottica Hawara e i gioielli del Mastro Orafo Giovanni Pallotta che ha avrà  per testimonial la bellissima Antonella Salvucci.
Immancabile il tocco del maestro fiorista Patrizio Bellanti di Petali & Petali che arricchiranno la scenografia dell’intero evento.

Molti sono gli Ospiti presenti  nel parterre tra i quali si segnala l’Ambascitrice dell’Indonesia H:E: Esti Andayani , il Ballerino delle Dive Simone Ripa, la Contessa Patrizia De Blank , il disturbatore Tv Niki Giusino, i Campioni internazionali di Tango PABLO Moyano e Roberta Beccarini.

Le collezioni  si sono alternate con   le bellissime coreografie del corpo di ballo  capitanato dalla bella e brava Barbara Raselli di Art in Motion.
Particolare attenzione è stata dedicata al make- up curato da Face Place Academy di Pablo Gil Cagnè  con uno staff di oltre 15 truccatori e le acconciature seguite da Daina  con le due stilyst  Vanda e Marina.

Una regia  eccellente curata dal regista Federico Saliola  insieme al gruppo di fonici, tecnici luci, audio e cameramen. Il tutto coordinato per due ore di spettacolo con il supporto del Coreografa  Silvana Augero   con la curatrice del Bak stage Paola Desini con le sue collaboratrici.

Insomma una grande serata dedicata alla moda che ha ottenuto il Patrocinio di Roma Capitale.
L’evento, come ogni anno, è dedicato anche al sociale con la raccolta fondi a favore  dell’ Ant – Fondazione dedita all’assistenza domiciliare dei malati Oncologici.

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Punk is not Dead: J Hell Crab si racconta!

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J, raccontami di te!

“Io non vi racconto proprio nulla…”.

Così incomincia l’intervista a questa straordinaria fotomodella alternativa che chiameremo J.

Ciao J benvenuta su Mondospettacolo, come stai innanzitutto?

Bella Alex, sto seduta qui di fianco a te e dopo aver spinto la tua macchina al supermercato, mi devi 2 birre… grazie! (ride)

Ragazzi vi avviso, J è davvero particolare, mi ricorda molto le Punk degli anni 80 che vedevamo protagoniste di alcuni film horror quali ad esempio “Demoni” di Lamberto Bava. Ma torniamo alla nostra J.

Come e quando nasce la tua passione per la fotografia?

Ciao Alex un saluto a te e a tutti i tuoi lettori. La mia passione per le foto è nata 4 anni fa, per puro caso, per gioco ho fatto uno shooting con un amico e da lì mi è venuta la voglia di continuare a scattare…

In questo servizio fotografico realizzato dal nostro Francesco Genovese, ti vediamo in una versione molto sexy, raccontami un po’.

Alex, me l’hai chiesto tu di esibirmi in questa versione supersexy (ride), scherzi a parte sono abituata a scattare in diversi contesti e a quanto pare nella versione sexy ho riscontrato un certo successo. Ti dico però che vedermi in versione troppo hot può essere deleterio per le coronarie dei tuoi visitatori (ride).

Oltre alla fotografia, quali sono le tue altre passioni?

Ho già fatto la gavetta come tatuatrice e a settembre conto di mettermi in regola per iniziare questa attività.

Quindi ti senti molto artista, giusto?

Io sono un artista, l’arte è parte della mia esistenza.

Tornando alla fotografia, immagino che tu come tante tue colleghe, ti proponi come fotomodella alternativa (anche di nudo artistico), visto che sei così particolare, sei anche molto costosa?

Il mio cachet non è particolarmente esoso, ovviamente varia dai progetti, dai generi e dalle situazioni.

Ti definisci più bambola o più pantera?

Nessuna delle due, io sono una PUNK!

Cosa ti aspetti dal futuro?

Non credo che a 24 anni in questo periodo storico, io sia in grado di darti una risposta esaudiente…si spera vada tutto meglio.

Che cosa ti fa emozionare?

I Lama col Cappello! (ride) cercateli su You Tube!

Un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?

Non ho il cassetto (ride).

Un tuo pregio e un tuo difetto.

Pregio: affronto la vita in maniera spensierata, difetto: Sono molto testarda e una gran bastarda!

Che cosa è sacro per te?

La libertà.

La tua più grande paura?

Ancora non lo so.

C’è qualcosa di te che cambieresti?

No, non cambierei nulla, se sono così è perché… devo essere così!

Cosa è per te la felicità?

La felicità non è il punto di arrivo, ma la costante che ti accompagna ogni giorno.

Come descriveresti la tua vita sentimentale?

Per ora particolarmente bene.

Ultimo film visto?

“Glass”.

Il tuo piatto preferito?

Non hai abbastanza tempo per scriverli tutti (ride).

Amicizia, Amore, Famiglia, Lavoro Salute, Sesso e Soldi mettili in ordine di importanza!

Famiglia, Amore,Amicizia, Sesso, Lavoro, Salute e Soldi.

Un motto o una frase che più ti rappresenta?

“Che bel finale del cazzo”.

Manda un saluto ai nostri lettori!

Si! Si! è stato un piacere ciao…lesto che devo andare… Bella Bella!

A.C.

Le foto del servizio sono di Francesco Genovese

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X – Men: Dark Phoenix, l’atto finale

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La saga degli X – Men, iniziata nel 2000, volge al termine con l’attesissimo capitolo X – Men: Dark Phoenix, scritto e diretto da Simon Kinberg.

Nel corso di una missione nello spazio, la mutante Jean Grey sopravvive miracolosamente ad un’entità cosmica che le conferisce poteri incredibili. Quando torna sulla Terra, Jean dovrà fare i conti con i suoi nuovi poteri e i suoi demoni interiori. Le sue azioni creeranno una frattura fra gli X-Men proprio quando dovranno affrontare un nemico molto pericoloso.

X – Men: Dark Phoenix è un lungometraggio molto umano e drammatico che vuole riflettere sui concetti di destino e identità. Il gruppo di supereroi, infatti, è eterogeneo, ma la loro forza è proprio nell’unione, nella famiglia in senso tradizionale.

Come ha dichiarato lo stesso regista: “La saga della Fenice Nera è una delle più amate della storia degli X-Men, soprattutto perché non divide nettamente i personaggi positivi da quelli negativi, il bianco dal nero”. Infatti, la protagonista è un supereroe fondamentalmente buono che smarrisce la retta via, per poi trovare la redenzione.

Kinberg, fin dal 2006 ha collaborato in veste di scrittore e/o produttore ai film degli X-Men. In questo atto finale, però, il regista -sceneggiatore ha preferito dare una connotazione diversa alla saga dei supereroi, mischiando fantascienza e dramma.

Se questo da un lato regala profondità e maggior coinvolgimento dal punto di vista narrativo, dall’altro fa perdere la spettacolarità visiva delle scene di azione. Così, il film nasce come blockbuster di supereroi per divenire una melensa e, a tratti, noiosa storia drammatica.

Inoltre, l’insieme ha subito diversi cambiamenti in corso d’opera, tra cui un finale differente da quello previsto originariamente e lo slittamento dell’uscita sul grande schermo.

Nel cast, James McAvoy, Michael Fassbender, Jennifer Lawrence, Nicholas Hoult, Sophie Turner, Tye Sheridan, Alexandra Shipp e Jessica Chastain.

X – Men: Dark Phoenix, in sintesi, è un atto finale ricco di riflessioni buoniste e poca spettacolarità.

 

 

Anastasia Mazzia

 

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A mano disarmata: “Il film che Salvini dovrebbe vedere”

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A mano disarmata racconta la vera storia della cronista de La Repubblica Federica Angeli, che dal 2013 vive sotto scorta a causa delle minacce ricevute per la sua inchiesta sulla criminalità organizzata di Ostia.

Vera storiada cui lei stessa ha tratto il suo libro autobiografico, dal quale è partita poi la sceneggiatrice Domitilla Shaula Di Pietro per realizzare lo script del lungometraggio diretto da Claudio Bonivento e interpretato da Claudia Gerini nel ruolo della giornalista.

Sia durante presentazione del film al cinema Adriano di Roma, dove ha ricevuto il Nastro d’argento della legalità dalla presidentessa del sindacato dei giornalisti cinematografici Laura Delli Colli, sia nel corso della successiva conferenza stampa, il regista ha sottolineato che si tratta di un film di impegno civile, non politico, e che ha tolto tutti i riferimenti (in particolare a Casa Pound) delle vicende; molte delle quali note e ancora oggetto di processi, indagini e tanti articoli di Federica Angeli, che continua la sua battaglia.

La pellicola riesce in modo onesto e con un chiaro budget limitato (ma tanto di cappello al giovane produttore Di Nardo per il coraggio di questa scelta) a ricostruire il tutto, focalizzandosi in particolare sulla figura della Angeli nel suo ruolo di paladina della giustizia, che si scontra con il marito anche per la sua scelta di volere proseguire una inchiesta che mette direttamente a repentaglio la sua sicurezza e, soprattutto, quella dei suoi tre bambini.

Con una prova magistrale la Gerini riesce a sintetizzare (cosa non facile) tutto il travaglio subito dalla giornalista nel corso degli anni, dal 2013 fino ad oggi, costretta a cambiare il suo stile di vita in quanto perennemente sotto scorta e ora rientrante nella non invidiabile classifica dei diciannove giornalisti che godono della protezione dello Stato.

Durante la conferenza, Gerini e Angeli hanno subito dimostrato un grande affiatamento. “Se fossimo state compagne di scuola, ci avrebbero subito separate, siamo uguali, facciamo davvero casino” ha commentato in modo ironico l’attrice, cui ha fatto eco anche la Angeli, che, proprio grazie al suo umorismo e alla sua forza, è riuscita e riesce a portare avanti la propria lotta e, al contempo, a vivere come una mamma e una moglie. Merito, inoltre, della forza del suo compagno, che, interpretato da Francesco Venditti, dopo una iniziale resistenza la sostiene fino in fondo.

Non sono mancati i classici sassolini tolti dalla scarpa quando, alla domanda relativa ad un dei twitter del ministro degli interni Matteo Salvini relativo al fatto di volere rivedere il piano delle scorte in riferimento a Roberto Saviano, la Angeli ha sottolineato come non sia affatto facile continuare ad andare avanti tutti i giorni per lei e per gli uomini impegnati in questo delicato compito, presenti durante la conferenza e ai quali la stampa presente ha dedicato un lungo applauso.

Claudio Bonivento è intervenuto, invece, in modo esplicito: “Invito personalmente Matteo Salvini a vedere il film insieme a me; io sono di Como, vicino alle sue parti, credo gli farà bene vederlo”.

Senza dubbio, al di là dei meriti o demeriti artistici, A mano disarmata ha il niente affatto facile compito di smitizzare quella mafia che ogni giorno infesta la vita di tanti onesti cittadini.

E, portando l’esempio della fascinazione del male che serie recenti come Romanzo criminale o Gomorra sembrerebbero aver portato, dando forse ispirazione a nuove spinte delinquenziali tra i più giovani, emerge in modo prepotente come i malavitosi, che nel film portano il cognome Costa, altro non sono che dei bulli a cui si è dato troppo spazio e che con poco si possono far tornare al loro posto nella società.

 

Roberto Leofrigio

 

 

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American animals: veri rapinatori da una rapina vera

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American animals è l’opera prima di Bart Layton, dopo numerosi documentari di successo.

Una notevole opera prima basata sulla reale storia di una rapina alla Transylvania University di Lexington perpetrata nel 2004 da Warren Lipka, Spencer Reinhard, Chas Allen ed Eric Borsuk, che compaiono nel lungometraggio nel ruolo di loro stessi (ecco l’anima di documentarista di Layton). A dare corpo e volto agli aspiranti criminali sono, invece, Evan Peters, Blake Jenner, Barry Keoghan e Jared Abrahamson.

Protagonisti del film sono i due giovani studenti Spencer (Keoghan) e Warren (Peters) della Transylvania University di Lexington, decisi a dare una svolta alle loro monotone vite. I due si rendono conto dello  scarso livello di sicurezza della biblioteca universitaria e decidono, quindi, di tentare il furto di alcuni libri antichi e particolarmente rari custoditi all’interno, reclutando per la missione il contabile Eric (Abrahamson) e lo sportivo Chas (Jenner).

Una banda che, in realtà, è decisamente improvvisata, ma che inizia a studiare i dettagli del colpo, senza però fare i conti con i numerosi imprevisti che dovranno affrontare.

Con il pregio di presentarci nel corso della storia – come già accennato – i veri protagonisti, in prigione o che hanno scontato una pena ma cooinvolti per raccontarci il tutto, American animals riesce a risultare a dir poco coinvolgente pur avendo un finale già scritto. Una realtà che ci mostra come dei giovani di buona famiglia siano disposti ad andare oltre ogni limite, infrangendo qualsiasi legge pur di raggiungere lo scopo di arricchirsi subito e in modo veloce.

Il quadro che ci viene dipinto ci porta dentro una storia fatta anche di verità mai verificate, false piste, realtà e fantastia mischiate e che spesso portano gli stessi spettatori a chiedersi se veramente sia possibile che questa storia sia vera.

Bart Layton gioca bene le sue carte e, rispettando i tanti canoni del genere con gli immancabili omaggi, ci porta all’interno di una vicenda davvero originale, come originale è il libro The birds of America di John James Audubon, uno dei testi su cui i protagonisti mettono gli occhi.

Un film appassionante e che, caratterizzato da una fantastica colonna sonora, che ci porta a conoscenza di un nuovo regista che sicuramente farà parlare di sé in futuro e che merita un grande plauso per questa storia incredibile, ma vera.

 

 

Roberto Leofrigio

 

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Polaroid: l’horror ai tempi dell’usato sicuro

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Ebbe a dire una volta Stephen King che le storie dell’orrore fanno capo a cinque, sei archetipi fondamentali, il resto è tutto una (geniale) variazione. Come dargli torto, dopo aver visto Polaroid? E non certo per la genialità.

Esaurita la spinta – come lo sono ormai i macchinari – che attribuiva a strumenti moderni come cellulari e televisori una carica demoniaca e malvagia e alla quale si poteva anche attribuire una qualche legittimità di sperimentazione cinefila come sociale, non resta che andare sull’usato sicuro e garantito, e rispolverare il vintage.

Il norvegese Lars Klevberg è autore di uno short del 2015 interessante, rintracciabile ancora su Vimeo, che, pur non riflettendo su chissà cosa, qualche bello spavento riesce a confezionarlo.

Male gli è andata a pensare di trasformarlo su un lungometraggio che, per forza di cose, doveva essere annacquato e allungato a dismisura per poter approdare in sala.

Polaroid racconta di un gruppo di ragazzi alle prese con una polaroid, appunto, che immortala una strana ombra irrintracciabile con i nostri comuni sensi. Iniziano le morti e inizia la detection, così come inizia, però, la noia.

A niente servono i dialoghi buttati qua e là, senza neanche troppa convinzione, sul significato (???) dei selfie e sul gesto di scattare una foto (in inglese, “to shot” indica anche “sparare”, regalando un po’ di ambiguità al termine). Immersi in ambientazioni a dir poco ritrite, come case scricchiolanti, soffitte buie, angoli che sembrano inghiottiti da un nulla oscuro e scale rumorosissime, vengono serviti dal più tipizzato cast di teen movie a cui si possa pensare, azzerando qualsiasi tipo di fascinazione per la materia e per ciò che il film vorrebbe dire.

Solo ambizione e presunzione, insomma, che peraltro cercano legittimazione con strizzatine d’occhio cinefile e robaccia, buone neanche per una boccata d’aria fresca nelle già fresche prime giornate primaverili.

 

 

GianLorenzo Franzì

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