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Dal 3 al 7 ottobre torna a Civitavecchia l’International Tour Film Festival

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L’International Tour Film Festival giunge alla sua settima edizione. Da mercoledì 3 a domenica 7 ottobre la città di Civitavecchia, a meno di un’ora da Roma, ospiterà cinque giorni di eventi gratuiti dedicati al mondo del cinema all’interno della “Cittadella della Musica”, uno splendido palazzo del 1700.v

Ideata da Piero Pacchiarotti, Presidente di Civita Film Commission, la manifestazione nasce con l’ambizioso obiettivo di incoraggiare la diffusione della cultura dell’audiovisivo e allo stesso tempo di incrementare lo sviluppo territoriale attraverso la crescita dell’industria cinematografica. A tale scopo si avvale della collaborazione dell’Ass.ne Santa Marinella Viva la cui presidente, Sonia Signoracci è anche Direttore del festival. Un impegno costante per gli organizzatori, ma che sta dando i suoi frutti: nel giro di pochi anni la città di Civitavecchia, tra i primi porti del Mediterraneo per flusso turistico, è diventata la location di numerose produzioni italiane tra cui “Squadra Antimafia”, “Romanzo Criminale2”, “Il Permesso”, “Manuel” ed internazionali come “The Man of U.N.C.L.E.” e “Bent”con cast eccezionali quali Andy Garcia, Sonia Vergara, Karl Urban ed il premio Oscar alla sceneggiatura Bobby Moresco, ultimi ma non meno importante,“Loro” di Paolo Sorrentino e “Voce” con Alessandro Haber. Tra le molte personalità che saranno premiate in questa occasione per il loro contributo alla promozione del cinema come arte segnaliamo il regista Christian Marazziti (ITFF Special Award), gli attori Massimiliano Varrese (ITFF Fashion Award che gli verrà consegnato dal noto PR Willy Vecchiattini),  Maurizio Mattioli e Flavio Bucci (ITFF Career Award), nel corso dell’intera kermesse previsti premi anche al regista Dario Albertini (ITFF Cinema Project Award), Giuseppe Maio (miglior fotografia per il film Manuel), Sarha Mc Teigue (miglior montaggio per il film Manuel), agli attori Andrea Lattanzi e Pietro Delle Piane (ITFF Special Award).

Splendida madrina dell’evento sarà l’attrice Laura Adriani che ricordiamo in numerose serie Tv tra cui: Caravaggio, Don Matteo, Provaci ancora prof!, Solo per amore.

Una settima edizione del Festival in linea con i record degli anni precedenti.  1800 opere iscritte provenienti da oltre 80 paesi parteciperanno al concorso, divise in cinque categorie (Fiction, Documentari, Animazione, Spot di promozione turistica e lungometraggi italiani). Italia, Russia, Francia, Spagna, Taiwan, Argentina;queste le nazioni che vantano il maggior numero di titoli in gara. Si conferma con grande successo, la presenza di pellicole provenienti anche dall’Ucraina,FinlandiaKirghizistanSingaporeVenezuela.

Fittissimo il programma degli eventi che sarà aperta il 3 ottobre dal cantautore Walter Sciortino, per proseguire con il film di Christian Marazziti “Sconnessi“,commedia dal ricco cast fra cui Fabrizio Bentivoglio, Carolina Crescentini, Ricky Memphis e Antonia Liskova.

 

La serata del 3 ottobre sarà condotta da Ira Frontén, attrice e conduttrice televisiva di origine venezuelana, che ha lavorato in Colombia per 4 anni in soap opere di successo, come conduttrice di un programma di notizie culturali e come corrispondente del canale gastronomico El gourmet.

In Italia ha partecipato in serie TV come Don Matteo, Un passo Dal Cielo, Due Mamme di Troppo, É arrivata la felicità; ha recitato come protagonista nel film Il Ministro di Giorgio Amato. E’ stata produttrice di contenuti televisivi per diversi canali sudamericani e speaker radiofonica per la nota emittente radiofonica italiana Radio Due.

 

Altra serata speciale il 5 ottobre dedicata al grande successo di “Manuel” il film di Dario Albertini interamente girato a Civitavecchia e dintorni con Andrea Lattanzi e Francesca Antonelli, mentre la sera del 4 ottobre sarà dedicata alle canzoni dei film più famosi con un recital ideato e interpretato da Gino Saladini eMarco Manovelli.

Da segnalare anche la proiezione fuori concorso del videoclip di Roberto Leggio dal titolo “Blood Red Wine”, una canzone di cui è autore del testo per il gruppo Lon’s Project.  Si tratta di un video, girato in una Roma notturna e deserta, dalle atmosfere dark affascinanti che coniuga seduzione e mistero.

Un Festival senza limiti di tema, le cui opere in concorso, preselezionate dalla Lodz Film School (Polonia) e dalla Escola Superior Artistica do Porto (Portogallo), sono state scelte sulla base della qualità di realizzazione e dell’originalità. Particolare rilievo sarà dato ai registi emergenti, ai quali saranno dedicati eventi specifici come la proiezione dell’antologia “25 anni d’animazione in Slovacchia”, a cura dello Slovak Film Institute e Fest Anča, radunando i migliori talenti dell’animazione della Slovacchia nel 25° anniversario della loro indipendenza. Si segnalano altre opere fuori concorso in anteprima nazionale come Epolé,documentario sul flamenco diretto dai giovanissimi registi spagnoli Fernando Ferres Lòpez, Alba Manzanas Sànchez, Zoraida Palacios Rico e The Job – The N.O.A.T. Division film d’azione cileno diretto da J. Nicolas Molinari. Non mancheranno, naturalmente, nomi di chiara fama a livello internazionale. Numerose le opere in concorso in anteprima nazionale ed europea fra cui i documentari Mademoiselle Jennie di Irina Kopieva e Hunting di Ilgiz Sherniyaz e il cortometraggio d’animazione Prychynna – The Story Of Love di Andrii Shcherbak.

Alle cinque categorie principali si aggiungono due sezioni tematiche dedicate al territorio: A Lezione di Costituzione, iniziativa per le scuole superiori in occasione del 70° anniversario della Costituzione Italiana patrocinata a livello nazionale da APIDGE e dal Senato della Repubblica Italiana, e il Video-Festival del Mare, promosso in collaborazione con il Movimento per la Vita di Civitavecchia.

Ma l’ITFF non è solo film: workshop, mostre, sfilate ed eventi dedicati alle scuole arricchiscono la scaletta della manifestazione. Per tutta la durata della manifestazione sarà possibile visitare gratuitamente la mostra fotografica “Ingmar Bergman e la sua eredità nella moda e nell’arte” organizzata in collaborazione con l’Ambasciata di Svezia e Swedish Institute. Prevista sfilata di moda curata da Azugaba di Anna Rotella ed abiti della dolce vita curata da Virginia Barrett,con la ragazze della scuola di portamento di Gloria Salipante.

Inoltre, grazie alla collaborazione con l’Associazione culturale Circuito Storico di Santa Marinella, di Daniele Padelletti, saranno esposte alcune auto d’epoca che hanno partecipato al Trofeo “La Dolce Vita”, giunto alla sua seconda edizione.

Infine, un interessante workshop di cineturismo alla scoperta delle meraviglie del nostro territorio curato da Francesco Capuano.

Da sempre attivo nel sociale, il festival quest’anno vedrà anche una nuova collaborazione con AVIS Civitavecchia. Lo sponsor principale della kermesse è ENEL, con il patrocinio del Ministero degli EsteriPresidenza del Consiglio dei MinistriMibac, Regione LazioComune di CivitavecchiaFondazione Ca.Ri.CivNeos – Giornalisti di Viaggio AssociatiAmbasciata di SveziaConfcommercio di Roma.

Tra i giurati delle diverse sezioni: l’art director e production designer Anthony Cristov, i registi Daniele Falleri, Rosario Tronnolone e Roland Sejko, i giornalisti Romano Milani (sngci), Dundar Kesapli (stampa estera), Isabella Radaelli (redazione turismo) e Oriana Maerini.

L’intera manifestazione è a ingresso gratuito fino ad esaurimento posti (per alcuni eventi è prevista la prenotazione). La premiazione dei vincitori si svolgerà nella stessa location domenica 7 dalle 21.30. Maggiori informazioni sul programma sono disponibili al sito: www.internationaltourfilmfest.it.

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Sei ancora qui – I still see you: Bella… presenza!

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In un mondo in cui i morti camminano in mezzo ai vivi, niente è ciò che sembra.

Tra un Boo! A Madea Halloween e Amityville: Il risveglio, l’americana Bella Thorne sembra aver preso gusto nell’interpretare lungometraggi a base di fenomeni paranormali e sinistre presenze.

Tratto da un romanzo young adult scritto da Daniel Waters ed edito in Italia da Sperling & Kaupfer, infatti, Sei ancora qui – I still see you la vede nei panni di una sedicenne che, rimasta orfana del padre, vittima dieci anni prima, insieme a milioni di altri abitanti del nord degli Stati Uniti, in un esperimento scientifico top secret finito male, non solo convive con la sua reminiscenza spettrale, ma comincia ad essere seguita da un redivivo a lei sconosciuto, provocando effetti sul mondo reale del tutto insoliti.

Situazione che, al fine di capire cosa voglia da lei, la porta prima a cercare aiuto, senza rimanerne soddisfatta, dal suo fidato insegnante interpretato da Dermot Mulroney, poi a fare squadra con un solitario compagno di classe dal passato misterioso, ovvero Richard Harmon.

E, mentre una cupa, grigia e, addirittura, fredda atmosfera enfatizzata dalla fotografia di Simon Dennis domina la oltre ora e mezza di visione, è una indagine quasi alla X-Files quella che i due giovani protagonisti si trovano a portare avanti, finendo proprio nel laboratorio di Chicago che fu teatro dell’incidente di cui sopra e dove assistono alla messa in scena, da parte di un gruppo di redivivi, di un omicidio.

Perché, man mano che risulta sempre più chiaro che qualcuno sia intenzionato ad eliminare anche la ragazza, lo spettacolo messo in piedi da Scott Speer – già alla direzione della Thorne, tra l’altro, per Il sole a mezzanotte – Midnight sun – si avvicina, fortunatamente, più al thriller soprannaturale a tinte horror che alle tipiche fanta-love story per teen-ager proposte in questo terzo millennio cinematografico dalla saga Twilight e dalle sue imitazioni.

Un aspetto che, ulteriormente complici il ritmo piuttosto serrato e la capacità di regalare discrete dosi di suspense, finisce per rendere Sei ancora qui – I still you uno dei più digeribili young adult da grande schermo… sebbene agli occhi di molti rischi di apparire in qualità di semplice riadattamento per adolescenti de Le verità nascoste di Robert Zemeckis.

 

 

Francesco Lomuscio

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Michelangelo Infinito: quando l’arte incontra il cinema

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Quando l’arte incontra il cinema nascono piccoli gioielli che vantano non solo un fine socio-educativo-divulgativo, ma anche una riscoperta del nostro immenso patrimonio artistico: Michelangelo Infinito, dedicato all’insigne scultore, architetto e pittore rinascimentale Michelangelo Buonarroti.

Protagonisti del lungometraggio sono Michelangelo, interpretato da Enrico Lo Verso, e il noto critico d’arte Giorgio Vasari, con il volto di Ivano Marescotti.

Si ripercorre la genialità dell’artista fin dalle sue prime opere, nelle botteghe di Lorenzo il Magnifico, fino al Papa Giulio II, per arrivare al David, la Pietà e la Cappella Sistina, e al “non finito michelangiolesco” con la Pietà Rondanini.

La sceneggiatura, basata sulle “Vite” del Vasari, si arricchisce di citazioni letterarie (soprattutto dantesche), simbolismi e riflessioni contemporanee volte a sottolineare la magnificenza e sontuosità delle opere di Michelangelo.

ll film si basa su un’attenta ricerca filologica per la ricostruzione della vita dell’artista: i monologhi da lui pronunciati sono stati scritti basandosi sulle lettere e rime concepite da lui stesso per regalare un realismo psicologico fedele al personaggio.

Le riprese in alta definizione 4K HDR ed in CGI, poi, consentono un’esperienza immersiva e innovativa: lo spettatore si ritrova soffocato nelle polverose cave di marmo di Carrara, avvolto nella maestosità della Cappella Sistina, può accarezzare i muscoli del David o assaggiare l’uva insieme al satiro di Bacco.

La responsabile artistica Cosetta Lagani, in occasione della presentazione romana del film alla stampa ha dichiarato: “Volevamo portare sul grande schermo un nuovo genere cinematografico, un film di ‘autorevole finzione’… Per questo è stata una nuova sfida narrativa: bisognava impostare il racconto all’interno di un mondo di finzione senza nascondere le opere. Per questo abbiamo sfruttato la consulenza di storici dell’arte durante tutto il percorso creativo e produttivo, così da non rinunciare all’autorevolezza e al rigore del racconto. Nulla è inventato. Tutto è stato tratto da fonti”.

Michelangelo Infinito è una piccola opera d’arte che, grazie alle nuove tecnologie, sottolinea e racconta la magnificenza del nostro imponente patrimonio artistico.

 

 

Anastasia Mazzia

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Mio figlio: viaggio alla ricerca del padre perduto

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A metà tra thriller e racconto intimistico, Mio figlio di Christian Carion porta sullo schermo la storia di un matrimonio in frantumi, di un figlio scomparso e di un padre ritrovato.

Julien (Guillaume Canet) è un geologo sempre in viaggio per lavoro. Finché una terribile telefonata dell’ex moglie Marie (Mélanie Laurent) lo riporta a casa, sulle alpi francesi. Il figlio di sette anni Mathys (Lino Papa) è scomparso durante una vacanza in campeggio e Julien, dimenticando legge e indagini ufficiali della polizia, si mette sulle tracce del ragazzo, trascinando lo spettatore in un vortice di suspense e tensione e reggendo sulle proprie spalle le intere sorti di una storia che, altrimenti, avrebbe poco da dire.

Affidandosi all’improvvisazione e in soli sei giorni di riprese, Canet plasma la figura complessa di un uomo costretto dal destino a fare i conti con se stesso, con la propria incapacità di essere padre e con la necessità di diventarlo. Guardando fino allo sfinimento le foto e i video di famiglia, Julien cerca qualsiasi indizio che lo possa condurre a suo figlio e, insieme, prende consapevolezza delle proprie mancanze. Trovare suo figlio vuol dire ritrovare se stesso nel ruolo di padre. Eppure, in questa corsa contro il tempo e nella lotta contro i “cattivi” non c’è nulla di eroico. Julien resta fino in fondo uomo e mai eroe. E, come uomo, nel farsi giustizia da solo paga le sue azioni.

Se non ci fosse questa figura in crisi e in evoluzione, arrabbiata, triste, a tratti folle, Mio figlio sarebbe un film molto poco interessante. Perché, se si guarda alla trama, alla sceneggiatura, la sensazione è quella di essere davanti a un racconto inconsistente. La storia di Carion è piena di buchi, di cose non dette e non spiegate, di salti logici che lasciano perplessi e insoddisfatti. È una storia superficiale abitata da un solo personaggio complesso che copre tutti gli altri e tutto il resto e che, in un’ora e venti di visione, non riesce a far innamorare.

 

 

Valeria Gaetano

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La libertà non deve morire in mare: Lampedusa raccontata da chi l’ha vissuta

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Accadeva nel 2016 che il documentarista italiano Gianfranco Rosi, con Fuocoammare, vinceva l’Orso d’Oro al Festival di Berlino, mettendo in scena le numerose tragedie di Lampedusa, che hanno visto morire in mare un elevato numero di profughi.

Tra una polemica e l’altra, dunque, questo lavoro dall’estetica molto marcata e personale, ha avuto modo di farsi notare nel panorama cinematografico internazionale. Restando, però, all’interno dei confini nazionali, ecco che, appena due anni più tardi, fa la sua apparizione sul grande schermo un ulteriore documentario trattante il citato tema.

Stiamo parlando di La libertà non deve morire in mare, diretto da Alfredo Lo Piero, dal taglio molto meno autoriale, ma che punta ugualmente ad approfondire una realtà di cui, nonostante tutto, si conosce sempre troppo poco.

Così, osservando la situazione di Lampedusa attraverso gli occhi di un pescatore solitario, le interviste e le testimonianze di chi ha avuto modo di soccorrere i rifugiati e di chi, purtroppo, ha assistito alla morte di alcuni di loro, fanno da colonne portanti dell’intero lavoro, conferendo al tutto un taglio prettamente televisivo, ma non per questo privo di interesse.

La macchina da presa, dal canto suo, sembra quasi invisibile, intenta com’è nel voler rappresentare la tragedia nel modo più obiettivo possibile.

E la cosa è anche positiva, se pensiamo, invece, al menzionato lungometraggio di Rosi, in cui il desiderio di curare l’estetica sembra quasi superiore a quello di voler mettere in scena i fatti di cronaca.

Ciò che di un documentario come La libertà non deve morire in mare convince poco è, in realtà, un ritmo narrativo eccessivamente piatto, che, fatta eccezione per qualche intervista ai sopravvissuti, manca di un necessario crescendo, man mano che ci si avvicina al finale. Poco male, però, soprattutto quando si tratta di un lavoro di denuncia che, principalmente, punta ad essere intellettualmente onesto. Perché questo lavoro di Lo Piero lo è senza ombra di dubbio.

 

 

Marina Pavido

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Tutti in piedi: amore e disabilità

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Franck Dubosc (Barbecue e Dream team) scrive, interpreta e dirige la commedia romantica Tutti in piedi.

Veste i panni di Jocelyn, ricco e affascinante seduttore di mezza età a cui piace mentire più per reinventarsi che per ingannare. A seguito dell’improvvisa morte dell’amata madre, l’uomo fa visita alla sua abitazione, sedendosi sulla sedia a rotelle della defunta. Quando irrompe la giovane e seducente Julie (Caroline Anglade), che lo scambia per un disabile, Jocelyn finge di essere ciò che non è per conquistarla. La giovane, però, ha altri piani: presto gli presenterà la sorella realmente disabile Florence (Alexandra Lamy). Tra equivoci e inganni, Jocelyn sarà  costretto a rivedere il suo modo di vivere ed a scoprire il vero amore.

Tutti in piedi è un film che si basa sugli equivoci: il protagonista mente perché non vuole guardarsi dentro, la partner femminile è una disabile forte e determinata in cerca di amore.

Tra gag divertenti e fotografie romantiche, la commedia risulta poco bilanciata, privilegiando l’aspetto sentimentale rispetto a quello comico.

Le battute sono spesso forzate, i cliché portati all’esasperazione. Parlare e ironizzare sulla disabilità può essere molto pericoloso, perché facilmente si può scivolare nel volgare, nello stucchevole e nel fastidioso.

Il regista non riesce così ad essere abbastanza cinico per ironizzare su un tema complesso e doloroso, né tantomeno efficace per raccontare una storia d’amore.

L’intera sceneggiatura, poi, risulta infarcita di personaggi superflui e collaterali, dal singolare fratello del protagonista all’amico omosessuale, che appesantiscono e distraggono dal percorso narrativo.

Buone sono le interpretazioni dei protagonisti Franck Dubosc e Caroline Anglade, ma non sufficienti a dare consistenza alla commedia. Interessante è la fotografia, mentre la regia risulta lineare e piatta.

In conclusione, Tutti in piedi è una commedia francese che vorrebbe essere un mix di divertimento e romanticismo, ma che riesce a strappare solo qualche amaro sorriso.

 

 

Anastasia Mazzia

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Evento letterario a “Il tempo del vino e delle rose”

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Venerdì 28 settembre alle 18:30 presso il Caffè letterario Il tempo del vino e delle rose, in piazza Dante 44/45, si terrà il secondo appuntamento della rassegna “Tutte le stelle di Dante”, a cura di Rosanna Bazzano.
È la volta di Antonella Ossorio e del suo “La cura dell’acqua salata”, edito da Neri Pozza.
In dialogo con lei, la scrittrice Rosi Selo.

Il tempo del vino e delle rose
Caffè letterario

Piazza Dante 44/45, Napoli
Info 081 014 5940

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Leon special guest all’Amnesia Milano

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Sabato 29 settembre 2018 l’Amnesia Milano ritrova un amico di vecchia data come Leon. Il modo migliore per inaugurare le serate in collaborazione con Big Family New Era, collettivo milanese da diverse stagioni in sinergia con il locale milanese.

Leon è da anni uno dei dj italiani capace di farsi onore all’estero come pochi altri connazionali. Lo dimostrano i suoi set a Music On, la serata di Marco Carola che si svolge tutte le estati all’Amnesia di Ibiza, le sue maratone musicali (un suo set può durare anche più di dieci ore), la sua presenza nei più importanti festival di musica elettronica quali BPM e Ultra Music Festival e in club a cinque stelle quali Zouk di Singapore e Cielo di New York. Assolutamente di livello la sua dimensione discografica, basti pensare alla sua etichetta discografica Chelsea Hotel Records, con la quale ha partorito nel 2016 l’album “Rave ON”.

Sabato 29 settembre Leon è affiancato da Nicholas Gatti, Big Family New Era resident. Classe 1991, milanese, Nicholas Gatti è cresciuto amando in eguale misura House e Techno: dj a soli 14 anni, nel 2015 ha prodotto il suo primo disco, “Like A Bitch”; lunedì 13 agosto è uscita il suo EP “Regenerate” per l’etichetta discografica Amazing Lab.

www.amnesiamilano.com

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L’ennesimo successo di Pierfrancesco Campanella è un “Pensiero Giallo” commedia-noir che approda al “Terra di Siena Film Festival.

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Nel ricchissimo cartellone dell’influente rassegna toscana, “Terra di Siena Film Festival”, manifestazione che prende il via il 25 settembre, fino al 30 settembre prossimi, curata dal direttore artistico Antonio Flamini, partecipa anche il corto “Pensiero Giallo” diretto dal regista Pierfrancesco Campanella.

Il corto che è già stato presentato all’Isola del Cinema di Roma questa estate, ha subito riscosso subito un grande successo. E non poteva che non essere così. Il nuovo lavoro di Pierfrancesco Campanella. “Pensiero giallo” è infatti una divertentissima commedia-noir che ha tutta la magia e l’ironia propri di questo regista che ne ha anche curato la sceneggiatura assieme a Lorenzo De Luca, quest’ultimo scrittore del soggetto. Una caricatura benevola del genere noir attraversato dai grandi Maestri del cinema quali Hitchcock ad Argento, magistralmente rivisitata.

La trama narra di una scrittrice a corto di idee che per scrivere il suo giallo, che decide di provare in prima persona le emozioni nell’uccidere qualcuno per trasferirle nel libro. Ben presto scopre che non è cosa facile, ma anzi che la sua realtà supera di gran lunga la fantasia. In una serie di innumerevoli colpi di scena gli spettatori sorrideranno e si appassioneranno fino all’ultima battuta, all’ultima scena imprevedibile, che porteranno ad un finale ancor più inaspettato.

Un cast straordinariamente bravo rende il tutto gradevolissimo. L’interprete principale è una eccellente Luciana Frazzetto che regge i ritmi incalzanti dettati dalla sceneggiatura con tutte le inaspettate vicende incluse. L’accompagna il personaggio maschile Gianni Franco, con Magda LysChiara Campanella, e la partecipazione di Matteo Campanella, con un suo piccolo cameo.

La produzione del corto è di Angelo Bassi per Mediterranea Productions. Il direttore della fotografia è Aniello Grieco, il montaggio è affidato a Francesco Tellico. Le scene ed i costumi sono curati da Laura Camia, mentre le musiche originali sono del giovane cantautore Eugenio Picchiani.

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3 edizione di Miss,Junior,Lady,Mister Spettacolo 2018

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Grandissimo successo per i concorsi organizzati dal giovane Patron Stefano Madonna

Si sono svolti a Fiuggi dal 30 agosto al 9 settembre 2018 i concorsi nazionali di bellezza e talento “Miss,Junior,Lady e Mister Spettacolo 2018”. Fra gli ospiti presenti gli attori Ciro Esposito, Jacopo Cavallaro Claudio Botosso e Tommaso Arnaldi, la giornalista Carolina De Laurentiis, la modella Rachele Proietti, il produttore Alfonso Chiarenza, il presidente di Radio Noise Italia Giuseppe Ceritello e l’avvocato Mauro Calvano ed Emanuele Fierimonte. Gli eventi sono stati condotti da Pino Moro, Sara Buonporto, Mario Telli e Paola Donnini. I titoli sono stati vinti da Sofia Ferrarini (Miss Spettacolo 2018), Marisa Maggio (Miss Spettacolo Moda e Tv 2018), Gabriel Tall, Gabriele Amoresano, Greta Fabrizi ed Eleonora Cantarella (Categoria Junior e Baby Spettacolo 2018), Diego Ferrante ed Emanuele Liguori (Categoria Mister Spettacolo), Aicha Boukef e Anna Pangia (Categoria Lady Spettacolo 2018) e Anna D’Avanzo (Lady Virginia). Grande soddisfazione da parte del giovanissimo Patron Stefano Madonna, “avere più di 120 presenze in una 3 edizione è una soddisfazione enorme che riesce a far crescere sempre di più il format dei nostri concorsi che si occupano di offrire un opportunità sia alla bellezza che al talento”. Ringrazio di cuore per il successo, tutto il mio staff formato da Eleonora Portsmouth, Daniele Marchionne, Federica Fiori, Luigi De Angelis, Maria Rosaria Madonna, Wilma Viti e Franca Loffredi, Emanuele Fierimonte, Armando Madonna, Angelo Frateloreto, Monica Cardin.

www.missspettacolo.it

Sofia Ferrarini e Marisa Maggio “Miss Spettacolo 2018 – Miss Spettacolo Moda e Tv 2018”

I vincitori Junior e Baby Spettacolo 2018

Diego Ferrante “Mister Spettacolo 2018”

Aicha Boukek “Lady Spettacolo 2018”

Il Patron Stefano Madonna

Foto di Flavio Fransesini e Lorenzo Domenici

 

 

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Pop Film Fest: Marco D’Amore vince il Premio Bud Spencer – Next Generation

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Si è tenuta il 27 Settembre 2018 la cerimonia d’apertura della prima edizione del Terni Pop Film Fest – Festival del Cinema Popolare.

Ad inaugurare la serata l’annunciato Omaggio al grande Bud Spencer, con il conferimento del Premio: Bud Spencer – Next Generation ad un giovane attore che ha saputo accogliere l’eredità artistica di Carlo Pedersoli.

La direzione artistica, a cura di Simone Isola e Antonio Valerio Spera, in accordo con la famiglia Pedersoli ha deciso di conferire il premio al talentuosissimo Marco D’Amore con la seguente motivazione: “Nel suo giovane percorso artistico, Marco D’Amore ha evidenziato talento e passione per il proprio lavoro. Virtù che ha trasferito nei suoi personaggi, sì popolari ma mai banali, che non offrono consolazione al pubblico ma pongono domande e riflessioni profonde. Il nostro premio riconosce inoltre in lui un sincero e autentico bisogno di rinnovarsi attraverso nuovi ed originali progetti”.

Una scelta che si mostra coerente con la linea artistica della manifestazione, che vuole rimettere al centro del dibattito culturale il cinema popolare, omaggiando il passato ma con un occhio sempre vigile al presente e, soprattutto, al futuro.

Iniziata alle ore 21:00 presso il Cityplex Politeama di Terni insieme ai Pedersoli e al giovane cineasta Alessandro Grande, che rappresenterà l’Italia per la corsa ai prossimi Oscar con il suo cortometraggio Bismillah, la serata si è conclusa con la proiezione del film … altrimenti ci arrabbiamo!, il cult movie interpretato da Bud Spencer e Terence Hill sotto la regia di Marcello Fondato.

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Il prigioniero coreano: in home video la banalità del male secondo Kim Ki-duk

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Dopo essere passato quasi in sordina alla Settantatreesima Mostra internazionale d’arte Cinematografica di Venezia – all’interno della sezione Giornate degli Autori – Il prigioniero coreano, penultima fatica dell’ormai celebre cineasta Kim Ki-duk, ha ottenuto numerosi consensi da parte sia di pubblico che di critica, in seguito alla sua uscita in sala.

Per chi se lo fosse perso, il lungometraggio è ora disponibile in dvd grazie a CG Entertainment (www.cgentertainment.it), che lo lancia in collaborazione con la Tucker Film.

Abbandonata la curatissima estetica dei suoi primi film (come i bellissimi Primavera, Estate, Autunno, Inverno…e ancora Primavera, del 2003, e L’arco), così come il taglio più tendenzialmente gangsteristico di Indirizzo sconosciuto (2001) o Pietà (Leone d’Oro nel 2012), già da diversi anni il regista sudcoreano ha prediletto storie dalle sceneggiature di ferro atte a colpire lo spettatore nel proprio intimo e – perché no? – anche a denunciare la terribile dittatura che da anni affligge la Corea del Nord.

A tal proposito, esclusivamente su tale tema è incentrato proprio Il prigioniero coreano, intenso lungometraggio che, tuttavia, oltre a mettere in scena la suddetta dittatura, punta a sparare a zero, più in generale, sulla guerra in sé e su ciò che spinge gli esseri umani a schierarsi uno contro l’altro. Tirando in causa anche l’altra fazione – ossia la stessa Corea del Sud – e inscenando una situazione talmente paradossale da diventare quasi surreale, ma che, in realtà, potrebbe tranquillamente verificarsi nella vita di tutti i giorni.

La storia raccontata è, dunque, quella di un povero pescatore nordcoreano (impersonato da Ryoo Seung-Bum), il quale, pur di mantenere la famiglia, si alza di buon’ora ogni mattina. Un giorno, però, la sua rete da pesca si impiglia nel motore della barca, facendolo finire inevitabilmente nella zona appartenente alla Corea del Sud. Sospettato di essere un attentatore e interrogato dalle autorità, l’uomo si ritrova in una situazione paradossale, in cui sembra non esservi alcuna via d’uscita, né alcuna possibilità di tornare al suo paese.

Claustrofobico, magnetico, dagli echi addirittura polanskiani e con un costante crescendo di tensione, questo lavoro di Kim Ki-duk ricorda molto, dal punto di vista della sceneggiatura, il nostro Una pura formalità (diretto nel 1994 da Giuseppe Tornatore) e, dopo un periodo – qualitativamente parlando – assai poco convincente, sembra voler sancire un auspicato ritorno alla ribalta di un regista che, da ormai diversi anni a questa parte, ha avuto modo di farsi conoscere e amare – grazie alla sua filmografia tanto ricca quanto variegata – dal pubblico di tutto il mondo.

Galleria fotografica e trailer nella sezione extra, mentre l’edizione blu-ray include anche gli artwork internazionali e un’introduzione di Kim Ki-duk.

 

 

Marina Pavido

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 “Cravattari” di Fortunato Calvino diventa un film: anteprima al Mercadante  

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Giovedì 4 ottobre alle 19.30 con arte e cultura contro l’usura

Giovedì 4 ottobre alle ore 19.30 al teatro Mercadante verrà proiettata in anteprima la trasposizione filmica di “Cravattari” di Fortunato Calvino con protagonistiAntonella Morea, Rosa Fontanella, Gioia Miale, Laura Borrelli, Pietro Juliano, Andrea Di Ronza (ingresso gratuito fino ad esaurimento posti). Una serata evento per celebrare il pluripremiato testo del 1994 con un dibattito alla quale parteciperanno Nino Daniele, assessore alla cultura e al turismo del Comune di Napoli;Giovanni Melillo, procuratore capo di Napoli; Don Tonino PalmeseValerio Caprara, critico cinematografico; Francesco Nardella, vice direttore Rai Fiction; Vito Grassi, presidente Unione Industriali Napoli; Francesco Pinto, direttore del CPTV Rai di Napoli; Antonio Parlati, dirigente Rai e presidente della sezione Editoria Cultura e Spettacolo dell’Unione industriali di Napoli. Modera la serata Gianni Simioli.

IL PROGETTO. Un progetto fortemente voluto dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli, realizzato e prodotto da Aldebaran di Livio Varriale, in collaborazione con l’Unione Industriale di NapoliUniversità telematica Pegaso, l’Accademia di Belle Arti di Napoli, e Napoli Sotterranea.

I COMMENTI. «“Cravattari” di Fortunato Calvino è uno dei drammi più belli ed intensi scritti e rappresentati in Italia negli ultimi decenni – racconta Nino Daniele– Nasce da una motivazione civile e di essa conserva, nello svolgimento della vicenda, pienamente il Pathos. Una delle pagine più alte del teatro italiano contemporaneo e una opera d’arte che raggiunge interamente il fine dell’arte: quello di aiutare a cambiare il mondo. Oggi che la crisi ha reso l’usura un problema sociale e criminale nuovamente dominante – anzi oggi dopo che, con la crisi indotta dalla finanza globale, possiamo dire che l’usura era diventata la forma mondo, ed il tasso usuraio viene pagato con il prezzo del futuro delle nuove generazioni – tutti dovrebbero vedere quest’opera teatrale». «“Cravattari” nella trasposizione filmica – così ha commentato Valerio Caprara – mi è sembrato di solida resa emotiva e stilistica. Calvino ha realizzato bene con la macchina da presa ciò che gli era familiare drammaturgicamente».

LE RIPRESE E LA COLONNA SONORA. Parte delle riprese sono state realizzate nel teatro dell’Accademia di Belle Arti di Napoli diretta da Giuseppe Gaeta, con gli allievi del corso di scenografia tenuto da Renato Lori e Gilda Cerullo hanno partecipato attivamente realizzando le scene. Gli ultimi ciak nelle gallerie di Napoli Sotterranea, per poi passare al montaggio del film. Fil rouge tra le repliche teatrali e l’attuale versione filmata è la colonna sonora di Enzo Gragnaniello che per l’occasione ha creato nuove ed inedite musiche, e magiche sonorità.

MIGLIAIA DI REPLICHE E OGGETTO DI STUDIO. Il testo “Cravattari” di Fortunato Calvino ha raggiunto le mille repliche e dopo 24 anni è ancora ovunque rappresentato ed è spesso oggetto di studio nelle varie Università Italiane e non solo. Ultima tesi sulla drammaturgia di Fortunato Calvino è stata di Mélissa Zat dell’Università di Liége in Belgio, dal titolo “La Camorra napolitaine dans l’oeuvre de Fortunato Calvino”.

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“BATACLAN”, MOSTRA FOTOGRAFICA DI RENATO AIELLO A VIA DUOMO

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“Bataclan” è il titolo della prima personale fotografica di Renato Aiello, giornalista e fotoamatore napoletano, visitabile dal 2 al 15 ottobre 2018 presso il Complesso Monumentale di San Severo al Pendino, situato a Via Duomo 286. Una mostra a ingresso libero (vernissage fissato per sabato 6 ottobre dalle ore 16 alle 19), aperta tutti i giorni esclusa la domenica, che si configura come un vero e proprio percorso nella memoria del primo anniversario delle stragi del 13 novembre 2015 a Parigi, attraverso le immagini in bianco e nero della gente accorsa al Boulevard Voltaire.

I volti, gli sguardi, le candele e i fiori delicatamente riposti sotto la lapide commemorativa, le mani conserte in segno di preghiera in una mattina senza sole, il dolore vissuto con dignità da amici e parenti delle 90 vittime del Batalcan. La compostezza di un lutto difficilissimo da elaborare, una ferita ancora aperta a distanza di 3 anni: più di 300 furono infatti le vite falcidiate quella notte, nel complesso degli attacchi coordinati ed eseguiti su vasta scala nella capitale francese da terrroristi di matrice islamista, inneggianti all’allora sedicente Stato Islamico in Syria e Iraq. 30 foto in tutto, di cui alcune candidate l’anno scorso dall’autore al Magnum Photography Award 2017 (e cinque esposte in qualche collettiva su invito), che provano a raccontare la prima commemorazione ufficiale degli attentati, seguita dalle tv e da giornalisti di tutto il mondo. 30 scatti scelti dall’autore nella moltitudine di fotografie realizzate quel giorno che, a suo dire, “non è stato semplice da affrontare e metabolizzare anche dopo.

Non sono mancati i momenti in cui pigiare sul tasto dell’otturatore si è rivelato più difficile di quanto pensassi, nonostante la regola della giusta distanza che questo mestiere ci impone quando si è impegnati nella cronaca di situazioni dolorose e tragiche”, è ciò che confessa l’autore del reportage, che in quella mattina del 13 novembre 2016 si trovò quasi per caso al Boulevard Voltaire. “Non potevo non documentare, semplicemente sentivo il dovere di riprendere, di lasciare, per quanto possibile e nei miei limiti, un ricordo di quel giorno”.

Questo infatti il compito e la missione ultima della mostra: mantenere alta l’attenzione e preservare il valore fondamentale della memoria, per la nostra generazione e per quelle che verranno. Affinché non solo tutto questo non si ripeta più, ma si prenda finalmente coscienza dell’orrore e della morte senza senso che solo l’interpretazione violenta della religione sa produrre. Le testimonianze fotografiche delle associazioni musulmane contrarie alla follia e alla barbarie terroristica, presenti quel giorno con rappresentanti, manifesti e totem roll up per strada, sono la prova dell’esistenza di un Islam moderato.

Un Islam forse ancora timido e poco attivo, ma chiamato a un ruolo di sempre maggiore responsabilità nella nostra società. Finissage previsto per il 13 ottobre sempre dalle ore 16 alle 19, sarà presente all’esposizione anche un’installazione artistica e dei cahiers (quaderni) su cui raccogliere impressioni e note, riflessioni e opinioni in merito alla mostra.

DOVE: Complesso Monumentale di San Severo al Pendino situato in via Duomo 286, Napoli (NA).
Raggiungibile con metro collinare Linea 1 (fermata Museo a Piazza Cavour) o con Linea 2 Fs (fermata Cavour sempre a Piazza Cavour), da cui proseguire in direzione di via Duomo. Con autobus invece fermata a via Marina (sia per quelli provenienti da Piazza Garibaldi sia per quelli dalla zona flegrea), per poi salire in direzione Piazza Nicola Amore e da lì a via Duomo.

QUANDO: Visitabile da martedì 2 ottobre a lunedì 15 ottobre 2018, tutti i giorni dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19, tranne la domenica (chiusa il 7 ottobre e il 14 ottobre pertanto)

Vernissage: Inaugurazione con colleghi della stampa e visitatori sabato 6 ottobre 2018 dalle 16 alle 19

Finissage: Sabato 13 ottobre 2018 dalle 16 alle 19

NOTE SULL’AUTORE: Renato Aiello, napoletano, è giornalista pubblicista, nonché appassionato di fotografia e cinema. Si occupa di comunicazione a 360 gradi, videomaking compreso, per attività commerciali e privati. Fotoamatore da sempre, è attivo negli ultimi anni in un lavoro di documentazione e ricerca visiva del territorio metropolitano. Dopo varie collettive cui ha partecipato dal 2016, tra cui anche una a San Francisco nel CCA, California College of Arts, “Bataclan” è la sua prima personale in assoluto.

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1978-2018 40anni di C.R.A.S.C.

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Centro di Ricerche sull’Attore e Sperimentazione Culturale

30 settembre, ART GARAGE, P.co Bognar 21- Pozzuoli, dalle ore 18,30

Era l’Aprile del 1978 quando un gruppo di giovani provenienti da differenti esperienze sociali, culturali, politiche decise di riunirsi in cooperativa….

Sono passati 40 anni e la cooperativa “C.R.A.S.C. Centro di Ricerche sull’Attore e Sperimentazione Culturale” è ancora viva e continua il suo lavoro.
Sono passati 40anni di storia, 40anni di cultura, 40anni di lotte sociali, 40anni di Teatro sulle “barricate” per far in modo che la sperimentazione, la ricerca teatrale non fossero solo definite e vissute come l’anticamera del teatro tradizionale.

LA STORIA

La storia del CRASC è un lungo elenco di iniziative socio culturali:

Le prime esperienze di decentramento teatrale della Provincia di Napoli (con la prima produzione teatrale di piazza), la partecipazione alle prime “Estate a Napoli” con l’organizzazione della prima rassegna di spettacoli di strada a Castel dell’Ovo, la mostra delle maschere di Sartori, la creazione del primo Centro di Produzione e Ricerca teatrale Campana riconosciuto dal MIBAC, l’organizzazione e gestione di una delle prime SCUOLE DI TEATRO a Napoli, la creazione di un festival di laboratorio teatrale nel Sannio nel lontano 1980/81, le partecipazioni eccellenti ai vari festival internazionali, tournee all’estero, l’organizzazione di convegni, collaborazioni eccellenti, la gestioni di vari spazi: CRASC in via Atri, CANTIERI TEATRALI a Marigliano, TEATRO LEOPARDI a Napoli (opera di risanamento di un vecchio cinema a luci rosse e presidio teatrale su un territorio disastrato e invaso dalla camorra), direzione artistica del Giugno Popolare Vesuviano, ZELIG SUD a Napoli, STUDIO TEATRO e SALARTAUD nel centro storico a Napoli (un ritorno alle cantine teatrali in onore degli spazi umidi dove è nata la sperimentazione teatrale ), l’organizzazione di una miriade di rassegne di TEATRO, MUSICA, DANZA (tra cui ricordiamo le 10 edizioni di DANZITALIA, le 2 edizioni di OMAGGIO A PINA BAUSH e le 10 edizioni di IOSONOQUI e altro che ha fatto del CRASC uno dei principali attori della storia del tessuto culturale cittadino e nazionale.

Tra le attività degli ultimi anni ricordiamo NAPOLI.INTERNO.GIORNO. ospite al Napoli Teatro Festival 2012, “31 salvi tutti! – 31 eventi in giro per la Campania per la valorizzazione della cultura regionale, le 3 edizioni di “Capacciamm Street Festival”, la produzione degli spettacoli “Barbarella ed altre lontananze” di Peppe Lanzetta e “Notturno” tratto da Coe, ospite in occasione dell’anteprima dello spettacolo al Teatro dei Filodrammatici di Milano.

Per celebrare questi suoi primi e importanti quarant’anni il Crasc organizza LA FESTA – 40 Anni di CRASC domenica 30 settembre, ART GARAGE, P.co Bognar 21- Pozzuoli, dalle ore 18,30

Tavola rotonda sul 78, il teatro e il movimento culturale, introduce Enzo Grano, Intervengono Stefano De Stefano e Lucio Colle

Performance di Beatrice Baino, Diana di Paolo, Carmine Borrino, Gaetano Battista, Antonio D’A vino, Giancarlo Greca, Vincenzo Maria Lettica e altri.

Proiezione del corto “La stana del tuffatore” di Emma Cianchi

Aperitivo anni 80 della chef Mela Flauto

La festa sarà anche occasione per ricordare l’intellettuale, studioso di teatro FRANCO CARMELO GRECO, di cui quest’anno ricorre il 20ennale della morte.

Media partner Radio Siani – la Radio della legalità

Ingresso libero

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RAIZ & RADICANTO: esce oggi, 28 settembre “Jerusalem”

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Il nuovo video e singolo che anticipa l’album “Neshama”, in uscita il 7 ottobre per Arealive

 

 Esce oggi – venerdì 28 settembre – “Jerusalem” feat. Mauro Pagani, il nuovo singolo di Raiz & Radicanto, che anticipa l’album “Neshama”, in uscita il 7 ottobre per Arealive con il contributo di Puglia Sounds. Il disco sarà interamente dedicato alla musica e alla tradizione degli ebrei sefarditi, ovvero quelle comunità espulse dalla Spagna nel 1492 che, malgrado la dispersione in tutto il mediterraneo, mantennero un solido legame linguistico e culturale con la ‘ex’ madrepatria.

 

RAIZ PARLA DEL BRANO “JERUSALEM”:

“La canzone è uno dei due brani del disco non ascrivibili al patrimonio tradizionale, bensì una hit internazionale di Alpha Blondie, artista reggae africano che la pubblica nel 1986 nell’omonimo album. L’arrangiamento – completamente ripensato da Giuseppe De Trizio, e che vira decisamente verso il pop acustico africano – e l’aggiunta di versi tratti dal Libro dei Salmi e dalla preghiera, rendono questa versione alquanto originale. Ciliegina sulla torta: il violino del grande Mauro Pagani”.

 

LINE-UP

Raiz: voce;

Giuseppe De Trizio: chitarra classica, mandolino;

Adolfo La Volpe: oud, cumbus, saz;

Giorgia Santoro: flauto contralto e traverso, ottavino, bansuri, xiao;

Giovanni Chiapparino: fisarmonica;

Francesco De Palma: tar, cajon, zarb, darbuka, doumbek, daf, riq, udu,

calabash;

 

Special guests: Mauro Pagani, violin.

 

 

CREDITS VIDEO

Raiz&Radicanto

“Jerusalem” (Feat. Mauro Pagani)

Album “Neshama” (Arealive 2018)

Prodotto, diretto ed editato da David Gallo per 101% S.r.l.

 

CREDITS BRANO

Testo e Musica: Kone Seydou

Arrangiamenti: Giuseppe De Trizio

Produzione Artistica: Raiz e Giuseppe De Trizio

P & C Arealive Srl 2018

 Video

https://www.youtube.com/watch?v=4_gaD9Liy6c&app=desktop

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Mondospettacolo incontra Alessandro Grande, in corsa per l’Oscar con il suo cortometraggio Bismillah

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Storia della piccola Samira sullo sfondo della tematica dell’immigrazione, Bismillah di Alessandro Grande è il cortometraggio che, già aggiudicatosi il David di Donatello, rappresenterà l’Italia al premio Oscar.

Ospite presso il Terni Pop Film Festival, abbiamo incontrato il regista

 

Quale necessità hai sentito per girare una storia di questo tipo?

Bismillah nasce dall’esigenza di raccontare un messaggio che va un po’ oltre l’immigrazione, essa è più una cornice che mi offre la possibilità di valorizzare sentimenti universali come la fratellanza o la speranza. L’ispirazione è nata un pomeriggio d’estate, quando ho letto un articolo in cui era scritto che nel 2011 l’Italia aveva registrato il maggior numero di immigrati nella sua storia, circa ventitremila. Il vero dato allarmante, però, era quello relativo al fatto che undicimila vivevano come fantasmi nel nostro territorio, quindi come clandestini. Allora mi sono fatto una domanda: nel momento in cui una persona scappa dall’inferno del proprio paese e, superato il viaggio, tocca nuovamente terra ferma, i problemi sono finiti? Quindi, ho preso casi vincenti, persone che ce l’hanno fatta a vivere da clandestine una nuova vita, senza rischiare la morte. Facendo ricerche, ho capito che c’era anche la paura di denunciare uno stato di salute, perché si attivava in qualche modo un iter burocratico tale da  poter poi sfociare nell’espatrio. Quindi, vivevano veramente nel terrore. Una volta scritta questa storia, mi sono fermato un attimo e ho ragionato nella tematica, perché quella dell’immigrazione è una tematica abusatissima e non volevo raccontare una storia già raccontata da altri.

 

Cosa si prova nel sapere che il proprio cortometraggio è in corsa per l’Oscar?

Questo è un aspetto che carica sicuramente di grande responsabilità tutto l’entourage del cortometraggio. Diciamo che dopo il David di Donatello era scontato, perché chi partecipa alle selezioni agli Oscar è stato scelto da una commissione del proprio paese, mentre i corti partecipano agli Oscar se hanno vinto un premio facente parte del circuito di festival nazionale. Quindi, automaticamente, l’elezione era scontata. Inoltre, questo cortometraggio ha avuto nomination anche in festival che fanno parte del circuito degli Oscar, tra cui il Road Island negli Stati Uniti, il Busan in Corea e l’Encounter, nel Regno Unito, che è anche legato agli EFA. Quindi, l’emozione è grande quando viene ufficializzato questo percorso. Ho sempre visto i premi come un punto di partenza, nel senso che, se si perde il fuoco, facendo scattare meccanismi di presunzione, rischi di non raccontare più nulla. Io ho soltanto affrontato un percorso nel cinema breve, ma ancora devo affermarmi come regista, quindi, prendere ciò come un punto di arrivo sarebbe stato sciocco. È una gratificazione che sta a significare che il percorso è stato affrontato nel migliore dei modi, ma bisognerà fare meglio.

 

Se dovessi passare al lungometraggio, che tipologia di film faresti?

Sicuramente, mi sforzerei di mantenere sempre una libertà, perché quello che ho avuto fino ad adesso è stata la libertà di espressione, cosa che ti garantisce solo il mercato del cortometraggio. Il lungometraggio, invece, ha altre dinamiche che sono più vicine a quello che è il mercato, alla burocrazia, alla produzione, quindi cercherei di portare uno schermo una storia che, sicuramente, convincerebbe prima me di altre persone, ma anche che mi rappresenti. Perché il percorso che ho fatto fino ad ora prevede, comunque, uno sviluppo che va sempre su questa direzione. Poi, magari, posso anche pensare di poter raccontare altro, però, prima, è giusto farlo secondo un percorso che è stato fatto.

 

Quali sono i registi che ti ispirano?

Ce ne sono tanti, amo il cinema del primo Yorgos Lanthimos, di Asghar Farhadi, dei fratelli Dardenne, di Cristian Mungiu. Per quanto riguarda i registi italiani, in questo momento Matteo Garrone, forse, è quello che maggiormente riesce ad entrare in empatia con le mie corde e la mia sensibilità.

 

Francesco Lomuscio

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Terni Pop Film Festival: presto un film sulla vita di Bud Spencer

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La vita di Bud Spencer (nome d’arte di Carlo Pedersoli) diventerà presto un film, al momento si sta lavorando alla sceneggiatura che ripercorrerà la vita di Bud prima del suo debutto nel mondo dello spettacolo.

Questo l’annuncio che è stato fatto ieri sera da Giuseppe Pedersoli, figlio di Carlo Pedersoli, durante la cerimonia d’apertura del Terni Pop Film Fest – Festival del Cinema Popolare, che ha voluto inaugurare la manifestazione ricordando uno dei volti più simbolici del cinema popolare.
Ospiti della serata i figli del grande Carlo Pedersoli, Giuseppe e Diamante e il nipote Alessandro Pedersoli, che hanno raccontato non solo alcuni episodi curiosi della carriera del grande attore napoletano, ma anche e soprattutto il lato umano di “Papà e nonno Bud”.

“Non potevamo non cominciare con lui” – hanno spiegato i direttori artistici Simone Isola e Antonio Valerio Spera – “visto che i suoi film hanno segnato quattro generazioni”.
La filmografia dell’artista, infatti, ha saputo travalicare i confini nazionali, rendendo la figura di Bud Spencer una vera e propria icona scolpita nel tempo: “Per noi è quasi come non se ne fosse mai andato” – ha spiegato Giuseppe Pedersoli – “abbiamo riscontrato, anche aprendo una pagina Facebook in suo ricordo, come la gente da tutto il mondo lo senta come uno di famiglia. Lui diceva sempre di non essere un attore, dopo molti anni ho capito il senso di quella frase. Lui sul set non interpretava nessun personaggio, era esattamente come era nella vita”.

“Nostro padre usciva dallo schermo” – ha continuato Diamante Pedersoli – “con la sua simpatia, la sua passione, aveva sempre un sorriso per tutti”.

Particolarmente toccane l’intervento di Alessandro Pedersoli, il nipote di Bud: “Mi sono abituato a vedere mio nonno come Bud Spencer soltanto negli ultimi anni perché nei film c’era quasi quella stessa quotidianità che vedevo ogni giorno. Poi ho iniziato a capire perché fosse così amato nel mondo e la risposta l’ho trovata nella sua autenticità. Anche quando viaggiava in aeroporto si fermava sempre a parlare con le persone che lo chiamavano, diceva che in fondo il suo successo dipendeva da loro”.

Giuseppe Pedersoli ha poi raccontato il passaggio dalla carriera di campione di nuoto a quella di attore: “lui non voleva fare l’attore, poi si è creata una grande alchimia con Terence Hill e come per magia è nato tutto all’improvviso. Nel ’67 Giuseppe Colizzi, che ha sempre ammirato mio padre come sportivo, per il suo film cercava un uomo grande, particolarmente prestante e cheavesse dimestichezza con l’acqua per salvare il personaggio che poi è stato affidato a Terence Hill. Per altro, anche il ruolo di Terence fu una coincidenza, l’attore che doveva interpretare il suo ruolo la sera pima si era infortunato dopo un litigio con la fidanzata e solo allora è subentato a Terence. È stato proprio da quel film che è nata la coppia che ha segnato intere generazioni. Ma, soprattutto, è nata una profonda amicizia”. Un legame basato sulla condivisione degli stessi valori morali, in primis quello della famiglia.

“Ricordo quando Terence venne a casa nostra per gli ottant’anni di nonno a mangiare gli ‘Spaghetti alla Maria’, che era il piatto preferito di entrambi, erano così uniti…” ha aggiunto il nipote Alessandro.

Nella seconda parte della cerimonia, invece, è stato conferito il Premio “Bud Spencer – Next Generation” al giovane attore Marco D’Amore perché: “Nel suo giovane percorso artistico, Marco D’Amore ha evidenziato talento e passione per il proprio lavoro. Virtù che ha trasferito nei suoi personaggi, sì popolari ma mai banali, che non offrono consolazione al pubblico ma pongono domande e riflessioni profonde. Il nostro premio riconosce inoltre in lui un sincero e autentico bisogno di rinnovarsi attraverso nuovi ed originali progetti”.
L’attore non è potuto venire a ritirare il Premio di persona a causa di impegni lavorativi, ma ci ha tenuto a mandare un video-messaggio di ringraziamento alla Direzione artistica del festival e, soprattutto, alla famiglia Pedersoli.
I premi sono stati consegnati e realizzati dall’artista ternana Lauretta Barcaroli.

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Regina Blues, il nuovo libro di Antonello Loreto

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Regina Blues di Antonello Loreto

Regina Blues è un romanzo corale che racconta di un momento cruciale nella vita di ventidue personaggi e nell’esistenza di una città, Regina, che dovrà risorgere dalle sue ceneri, e i suoi abitanti con lei. Dopo un evento catastrofico e imprevedibile il microcosmo perfetto in cui vivono i giovani protagonisti verrà stravolto, e non resterà che cercare di dimenticare “l’agghiacciante urlo della terra” ma non i ricordi impressi nella coscienza di una comunità che non vuole arrendersi. Un romanzo che sa preparare il terreno all’inevitabile sciagura dell’ultima parte della vicenda toccando le corde più intime del lettore, facendolo immergere nelle storie private dei personaggi e creando un legame con loro che prosegue oltre la pagina scritta.

 

Titolo: Regina Blues

Autore: Antonello Loreto

Genere: Narrativa contemporanea

Casa Editrice: Edizioni Progetto Cultura

Pagine: 272

Codice ISBN: 978-88-3356-052-6

 

«[…] Mettetevi le cuffie e seguite le note struggenti. Fatevi trasportare, liberate l’emozione. Vi accorgerete subito dell’effetto che fa. Vedrete i posti descritti, odorerete nitidamente i profumi di Regina, ritroverete persone, sguardi andati perduti nel tempo vi torneranno in mente e, con essi, le voci dei protagonisti di questa storia incredibile. E la tristezza, pian piano, lascerà spazio al sorriso. Alla bellezza e alla magia del ricordo. Ad una nostalgia a tratti malinconica, ma che ti fa sentire ancora vivo. E che dà colore alla speranza».

Regina Blues di Antonello Loreto è il racconto di una morte e di una rinascita, e un omaggio alla resistenza degli esseri umani. Ed è anche una raccolta di storie d’amore, di tutte le forme d’amore che si possono provare, non ultimo il sentimento che lega la voce narrante, Syd, alla sua città, Regina, dipinta da Loreto con sensibilità e accuratezza. Regina: una città di provincia che sa parlare ai cittadini, che sa restituire tutto il loro amore, ma che sarà anche teatro della fine dei loro sogni e delle loro speranze. Tanto particolareggiata è la descrizione della città che il lettore sembra avvertire il caldo opprimente che la soffoca, e che preannuncia la catastrofe imminente. Ma Regina Blues parla anche di un’altra storia d’amore: quella dello scrittore con i suoi personaggi. I ventidue giovani protagonisti della vicenda sono infatti caratterizzati con profondità e con un interesse per le loro esistenze che non lascia indietro nessuno, neanche coloro che ritorneranno solo per poche scene nel corso della storia. Antonello Loreto ama i suoi personaggi, di ognuno racconta anche i più intimi moti dell’anima, e di ognuno lascia un ricordo indelebile. Dalla storia di Syd e Nico, contrastata dalle famiglie perché una relazione omosessuale non è ammissibile per i loro standard borghesi, a quella straziante di Hann e Duse, fino all’amore incondizionato di Pasao per il cinema o di Monrao per la musica, ogni tassello che va a comporre il mosaico vitale e colorato della comunità di Regina rimane nel cuore del lettore e fa sì che nell’epilogo si soffra per la perdita di tante anime semplici e straordinarie insieme. E in ultimo, ma non ultimo, Loreto offre un omaggio alla cultura, forse l’unico rimedio alle sofferenze della vita. Nella salvezza che un uomo trova nella biblioteca, unica stanza di un palazzo rimasta quasi intatta nonostante il terremoto, lo scrittore vuole simboleggiare la forza della parola, arrivando a citare Aristotele: “La cultura è un ornamento nella buona sorte e un rifugio in quella avversa”. E ancora, nella passione smisurata di Radio Ed per la musica, e nelle numerose citazioni che Loreto fa dei gruppi e delle canzoni degli anni ottanta, e nella citazione della poesia Funeral Blues di Wystan Auden, parafrasata da Syd in onore delle persone e dei luoghi che ha perso per sempre, si sente ancora forte quell’omaggio alla cultura e alla produzione artistica dell’uomo, unica ed eterna testimonianza del suo passaggio su questa terra.

TRAMA. In un caldo pomeriggio di aprile nella città di Regina va in scena la finale del Torneo di calcio delle Scuole Superiori, nella quale si affrontano la squadra del Liceo Classico (i Santi) e quella del Liceo Scientifico (gli Eroi). Per una città di provincia il torneo rappresenta un momento importante, quasi solenne, di aggregazione della comunità. La mattina che precede la partita, si incrociano le storie dei ventidue ragazzi che daranno vita all’atteso incontro: ognuno con il proprio bagaglio di esperienze, per taluni esaltanti e per altri tristi, e con le proprie aspettative e i propri sogni. Giovani vite costrette a diventare adulte troppo presto a causa di un evento drammatico ed epocale che in pochi istanti sconvolgerà un’intera città. Sullo sfondo degli scorci panoramici, delle piazze e delle strade di Regina, la voce narrante di Syd, arbitro designato per la finale, accompagna i destini degli altri personaggi fino al futuro di chi sopravvivrà alla catastrofe in cui “il cielo si oscura e la terra lancia un urlo agghiacciante”. La vicenda di Regina Blues fa infatti un salto di ventotto anni in cui Syd, tornato a vivere in una città che ha provato a rialzarsi con alterni risultati, si è comunque riappropriato in qualche modo della sua vita, pur se tormentato dai ricordi del passato. Ed è a questo punto che Loreto riannoda i fili, chiude i destini e pone le basi per un futuro dominato da una pace ritrovata e dalla consapevolezza che ogni minuto va vissuto come se fosse l’ultimo.

 

BIOGRAFIA Antonello Loreto è nato a L’Aquila nel 1970 e vive a Roma. Laureato in Giurisprudenza, per quasi venti anni è stato un consulente e un manager esperto di marketing nel settore della finanza e della comunicazione. Ha inoltre collaborato con l’Istituto Cinematografico “La lanterna magica”, con l’Accademia dell’Immagine dell’Aquila, e come articolista della rivista mensile “Victor l’Avvoltoio”. Da qualche anno ha deciso di cambiare vita e di dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Pubblica in self publishing nel 2014 La favola di Syd e nel 2016 Un’Altra Scelta (Edizioni Progetto Cultura). Per la stessa casa editrice pubblica nel 2018 Regina Blues. Affianca attualmente alla sua attività di autore la direzione artistica di alcune rassegne letterarie a Roma e Milano e la consulenza marketing applicata al mondo dell’editoria.

PRESENTAZIONI REGINA BLUES

27/10/2018 – Pescara – h18 @ Libreria Citylights
10/11/2018 – L’Aquila – h18 @ Libreria Colacchi
17/11/2018 – Roma – h18 @ Caffè Letterario Mangiaparole
23/11/2018 – Giulianova (TE) – h21 @ Ars Academy c/o Bar Las Vegas
29/11/2018 – Milano – h19 @ Ristorante Mieru Mieru
07/12/2018 – Villanova di Cepagatti (PE) – h18 @ Biblioteca di Villanova
12/12/2018 – Reggio Calabria – h19 @ Malavenda Cafè
13/12/2018 – Catania – h18 @ CUB – Castello Ursino Bookshop
21/12/2018 – Francavilla al Mare (CH) – h19 @ Auditorium Sirena
12/01/2019 – Palestrina (RM) – h18 @ Libreria Caffè Articolo 9
01/02/2019 – L’Aquila – h21 @ Teatro Spazio Rimediato

 

 

Contatti

https://www.facebook.com/antonello.loreto.9

https://it-it.facebook.com/pages/category/Book/La-favola-di-Syd-345071995662509/

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https://twitter.com/Lordpinkerton/status/918549837028773889

https://www.instagram.com/lord_pinkerton/

http://www.progettocultura.it/

 

Link Rassegna stampa

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/03/21/news/le_visite_col_fai_e_la_giornata_della_poesia_gli_appuntamenti_di_oggi-110080493/?refresh_ce

https://www.corrieresalentino.it/2014/12/apre-i-battenti-citta-del-libro-oggi-linaugurazione-a-campi-salentina/

http://paroleacolori.com/intervista-allo-scrittore-antonello-loreto/

https://www.laciclistaignorante.it/antonello-loreto-coraggio-scrittore/

http://www.radiolaquila1.it/cultura/item/5368-la-favola-di-syd-lunedi-presentazione-del-libro

http://www.improntalaquila.com/2014/12/02/la-favola-di-syd-domani-serata-di-musica-e-letteratura/

http://www.mattedaleggere.it/favola-syd-appuntamento-in-agenda/

http://www.vocearomaneasca.com/la-presentazione-del-libro-la-favola-di-syd/

http://www.ilfriuli.it/articolo/Tendenze/Antonello_Loreto_ospite_di_-quote-Tajus_%80%93_Aperitivi_con_il_giurista-quote-/13/173740

http://www.abruzzoweb.it/contenuti/libri-laquila-la-favola-di-syd-tra-storie-e-note-dei-pink-floyd/558731-346/

http://www.kmcommunication.it/al-monastore-con-le-matte-da-leggere/

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https://www.eventsoja.com/it/grottaferrata/e3523817

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http://www.comune.pineto.te.it/archivio10_notizie-e-comunicati_0_1091.html

 

 

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Francesco Miccichè ci racconta il suo Ricchi di fantasia

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Amici di Mondospettacolo, proprio ieri è uscito al cinema il nuovo film di Francesco Miccichè ” Ricchi di Fantasia”, film del quale abbiamo già pubblicato la recensione curata dal nostro Francesco Lomuscio ( https://www.mondospettacolo.com/ricchi-di-fantasia-cronache-di-poveri-amanti/).

Oggi, sono qui in compagnia proprio del regista del film: Francesco Miccichè, ho chiesto a Francesco di parlarmi del suo film.

Ciao Francesco, benvenuto su Mondospettacolo, proprio ieri sono andato al cinema a vedere il tuo film che ho trovato davvero brillante e geniale, ma come è nata l’idea di fare questo film?

Ciao Alex, ti ringrazio, l’idea di base e il soggetto sono di Fabio Bonifacci, tutto è nato durante la promozione di “Loro Chi”, il film diretto da me e Fabio, ad un certo punto Fabio ha avuto l’idea di quest’uomo che vuole stare con la sua amante, ma entrambi sono senza soldi e a causa di uno scherzo….

(A proposito: ciao Fabio n.d.r.)

Insieme a Fabio abbiamo poi scritto la sceneggiatura del film, quello che mi è piaciuto è stato l’inizio, molto forte, Sergio Castellitto e Sabrina Ferilli sono 2 personaggi che hanno voglia di stare insieme, ma che per motivi economici non lo possono fare, paradossalmente tutto questo accade in un mondo, dove per assurdo, in alcuni casi si sta insieme proprio per pagare il mutuo, i debiti ecc. ecc.

“Ricchi di Fantasia”, è un film che narra sostanzialmente di quanto i sentimenti hanno a che fare con i soldi, nel bene e nel male, o meglio ancora di come si possa vivere l’amore nella ricchezza e nella povertà.

 

Come è nata la scelta del cast?

Il primo che ha letto la sceneggiatura è stato Sergio Castellitto che ha subito aderito al progetto, trovando nella stessa molti elementi che richiamano la commedia italiana anni 60, il film ha di fatto queste caratteristiche, con personaggi molto realistici, c’è un po’ di tutto: da i cattivi, quelli che davanti ai soldi non guardano in faccia a nessuno, al ragazzo ancora immaturo, alla ragazza che vive in un mondo tutto suo. Gli altri attori sono: ovviamente Sabrina Ferilli, per poi proseguire con Paolo Calabresi, Antonio Catania con il quale avevamo già lavorato in “Loro Chi” e che ha accettato con grande entusiasmo, Matilde Gioli: ci serviva una figlia un po’ scanzonata e un po’ che vivesse tra le nuvole, Valeria Fabrizi che ci ha portato tutta la sua  energia nonostante l’età, una signora di 82 anni con una grandissima forza. E poi i bambini: Vincenzo e Silvia che abbiamo selezionato facendo un po’ di casting. e tutti gli altri che hanno partecipato al film.  Insomma, un po’ con attori amici e un po’ facendo casting, abbiamo tirato su questa squadra che ha davvero funzionato.

Il film è stato girato per la maggior parte in puglia, raccontami un po’.

La villa dove si svolge gran parte del film si trova vicino a Polignano a Mare, più esattamente tra San Vito e Polignano, siamo stati fortunati perché pur avendo girato tra ottobre e novembre dello scorso anno abbiamo trovato un ottimo tempo.

Che cosa ti aspetti dal film, cosa dice la critica?

Per la maggior parte dei casi il film è stato capito, è stato accolto molto bene cogliendo il fatto che non è una commedia edulcorata, ma che ricorda un certo tipo di cinema di una volta, per il pubblico, vedremo come andrà in questo week end, il film è uscito solo ieri. Purtroppo l’uscita del 27 settembre non ci ha aiutato molto. C’è da considerare che nonostante la crisi del cinema, bisogna sopratutto fare dei bei film, poi il botteghino risponde a tanti fattori che non sempre dipendono dalla bellezza o meno del film, ma da i periodi di uscita ecc. ecc. L’importante è per noi autori fare un film bello, il resto dipende poco da noi.

Tornando alla crisi del cinema, che opinione hai?

Guarda Alex, non vorrei sembrare banale, ma credo che così come il cinema ha soppiantato il teatro, oggi ci sono le serie televisive, internet, le web series, che sicuramente hanno dato un alternativa al pubblico sopratutto dei più giovani. Il cinema deve mantenere il suo specifico emozionale importante, il cinema parla quasi più all’inconscio e solo mantenendo questa sua caratteristica potrà continuare a sopravvivere.

 

Francesco, ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato, a nome mio e di tutta la nostra redazione ti rinnovo i complimenti per il film e ti do appuntamento alla prossima intervista, ma prima invito tutti i nostri lettori ad andare a vedere

Grazie Alex a te, alla tua redazione e a tutti coloro che hanno letto la nostra intervista e hanno visto o vedranno il film.

Alessandro Cunsolo

 

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