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ESTER CAMPESE NON SI ARRESTA. LA PITTRICE AGGIUNGE UN ALTRO RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALE

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Tra riconoscimenti e premi apre sotto i migliori auspici l’anno artistico 2020 della pittrice Ester Campese conosciuta in arte con il nome di Campey.

Ancora una volta le viene riconosciuto un premio, consegnatole a fine gennaio di quest’anno, parliamo del “Premio Internazionale città di New York”. Ed è così che Campey torna sullo scenario newyorkese con due sue opere “Dietro al finestrino” e “Donna Vitruviana” presso l’esclusiva Galleria White Space Chelsea sita al 55 West Street.

Si legge nella motivazione consegnatale insieme alla targa di premiazione “Per il valore del suo percorso stilistico, valido esempio di preziosità espressiva”.
Ester Campese, è artista e donna sensibile che fa della pittura un piano di dialogo con i suoi estimatori ed osservatori attraverso cui trasferire anche una parte emozionale di se.
Non è una novità la presenza di Ester Campese a New York, città che l’estrosa artista ama e che è luogo in cui è stata sempre apprezzata distinguendosi anche negli States nel panorama artistico internazionale.
In particolare “Donna Vitruviana” è un’opera originariamente realizzata per una mostra in onore di Leonardo Da Vinci poi rifatta dalla stessa artista in dimensioni più piccole ed incluse in un abito realizzato da detenuti del carcere di Bollate. La sua opera è tra quelle scelte dalla direzione artistica recensita ed inclusa nel catalogo reso disponibile anche presso la New York Pubblic Library, la biblioteca più importante di New York.
Ester Campese è da anni protagonista di prestigiosi progetti nazionali ed internazionali con un impegno mai flesso sia artistico sia per l’attenzione che pone al sociale che costante ha proseguito nel tempo.
Fascino che si aggiunge al fascino, dunque il ritorno di Campey a New York, che annovera tra le principali critiche ricevute quelle del Prof Carlo Levi, del Prof Vittorio Sgarbi, del Dott. Renato Manera Vice Pres.te Museo Canova, della Dott.ssa Elena Gollini e di molti altri storici e critici d’arte.

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Alice Marchelli: Sacra e Profana!

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Amici di Mondospettacolo, oggi voglio presentarvi Alice Marchelli, una ragazza molto particolare, perché particolare? Vi chiederete voi, beh leggete e guardate qui sotto le fotografie e lo scoprirete.

Alice benvenuta su Mondospettacolo, raccontati un po’ ai nostri lettori.

Ciao Alfonso grazie, sono Alice Marchelli, nata ad Alessandria con mamma piemontese e papà calabrese, abito a Calosso in provincia di Asti bellissimo paese disperso nei boschi. Sono una donna alla quale la vita non ha dato scelta. Mi ha mostrato tutto ciò che di brutto c’ è al mondo dandomi una sensibilità nell’ accogliere i piccoli gesti con ardore, nonostante il carattere molto forte. Mi piego ma non mi spezzo! Oltre a ciò sono una ragazza dedita alla famiglia compresi i miei meravigliosi animali.

Il tuo sogno nel cassetto?

Il mio sogno nel cassetto è semplicemente la tranquillità. Vorrei essere serena. Io amo definirmi plasmabile, quindi mi piace dedicarmi ad ogni forma di spettacolo ed arte.

Che cosa ami?

Amo la vita. il palcoscenico ed il farmi notare tra le poche/i, tantissime/i attrici/attori nel meraviglioso mondo dello spettacolo io sono vera! Alice sono io!  Amo il mio modo di pensare è l’intelligenza che mi è stata donata….

Hai un idolo chi è?

Il mio idolo sin da piccola  é Marilyn Manson, artista superlativo in tutto.

Come dovrebbe essere il tuo uomo ideale?

Il mio uomo ideale è quello che riesce a prendermi la mente non importa la bellezza deve avere valori concreti.

I tuoi pregi e i tuoi difetti?

Pregi: sicuramente la forza psicologica e spirituale, difetti: che caratteraccio!

Che genere di film e di spettacoli ami vedere?

Amo Sicuramente I film horror e i documentari. Adoro gli spettacoli teatrali con cantanti lirici.

Prossimi impegni lavorativi?

Per quanto riguarda i miei prossimi impegni lavorativi. Lascio tutto in mano all’universo e alla agenzia della quale faccio parte che è la Production Team di Milano di Patrizio Geraci e Daila Colombo.

Prima di chiudere un motto o una frase che più ti rappresenta?

O sacro e profano…. eccomi… sono io… Alice.

caos nellanima e nella mente… che rimbomba in un silenzio assordante… dolce…. dolce…. ma di una dolcezza… che uccide! Lo sguardo di chi dalla vita ha imparato cosa significa cattiveria nell’ abbraccio gelido di se stessa…

Alfonso Maria Chiarenza

Instagram alicemarchelliscar666

Facebook Alice marchelli

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Lisa Torrisi ritorna sui set a luci rosse!

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Lisa Torrisi ritorna al suo primo e mai dimenticato amore…i set a luci rosse!!!

La sensualissima Lisa Torrisi, dopo circa 4 anni di assenza dal mondo dell’adult entertainment, dopo aver fatto apparizioni in film per il cinema, dopo aver condotto eventi di spettacolo con nomi prestigiosi del settore, decide di tornare in qualità di attrice e produttrice sui set per adulti e lo fa con chi per primo l’ha introdotta nel settore, rendendola nel 2012, protagonista di uno dei suoi film, il regista Andy Casanova.

La stessa Torrisi dichiara come in questi anni, pur continuando a lavorare nello spettacolo, si sentisse come incompleta nel non aver realizzato uno dei suoi primissimi sogni: diventare produttrice di film per adulti!

Ora non ci resta che attendere l’uscita di questo nuovo film di cui è protagonista assoluta che segnerà sicuramente l’inizio di un nuovo ciclo.

Tra l’altro la nostra Lisa Torrisi è stata una grande collaboratrice di Mondospettacolo, la sua collaborazione con la nostra rivista risale al 2013, e devo dire che Lisa sì è rivelata una ottima giornalista.

Noi di Mondospettacolo siamo felicissimi del suo ritorno sulle scene e naturalmente le auguriamo tanto anzi tantissimo successo.

Alex Cunsolo

Le foto sono di: Bienne64

https://www.facebook.com/lisatorrisiofficial

 

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Lourdes: un documentario sul luogo in cui c’è qualcosa che supera anche la fede

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Ritenuto dall’illustre website AlloCiné tra i quindici migliori documentari degli ultimi dieci anni, in virtù delle soluzioni espressive concepite dietro la macchina da presa dagli affiatati registi transalpini Thierry Demaiziere e Alban Teurlai, bravi nel precedente film incentrato su Rocco Siffredi ad appaiare il dinamismo dell’azione alla dinamicità interiore, Lourdes tiene desta l’attenzione degli spettatori dall’inizio alla fine.

Ed è già una nota di merito non indifferente se si tiene conto degli inattesi ma implacabili colpi di sonno che spesso e volentieri colgono in flagrante i critici attanagliati da una noia di piombo spacciata poi per profondità introspettiva. Rispetto a Rocco, con le inquadrature ravvicinate intente a catturarne, insieme agli impietosi solchi del tempo, persino la furtiva lacrima, il desiderio di creare un’autentica esperienza visiva prevale sull’intelaiatura agiografica ed elegiaca.


Non si trattava, d’altronde, di mettere davvero a nudo il re per antonomasia dell’hard, di mostrare lo sconforto celato dall’ardore della brama carnale, d’inserire nell’effigie cruda ed emblematica degli eventi, fuori dal set adibito ad alcova, l’ennesimo richiamo ai capolavori del cinema di finzione, da L’impero dei sensi di Nagisa Ōshima a Shame dell’estroso Steve McQueen, con l’amor vitae frammisto al cupio dissolvi. Sbaglia chi, superficialmente, salta alle conclusioni etichettando l’opera alla stregua d’un passaggio di consegne. Dal diavolo all’acqua santa. L’ampio ricorso ad alcuni enfatici dolly verticali e, di contro, alle sobrie carrellate orizzontali conferma la predilezione per l’opportuno valore drammatico connesso in filigrana alla padronanza tecnica del mezzo riproduttivo. Ben lungi dal tralignare in mero tecnicismo. Tuttavia l’innesto degli intimi soliloqui, frutto dei pensieri nascosti, sulla medesima falsariga tracciata dall’esperto Wim Wenders ne Il cielo sopra Berlino, stenta ad assumere una funzione altrettanto creativa ed empatica. Sotto questo aspetto Lourdes richiama alla mente le odi panteiste care a Terrence Malick, senza però eguagliare l’arte pindarica e antinarrativa nel cogliere dal vivo le attese di chi si reca in visita presso il Santuario, ed esemplifica così l’atroce tensione patita dagli esseri umani condannati, vita natural durante, dalle atroci lesioni ischemiche e dall’emiparesi.

Qualcuno volò sul nido del cuculo del compianto Miloš Forman comunica qualcosa di molto più incisivo ed emozionante, sia pure di riflesso rispetto al tema egemonico, in merito alla falsa follia, sul senso di muto smarrimento degli infermi. Curati con rimarchevole condiscendenza dagli addetti. Quantunque costretti a pescare le espressioni accessibili in un Mare Magnum di mesto e scostante nonsense. L’impressione che Thierry Demaiziere e Alban Teurlai, smarrito strada facendo l’ingegno palesato in Rocco attraverso la dinamica campo-controcampo con l’immusonito protagonista allo specchio, come negli apologhi bergmaniani, abbiano saccheggiato alla bell’e meglio l’illusione della messa in scena, per rafforzare il timbro d’autenticità, prende piede man mano. L’aura contemplativa, svilita dalle componenti manieristiche dei semitoni programmatici, resta una chimera. Lo sforzo profuso per indurre il pubblico a porsi dei seri interrogativi sull’esistenza, ed ergo sulle ragioni degli spasimi sofferti dai pellegrini incapaci di camminare e talora anche di aprir bocca per emettere suoni chiari, risulta comunque degno d’elogio.


A persuadere assai meno sono i confessionali con i quali i raminghi con la speranza nel cuore snudano l’anima. O, almeno, ci provano. A fare un valido giro di boa è, invece, il montaggio alternato. Che, grazie al supporto dei giusti raccordi, coglie nel segno. L’impianto corale, col bagno nella piscina contenente l’acqua miracolosa e le inesauste preghiere giustapposte al balenio del dubbio che lacera di proposito la compattezza del quadro d’insieme, trascende quindi l’impasse delle geometrie fredde. Per permettergli di perdere del tutto l’immobilità tipica dei monumenti algidi e respingenti sarebbero dovuti passare in cavalleria gli escamotage restii a fungere da richiami citazionisti. L’effetto involontario, agli occhi dei fruitori avvertiti, incide sulla sospensione dell’incredulità. Una contraddizione in termini dinanzi alla registrazione convalidata del luogo dove la fede cede alla dolce immanenza. Le platee meno avvedute, benché credano di veder appagate le aspettative concernenti la capacità di presa immediata, congiunta alla lentezza ipnotica scandita anche dalla virtù della fotografia di scrivere con la luce, avvertono la mancanza dell’egemonia dello spirito sulla materia. Un anelito invisibile che paga in Lourdes lo scotto ad accumuli ampollosi ed elementi scontati.

 

 

Massimiliano Serriello

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Intervista ad Anna Cimenti, che esce con “After the rain”, il suo nuovo album

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“AFTER THE RAIN” è un album che nasce dal desiderio di condividere , al di là della musica, un percorso tra consapevolezza dell’esserci reale ed esistenza dell’anima.

Registrato a Bologna nell’estate del 2019, dopo aver frequentato le Masterclass del Maestro Barry Harris, fonte di ispirazione, è segno di una vera e propria rinascita musicale: da qui il titolo “After the rain”. 

“Inside the silent tear”, è il dolore di una lacrima che non riesce a sprigionarsi, così come nel raccontare le storie incredibili di quattro donne africane in “Four Women” o l’ingiustizia della schiavitù in “Strange Fruit”, pezzo storico e discusso del repertorio jazzistico.

E chi non ha mai sofferto per amore? ”Black coffee”, ”Ask me now” e “Like a Lover” rappresentano ancora i sentimenti delle donne di un’epoca passata.

C’è spazio anche per la leggerezza in “Come rain or come shine”, ”It might as well be Spring” e ”Sunny”, dove l’amore vola, mentre una sana ribellione si sprigiona in ”Devil may care”.

Questo progetto discografico non è un esercizio di tecnica d’improvvisazione jazzistica, ma tutti i brani hanno una connessione con i sentimenti più’ profondi della vita. Il jazz è popular, individuale e collettivo, esattamente come la vita ovvero l’arte dell’incontro.

Hanno collaborato alla realizzazione dell’album il pianista e fisarmonicista  Massimo Tagliata (tra le collaborazioni l’ultima con Mina e Ivano Fossati), Massimo Turone (contrabbasso), Oreste Soldano (batteria) e Pietro Mirabassi (sassofono tenore). Voci soliste in “Four Women” di Sonia Cavallari, Grazia Donadel e Linda Gambino.

Andiamo a conoscere meglio l’interprete:

 

Lei si identifica con la professione di cantante?

Ho seguito il mio talento e questo mi ha permesso di vivere appieno la mia passione sia nel lavoro come insegnante di musica sia come performer.Un percorso che all’inizio puntava sicuramente ad arrivare ad una certa notorieta’ e alla voglia di essere riconosciuta dal mondo dello spettacolo ,ma che poi ha virato verso una consapevolezza diversa, quella che ti fa esprimere al di la’ dei consensi che potresti ottenere e ti tiene ben legata alla realta’.

Si ricorda la prima volta quando si è accorta di avere una bella voce?

Mia madre mi raccontava spesso che mio zio ,cantante lirico non professionista ,sentendomi cantare un giorno, li aveva sollecitati a farmi studiare musica perché secondo lui naturalmente intonata e dotata.Grazie a lui i miei genitori hanno scelto di farmi studiare pianoforte dall’eta’ di 7 anni.Sicuramente l’ambiente familiare ha influito molto nell’incoraggiarmi ad intraprendere questa strada .

La musica è un linguaggio, lei cosa comunica con la sua arte?

La musica per me e’ un canale espressivo e un ‘esigenza interiore che porta alla luce i miei sentimenti e il mio vissuto, una specie di terapia positiva per sublimare le sofferenze passate e chiudere alcuni capitoli della mia vita ,guardando al futuro con fiducia.

Sicuramente parte da un dialogo interno che mi ha sempre aiutata a superare i momenti difficili piena di speranza e certa di un cambiamento in positivo.

Quando hai capito di possedere talento come cantante jazz?

Gia’ nell’estate del 1994 a Belluno ho conosciuto ,all’interno della rassegna di Veneto Jazz ,alcuni insegnanti americani della New School di New York ,che mi hanno incoraggiato a continuare e mi hanno seguito negli studi ,perche’ secondo loro molto espressiva e capace di improvvisazione non comune ad una cantante jazz in genere.

In pratica non mi bastava imparare i temi ed eseguirli, io li interiorizzavo proponendo nuove versioni ma in modo naturale ed immediato.

La conferma e’ avvenuta recentemente quando nel Novembre 2018 ho frequentato per la prima volta la Masterclass di Barry Harris e spinta dal riconoscimento di una figura così autorevole sono tornata a cantare live e ad incidere il disco “After the rain”.

Qual è stata la sua formazione artistica e professionale?

Sicuramente lo studio del pianoforte ha permesso  un allenamento dell’orecchio musicalmente fondamentale (quello che gli americani chiamano “ear training”  ) e che ha posto le basi per tutto quello che poi ho successivamente studiato.

La voce ha avuto bisogno di essere indirizzata attraverso la frequenza di lezioni di canto lirico e jazz, portate avanti parallelamente per essere elastica nel passaggio tra un genere classico e uno piu’ moderno.In tutti e due i campi ho imparato che bisogna diventare autonomi nella conoscenza del proprio corpo e nell’uso di quest’ultimo per raggiungere un buon suono ma soprattutto una buona espressivita’.

Parliamo delle sue esperienze didattiche.

Sono state fondamentali per la mia crescita ,ho imparato molto insegnando e cercando la chiave di accesso per ogni alunno, ognuno con esigenze talmente diverse da non poter avere regole assolute ma relative, come quando un sarto prende le misure di un vestito che verra’ indossato  da una persona e solo da quella.Ed e’ stato proprio questo che mi ha appassionato nel mio lavoro, l’incognita di ogni alunno che poi pian piano si risolveva e nello stesso momento mi dava nuovi spunti di lavoro.

Venuta a conoscenza del Metodo Monari a Bologna ho avuto gli strumenti giusti per lavorare sulle tensioni corporee e quindi aggiustare il baricentro del corpo e la qualità del suono.

Sempre curiosa di carattere e bisognosa di nuovi chiarimenti ,ho avvicinato la tecnica del mixed-voice al Congresso Voce Pura a Verona nel 2018 e lì si e’ chiuso il cerchio.Ho capito e soprattutto sentito profondamente come si genera il suono.

Come spiega che nel campo della sperimentazione vocale vi sia una decisa maggioranza femminile?

Sinceramente ormai la sperimentazione vocale appartiene sia alla figura maschile che a quella femminile. L’ultimo congresso medico sulla voce a cui ho partecipato aveva relatori uomini e donne nella stessa misura, cosi come per i cantanti o gli insegnanti di canto.

Potrebbe parlaci dei musicisti, dei tecnici che hanno collaborato a concretizzare questo suo sogno?

In primis devo il mio risultato al direttore artistico  Massimo Tagliata, musicista infinitamente dotato, fisarmonicista e pianista eccellente, capace di far uscire naturalmente tutto il talento di chi collabora con lui.

Anche la scelta del “mood” del disco e’ merito suo.

Il trio formato da Max Tagliata,Max Turone al contrabbasso e Oreste Soldano alla batteria e’ gia’ una formazione consolidata da anni e quindi gia’ con un feeling esecutivo ad alti livelli.

Una giovane promessa invece al Sax Tenore, figlio d’arte, si chiama Pietro Mirabassi che ha saputo ben amalgamarsi con il resto del gruppo.Il suo suono e’ pieno di colore e di calore, ragione per cui l’ho chiamato a far parte del mio progetto.

Il brano “Four women” vede affiancarmi a tre meravigliose cantanti : Sonia Cavallari e Grazia Donadel (Vocal Coach e Performers jazz) e Linda Gambino (Performer soul funky della scena romana).

Quale è stato il processo di scelta delle 10 tracce di “After the rain”?

I pezzi sono stati scelti un po’ alla volta, provandoli nelle serate live e vedendo quali più mi appartenevano e rispecchiavano momenti di vita gia’ vissuti.

Così e’ successo per “Come rain or come shine”,”Devil may care”,”Ask me now” ,“Sunny” e “Inside a silent tear”, mentre  “Like a lover”,”It might as well be Spring”,”Black coffee” le conoscevo perche’ studiate durante le Masterclass con la New School e suggerite dai miei vocal coach.

Infine devo ringraziare un amico che mi ha fatto conoscere “Strange Fruit “e ”Four women” ,pezzi di cui mi sono innamorata subito, appena ascoltati, per il significato profondo dei loro testi.

Un aneddoto divertente che si ricorda dei vari momenti di lavorazione del disco?

Non ho un aneddoto divertente da raccontare in particolare dei momenti di lavorazione del disco .Tutta la settimana e’ stata favolosa. Sembrava che ci conoscessimo da anni.Il clima che si e’ instaurato ha permesso a tutti i musicisti di sentirsi a proprio agio e  quando  si faceva una pausa e si mangiava qualcosa insieme era un momento magico, pieno di aneddoti di registrazioni passate o ricordi di date particolari e di persone incontrate nelle nostre esperienze musicali .

 

Ufficio stampa e Relazioni Pubbliche a cura di LC COMUNICAZIONE tel. 333 7695979

contatti.lccomunicazione@gmail.com

www.lccomunicazione.com

 

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Il commissario Montalbano per la prima volta al cinema

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Il commissario Montalbano è uno di famiglia: molti di noi ormai si sentono a casa tra le pareti del commissariato di Vigata, come tra i muretti a secco, sulla terra arsa e gli ulivi, nelle tonnare abbandonate, nei ristoranti sul mare e sulle terrazze con vista sul tramonto.

Dopo aver raccolto oltre un miliardo e duecento milioni gli spettatori in vent’anni su Rai1, in attesa del grande evento televisivo della primavera 2020, il commissario, nato dalla penna di Andrea Camilleri – che con le sue opere ha venduto oltre 20 milioni di copie nel mondo – e interpretato da Luca Zingaretti, arriva per la prima volta al cinema per un evento straordinario in anteprima assoluta.

Il nuovo attesissimo episodio della collection evento si intitola Salvo Amato, Livia mia ed è diretto da Alberto Sironi e Luca Zingaretti. Interpretato da Luca Zingaretti, Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Angelo Russo, Sonia Bergamasco, Salvo Amato, Livia mia arriverà al cinema solo il 24, 25, 26 Febbraio (elenco sale su www.nexodigital.it) in un evento speciale e prossimamente sarà in onda su Rai1.

In questo nuovo episodio, il brutale omicidio di Agata Cosentino, il cui cadavere viene ritrovato in un corridoio dell’archivio comunale, non può lasciare indifferente Montalbano. Perché la vittima era una cara amica di Livia, una ragazza timida e riservata, che concedeva la sua amicizia e il suo amore a poche persone. E su quelle si concentra l’indagine di Montalbano, perché gli è presto chiaro che a uccidere Agata è stato qualcuno che le era molto vicino. Si tratta forse una violenza sessuale degenerata in omicidio, ma da subito questa ipotesi non convince Montalbano, che inizia la sua indagine partendo proprio dalle conoscenze della vittima.

Salvo Amato, Livia mia, una produzione Palomar con la partecipazione di Rai Fiction, sarà distribuito nei cinema italiani da Nexo Digital in collaborazione con i media partner Radio DEEJAY e MYmovies.it.

Di seguito, il trailer.

 

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Si vive una volta sola: Carlo Verdone e gli amici… miei

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È sempre più difficile far ridere al cinema. Specie per Carlo Verdone, che, conquistatosi la piena notorietà nel 1980 con Un sacco bello, adattando all’amarezza dei semitoni, frammisti all’accento romanesco, gli sketch cabarettistici perfezionati nel programma tv Non stop, continua a dividere gli spettatori tramite Si vive una volta sola.

Quelli avvezzi ai film underground, che gravitano nei circuiti d’essai, trovando ogni morte di Papa uno spazio nelle sale, sono ostili all’interazione tra battute spassose, ma ritenute di grana grossa, ed elementi spuri. Rinvenibili negli eloquenti silenzi. Bollati come rondini e primavere con poca voce in capitolo. Almeno nell’ambito delle opere d’arte di pura poesia. Il pubblico, o dai gusti semplici, o capace di anteporre le ragioni del cuore ai diktat dell’intelletto, esacerbati dalla ridicola pretesa di sentirsi penetranti emettendo vane e dure sentenze al pari d’una Corte di Cassazione, stravede, invece, per lui.

Questa sua ultima fatica, quantunque, difficilmente sposterà d’un millimetro le rispettive posizioni, getta nuova luce sulla faccenda dei pareri agli antipodi. Non si può negare che impazzino cenni complici ed echi compositi. Alcuni in maniera assai evidente. Altri, sottobanco. Frutto, con ogni probabilità, d’implicite trasmissioni di pensiero, se non d’un calo d’ingegno, nella sceneggiatura redatta insieme al compare pratese Giovanni Veronesi. Il richiamo ad Amici miei di Mario Monicelli, cominciato a Bologna dal defunto Pietro Germi e proseguito a Firenze dal caustico collega viareggino, sommo Maestro della commedia all’italiana, evidenzia l’apporto citazionistico. Che sembra attingere parimenti al sarcastico Curzio Malaparte, originario anch’egli – guarda la combinazione – di Prato. La propensione in Si vive una volta sola agli scherzi del chirurgo capitolino incarnato da Verdone con l’anima scissa in due (la goliardia da una parte e la mestizia dall’altra) trae linfa, sia pure sotto sotto, dal Sassaroli di Adolfo Celi. Ovviamente non c’è traccia della superba voce baritonale, del piglio austero, degli occhi pronti a strabuzzare con ferocia prima di andare a prendere a schiaffi i viaggiatori in partenza sul treno vicino insieme ai compagni d’inesauribili marachelle fuori tempo massimo. La sindrome di Peter Pan, nondimeno, permane.

Al pari dei rimandi, nell’ordine, ad Arma letale 2 – con l’illustre medico affranto dinanzi all’esibizione sul piccolo schermo della ribelle figlia seminuda che strappa commenti lascivi sulla falsariga della sensuale Rianne Murtaugh, per la disperazione del papà Roger – e a I laureati di Pieraccioni. Riletti per mezzo dell’ovvio siparietto del mènage à trois sgradito al dottor Umberto Castaldi. Che non disegna con tutto ciò le burle ai danni dell’ingenuo anestesista interpretato da Rocco Papaleo sulla scorta della nota cadenza meridionale. Qualche svista di troppo, a dispetto della proverbiale cura dei particolari, che prendono il sopravvento su alcuni pacifici dettagli, si va ad aggiungere agli scorci cartolineschi della Puglia in cui il quartetto, rifinito dagli assistenti Lucia Santilli (Anna Foglietta) e Corrado Pezzella (Max Tortora), si reca mischiando la gioia della vacanza all’onere del dovere. La lezione appresa guardando da giovane nei cineclub i capolavori di Antonio Pietrangeli ed Ettore Scola, sull’esempio dello spirito critico ereditato dal babbo Mario, giunge in soccorso di Verdone. Che, in modo analogo a un altro esponente dell’Urbe nella settima arte, Nanni Moretti, antepone all’esca dell’iperbole il dono dell’umiltà e del garbo. I movimenti di macchina al servizio dell’impianto corale, senza spingere le platee assuefate alle soap a tirar fuori il fazzoletto, toccano così la nota giusta. Con la complicità degli accorti raccordi di direzione del montaggio di Pietro Morana.

In cabina di regia l’umanità dell’affabile Carlo raggiunge il diapason trasformando uno scoglio della location sul mare in un catalizzatore del margine d’enigma che, sebbene per pochi istanti, tiene sui carboni ardenti perfino chi aveva subito capito dove sarebbe andato a parare il finto tonto Papaleo. Anna Foglietta conferma di saper conciliare buffoneria di circostanza ed empatia signorile assicurando inattesi risvolti al personaggio della donna bisognosa d’affetto. Propensa a scrivere messaggi di soppiatto convertendo l’interregno del gioco degli equivoci in una sorta di dolce calumet della pace. Max Tortora, nel trarre linfa dalle correzioni di fuoco mandate ad effetto da Verdone dietro la macchina da presa e dagli assist fornitegli davanti, non asciuga certo gli scogli, compreso quello dal quale sembrava volersi buttare la vittima designata, né gioca a basket coi puffi. Bensì giganteggia (non solo per l’altezza concessa dal Padreterno) ed estrae conigli dal cilindro togliendo anziché aggiungere facezie su facezie. E, di fronte all’avanzamento in zona Cesarini di Si vive una volta sola del territorio relegato dapprincipio sullo sfondo a luogo dell’anima nonché all’acume di unire l’antiretorica al gusto della beffa, per vincere lo stress dell’arduo mestiere bisognoso di assoluto rigore ed estremo tatto, hanno ragione le persone ricche di buon senso: siamo tutti verdoniani.

 

 

Massimiliano Serriello

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Giornata dedicata al VII Hills Gin con masterclass e special guest Federico Leone

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Vicenza al centro del buon bere di qualità, Lunedì 24 Febbraio 2020, grazie al barman e giramondo romano Federico Leone, global brand ambassador del VII Hills Italian Dry Gin.

Un viaggio per parlare del Bel Paese, delle nostre tradizioni, abitudini e passioni, che nel 2014 si trasformano in un coraggioso progetto: riportare nella nostra cultura il Gin, con un sapore tutto italiano.

Alle ore 15:00 Leone terrà una masterclass a ingresso gratuito – fino a esaurimento posti – alla corte di Giacomo Diamante, presso il cocktail bar ENJOY! Artigiani del Bere, in via Carlo Cattaneo, 19 (per informazioni: 3462600559), per il racconto, nella forma del case-history, dell’eccellenza del gin italiano VII Hills, distribuito da Pallini e ispirato fin dal nome dalla città di Roma e dai suoi Sette Colli.

Federico Leone, che si divide tra Roma, Rio De Janeiro e Formentera, dopo diciotto anni passati dietro il bancone del bar, presenterà due ospiti d’eccezione, due barman che hanno dettato le nuove regole del bere di qualità a Napoli, diventando punti di riferimento assoluti delle serate nel capoluogo campano. Con Carmine Angelone de La Fesseria e con Riccardo Russo del DopoTeatro – Intrattenimento e Miscele, si racconterà l’Italia in un bicchiere, il rapporto dei due bar con il VII Hills Gin, il suo utilizzo nelle proprie drink list e il sempre crescente successo di questo gin dai sapori romani nella miscelazione.

Si tratteranno, nello specifico, le composizioni del gin in questione, le botaniche utilizzate, la storia del gin italiano e le tradizioni del made in Italy. Si farà il punto sull’etica, estetica e modalità della convivialità moderna, del momento dell’aperitivo, delle eccellenze italiane. Un evento che fa parte del VII Hills Tour, che dal Gennaio scorso ha già toccato città come Pescara e Genova e che prossimamente vedrà protagoniste, tra le altre, Milano (26 Febbraio al The Botanical Club), Bologna (in Marzo al Bamboo) e Roma (6 Marzo alla Latteria Garbatella).

Quindi, a partire dalle ore 18:00, sempre presso ENJOY!, una grande serata dedicata alla miscelazione e al bere made in Italy, con i drink dei tre barman ospiti che in veste di special guest proporranno cocktail a base VII Hills Gin, dai classici alle rivisitazioni, alle invenzioni stesse del bartender romano e dei due partenopei.

Al costo di 8 euro a drink, ecco i sette cocktail che saranno proposti durante la serata: Salad Fizz (VII Hills Italian Dry Gin, Salt Celery Cordial, succo di limone, Sirene Bitter Mediterraneo e soda), Janara (VII Hills Italian Dry Gin, succo di limone, sciroppo di zucchero, Liquore Strega, basilico e Peychaud bitter), Faccia Gialla (VII Hills Italian Dry Gin, succo di limone, miele e Chartreuse giallo), Malèna (VII Hills Italian Dry Gin, mandorla, lime, cetriolo e angostura), Italian Negroni (VII Hills Italian Dry Gin, Italian Bitter, Vermouth rosso italiano, bitter d’arancia), Caffè Corretto (VII Hills Italian Dry Gin, caffè espresso, liquore al caffè, zucchero e Mistrà Pallini) e VII Tonic (VII Hills Italian Dry Gin, Schweppes Tonic e Celery Bitter).

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Andrea Lutri presenta la raccolta in versi “Poesie”

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Il Taccuino Ufficio Stampa

Presenta

 

Poesie di Andrea Lutri

Lo scrittore e avvocato romano Andrea Lutri presenta “Poesie”, una raccolta in versi in cui si dipinge con pennellate dai colori accesi e vibranti un intimo ritratto della natura umana. L’autore guarda all’amore con eguale dose di disincanto ed esaltazione, e non dimentica di osservare la caducità dell’esistenza e di celebrare, seppur con malinconia, il tramonto e la notte della vita umana. Una raccolta poetica semplice e diretta, così come lo è il titolo dell’opera.

Titolo: Poesie

Autore: Andrea Lutri

Genere: Raccolta poetica

Casa Editrice: Controluna

Pagine: 80

Prezzo: 9,90 €

Codice ISBN: 978-88-8579-186-2

 

«E scoprirai che l’orizzonte non ha terra, non ha volto, non ha paesaggi che ti possa offrire. È lì, per farti sognare […]».

 

Poesie di Andrea Lutri è una raccolta in versi che parla d’amore e di perdita, di vita e di morte, e di tutto ciò che c’è nel mezzo. A volte l’autore si mostra creatura indifesa di fronte all’amore romantico, per poi trasformarsi in un acuto osservatore della sua fine, che analizza con logica e pragmatismo. Lutri narra di amori incandescenti, e alla donna amata dice: “tu non sei il paradiso, sei l’inferno che brucia di passione”; in altri versi espone invece la lucida consapevolezza della non eternità del rapporto amoroso, della pericolosità di un gioco serio dove “il croupier è un baro”. Il tema dell’amore apre la raccolta e mostra la parte in luce di un’opera che non ha timore di svelare anche il lato oscuro dell’esistenza, quello fatto di sofferenza, di vecchiaia e di morte. E se in apertura c’è la vita, la giovinezza e la passione, scorrendo le pagine si scoprono odi alla notte e alla morte, e riflessioni sulla difficoltà del vivere, sugli affanni di un uomo che non riposa mai: “siamo nati per faticare di giorno e pensare di notte. Le menti illuminate si destano sveglie”. Una dissezione dei sentimenti è Poesie, i cui versi sono radicati profondamente nella realtà e nel vivere quotidiano: versi che a volte sono impalpabili e sfuggenti, mentre in altre occasioni sono racconti vividi e concreti; liriche commoventi e introspettive si alternano a poesie in romanesco, dirette e viscerali. Andrea Lutri narra con delicatezza della dignità e insieme della paura con le quali si osserva lo scorrere degli anni sotto i nostri occhi, impreparati alla fine che inevitabilmente arriva per tutti, sempre stupiti di fronte all’incombenza della notte: “troppe volte ho lasciato che il tempo corresse via portando con sé brandelli della mia vita”. La dolcezza della gioventù e la spietatezza della vecchiaia, due fasi fondamentali della vita umana che l’autore sembra paragonare alla guerra, con il suo carico di coraggio e di perdite, di resilienza e di sconfitte, in cui a volte non si riesce a distinguere i vincitori dai vinti.

 

TRAMA. Una raccolta di poesie che hanno come filo conduttore tutte le fasi della vita dell’uomo; i versi di Andrea Lutri ne scandagliano ogni momento: la nascita, la crescita, l’amore, la sofferenza e, infine, la morte.

 

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BIOGRAFIA. Andrea Lutri è nato a Roma nel 1975. È un avvocato, Presidente dell’Associazione APL (Avvocati Per il Lavoro) e coordinatore editoriale della rivista telematica «Giustizia del Lavoro a Roma e nel Lazio». È coautore del libro “Il Jobs act. Tutte le novità del Governo Renzi in materia di lavoro” (La Tribuna, 2015). Nel 2019 pubblica per la casa editrice Controluna l’opera “Poesie”.

 

 

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Marina Balbo presenta l’opera “Cibo amico, cibo nemico. Un interminabile conflitto. EMDR: la soluzione possibile”

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Il Taccuino Ufficio Stampa

Presenta

 

Cibo amico, cibo nemico di Marina Balbo

Marina Balbo presenta “Cibo amico, cibo nemico. Un interminabile conflitto. EMDR: la soluzione possibile”, in cui tratta, grazie alla sua pluridecennale esperienza medica nel campo dei disturbi dell’alimentazione, tutti quegli aspetti riguardanti il mondo dell’alimentazione e lo fa in modo chiaro e completo, riuscendo a rispondere a tutti quei “perché” che riguardano lo sviluppo delle diverse patologie e a quei “come” questi fattori possono essere identificati, gestiti e curati.

Titolo: Cibo amico, cibo nemico. Un interminabile conflitto. EMDR: la soluzione possibile.

Autore: Marina Balbo

Genere: Psicologia e Scienze dell’Educazione

Casa Editrice: Mimesis

Pagine: 163

Prezzo: 14,00 €

Codice ISBN: 9788857560359

 

«La desiderabilità sociale, soprattutto delle donne, è diventata il criterio attraverso cui accettarsi o sentirsi inadeguati (Miller, 2019) e tutto ciò che va oltre la semplice apparenza diventa superfluo. Si tende a giudicare l’altro non per le qualità interiori, ma sulla base della fisicità. […]».

Il libro di Marina Balbo, Cibo amico, cibo nemico. Un interminabile conflitto. EMDR: la soluzione possibile, edito da Mimesis, è il frutto del lavoro che l’autrice compie da più di vent’anni, un impegno costante per lo studio e la lotta ai disturbi alimentari. Con questo volume, Marina Balbo vuole raggiungere un pubblico vasto, al fine di mettere a disposizione di tutti la sua esperienza e per far comprendere i rischi di una scorretta alimentazione. Non si tratta però di un libro che parla di diete, ma è qualcosa di più importante, poiché l’autrice indaga innanzitutto le cause della disfunzione alimentare e fornisce uno strumento di autoaiuto per tutti coloro che soffrono di disturbi alimentari. La sua lunga esperienza ha permesso la definizione di un trattamento, l’EMDR, ovvero Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari, particolarmente indicato per curare soggetti con disturbi alimentari causati da traumi. Il trattamento proposto da Marina Balbo ha ricevuto il riconoscimento dell’ambito scientifico e si prefigura come lo strumento migliore per la cura di questi disturbi, ma prima di approdare al trattamento, l’autrice compie un vero e proprio excursus storico sui disturbi alimentari e su come essi siano cambiati nel tempo, divenendo sempre più complessi e gravi. In una società in cui domina il modello perfetto di fisicità, in cui la donna, in particolar modo, è il soggetto più bombardato da immagini di bellezza, si è riscontrato un aumento di questi disturbi, causati da scarsa autostima, ma anche da stress e fattori traumatici. Marina Balbo, con questo libro, ha saputo spiegarci, grazie ad uno stile chiaro e accessibile anche ai non addetti ai lavori, tutti gli aspetti, positivi e negativi, riguardanti il mondo dell’alimentazione e lo fa in modo semplice ed esaustivo. Inoltre, l’autrice riporta esempi concreti, le diagnosi, i disturbi e le ricerche più importanti sull’argomento, con un vero e proprio focus sulla realtà psicologica delle persone che presentavano tali problematiche. L’ultima parte del libro è, invece, rivolta ai terapeuti. Marina Balbo propone una guida pratica per gli specialisti della materia, in modo da inserire questo trattamento nelle loro pratiche cliniche. Il libro è anticipato da una prefazione di Isabel Fernandez, in cui scrive: «il trattamento con EMDR è stato riconosciuto in tutto il mondo come una psicoterapia evidence-based per il disturbo postraumatico da stress sulla base di oltre 44 studi controllati e randomizzati. Una delle caratteristiche più importanti di questo libro è la descrizione dell’approccio EMDR e di come possa essere adattato alle disfunzioni in campo alimentare, dato che lo stress relazionale e la traumatizzazione sono dei riconosciuti fattori di rischio per i disturbi alimentari». Questo volume, dunque, si prefigura come uno strumento efficace sia per i pazienti che per i terapeuti e gli specialisti dell’alimentazione.

 

TRAMA. Un difficile rapporto con il cibo è presente non solo tra gli adolescenti ma anche negli adulti. Spesso è il sintomo di un dolore profondo che nasce da problematiche di controllo, bassa autostima, colpa e vergogna, che possono provenire da eventi critici o traumatici vissuti nel corso della vita o in giovane età. Questo libro ha l’obiettivo di aiutare il lettore a comprendere il difficile rapporto con il cibo e le cause sottostanti ai sintomi che lo mantengono. L’autrice propone il testo come un kit di attrezzi di base con gli elementi essenziali per aumentare la conoscenza, la consapevolezza, la motivazione nonché il percorso migliore per trovare una soluzione definitiva con la psicoterapia EMDR. L’EMDR (desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un trattamento psicoterapeutico validato da più ricerche. Particolarmente indicato nella cura dei traumi, l’EMDR è un approccio complesso e globale non solo per rielaborare i traumi del passato ma anche per potenziare le risorse individuali e l’autostima efficaci per risolvere i sintomi, spesso cronici, dei disturbi alimentari.

 

BIOGRAFIA. Marina Balbo è direttore del Centro di psicoterapia EMDR di Asti, in cui svolge l’attività di psicoterapeuta. Nell’ambito dell’Associazione Italiana per l’EMDR è socio fondatore, vicepresidente del Consiglio Direttivo Nazionale, supervisore e co-trainer. E’ co-autore di numerose ricerche scientifiche, docente e supervisore AIAMC. Con McGraw-Hill ha pubblicato EMDR: uno strumento di dialogo tra le psicoterapie, con Giunti EMDR e Disturbi dell’Alimentazione. Tra passato, presente e futuro.

 

 

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CASA EDITRICE. La casa editrice Mimesis nasce come associazione culturale nel 1987, su iniziativa di Pierre Dalla Vigna, con lo scopo di raccogliere e diffondere le idee che animano la riflessione italiana ed europea. Nel 2006 Luca Taddio affianca Pierre Dalla Vigna nella direzione editoriale e nella nuova compagine sociale. Assieme danno vita a MIM edizioni srl, attuale detentrice del marchio “Mimesis”. Pur mantenendo la sua attitudine filosofica, Mimesis espande presto i confini dei propri interessi alle scienze umane e alla letteratura. Lo stretto rapporto con il mondo universitario e la costante esplorazione di nuovi ambiti d’indagine hanno garantito alla casa editrice un catalogo sempre più vasto: 4.000 titoli, una programmazione di 300 novità all’anno organizzate in 140 collane, e sottoposte alla valutazione dei direttori e dei comitati scientifici, con oltre 6000 docenti coinvolti nei diversi comitati e una trentina di riviste. Oltre a garantire una produzione editoriale di valore scientifico, la vocazione di Mimesis per il pensiero libero e indipendente si esprime anche attraverso la più completa autonomia dei propri autori. Oggi il Gruppo Mimesis riunisce realtà culturali diverse: sul versante italiano fanno parte del Gruppo la casa editrice Jouvence, dedita alla storia, alla letteratura e alla riflessione interculturale e la casa editrice Meltemi Srl da poco rinata con un catalogo dedicato in particolare all’antropologia, sociologia e nuovi media. Sul piano internazionale ci sono Editions Mimesis e Mimesis International, attive rispettivamente sul mercato francese e anglosassone (UK/ USA). Mimesis Verlag è invece il nuovo marchio pensato per il mercato editoriale di lingua tedesca. Il Gruppo si caratterizza e concretizza all’interno di un progetto europeo di programmazione editoriale in particolare nel settore umanistico in stretta collaborazione con i principali centri di ricerca universitari. Sempre in questo spirito europeo, nel 2015 Mimesis ha inaugurato una nuova sezione dedicata alla progettazione europea, MIM EU, pensata per accogliere gli stimoli della realtà socio-economica odierna, sempre più dinamica e globale. Dalla sua nascita, Mimesis ha vinto due progetti europei dedicati alla letteratura. L’offerta culturale della casa editrice comprende la piattaforma Scenari, settimanale online dedicato all’approfondimento di temi politici, economici e culturali.

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In blu-ray il thriller informatico The net – Intrappolata nella rete, con Sandra Bullock

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Verso la metà degli anni Novanta la carriera di Sandra Bullock stava andando incontro a conferme, dopo che aveva preso parte a ruoli secondari, tra l’altro, in Demolition man e partecipato a successi di grande presa quali Speed e Un amore tutto suo.

Nel 1995 fu il grande produttore Irwin Winkler (premio Oscar per Rocky) a darle un’ulteriore spinta, coinvolgendola nella sua terza regia, un thriller dalla lungimirante trama e ambientato tra le insidie del mondo del web, che all’epoca cominciava  a farsi strada.

The net – Intrappolata nella rete è, quindi, un lungometraggio che racconta il calvario di una esperta informatica, Angela Bennett (Bullock), la quale lavora come cacciatrice di virus nei sistemi computerizzati poco protetti. Un giorno s’imbatte in un dischetto misterioso contenente alcuni codici segreti capaci di aprire le porte ad ogni sistema nella rete.

Inconscia del pericolo che sta correndo, la ragazza viene presto braccata da alcuni uomini male intenzionati, i quali la vogliono morta se non riescono ad ottenere ciò che vogliono. Quindi, non le resta altro che fuggire via, in cerca disperata di una via di salvezza.

A cavallo della rivoluzione tecnologica che si stava vivendo verso la metà degli anni Novanta, The net – Intrappolata nella rete inscena una vicenda aggiornata ai tempi di allora e costruisce in maniera convincente la tensione su un argomento che scavalca la fantasia, miscelando plot sfruttati in thriller realistici quali I tre giorni del condor e Il maratoneta con un contesto alla War games – Giochi di guerra.

E, contando sulla bravura di una Bullock in erba e facendo tesoro delle lezioni di cinema che Alfred Hitchock aveva impartito tramite Intrigo internazionale, riesce ad aggiungere un ulteriore tassello fondamentale nel cinema della suspense.

The net – Intrappolata nella rete prende lo spettatore per la gola, ponendolo al fianco della vessata protagonista nella lunga fuga e uniformando uno script – a firma dei Michael Ferris e John Brancato di Terminator Salvation e Il mondo dei replicanti – basato sullo scontro emotivo tra (pochi) buoni e (molti) cattivi, in cui la Bullock ha modo di confrontarsi con la spietata legge immorale di killer professionisti e con altri interpreti come Jeremy Northam e Dennis Miller.

Un piccolo classico che ha avuto l’arguzia e la lungimiranza di trattare una importante tematica al momento della sua nascita, ovvero quella della violazione della privacy tramite internet, portandola ad un livello thriller meno lontano dalla realtà di ciò che allora si poteva pensare.

Edito in blu-ray da Sony pictures Home Entertainment, in collaborazione con CG Entertainment (www.cgentertainment.it), il supporto offre inoltre una sezione extra rappresentata dai due estratti Speciale HBO – Dietro le quinte del film, di venti minuti, e Filmato – Dalla sceneggiatura al grande schermo, che ne dura diciannove.

 

 

Mirko Lomuscio

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Ursula Strauss riceverà il Gran Diagonale Schauspielpreis 2020

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In occasione dell’apertura del festival il 24 Marzo, la Diagonale ’20 assegnerà per il tredicesimo anno consecutivo il Gran Diagonale-Schauspielpreis per i contributi alla cultura cinematografica austriaca. La Diagonale è lieta di annunciare che quest’anno il premio verrà assegnato a Ursula Strauss. L’attrice teatrale, cinematografica e televisiva riceverà personalmente il riconoscimento – un’opera d’arte di Daniel Spoerri – a Graz.

Con il Gran Diagonale-Schauspielpreis per i contributi alla cultura cinematografica austriaca, la Diagonale rende omaggio a Ursula Strauss per il suo lavoro estremamente coerente e diversificato. “Con la sua riservata presenza, Ursula Strauss crea figure emotive, autentiche e divertenti fatte di carne e sangue che toccano, emozionano e lasciano tracce. Da quasi vent’anni è una costante indispensabile nel cinema austriaco. Apparentemente senza sforzo, crea persone con cui il pubblico può identificarsi. È un grande piacere per noi onorarla con questo meraviglioso premio “, ha dichiarato la giuria in una prima dichiarazione sul Gran Diagonale-Schauspielpreis 2020.

Il Gran Diagonale-Schauspielpreis è il terzo riconoscimento per Ursula Strauss ottenuto presso la Diagonale. Nel 2008 ha ricevuto per la prima volta il Diagonale-Schauspielpreis per la sua interpretazione nel film drammatico candidato all’Oscar Revanche – Ti ucciderò (D: Götz Spielman, AT 2008), in cui ha brillato accanto a Johannes Krisch, Andreas Lust e Hanno Pöschl. “Non potevamo non notare questa straordinaria interprete. È in tre film [Half a Life (Dir: Nikolaus Leytner, AT / DE 2008), Illness of youth (Dir: Andrina Mracnikar, Peter Brunner, Karl Bretschneider, Henning Backhaus, Stefan Brunner, AT 2007) e anche Revenche, dove offre aspetti molto diversi. Con pochi gesti, poche frasi o un movimento della testa, riesce a rappresentare in modo impressionante ogni giovane donna. […] In particolare, uno dei momenti di questo film è stato particolarmente significativo per noi membri della giuria: quando sembra dare alla storia una nuova direzione con una breve frase – forzando una svolta sorprendente – improvvisamente trasformando il suo personaggio in una donna che agisce attivamente “, ha affermato la giuria del 2008 in relazione al riconoscimento dell’attrice austriaca in un film in competizione alla Diagonale.

Per il suo ruolo nel film di Mirjam Unger Maikäfer flieg! (AT 2016), tratto dal romanzo omonimo di Christine Nöstlinger e che ha aperto Diagonale ’16, Ursula Strauss è stata nuovamente insignita del Diagonale-Schauspielpreis. “Ursula Strauss interpreta la madre risoluta. così naturale che non percepisci nemmeno il fatto che stia recitando. Si fonde in questo ruolo in modo tale da farci dimenticare tutto il resto. La sua fisicità e il suo linguaggio si fanno parte di noi. La meticolosa preparazione per questo ruolo può essere sottovalutata. È un’alta recitazione con un’enorme leggerezza e precisione “, ha dichiarato la giuria nel 2016.

Ursula Strauss è nata a Melk, nella Bassa Austria nel 1974. Dopo la laurea, si trasferisce a Vienna e frequenta la scuola di recitazione al Volkstheater. Questo è stato seguito da impegni teatrali su palcoscenici famosi come il Theater in der Josefstadt, l’Ensemble Theatre e il Volkstheater di Vienna. Ursula Strauss ha interpretato i suoi primi ruoli importanti in Free Radicals di Barbara Albert (AT 2003) e due anni dopo in Crash Test Dummies di Jörg Kalts (AT 2005). La sceneggiatura del film è stata premiata con il Thomas Pluch Screenplay Award nel 2005 nel corso della Diagonale. Altre produzioni pluripremiate in cui la Strauss è stata coinvolta sono il film drammatico Fallen, che vede protagoniste cinque donne (Dir: Barbara Albert, AT 2006), che è stato presentato a Venezia nel 2006 e nel noir Revanche – Ti ucciderò (Dir: Götz Spielman, AT 2008). Quest’ultimo è stato presentato alla Berlinale nel 2008 ed è stato nominato per l’Oscar al Miglior Film Straniero nel 2009. Entrambe le opere sono state rappresentate alla Diagonale, così come nel 2011 Vielleicht in einem anderen Welt (regia: Elisabeth Scharang, AT / HU / DE 2010), sempre con Ursula Strauss. Il film Michael (Dir: Markus Schleinzer, AT 2011) racconta l’adempimento e il fallimento dell’esercizio di sottomissione da parte di un adulto su un bambino, in cui Ursula Strauss ha svolto un ruolo secondario. Il film di Schleinzer ha partecipato al concorso al Festival di Cannes 2011 e ha ricevuto cinque premi alla Diagonale 2012. Nel dramma familiare October/November (Dir: Götz Spielmann, AT 2013), la Strauss ha interpretato il ruolo di una di due sorelle che devono fare i conti con l’avvicinarsi della morte del padre. Il film è stato proiettato alla Diagonale 2014. Un altro dramma familiare è stato interpretato da Ursula Strauss nel 2015: Mein Fleisch und Blut (AT 2016) di Michael Ramsauer. Questo è stato seguito dal film d’apertura di Diagonale ’16, Maikäfer flieg!.

La grande svolta televisiva è arrivata per Ursula Strauss con il ruolo del commissario Angelika Schnell in Schnell Ermittelt. La serie è diventata rapidamente una delle serie di maggior successo della ORF e Ursula Strauss è diventata una delle attrici preferite dal pubblico. Nel 2016, suo era il personaggio di Anna Sacher nella serie televisiva in due parti Das Sacher, diretta da Robert Dornhelm. La Strauss ha preso parte alla settima stagione, nel 2019, del telefilm tedesco Le Prince di Lisa Bierwirth. Nel corso della sua carriera televisiva, Ursula Strauss ha lavorato con registi come Wolfgang Murnberger, Andreas Prochaska, Nikolaus Leytner, Martin Weinhart, Lars Becker e Stefan Krohmer, prendendo anche parte alle due mini serie ORF Aufschneider e Altes Geld insieme a David Schalko. Nella nuova serie di intrattenimento ORF Wischen ist Macht, l’amatissima Strauss e la sua impresa di pulizia causano letteralmente il caos. La prima messa in onda ha avuto luogo nel gennaio 2020.

Ursula Strauss, cresciuta nella Bassa Austria, è quattro volte vincitore del premio Romy. Nel 2012 ha ricevuto l’Österreichischen Filmpreis. Al Festival di Biarritz, è stata premiata con la FIPA d’Oro come migliore attrice nel 2018. Nell’estate 2018, la Strauss ha interpretato Brunhild nella premiere di Siegfrieds Erben al Worms Festival e gli è stato assegnato il Premio Mario Adorf.

Insieme a Stefan Ruzowitzky, Ursula Strauss è presidente dell’Austrian Film Academy dal 2013. L’accademia, fondata nel 2009, si è posta il compito di promuovere e onorare i successi dell’industria cinematografica nazionale e di contribuire ai suoi progetti futuri. Ma non è solo questo il ruolo che Ursula Strauss ricopre con onorevole impegno. Non è insolito che la stessa utilizzi le luci della ribalta per attirare l’attenzione di un vasto pubblico su questioni riguardanti la politica culturale e sociale. La sua lotta per portare l’arte e la cultura nelle regioni è il simbolo del suo ampio rispetto della società. Dal 2012 Ursula Strauss organizza il festival Wachau in Echtzeit, a Melk, sua città natale.

Il vincitore del Gran Diagonale-Schauspielpreis 2020 riceverà un oggetto d’arte, progettato e donato da Daniel Spoerri. In This Movie is a Gift (AT 2019), il ritratto di Daniel Spoerri realizzato da Anja Salomonowitz può essere visto anche all’interno del programma della Diagonale ’20.

Daniel Spoerri ha raggiunto la fama mondiale con i suoi dipinti creati con oggetti di uso comune. Con l’idea di montare scene da pranzo o altre situazioni quotidiane che si trovano sui piani dei tavoli, si collega alla tradizione di Duchamp e dei suoi Objets trouvés e trasforma gli oggetti trovati in oggetti d’arte. Spoerri ha galvanizzato una scarpa per bambini per il Gran Diagonale-Schauspielpreis di quest’anno.

Giuria del Gran Diagonale-Schauspielpreis 2020:

Ute Baumhackl (Capo del dipartimento Cultura e media, Kleine Zeitung)
Gerti Drassl (attrice, rappresentante di VdFS)
Christian Konrad (Caporedattore, ORF)
Gregor Schmidinger (regista)
Eva Spreitzhofer (regista, sceneggiatrice e attrice)

Il Gran Diagonale-Schauspielpreis 2020 sarà assegnato a Ursula Strauss durante l’apertura della Diagonale il 24 marzo alle 19.30 nella Helmut List Halle a Graz.

Vincitori precedenti del Gran Diagonale-Schauspielpreis:

Birgit Minichmayr (2019), Ingrid Burkhard (2018), Johannes Krisch (2017), Erni Mangold (2016), Tobias Moretti (2015), Georg Friedrich (2014), Maria Hofstätter (2013), Johannes Silberschneider (2012), Senta Berger (2011), Klaus Maria Brandauer (2010), Josef Hader (2009), Karl Markovics (2008)

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Veronica Vaccaro: vivo la vita con il sorriso

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Amici di Mondospettacolo, oggi il vostro direttore è andato ad intervistare Veronica Vaccaro, la fotomodella/attrice torinese super inviata del programma in onda su GRP TV “Appuntamento al buio e poi..” 

Ciao Veronica, benvenuta su Mondospettacolo e complimenti per il tuo sorriso coinvolgente, come stai innanzitutto?

Ciao Alex, è un piacere essere ospite del tuo portale e grazie per l’opportunità, sto benissimo grazie.

Veronica, come è nata la tua passione per lo spettacolo?

Caro Alex è nata dalla passione che ho sempre avuto per il cinema, e per tutto quello che circonda quel mondo, dai dietro le quinte, alle sceneggiature  ecc. ecc. inoltre questa mia passione, mi ha anche aiutata ad uscire fuori dal guscio, perché quando ero piccolina ero molto timida.

Parlami delle tue esperienze nel mondo dello spettacolo.

Come modella, sono stata la protagonista di una pubblicità fotografica di caffè ( Torrefazione Alpina). Come attrice/ballerina, ho partecipato al Videoclip Musicale  di Andrea Grosso ( Desnuda )

e poi è uscito proprio in queste ore e te lo mostro in anteprima, il Videoclip Musicale (Dear Dad) di Ivan Pascal Sella e Alessandro Campagna dove mi vedrai come coprotagonista.

Parliamo di Appuntamento al buio (n.d.r la incontrerei volentieri), raccontami un po’ quale è il tuo ruolo in questa trasmissione.

Sono inviata speciale come cupida dell’amore, vado in cerca di potenziali innamorati e li intervisto.

Che scuola stai facendo in relazione alla tua carriera di attrice?

Sto frequentando un corso di cinema qui a Torino, precedentemente ho già fatto 4 anni di studi di teatro che mi hanno portata sui palcoscenici di alcuni teatri torinesi.

Sei anche molto brava a posare, raccontami un po’.

Grazie per il complimento, per questo devo ringraziare un fotografo che ha creduto in me “Maurizio Scaglia” che mi ha insegnato tanto dandomi anche qualche dritta su come posare.

Che cosa si aspetta Veronica Vaccaro dal futuro?

Mi aspetto una crescita personale e poi vorrei aprire il mio cassetto zeppo di sogni per farli diventare realtà, ma  sono scaramantica e al momento non ti dico ancora nulla, ma ti prometto che nella prossima intervista ci sarà una sorpresa.

Veronica a nome mio e di tutta la mia redazione, ti rinnovo i miei complimenti e ti auguro di realizzare i tuoi sogni, noi di Mondospettacolo li racconteremo per te.

Grazie Alex, un saluto a te e a tutti coloro che hanno letto la nostra intervista.

Alex Cunsolo

Le foto del servizio sono di: Nadia Novelli, Vittoria Barban, Maurizio Scaglia, Domenico Persichella. Il trucco del cigno è stato creato dalla MUA Ylenia Moiso

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Folkabbestia: parlando di “Fricchettoni” moderni

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Parliamo di bellezza con i FOLKABBESTIA, forse una delle più belle e preziose realtà del kombat folk di radice irlandese della Puglia… di sicuro una delle principali in Italia oltre ai grandi pilastri che sono i Modena City Ramblers o Bandabardò… realtà queste che oggi ritroviamo assieme ai nostri a restituire nuova voce e nuova bellezza al quel grande successo del ’98 che è stato “U Frikettone”. Parliamo di bellezza che significa, tra le righe di quel che sento dentro questo nuovo disco, semplicità quotidiana e popolo di ogni giorno, facendo incetta colorata delle tante derive di stile che naturalmente confluiscono ormai da ogni dove. E non è un caso che si passa dal pop rionale alle trame balcaniche con la stessa coerenza con cui per strada si incontrano etnie di ogni mondo. Si intitola “Il Fricchettone 2.0” il nuovo disco dei Folkabbestia dove troviamo anche 6 nuove scritture oltre al re-style di “U Fricchettone”, scritture che restano kombattive e socialmente schierate, sempre colorate dal quel certo modo leggero e ricco di aria popolare e, perché no, ironico in una certa maniera. Parliamo di bellezza… per quanto la vita stessa degli uomini è di suo una grande bellezza. E la canzone dei Folkabbestia l’ha sempre saputa celebrare…

Noi parliamo di bellezza ragazzi. Quella sfacciata ma anche quella da inseguire dietro un concetto. Per voi cosa significa bellezza? Cos’è?
Questa è una domanda da “Breve saggio filosofico sul senso della vita”, citando il titolo di un nostro brano… Bellezza nell’ambito della musica e della canzone, che è quello che facciamo, credo sia rispettare alcune proporzioni, avere una intuizione con la fantasia e svilupparla con la ragione, cercare di ispirarsi ai grandi del passato con lo sguardo aperto al presente, non seguire rigidamente le mode del momento, attingere dalla grande tradizione della musica dei popoli del mondo. E per concludere citerei per intero il verso di una nostra canzone, in quanto nel nostro concetto di bellezza l’ironia ha un ruolo importante: …Sicuramente anche Cartesio un giorno si sarà ubriacato, e a Rosa Luxemburg piaceva far l’amore per amore. Persino Freud andava matto per i seni prosperosi anche Petrarca il celestiale ha fatto aria dal sedere…

La bellezza come riscontro estetico di qualcosa… che peso ha nella realizzazione di un brano?
Le nostre canzoni nascono dagli incontri che facciamo lungo le vie del folk, dagli stati d’animo che proviamo e cerchiamo di trasmettere, dalla nostra visione del mondo che vorremmo più giusto e libero, dalla nostra cultura e dall’incontro con le altre tradizioni, dalla musica che ascoltiamo oggi e che abbiamo ascoltato nel passato, se poi una canzone trasmette un’emozione vuol dire che è “bella” se non lo fa… peccato sarà per la prossima…

Che poi, guardando anche il vostro nuovo video di “Il fricchettone 2.0” si insegue anche un concetto di bellezza visiva. Un video di animazione… anche questo è parte integrante dell’opera secondo voi?
Abbiamo curato con molta attenzione la realizzazione del video di lancio del disco. Il video è stato scritto da Lorenzo Mannarini per la regia di Andrea Larosa/Lucerna Films. Executive Producer: Beppe Platania. Le animazioni del video e l’immagine di copertina sono del bravissimo disegnatore Etienne Visora.
L’idea di base è che il fricchettone 2.0 viene proiettato nel futuro. Nel video e nella copertina il fricchettone 2.0 diventa un cosmonauta con dred incollati sul casco che a bordo della sua nave spaziale sgangherata, modello pulmino Wolkswagen anni ‘ 60, con bandiera della pace e adesivi di Bob Marley e Che Guevara incollati sulla tuta, compie mille avventure nello spazio, su altri pianeti, il pianeta Woodstock 69 o il pianeta Stratocaster 56… Alla fine il cosmofreak con i capelli bianchi torna sul pianeta terra, dai suoi anziani genitori, che lo accolgono a braccia aperte, un po’ commossi e gli offrono un’antica e buona tazza di te…

In generale dunque, nella vita di oggi, il contenuto in se, il vero cuore di qualcosa, basta a se stesso o ha bisogno di bellezza per esistere?
Viviamo nel mondo digitale di internet e siamo sommersi dai social e dalla musica trap. Purtroppo la società sta subendo una lenta decadenza culturale, basta vedere cosa c’era in classifica tra la fine degli anni sessanta e gli inizi dei settanta e oggi… I Beatles nei loro album pop di successo inserivano Stockhausen e la musica colta contemporanea, oggi non è più così, c’è una divisione netta tra musica di consumo, usa e getta e musica cosiddetta d’arte, questo divario dovrebbe essere colmato ma purtroppo siamo in discesa e la risalita è difficile…

Veniamo al folk. Un concetto, un modo di vivere più che un genere di musica. Oggi che vita sta avendo? Buona salute o sta soffrendo? Certo sono passati gli anni ’90 delle Osterie…
Il folk rock che negli anni novanta ha avuto il suo momento d’oro in Italia, ora sta attraversando un momento difficile, i ragazzi ascoltano sempre meno questo genere musicale. Certamente la musica di ispirazione folk e popolare deve rinnovarsi, mischiandosi ed interagendo con altri generi, altri strumenti, innovazioni tecnologiche e di stile, ma del resto lo ha sempre fatto… fa parte del suo DNA e citando il verso di una nostra canzone, “… sono dolcissime e infinite le vie del folk, sono santissime e maledette le vie del folk…”. Long live folk and roll!!

A chiudere… al folk irlandese e un po’ a tutta quella fascia di musica restituiamo un concetto di impegno politico. Questo nuovo disco invece deraglia su temi più leggeri. Che ci dite in merito?
Non credo che sia così. Le cose importanti le abbiamo sempre dette e cantate con ironia e leggerezza, non abbiamo mai avuto un piglio particolarmente combattivo ma sempre un po’ scherzoso e scanzonato. In questo album ci sono molte canzoni con tematiche sociali e politiche. Nella canzone “Un giorno di festa” gli ideali sono quelli della Rivolta di Pasqua del 1916 quando il popolo irlandese si ribellò all’oppressione dell’invasore inglese. La libertà non è un regalo bisogna guadagnarsela. Con “Lo facciamo per voi” prendiamo le difese degli ulivi, che sono patrimonio fondamentale del paesaggio, della storia e della cultura pugliese. La campagna salentina viene paragonata alla foresta amazzonica e gli agricoltori sono dei novelli Chico Mendes che lottano e si oppongono al disboscamento e all’abbattimento del loro bene più caro. Nella canzone “S’agapò” l’amore per una donna è l’unica speranza, la sola scialuppa di salvataggio contro la disoccupazione e la crisi economica. E citando la canzone contenuta nell’album “Il sole in inverno” …La rivoluzione cammina molto piano e viaggia con il passo misterioso del destino, gli uomini cambiano, ma i pensieri non si fermano e continuano e arrivano lontano…

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Le Fotomodelle di Mondospettacolo: Alessia De Laurentiis

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Amici di Mondospettacolo, oggi intervisterò per voi la fotomodella  “Alessia De Laurentiis”

Come e quando è nata la tua passione per la moda/fotografia?

Sono sempre stata attratta dalle foto delle modelle che vedevo su “velevet”, ogni settimana compravo la rivista quando usciva in edicola. Avevo circa 12 anni.  A 18 anni ho avuto il piacere di posare per la prima volta per un fotografo amico di amici. E da lì, non mi sono più fermata.

Il servizio fotografico/la sfilata che ricordi con più piacere?

Il servizio fotografico che ho fatto con più piacere è stato quello svolto per il fotografo Marco Suriani, è stato il primo a catturare la mia vera essenza. La sfilata che mi ha entusiasmata di più, sicuramente perché la prima, è stata quella fatta a Torre dell’orso durante un concorso di bellezza. Siamo state preparate e guidate da Matteo Giua, un grande coreografo a mio avviso.

Foto di https://www.instagram.com/therikart

 Come è stata la tua prima volta sul set?

La mia prima volta sul set ero “un’ accompagnatrice”.  Il mio fidanzato stava facendo delle riprese per un cortometraggio con un famoso attore italiano e mi ha chiesto di andare con lui.  È stata un’esperienza meravigliosa.

Foto di https://www.instagram.com/therikart

Il mondo della fotografia  è così come te lo aspettavi?

Ho l’abitudine di non crearmi mai aspettative, di modo tale, che tutto quello che viene, sia una sorpresa.

Ti definisci più bambola o più pantera?

Nessuna delle due. Sono una donna con i piedi per terra, tenace, caparbia, indipendente. Mi sento più una guerriera sul campo di battaglia.

La parte di te stessa che ti piace di più e quella che ti piace di meno.

Come detto in altre interviste, ho un ottimo rapporto con le mie fattezze. Non c’è una parte che preferisco all’altra, nel complesso non cambierei nulla. Ma quattro o cinque centimetri in più non li disdegnerei.

Che cosa significa Alessia De Laurentiis l’essere sensuali?

La sensualità è eleganza. Si può essere sensuali con una tuta ed un paio di scarpe da ginnastica.

Che esperienze vorresti fare (che ancora non hai fatto) nel mondo della moda/fotografia/spettacolo?

Mi piacerebbe posare per un brand sportivo o intimo.

In che cosa (oltre alla tua attività artistica principale) ti senti più portata? (Canto/Recitazione/ballo/fotomodella ecc ecc)

Mi diverte molto la recitazione. Dicono che per essa io abbia particolare talento anche se decisamente acerbo, poiché non ho mai avuto intenzione di studiarla.

Siamo in epoca di social, quanto ti reputi social da 1 a 10 e perché?

Sette. Li uso con piacere, ma non ne abuso.

Amicizia, Amore, Famiglia, Lavoro Salute, Sesso e Soldi mettili in ordine di importanza!

È difficile, ho pensato molto a come risponderti a questa domanda. Se uno solo di questi fattori venisse a mancare, non si vivrebbe a pieno il resto.

Un motto o una frase che più ti rappresenta?

Impossibile non è un dato di fatto, è un parere. Impossibile non è una dichiarazione è una sfida, impossibile è teorico, impossibile è temporaneo, impossibile non esiste è nulla.

Manda un saluto ai nostri lettori.

Vi aspetto sulla mia pagina instagram. A presto!

Alex Cunsolo

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I 90 anni di Giuliano Montaldo festeggiati con Visioni&Illusioni e tanti amici tra emozioni, gioia e affetto

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I 90 anni di Giuliano Montaldo festeggiati con Visioni&Illusioni e tanti amici tra emozioni, gioia e affetto 

E’ festa grande per Giuliano Montaldo che ha spento 90 candeline. Un anniversario importante come lo è stato il suo contributo alla storia del cinema italiano, con la regia di numerosi capolavori nel corso di una carriera che ha attraversato quasi 60 anni, a partire dall’esordio nel 1961 con il film “Tiro al piccione”, recentemente restaurato a cura del Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale. A festeggiarlo tante personalità del mondo del cinema, dell’arte e della cultura al Reale Circolo Canottieri Tevere Remo su iniziativa di Ettore Spagnuolo, Presidente dell’Associazione Culturale Visioni&Illusioni, della quale Montaldo è Presidente Onorario e che da sei anni si propone come presidio della memoria del grande cinema italiano. Nel corso della serata è stato inoltre proiettato un trailer esclusivo del documentario “Vera e Giuliano” prodotto da Rai Cinema e diretto da Fabrizio Corallo che verrà presentato in anteprima mondiale a Bari nel corso del Bif&st. Affiancato dalla figlia Elisabetta e come sempre dalla moglie Vera Pescarolo Montaldo, compagna di vita e sua collaboratrice fin dagli esordi, il regista ha spento le candeline di una maestosa torta decorata con le locandine dei suoi film, nel corso di una serata organizzata con la collaborazione di Orsetta Gregoretti, condotta dal giornalista Alberto M. Castagna e dal critico Guido Barlozzetti e con la partecipazione di numerosi ospiti accolti da Francesca Piggianelli. Tra gli invitati Paolo Virzì e Micaela RamazzottiCarolina Crescentini e MottaFrancesco BruniMarco PontecorvoErminia e Roberta ManfrediStefania Sandrelli e Giovanni SoldatiFrancesco Rutelli e Barbara PalombelliAndrea PurgatoriCarlo BrancaleoniFelice LaudadioMimmo VerdescaOsvaldo BevilacquaSimona MarchiniSilvia e Caterina D’AmicoManuela Pineschi,Paola Comin ed ancora il Professore Giulio Prosperetti, il Primo Presidente della Corte di Cassazione Giovanni Mammone, l’ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Dino Tricarico. (foto Giuseppe Piscitelli)

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La Gomera – L’isola dei fischi: Porumboiu e la lezione di C’era una volta in America

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Il cerchiobottismo al cinema non è sempre sinonimo d’inane furbizia. La Gomera – L’isola dei fischi, per esempio, evidenzia con l’affascinante ed eterogeneo impianto tecnico-strutturale l’intraprendente tenuta stilistica del regista rumeno Corneliu Porumboiu, che, eletto ad autore grazie al dramedy A Est di Bucarest, sembrava aver smarrito la rotta.

A differenza, invece, dei film precedenti, dal vanaglorioso apologo sportivo The second game (Al doilea joc) alla stralunata e algida commedia The treasure (Comoara), La Gomera – L’isola dei fischi offre uno spettacolo al contempo divertente ed erudito. Che il redivivo Porumboiu sa imbastire tenendo conto sia della lezione di Sergio Leone in C’era una volta in America, sia dell’antiretorica d’ascendenza bressoniana. Non solo una cosa non esclude l’altra, senza dover compiere superflue nonché ridicole acrobazie espressive sul crinale dell’arduo sincretismo tra stilemi ricercati ed elementi di presa immediata, ma dispone pure i motivi d’inquietudine, convertiti in emblematici semitoni sull’esempio di Francis Ford Coppola nel cult La conversazione, insieme ad aguzzi segni d’ammicco.

Sfruttare adeguatamente le occasioni offerte dal denso copione è compito proprio dello spassoso ed empatico linguaggio dei fischi, che lo sbirro corrotto Cristi interpretato da Vlad Ivanov apprende nell’isola del titolo su sprone dell’avvenente femme fatale. All’accattivante incipit in chiave panteistica, che amalgama subito gli stilemi del cinema d’atmosfera, caro ad Alfred Hitchcock, ai tratti distintivi della geografia emozionale, fa seguito il carattere precipuo dei mistery. La rivoluzione della consecutio temporum, che preserva il prosieguo dalle soluzioni convenzionali ad appannaggio del vano rispetto cronachistico, gode d’un’inventiva assai rara. Specie se rapportata al contesto gremito di flashback decisi, attraverso l’appassionante gioco di scatole cinesi, a conferire notevole spicco al dipanarsi progressivo dell’intreccio attingendo altresì ai costrutti del puzzle caustico ed esilarante. Il lessico fischiato che eseguono gli abitanti del rifugio eruttivo vicino all’arcipelago delle Canarie si congiunge tanto al leitmotiv del portamento necessario a riprodurre al meglio l’ambìto sibilo quanto al dato antropologico ed etnologico allo stretto servizio dell’opportuna attendibilità diegetica.

L’alternanza di suoni intradiegetici ed extradiegetici va invece inaspettatamente di pari passo col mix d’interni ed esterni capaci di trascendere gli onesti limiti della solidità artigiana. La fenice dell’arte vera impreziosisce infatti La Gomera – L’isola dei fischi, con il climax seguito col cuore stretto anche dagli spettatori meno ingenui. Grazie ai sorrisi dispensati sulla scorta della divertente forma alternativa di comunicazione dovuta alla necessità di condurre in porto il doppio gioco. Che diviene persino quadruplo allorché il crescendo del racconto ricava ulteriore linfa dall’innesto di brani musicali molto diversi, come La marcia di Radetzky composta da Johann Strauss e The passenger di Iggy Pop. Gli affondi amari attinti ai thriller sensazionalisti e il richiamo agli apologhi in sordina sul riscatto morale di Aki Kaurismäki, riletti con ben altro ingegno rispetto alle scelte sobrie ed essenziali predisposte in The treasure per congiungere l’esplicita bizzarria all’intrinseco decoro, cedono il passo sul finale ad alcuni riempitivi aggiuntivi piuttosto imprevedibili.

Sebbene affiori qua e là l’impasse di mettere troppa carne al fuoco, alla medesima stregua dell’involuto Tony Gilroy nell’ipetrofico giallo Duplicity, l’avvenente Catrinel Menghia nel ruolo della caparbia dark lady, che fa l’amore con Cristi fingendosi una prostituta d’alto bordo per non insospettire le spie in perenne agguato, riesce ad appaiare la seducente bellezza all’assoluta efficacia d’una recitazione di gran classe. La programmatica giustapposizione dell’ancestrale sentimento d’angoscia, acuito dalle attese spossanti in quel di Bucarest per la prospettiva di agguantare i milioni nascosti da un manigoldo prossimo a uscire di prigione, è sopperita dalla destrezza di connettere, grazie al dinamico montaggio, le pause contemplative agli scoppi improvvisi di violenza. La natura poetica delle inquadrature di profilo, al termine del febbricitante trambusto anticipato dal rimando posmoderno ai capolavori sul bisogno d’imporsi con il capo in gonnella di Christie che decide di vedere in solitudine nel buio della sala l’inobliabile Sentieri selvaggi di John Ford, chiude il cerchio. In tal modo La Gomera – L’isola dei fischi spinge con l’epilogo da musical la platea a battere le mani al ritmo di una storia nervosa ed eccentrica, tenera ed enigmatica, buffa ed estrosa.

 

 

Massimiliano Serriello

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In dvd gli esilaranti anni Novanta del Miracolo italiano diretto da Enrico Oldoini

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Nel mezzo degli anni Novanta, proprio quando il magnate dell’industria televisiva Silvio Berlusconi scese in politica, la commedia italiana cercò di prendere la palla al balzo e di raccontare a proprio modo l’evoluzione della popolazione nostrana, descrivendo il nuovo percorso che il costume del paese stava intraprendendo, tra cambiamenti e dimostrazioni di vita rampante.

Dopo aver messo mano ad alcuni cinepanettoni di successo come Vacanze di Natale ’90 e ’91 e il dittico a episodi Anni ’90, fu Enrico Oldoini che, rotto il sodalizio artistico con il produttore Aurelio De Laurentiis, decise quindi nel 1994 di realizzare per conto di Mario e Vittorio Cecchi Gori e del duo di produttori Adriano De Micheli e Pio Angeleti un lungometraggio intitolato Miracolo italiano, parafrasando per l’occasione un tormentone berlusconiano e tirando su un altro prodotto diviso in segmenti. Sette, per la precisione, interpretati da un cast di attori di prim’ordine della nostra risata. Renato Pozzetto, Ezio Greggio, Nino Frassica, Giorgio Faletti, Athina Cenci, Anna Falchi, Maria Amelia Monti, Claudia Koll, Daniela Conti, Nadia Rinaldi e un Leonardo Pieraccioni agli esordi, questi sono i volti coinvolti nell’operazione.

Una storia d’amore tra due deputati (Pozzetto e Monti) di opposte fazioni politiche; una focosa fuga d’amore di una neo sposina (Conti), in viaggio di nozze a Roma insieme al marito (Frassica), con un attore di telenovelas (Greggio); un ragioniere (Faletti) che tradisce la propria moglie con un’infermiera; la cocente scoperta di una famiglia di contadini e della nuova fidanzata (Falchi) del loro giovane figlio (Pieraccioni); un giornalista (Greggio) che finge un’amicizia con Kevin Costner pur di portare a letto una giovane fan (Koll) del noto attore; due ragazze (Carlotta Natoli e Cecilia Dazzi) si inventano inesistenti avventure erotiche; una donna (Rinaldi) si innamora di una massaggiatrice di colore dalle doti molto nascoste.

Sette modi per poter ridere di cuore della nostra Italia e dei suoi bizzarri abitanti, tutte sagome alla mercé di Oldoini, in grande spolvero quando si tratta di descrivere il meglio e il peggio di noi. Miracolo italiano è un lungometraggio che ancora oggi lascia intendere il cambiamento dell’epoca in cui uscì, cavalcando quella fase artistica che il nostro cinema stava passando, dopo aver abbandonato la faciloneria anni Ottanta e prendendo di pugno un determinato impegno da inserire anche nelle storie più semplici.

Inutile stare a ribadire la grandezza di chi fa parte di questo titolo, d’altra parte Oldoini stesso viene da una lunga carriera nel settore, sia come regista (suoi anche Yuppies 2 e Una botta di vita) che in qualità di sceneggiatore (è co-autore di Borotalco di Carlo Verdone), e, in più, gli interpreti non hanno bisogno di presentazioni; da un Pozzetto garanzia della battuta certa ad un Greggio sempre più esilarante, fino alla lungimirante presenza di un Pieraccioni in erba, qui al suo primo ruolo di spicco nella Settima arte. Tutto ciò descrive alla perfezione le due parole “Miracolo” e “italiano”.

Edito in dvd da Mustang Entertainment (www.cgentertainment.it), con contenuti extra rappresentati da venti minuti di introduzione al film a cura di Rocco Moccagatta, due in cui Enrico Vanzina parla di Oldoini, otto di intervista a Mauro Ferraresi e dodici a Greggio.


Mirko Lomuscio

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Un tetto per 2: Commedia benefica al Teatro Orione di Roma

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Si sorride, ci si intrattiene piacevolmente e nello stesso tempo si aiuta chi lotta da anni per raccogliere fondi per cause benefiche. Si tratta della commedia Un tetto per 2 a cura de La compagnia del Teatro, che andrà in scena il prossimo 8 Maggio alle ore 15.30, 18.30 e 21.30, il 9 Maggio alle 15.30, 18.30 e 21.30 e il 10 Maggio alle 15.30 e 18.30 (Posto Unico 15.30 e 18.30 euro 20.00, ore 21.30 posto unico euro 30.00).

I proventi dello spettacolo serviranno per la buona riuscita di una lodevole iniziativa benefica sostenuta dall’Agenzia Teatrale Gema TicketSrl, una società che opera nel settore dello spettacolo e collabora con l’A.I.S.M. (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) da più di vent’anni, organizzando e promuovendo spettacoli teatrali tramite i quali sostiene l’associazione con una quota fissa e prestabilita. E’ per questo che dare il proprio sostegno, anche soltanto con l’acquisto di un biglietto, è un gesto importante, come ci ha spiegato Giada, che lavora con passione ed iniziativa per l’Agenzia Teatrale. Per saperne di più basta cliccare la pagina facebookwww.facebook.com/AgenziaTeatraleGemaTicket/ oppure il sito http://swite.com/agenziateatralegematicket

Ma parliamo dello spettacolo Un Tetto per 2 e della sua spiritosa storia. Edward, un divorzio alle spalle, conduce un’oziosa vita da scapolo nel proprio appartamento di New York. Non sembra soffrire la mancanza di una vita familiare, tutt’altro: passa le proprie serate giocando a carte con gli amici, quasi fiero di ospitarli in una casa libera dalle cure di una figura femminile. Trasandato e sporco, l’appartamento di Edward viene presto letteralmente riempito dall’arrivo di Seymour, fresco di divorzio e bisognoso di un tetto. Il rapporto fra i due amici è quello fra due caratteri opposti. Mentre Edward rivendica il proprio status di scapolo libero e incurante, Seymour non perde occasione per dimostrarsi sofferente e ansioso, debolezze che sfoga in una insopportabile maniacalità casalinga. Le condizioni psicologiche di Seymour, tuttavia, costringono Edward a tenerselo in casa, se non altro per evitare possibili gesti inconsulti.

Le gag si susseguono e il loro rapporto assomiglia sempre più a quello fra marito e moglie. Il destino si ripete: Edward, scappato dalla ex, vorrebbe ora scappare da Seymour; e Seymour, cacciato dalla ex, rischia ora di essere cacciato da Edward. Per quanto ancora riusciranno i due inconciliabili inquilini a rimanere sotto lo stesso tetto?

Un tetto per 2 rappresenta un punto di partenza importante per la Compagnia di Orione, un modo di approcciarsi al palcoscenico sincero e diretto. La commedia è sicuramente un metro di giudizio severo, far ridere è un impegno totalizzante, è quel tipo di emozione che trova spesso difficoltà prima di insinuarsi in ognuno di noi. Affidarsi ad attori brillanti ed esperti è stato essenziale. Partendo da chi ha avuto la fortuna di affiancare Enrico Montesano ne Il Marchese Del Grillo, come Igor Petrotto, oppure da Daniel De Rossi, sublime Cicerone in Catilina, opera kolossal del 2016. L’importanza della dimestichezza sul palco è fondamentale per portare quella naturalezza e spontaneità, capace di arrivare forte al pubblico. Il modo di creare la sinergia giusta tra tutti gli elementi in scena sarà la chiave della risata, che sia essa esilarante come un risultato di un perfetto meccanismo di “gag”, oppure lenta ed inesorabile scaturita dalla sottigliezza e acuità di una battuta.

Il districarsi della matassa narrativa permetterà di conoscere i due protagonisti e tutti coloro che circondano la vicenda, riconoscendosi nella quotidianità delle difficoltà che si andranno ad affrontare, sino ad arrivare in certi punti ad empatizzare quella comica drammaticità che la vita ci offre. Sarà comunque la linea registica della verosomiglianza che permetterà allo spettatore di ridere di quella vita che viene riproposta sul palco, calcando la mano laddove sarà necessario per rendere ancora più divertenti molte verità del quotidiano. Tale scelta sarà rispecchiata anche dalla scenografia, evocativa di un contesto domestico trasandato, specchio di una situazione umana che è il riflesso del padrone di casa. Saranno dunque elementi scenici tangibili e non stilizzati ad introdurre lo spettatore in uno stralcio di vita possibile, capace dunque di catturare e far ridere senza sosta chi si godrà questo spaccato di realtà.

 

Susanna Marinelli

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Le Fotomodelle di Mondospettacolo: Erika Azzarello

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Amici di Mondospettacolo, oggi intervisterò per voi la fotomodella Erika Azzarello.

Erika Azzarello benvenuta su Mondospettacolo, come stai innanzitutto?

Ciao Alessandro, grazie mille per l’ intervista! Come sto?! Sempre di corsa, ma bene per fortuna.☺

Descriviti al nostro pubblico, raccontami un po’ di te.

Certamente! Su di me, ci sarebbero troppe cose da raccontare, ma proverò ad essere sintetica. Gli aggettivi con i quali meglio mi descrivo sono: caparbia, quando mi metto in testa un obiettivo, vado dritta verso la meta fino a che non l’ ho raggiunto, inutile provare a fermarmi! Dinamica, non sto ferma un attimo, mi piace fare mille cose contemporaneamente e portarle a termine tutte quante! Solare, sarà il mio DNA siciliano ma io amo il sole e la solarità, mi piace il contatto con la gente, conoscere nuovi posti, sorridere e fare nuove amicizie.

Da quanto tempo posi come fotomodella?

A dire il vero da poco! Un annetto circa. È iniziato tutto per caso, dopo il primo shooting pensavo fosse stata un esperienza unica  e invece eccomi ancora qua!

Come è stata la tua prima volta sul set fotografico?

Ricordo ancora la mia prima volta come fosse accaduta poco fa, ero stranamente tranquilla nonostante quel giorno mi fossero capitate le cose più assurde, tra cui il Gps che sembrava essere impazzito e una multa. Mi sono ritrovata a lavorare con ragazzi molto giovani e simpatici e questo ha fatto sì che mi trovassi a mio agio e che portassi a termine uno splendido servizio fotografico, quasi come fossi una modella professionista.

Quali sono i motivi per cui hai deciso di posare?

In realtà fino a qualche tempo fa non ci pensavo nemmeno! La prima volta ho posato per fare una sorta di favore ad un amico make up artist, la modella che doveva fare lo shooting aveva dato buca all’ultimo minuto e l’equipe già organizzata per il servizio non aveva avuto modo di trovare una sostituta. Dopo aver rifiutato per qualche ora alla fine ho ceduto e mi sono ritrovata non volendo, su un set, dove saltavo dal trucco al parrucchiere, da un vestito ad un altro ed è stato meraviglioso!

Hai partecipato a diversi shootings: quali di questi ricordi con più piacere?

Li ricordo tutti e tutti mi hanno lasciato qualcosa di positivo! Quello in assoluto che ricordo con più piacere è stato uno shooting per la campagna pubblicitaria di un negozio di abbigliamento che si è svolto a Santa Severina, un paesino medievale molto bello, di 1000 abitanti scarsi. Il fotografo dello shooting era un simpaticissimo ragazzo brasiliano che non parlava ancora italiano motivo per cui parlavamo in inglese per le vie del paesino. Ad un certo punto vedo un sacco di gente per lo più anziani di paese radunati attorno a noi che ci indicavano e ci guardavano stupefatti, e ho sentito una signora che diceva al marito nel loro dialetto di paese che sicuramente eravamo dei famosi attori americani di Beautiful,  li sono scoppiata a ridere e ho risposto che ahimè non ero nessuna attrice famosa, ma una semplice indossatrice. Se ci penso rido ancora!

Il mondo della fotografia è come te lo immaginavi prima di farne parte?

Onestamente prima di lavorare come fotomodella non ci ho mai pensato più di tanto a come potesse essere il mondo della fotografia. Non lo immaginavo esattamente così, non credevo ci potessero essere così tante varianti in una fotografia e le mie conoscenze sulla fotografia sono ancora scarse, ogni giorno continuo a scoprire qualcosa di nuovo e a stupirmi.

Cosa riesce a fare emozionare Erika Azzarello?

Le cose semplici mi fanno emozionare! Una lettera spontanea scritta a mano in un banale foglio a quadri, un sorriso, un cucciolo di cane che gioca con la mamma.

Ti definisci più bambola o più pantera?

A seconda dei casi e delle circostanze, entrambe.

Che cosa ti piace di più in un uomo?

A livello estetico un dettaglio che mi fa impazzire sono le fossette sulle guance, lo sguardo, il sorriso e certamente il buongusto in generale. A livello caratteriale mi piace un uomo che mi dimostri stima e rispetto e che mi faccia sentire la sua regina.

Erika Azzarello, fattelo dire: sei una donna molto sensuale, ma secondo te sensuali si nasce o si diventa?

Io penso che la sensualità sia come il talento, tutti c’è l’ hanno, ove nascosto bisogna solo imparare a tirarlo fuori!

Un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?

Io vivo di sogni! C’è n’è uno in particolare che conto è spero di realizzare in un futuro molto prossimo, ma per adesso non dico nulla per scaramanzia! Ad ogni modo se mi seguirete su IG lo scoprirete molto presto 😜.

Quali sono le tue passioni?

I cani , difatti allevo da quando ero piccola Chihuahua (quello in foto non è mio e non è allevato da me) e da qualche anno anche Akita giapponesi. I viaggi, adoro viaggiare scoprire nuovi posti e conoscere nuove culture. Il cibo, ahimè si, sono troppo golosa e direi che si vede (ride).

Un  pregio e un difetto di Erika Azzarello.

Ho Solo pregi! Scheeerzo 😂 uno dei miei pregi , forse il più importante per me, è la positività. Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno è mai mezzo vuoto! Credo che questo sia un fattore fondamentale per affrontare al meglio le varie difficoltà che la vita a volte ci mette di fronte. Un difetto, beh ne ho tanti, sono permalosa 😅.

Che cos’è sacro per te?

Ciò di più sacro in assoluto per me è la vita! La vita è un dono e non va sprecata, va vissuta fino in fondo!

La tua più grande paura?

La mia più grande paura quella di essere debole di trovarmi in una situazione ed essere incapace di difendermi, ritrovarmi impotente di fronte a una situazione.

C’è qualcosa di te che cambieresti?

No, mi vado bene così 🤪 Quando penso che c’è qualcosa di me che non mi piace, mi dico sempre di non lamentarmi che c’è sempre di peggio. (ride)

Cosa è per te la felicità?

La felicità è lo stato d’ animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri. Felicità non significa avere una vita priva di problemi ma bensì dal superamento di essi. Si raggiunge la felicità quando ci si rende conto di riuscire a controllare le sfide poste dal fato.

Come descriveresti la tua vita sentimentale?

Per adesso stupendamente favolosa, condivisa con l’ uomo dei miei sogni, ma come in tutte le storie reali non è sempre tutto rose e fiori.

Secondo te quali sono le qualità che una fotomodella dovrebbe avere?

Avere un aspetto curato. Avere un bel viso ed essere fotogenica. Essere spigliate e a proprio agio davanti  all’obiettivo della macchina fotografica.

Vai al Cinema? Se la risposta è sì, che genere di film preferisci vedere?

Si adoro il cinema! Anche se ultimamente non vado da un po’ per mancanza di tempo. Mi piacciono molto i film d’ azione.

Ultimo libro letto?

Il libro segreto della definizione muscolare femminile.

Il tuo piatto preferito?

Pizza Gourmet e yogurt gelato con nutella e granella di nocciole. Mamma mia che bontà!

Amicizia, amore, famiglia, lavoro, salute, sesso e soldi. Mettili in ordine di importanza!

Salute,Soldi, Amore, Lavoro, Amicizia, Famiglia, Sesso.

Un motto o una frase che più di rappresenta?

Quando c’è una meta, anche il deserto diventa strada.

 

 

 

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