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Cattive acque: padelle PFOA FREE

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Cattive acque è la vera storia di Robert Bilott, interpretato da Mark Ruffalo, l’avvocato ambientalista protagonista di una estenuante battaglia legale durata ben diciannove anni contro il colosso chimico DuPont, e di come, da uomo tenace e combattivo, ha rappresentato settantamila cittadini dell’Ohio e della Virginia, la cui acqua potabile era stata contaminata dallo sversamento incontrollato di PFOA (acido perfluoroottanoico). Grazie ad uno studio tossicologico sulle vittime, Bilott riuscì a dimostrare i rischi per la salute associati alla contaminazione delle acque e ottenne per loro un importante risarcimento.

Supportato dalla splendida fotografia del fido Edward Lachman, è Todd Haynes a portare sul grande schermo la storia vera contro una multinazionale della chimica come la DuPont, che de facto ha avvelenato tutto il pianeta. Anche voi che state leggendo questa recensione in passato avete cucinato un paio di uova su una padella che non attaccava, grazie al magico Teflon prodotto dall’azienda, ovvero il famigerato PFOA. Se oggi andate in un negozio di articoli per la casa, infatti, potete notare come le padelle che cercate riportino l’ambito marchio PFOA FREE.

Cattive acque è ottimo legal-drama in cui, da avvocato difensore delle multinazionali della chimica, il protagonista si ritrova coinvolto in una battaglia epica che dura ancora oggi. Avvocato che riesce a dimostrare e a rivelare alla nazione come, a causa dello smaltimento di rifiuti tossici scaricati nelle acque superficiali e nelle fognature, sia stata provocata la morte per cancro di tantissimi cittadini. E tuttora, come ci ricorda il film, Bilott sta facendo condannare a suon di rimborsi la potentissima DuPont, che pubblica in questi giorni sul suo twitter il proprio impegno contro il Corona Virus (!!!).

Pubblicato il 6 Gennaio 2016, è un articolo scritto da Nathaniel Rich per il New York Times a fare da fonte d’ispirazione per Cattive acque, che Ruffalo, insieme ai produttori di Green Book e Il caso Spotlight, ha ben accolto per poter portare al cinema una storia di  impegno civile rivolta al grande pubblico.

Una storia che, di sicuro, non renderà contenti gli azionisti della DuPont e che mette in luce, come tristemente noto anche nel nostro paese, le responsabilità di tante aziende che hanno taciuto sulla contaminazione provocata e sulla morte dei loro dipendenti, per non parlare delle gravi malformazioni subite dai loro figli o dei cittadini residenti vicino l’impianto che dava lavoro (una situazione che ci ricorda molto l’ex Ilva di Taranto).

In oltre due ore Cattive acque assorbe letteralmente lo spettatore portandolo in una vicenda lunghissima riguardante la lotta cominciata da Billott nel 2001, e, se inizialmente il ritmo appare blando e lento, in quanto Haynes scegli di calare pian piano e in maniera inquietante nella vicenda, Ruffalo offre una delle sue migliori interpretazioni. E, a riprova del suo forte impegno civile, ci riporta anche a livello umano  la figura di questo avvocato che va oltre la parola “eroe”.

Nel cast troviamo anche Anne Hathaway nella parte della moglie di Bilott, oltre a Tim Robbins e Bill Pullman, ma ciò che, al termine della visione, farà lo spettatore  sarà, sicuramente, andare in cucina a verificare se le padelle con le quali ogni giorno frigge qualcosa siano PFOA FREE.

Non ci resta che chiudere con le parole del vero Bilott, il quale sintetizza perfettamente ciò che va oltre i meriti di un buon film di inchiesta : “È un’opportunità eccezionale di riuscire a far capire alla gente la natura e l’entità di questa minaccia alla salute pubblica. Ma non solo questo: come è potuta succedere una cosa così negli Stati Uniti? In quella che dovremmo ritenere la nazione più sofisticata sulla Terra, come è potuto accadere un problema di contaminazione mondiale enorme, originato proprio qui negli Stati Uniti? Questo film può far sapere alla gente, in modo comprensibile, non solo che tutto questo sta effettivamente succedendo, ma anche come stia succedendo”.

 

 

Roberto Leofrigio

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GASTONE: un secondo disco di nostalgia urbana

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Nostalgia urbana ci piace chiamarla più che retrosceni “barocchi” del indie-pop. La bellezza per il duo composto da Leonardo Antinori e Marco Bertuccioli di Gabicce significa semplicità. Ed infatti è proprio la semplicità il vero punto chiave di questa seconda avventura dei GASTONE, titolo che romanticamente celebra un amico a 4 zampe… e forse per questo o per la visione quotidiana del tutto che tra le righe di questo secondo disco – che didascalicamente titolano “II” – c’è della nostalgia elettrica e delle sospensioni elettroniche. Il tutto scivola con fare nebuloso dentro liriche che hanno dalla loro una bella melodia che si consuma con passo lento e accorto.

Noi parliamo spesso di bellezza… e non solo di quella sfacciata… ecco: per voi cos’è la bellezza?
Ciao amici. Per noi la bellezza risiede nella semplicità. I personaggi fantastici nei bar della provincia, la calma del mare Adriatico, le case abbandonate, l’orto del nostro amico Rella, le storie d’amore potenti e le amicizie che non finiscono mai. Siamo i guerrieri della notte nel segmento di riviera adriatica che va da Pesaro a Cattolica.

Estetica minimale quella dei Gastone. Cosa ricercate nel suono snello e negli arrangiamenti così liquidi?
In questo lavoro abbiamo cercato atmosfere più scure e profonde, anche a livello di testi. Il nostro primo disco era una casa con porte e finestre aperte nella luce del giorno, questo disco è la stessa casa ma completamente chiusa nella notte e illuminata solo dalle candele. La mia principale influenza è stata Nick Cave (che considero come un secondo padre) mentre Marco penso sia stato influenzato più dai King Crimson e dalla musica classica visto il fatto che frequenta il Conservatorio Rossini di Pesaro. La chitarra è lo strumento che guida tutto in queste canzoni ed è uno strumento che penso non mancherà mai totalmente nei nostri dischi perché in fondo siamo dei rockers.

Un certo richiamo al vintage non manca mai. Voi in che periodo storico italiano puntate?
Abbiamo avuto un attitudine un po’ anni ’70 per quanto riguarda questo disco, e forse anche un po’ per il precedente. Il periodo italiano a cui abbiamo sempre puntato è quello attuale in realtà. Ora stiamo lavorando a nuove cose che suoneranno come un disco del 2047.

Secondo voi perché per citare grandi riferimenti si deve sempre e comunque guardare al passato?
Nel passato sono esistite le prime vere rockstar e il passare del tempo ha semplicemente contribuito a renderle leggende, com’è giusto che sia, dato che nella maggior parte dei casi si trattava di persone con talento straordinario e quindi erano/sono intoccabili. Era tutto molto più verticale, cioè tu ascoltavi e guardavi David Bowie e dicevi “wow non sarò mai così nemmeno in quattro vite” mentre ora non penso si possa fare lo stesso discorso per molti dei fenomeni attuali dove magari a volte ti viene da dire “mmh okay se avessi conosciuto anch’io quel produttore di Hollywood al momento giusto forse ora sarei lì”. Tuttavia penso che ogni periodo storico abbia i suoi grandi riferimenti.

Monotonia, demoni, figure patriarcali… “Invecchiando”… in qualche modo il concetto di passato per voi ha anche valenze ben diverse dal solo aspetto cronologico… non è così?
Il passato è sempre un rifugio sicuro. Ha il suo fascino malinconico, infatti, spesso, quando sei bloccato e non sai come andare avanti, torni inevitabilmente indietro. Bisogna stare molto attenti a giocare con il passato perché il rischio è quello di rimanervi intrappolati e non andare più avanti 🙁

E tutto questo anche nel video di “Cristalli” dove sfacciatamente siete figli di un’altra epoca…
Video mattacchione. Il concept di quel video in particolare è stata tutta un’idea del regista. Noi ci siamo semplicemente attenuti al copione (con piacere).

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Ralf e ritmi.carnival al Peter Pan di Riccione

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Venerdì 21 febbraio 2020 il Peter Pan di Riccione e Ralf festeggiano il Carnevale alla loro maniera con la one-night Ritmi di Ralf in versione Carnival. In console, insieme a Ralf, Federico Grazzini.

Ralf e Ritmi sono di casa al Peter Pan di Riccione, dove tornano con grande regolarità sia d’inverno che d’estate. Ralf è uno dei pochi dj che non necessita di presentazioni: i suoi set si concedono diverse incursioni nei più disparati generi musicali, con citazioni rock, techno e persino di colonne sonore dei film di Sergio Leone. Un eclettismo ed una presenza in consolle che vanno ben oltre il saper mettere i dischi. In un’unica parola: carisma!

Federico Grazzini, da anni si divide tra Ibiza e l’Italia, senza mai rinunciare al suo ruolo di autentico globetrotter della consolle: in questi anni ha suonato in tutto in mondo, in club di culto come il Cielo di New York e il Womb di Tokyo, giusto per citarne un paio.

Il Peter Pan Club di Riccione è aperto venerdì, sabato e prefestivi. Il programma di febbraio prevede ogni sabato il party Vida Loca, ogni venerdì one-night a rotazione; venerdì 28 febbraio torna 90 Wonderland. Sia venerdì che sabato in prima serata cene con spettacoli ispirati a Ibiza, ai musical e al teatro.

www.peterpanclub.net

 

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Vivilena: una ragazza tutta acqua e sapone

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Amici di Mondospettacolo sono Alfonso Chiarenza il Direttore Commerciale di Mondospettacolo, oggi sono qui per presentarvi Vivilena.

 

Vivilena, benvenuta su Mondospettacolo, per rompere il ghiaccio parlaci di te.

Caro Alfonso è un piacere per me farmi intervistare da Mondospettacolo che seguo da tanti anni.  Mi chiamo Viviana Elena Arghire Barna in arte “Vivilena” ho 20 anni, sono rumena, ma vivo da più di 8 anni in un comune della provincia di Agrigento che è Canicattì. Comune noto oltre che per l’uva Italia famosa nel mondo anche per Carlo Biagio Anthony Gazzara, detto Ben Gazzara, attore di fama internazionale.

Come ti descriveresti caratterialmente?

Sono una donna molto estroversa, solare, mi piace ridere e far sorridere e come tutte le ventenni mi piace vivere appieno i momenti che la vita offre. Da otto anni vivo a Canicattì e mi sento una sicula-rumena. Mi definisco una ragazza guerriera piena di misteri e non mi importa ciò che le persone pensano di me, so chi sono, conosco i miei sogni e combatto per loro, senza travolgere nessuno.

A proposito di sogni, quali sono quelli che hai nel cassetto?

Essendo alta 180 cm, fin da piccola ho avuto il sogno di sfilare per grandi brand internazionali. Oltre a fare la modella amo recitare quindi i miei sogni sono di fare la modella e l’attrice. Nonostante l’età ho incontrato tantissime difficoltà, ma non essendo una codarda che si ritira al primo problema sono andata avanti e sto seguendo i sogni che la vita mi propone, anche se sono convinta che se non cerchi, la vita non ti dona niente.

Lavori?

Attualmente faccio la barista e come tutto quello che faccio mi piace farlo seriamente con amore e anima. Però non è quello che voglio dalla mia vita e presto mi iscriverò in una scuola di cinema e recitazione oltre ad una scuola di portamento. Ho tanta voglia e capacità e sono sicura che riuscirò a realizzarmi.

Quali sono le tue muse ispiratrici, come modella e come attrice?

Come modella, mi piace tantissimo Rosie Huntington-Whiteley  e come attrice Julia Roberts  alla quale mi ispiro nella vita.

Cosa ti piace?

Amo farmi fotografare, mi piacciono molto le foto artistiche e glamour. Mi piacciono gli apprezzamenti sul mio corpo, però ripeto, fatti con rispetto e massima educazione.

Parlami della tua vita sentimentale.

Sono single per scelta. Ho 20 anni e voglio realizzare il mio sogno, quindi non voglio una relazione complicata, perché i siciliani (sorride) sono un po’ gelosi e anche i rumeni (sorride) e bloccherebbero il mio sogno. E’ complicato parlare di sentimenti quando non c’è rispetto in una relazione. Rispetto, sentimento e libertà devono andare di pari passo.

Come dovrebbe essere il tuo uomo ideale?

Il mio uomo ideale deve amarmi, non essere geloso e deve rispettare le mie scelte.  Un uomo deve sapere conquistare la sua donna sempre. La relazione è sempre una miscela di emozioni, che va mantenuta sempre viva.

Cosa piace agli altri di te? E cosa cambieresti del tuo fisico?

Di me piace tanto la sincerità ed il rispetto che nutro per le persone, ritengo di essere solare e molto simpatica. Amo tanto il mio corpo, il mio viso e i miei occhi, anche se mi piacerebbe avere il seno di una misura in più (sorride).

Cosa ti piacerebbe fare come attrice?

Sarebbe bellissimo fare qualche scena in una commedia divertente come quelle che fa il grande regista e attore Massimiliano Bruno. La vita è abbastanza pesante quindi un po’ di risate non guastano mai.

Un tuo motto e una frase che ti rappresenta?

Il mio motto appena mi alzo è: Buongiorno, andiamo a vivere, lottiamo con determinazione, e abbracciamo la vita con passione e sogniamo.

La frase è: come diceva Jim Morrison: “Ognuno di noi ha un paio di ali, ma solo chi sogna impara a volare.”

Sei bellissima, ma hai un lato negativo?

L’unico lato negativo è che sono poco attiva sui social, ma vi assicuro che con il vostro aiuto diventerò una influencer (sorride). Anzi partiamo da subito, seguitemi su Instagrami: ellenaviviana.

Vivilena, la nostra intervista termina qui, a nome mio e di tutta la nostra redazione ti faccio i miei complimenti e ti auguro un futuro pieno di successi.

Grazie Alfonso a te e a tutta la redazione di Mondospettacolo.

Alfonso Chiarenza

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Elisa Malavasi: in questo mondo di uguali le eccezioni spaventano!

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Elisa Malavasi, benvenuta su Mondospettacolo, come stai innanzitutto? Descriviti al nostro pubblico raccontami un po’ di te.

Ciao Alex, grazie per l’accoglienza, mi chiamo Elisa Apollonia, ma tutti preferiscono chiamarmi Elisa. Fin da piccola ho avuto la vocazione per lo studio è il tennis dove sono diventata campionessa regionale della Lombardia, dall’altro per il mondo della moda e dello spettacolo, infatti sin da piccola ho avuto la passione per le scarpe e i vestiti, non ho mai seguito quello che faceva “la massa”, ma ho sempre spiccato per la diversità e la fantasia nel modo di vestirmi, perché credo la personalità non si ostenta, o ce l’hai o non ce l’hai.

Ho eseguito l’esame di maturità di grafica pubblicitaria appassionandomi al MKTG, alla psicologia, così successivamente mi sono iscritta alla facoltà di psicologia e mi sono laureata. Adoro leggere e migliorarmi sempre perché ritengo che nella vita non si è mai smesso di imparare, e soprattutto ritengo opportuno saper indossare un bellissimo abito ogni giorno: quello dell’umiltà, dote che purtroppo si è persa in questi tempi. Sono molto ambiziosa volendomi sempre mettere alla prova, intransigente agli errori con una mente abbastanza machiavellica. Autoironica, sarcastica, e ironica ritengo siano i punti più forti di me stessa.

Da quanto tempo posi come fotomodella?

Il primo lavoro risale a quando ero quasi maggiorenne dove ho posato per abiti da sposa e cerimonia, da quel momento ho incominciato ad appassionarmi sempre di più a questo mondo affascinante. Solo lo studio e il lavoro come ragazza immagine in qualche locale della movida, mi hanno tenuta lontana un po’ dai set fotografici.

Come è stata la tua prima volta sul set fotografico?

Mi sono sentita subito a mio agio, tutt’ora il set mi “rapisce” e mi entusiasma, è un qualcosa che mi trascina e mi affascina, perché per me la fotografia è arte allo stato puro.

Quali sono i motivi per cui hai deciso di posare?

Non è stata una mia decisione, un’agente mi notò e mi propose di scattare foto, da allora incominciò la mia carriera.

Hai partecipato a diversi shootings: quali di questi ricordi con più piacere?

Sono parecchi gli shooting che ricordo con piacere, difficile sceglierne uno perché tutti diversi tra loro con tecniche fotografiche differenti, si passa dai grandangoli, a dei closeup, a nudi mai volgari perché la volgarità non mi è mai appartenuta, ma amo sperimentare con la mia presenza le diverse “prospettive fotografiche “.Le location sono spesso e volutamente insolite, i dettagli sono quelli che fanno la differenza (da me non sono MAI casuali),serve un occhio clinico e un cervello attento perché per me la fotografia non sta nel semplice scatto, ma bensì in ciò che comunica al “lettore”. La fotografia è comunicazione.

Quando hai deciso di “crearti un nuovo look”?

Non penso di aver mai deciso, è successo inconsciamente, forse frutto della mia personalità, di non appartenere alla “massa”, non per scelta ma credo di averlo nel DNA.

I tuoi scatti sono spesso provocanti, cosa vuoi trasmettere a chi guarda le tue foto?

Ritengo che una Donna è molto di più di ciò che si vede: il suo corpo è una copertina, gli occhi il titolo, ma dentro c’è un grande libro, a pochi è dato leggerlo perché pochi sanno comprenderlo. Ho un bellissimo rapporto con il mio corpo, il nudo (ripeto non volgare) è una forma d’arte, basta saper dosare e saper giocare con la propria femminilità e malizia in modo adeguato.

Sei una influencer seguitissima (323.000 Followers), qual è il tuo segreto?

Credo che il segreto stia nello studio degli scatti fotografici, nei dettagli (che fanno la differenza), nella scelta delle location anche insolite, nei vari accessori (borse, orologi, ecc..) appositamente abbinati a degli outfit, piuttosto che a biancheria intima femminile, o a dei closeup dove viene messo in risalto il “soggetto “principale. Tutto questo appositamente studiato, spinge il “lettore” incuriosito a scoprire il significato a volte celato.

Cosa pensi del mondo della fotografia di oggi?

Penso che il mondo della fotografia sia sempre in evoluzione, certo i grandi “luminari” e maestri rimarranno sempre ICONE inossidabili, ma viviamo in un mondo dove anche la fotografia si deve evolvere,” adattandosi” con personalità alle varie correnti sia artistiche che ai cambiamenti sul modo di pensare delle persone. Un mondo sempre in evoluzione.

C’è uno scatto trasgressivo che ancora non hai fatto?

No, perché per me la trasgressione è un mix di arte, femminilità e intelligenza, raffinatezza e finezza senza mai cadere nella trivialità.

Sei una donna che di sicuro attira l’attenzione, ma come rispondi alle critiche?

Beh, le critiche non sempre sono una cosa negativa, possono essere anche costruttive se aprono un dialogo, ed un social è fatto per questo, per interagire con diversi tipi di persone che possono avere un punto di vista diverso dal mio, perciò si aprirebbe una conversazione anche costruttiva. Poi se le critiche vengono fatte appositamente per sminuire, allora è una cosa che adoro, perché ovvio che nessuno si può permettere di giudicare nessuno, proprio perché non si conosce la persona che sta dietro ad uno scatto. Ma ti dirò lo trovo appagante e divertente l’impegno che ci può mettere una persona che vuole a tutti costi svalutare un’altra. Vuol dire che sta vivendo un momento di malessere, quindi non posso odiarla (anche perché sarebbe un sentimento), anzi cerco di capirla, sta vivendo un momento di malessere, purtroppo succede alle persone che non riescono a realizzarsi e che stanno attraversando un tunnel fallimentare, ho molta pazienza, d’altronde la comprensione è una virtù. Quindi rispondo con ironia e sarcasmo. La maturità non offende ma si confronta e soprattutto la coscienza pulita non evita ma affronta. Purtroppo c’è molta invidia (sintomo di ignoranza),ma non capisco il perché, io è una stonatura che non ho mai posseduto, anzi se vedo una bella Donna sono la prima a commentarla positivamente, perché se è oggettiva una cosa trovo che sia innegabile, poi ritengo che non sia solo un bel fisico ad essere piacevole, una Donna può essere tremendamente devastante qualsiasi aspetto abbia, perché se dietro ad essa c’è un cervello acuto e intelligente, sicuramente è molto più interessante che una “bambola” bella che non comunica nulla, se assembliamo un bel fisico ad una mente acuta e intelligente allora il mix è micidiale e accattivante. Comunque concludendo ritengo che se ci fosse meno invidia, meno cattiveria e tristezza, sicuramente sarebbe un mondo più pulito, e realista. Le menti mediocri condannano abitualmente tutto ciò che oltrepassa la loro capacità (l’invidia è Una ammissione di inferiorità).

C’è qualcosa di te che cambieresti?

Direi di sì, non sono perfetta, cambierei l’essere meno dura con me stessa, essendo più “elastica”, a volte pretendo troppo.

Amicizia, Amore, Famiglia, Lavoro Salute, Sesso e Soldi mettili in ordine di importanza!

Salute, Famiglia, Lavoro, Sesso, Soldi, Amicizia.

Un motto o una frase che più ti rappresenta?

Distinguiti non confonderti. Oppure: essere se stessi ha un bellissimo prezzo da pagare,la libertà di non essere per tutti. Oppure: in questo mondo di uguali le eccezioni spaventano. Oppure: lo sguardo disinfettante dell’intelligenza è l’unica profilassi contro le purulenze della vita.

A.C.

https://www.instagram.com/elisa_malavasi11

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www.elisamalavasi.it

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La mia banda suona il pop: nostalgia e canaglie

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Ormai entrato in una fase stakanovista che lo ha visto dirigere almeno tre film nell’arco di un anno e mezzo (i primi due sono stati Modalità aereo e Se mi vuoi bene), Fausto Brizzi torna sui grandi schermi con un’altra commedia dai toni nostalgici, un po’ come avvenne ai tempi del suo esordio Notte prima degli esami.

Stavolta il regista romano punta lo sguardo verso le band degli anni Ottanta, quelle dal successo limitato e rimaste all’epoca che le ha partorite, rappresentando tutto ciò che quel decennio ha saputo dare nel proprio immenso sfarzo creativo e colorato.

Parafrasando nel titolo una famosa canzone di Ivano Fossati, La mia banda suona il pop incentra quindi la sua bizzarra trama su questo spunto, per poi attraversare, però, anche l’heist movie, internazionalizzando l’intero svolgimento.

Con protagonista un pugno di mattatori della commedia come Christian De Sica, Massimo Ghini, Paolo Rossi, Angela Finocchiaro e Diego Abatantuono, il film inscena una réunion dai risvolti bizzarri: quella dei Popcorn, recuperati dal calderone nostalgico degli eighties e i cui componenti, ormai, si sono separati per sempre, ognuno seguendo una propria strada professionale.

Sono Tony (De Sica), Lucky (Ghini), Jerry (Paolo Rossi) e Micky (Finocchiaro), che, richiamati dal proprio impresario Franco Masiero (Abatantuono), si vedono costretti, sotto ingente somma, a riprendere i panni di una volta per cantare alla festa di compleanno del magnate russo Vladimir Ivanov (Rinat Khismatouline). Una festa dietro cui, però, si nasconde ben altro, in quanto qualcuno sta complottando un furto da centinaia di milioni di euro, cosa che ai Popcorn potrebbe anche far gola, considerando che la gloria e il successo si sono da troppo tempo dimenticati di loro.

“Nostalgia canaglia” cantava un vecchio successo di Al Bano e Romina, e altrettanto sembra suggerire Brizzi con La mia banda suona il pop, ricostruendo un certo contesto immaginario dove questa band inventata di sana pianta faceva proseliti in ambito musicale. L’operato ha sicuramente l’andazzo molto frivolo e curato ai limiti della decenza, aspetti ormai tipici del nostro panorama cinematografico, ma, almeno, bisogna dire che la visione regalata dà i suoi frutti, considerando i modesti standard della commedia italiana attuale.

Inoltre, l’insana idea di cucire addosso a questo prodotto della risata uno spunto da heist movie incentiva una certa riuscita del tutto, regalando anche azione all’amatriciana in mezzo all’utilizzo della immancabile comicità verbale. E, ovviamente, vince anche l’affiatamento degli interpreti, con un De Sica appesantito fisicamente e sempre con la battuta giusta in bocca, anche quando questa sa di retrò, più Ghini, Rossi, Finocchiaro e Abatantuono messi di fronte ad un continuo faccia a faccia ricco di frasari divertenti.

Ad essi, poi, si unisce la statuaria Natasha Stefanenko, cui spetta il minaccioso ruolo dell’addetta alla sicurezza di Ivanov, mentre lo script, ad opera di Brizzi stesso e insieme ad Alessandro Bardani e ai fidi Marco Martani ed Edoardo Falcone, si spreme le meningi per regalare quanto di più nostalgico anni Ottanta possa venire fuori da La mia banda suona il pop (non manca neppure la DeLorean di Ritorno al futuro).

Nota di merito, infine, all’utilizzo delle musiche del maestro Bruno Zambrini, che per l’occasione scrive un paio di godibili brani inediti memori della pop music di tre decadi fa e che, nel caso in cui il film di Brizzi non dovesse divertirvi, vi faranno sicuramente canticchiare.

 

 

Mirko Lomuscio

 

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Il richiamo della foresta: un classico tra live action e animazione

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Il richiamo della foresta porta sul grande schermo la storia di Buck, cane dal cuore d’oro la cui tranquilla vita domestica finisce sconvolta quando viene improvvisamente portato via dalla sua casa in California e trapiantato nella natura selvaggia dello Yukon canadese, durante la Corsa all’oro degli ultimi anni del XIX secolo.

Come nuova recluta di una squadra di cani da slitta di cui in seguito diventa il leader, Buck vive l’avventura di una vita, trovando il suo vero posto nel mondo e diventando padrone di se stesso.

Tra live action e animazione, Il richiamo della foresta utilizza effetti visivi e tecniche all’avanguardia per trasformare gli animali del film in personaggi completamente fotorealistici e autentici a livello emozionale.

Il lungometraggio vede protagonista Harrison Ford, affiancato da un cast che comprende Omar Sy, Dan Stevens, Karen Gillan e Bradley Whitford. Chris Sanders dirige il tutto a partire da una sceneggiatura firmata da Michael Green, e, senza dubbio, la scelta di uno dei romanzi di Jack London, un vero classico per ragazzi, funziona davvero.

All’inizio può lasciare perplessi la realizzazione fotorealistica degli animali, ma, del resto, non tutti sono Jean Jaques Annaud, che addestra lupi veri; nel corso della vicenda, però, il trucco cinematografico diventa credibile.

Il romanzo è riportato in modo splendido, sullo schermo, nella sua essenza, anche se sono molte le differenze con la vera storia. Tuttavia, resta valido il messaggio di London, che, da seguace del darwinismo sociale, ci ricorda come gli animali (e anche noi) appartengano a questo pianeta. In tempo di cambiamenti climatici, poi, Il richiamo della foresta assume per le nuove generazioni, forse, un significato ancora più profondo, grazie anche al bravo Ford, indimenticabile Han Solo e Indiana Jones.

Animazione e live action vengono fuse perfettamente, e, nel solco della tradizione di Walt Disney, rimane solo un po’ di rimpianto per l’amato documentario live che precedeva questo tipo di pellicole, una tradizione che sarebbe da recuperare.

 

 

Roberto Leofrigio

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Criminali come noi: una “storia vera” dall’Argentina

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Ambientato in Argentina, Criminali come noi parte dal Dicembre 2001 con un gruppo di amici che, riuniti tutti i risparmi per acquistare alcuni silos abbandonati e fondare una cooperativa nella loro piccola città di campagna, finiscono per vedere i propri investimenti bloccati, in quanto sono alla vigilia della crisi economica. E scoprono presto di essere stati in realtà truffati da un direttore di banca e da un avvocato senza scrupoli, quindi, decisi a riprendersi ciò che è loro, mettono in piedi uno dei piani più strampalati di sempre.

Il titolo originale La odisea de los giles rende sicuramente meglio l’idea della storia raccontata, tratta dal romanzo di Eduardo Sacheri La noche de la usina. Perché di un’odissea parla il film diretto da Sebastián Borensztein, con il gruppo di cittadini che, dopo essere stati truffati dallo Stato che congela i conti nel 2001 (quelli in moneta argentina) e dall’avvocato Fortunato Manzi (Andrés Parra), il quale si porta a casa i preziosi dollari cambiati in pesos ingenuamente dalla piccola cooperativa, attuano la propria vendetta. Cittadini che sono Fermín Perlassi (Ricardo Darín), la moglie Lidia (Verónica Llinás) e il fidato amico Fontana (Luis Brandoni), insieme agli altri soci vittime della truffa bancaria.

L’Argentina è un paese molto vicino a noi, non fosse altro per un illustre cittadino che risiede sul trono di Pietro, e in Criminali come noi viene rievocato il terribile collasso finanziario che colpì nel 2001 il paese sudamericano (anche oggi in difficoltà economiche create ad hoc).

L’odissea di Fermín è fatta di tragedie, stress, ma anche di una irrefrenabile voglia di rivincita. Chissà perché si vuole inserire questo lungometraggio nel solco degli heist movie (come Ocean’s eleven, per citare uno dei più famosi), considerando che, in realtà, Criminali come noi è ben più di un film di genere, sebbene al suo interno renda uno splendido omaggio a Come rubare un milione di dollari e vivere felici di William Wyler, che vide protagonisti Peter O’Toole e Audrey Hepburn. Inoltre, a livello tragicomico la costruzione della vicenda è molto simile a quelle dei classici del nostro cinema.

Dalla superstar argentina Darín ai comprimari Luis Brandoni nei panni dell’anarchico seguace di Bakunin e Daniel Aráoz in quelli del peronista nostalgico, è perfetto.

L’unico difetto per una commedia di questo tipo potrebbe essere la durata, ma, considerando che la vendetta necessita di tempo adeguato, risulta adeguata a Criminali come noi, che si ritaglia il giusto spazio in una distribuzione italiana spesso affollata da inutili produzioni made in USA portando una cinematografia decisamente molto più vicina ai gusti del nostro pubblico. Del resto, un film che ci mostra come le banche e lo Stato truffino i poveri cittadini non si può considerare altro che un piccolo capolavoro.

 

 

Roberto Leofrigio

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Sanremo 2020: Le Videointerviste realizzate da Ghyblj e dalla Bersagliera

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Sanremo 2020: Ghyblj intervista Albano

Sanremo 2020: Ghyblj intervista Mogol

Sanremo 2020: Ghyblj intervista il Maestro Pennino

Sanremo 2020: Ghyblj intervista l’Assessore Ilaria Cavo

Sanremo 2020: Ghyblj e la Bersagliera intervistano il Colonnello Andrea Mommo

Sanremo 2020: Ghyblj intervista Roberto Surlinelli

Sanremo 2020: Ghyblj intervista il presentatore di Sanremo One.

Sanremo 2020: Ghyblj intervista Reneè Sylvie Lubamba

Sanremo 2020: Ghyblj intervista Maria Monsè e La Bersagliera omaggia con piuma.

Sanremo 2020: Ghyblj intervista Giulia Cancedda premiata a Sanremo per il concorso Musica contro le Mafie.

Sanremo 2020: La Bersagliera e Ghyblj intervistano Max Campioni

Sanremo 2020:  Ghyblj intervista Lucia Magnolio e Miss Lady Regina d’Italia.

Sanremo 2020: Ghyblj intervista l’artista Giobatta Lazanja (VANJA).

Sanremo 2020: Ghyblj intervista Andrea MADDALUNI il Campione Universitario di TAEKWONDO e Fashion Blogger.

Sanremo 2020: Ghyblj e La Bersagliera speciale Junior Cally ed Orlando Poggi.

Sanremo 2020: Ghyblj e La Bersagliera al Corner Radio Silver Music.

Sanremo 2020: La Bersagliera al Flash Mob pro CHICO FORTI FREE .

La Redazione.

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LIMBRUNIRE: quella bellezza di “Salsedine”

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Estetica anni ’90, disco dance e melodie da incisi forti nel vecchio suono digitale che ormai sembra non esistere senza il bisogno di tornare alle origini. Francesco Petacco – alias LIMBRUNIRE – torna in scena con un bellissimo singolo in cui la bellezza è la solitudine di se stessi. “Salsedine” che è anche un bel video diretto da Francesco Quadrelli, è metafora di libertà e di salvezza contro l’omologazione sociale… o almeno è così che ci piace leggerla. La bellezza, per un cantautore bit come Limbrunire, è la fondamentale da cui partire o da cui passare obbligatoriamente. E ci è sempre piaciuto quel suo modo per niente sfacciato di darlo a vedere…

Noi parliamo spesso di bellezza… e non solo della bellezza estetica. Ecco: per te quanto conte la bellezza per una espressione artistica?
Tantissimo, per me è fondamentale. Ma non m’interessa la bellezza fine a se stessa, sono attratto piuttosto dall’estetica intesa come mezzo per valorizzare uno scopo per preciso, in questo caso un’opera d’arte musicale. Rimane comunque la soggettività del giudizio estetico, la musica è l’esempio lampante che ognuno davanti ad essa ha una risposta d’impulso differente, che ciò che per me è X in realtà per te potrebbe significare Y.
Proprio quest’ultimo aspetto può essere tranquillamente considerato bellezza di un’espressione artistica.

Quando una canzone per te risulta terminata? Esteticamente cosa deve avere?
Risulta terminata quando soddisfa ogni canone estetico prestabilito in precedenza. Il dettaglio per me è estetica, la cura della singola nota o parola in fase di mix lo è, la scelta della frequenza giusta, del tipo di produzione, del modo in cui cantare una determinata strofa, il colore da utilizzare sull’inciso sono tutti canoni estetici che prendo costantemente in considerazione.

E a proposito di bellezza ce ne sono due in questo progetto che sono lontanissime. La ragazza protagonista del video e la donna che è dipinta nella copertina. Chi sono? Cosa rappresentano?
Entrambe rappresentano Salsedine, un’eroina venuta da un altro mondo e riportata via dal vento.
Figlie del mare e della terra, sorelle di un Dio afflitto dalla solitudine dell’uomo.
Una più spirituale riconducibile al concetto di ascolto, l’altra più terrena propensa invece allo stimolo visivo.

Quanta provincia e quanta metropolitana solitudine c’è dentro le righe di questo brano?
Molta, riconduco la prima ad una solitudine “solitaria” non ripudiata bensì agognata da un individuo, la seconda invece quasi inconscia ma intrinseca di una massa distante dal proprio nucleo.

A chiudere: secondo te questo è un periodo storico in cui la salsedine in qualche modo significa solitudine?
Assolutamente ma prediligo lasciare anche altri punti interrogativi dietro ad un brano. Mi piace pensarlo come una caccia al tesoro dove ognuno ricrea un proprio puzzle interpretativo mandando in scacco matto l’immaginazione.

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Carnevale e Babylon i prossimi party del MIA Clubbing

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Dopo la serata sold out con Gigi D’Agostino, il calendario del Mia Clubbing presenta due party destinati a trasformare il locale in qualcosa di assolutamente inedito.

 Sabato 22 febbraio 2020 al MIA si festeggia il Carnevale con Besame Carnival Party. Colonna sonora della serata, reggaeton, electrolatino e pop house. In consolle i dj Andrea Bozzi e Dirty Nick, animazione con Besame Crew e special performance la vocalist Ary Fashion, una delle voci più conosciute nelle discoteche, nei club, negli show e negli eventi fieristici e privati di tutta Italia. Vocalist, speaker radiofonica e presentatrice, con un passato da modella e da ballerina, ARYFASHION è un’apprezzatissima showgirl, in onda dal lunedì al venerdì (dalle 18 alle 20) sulla neonata Radio Wow.

Sabato 29 febbraio 2020 al MIA va in scena Babylon, il primo format interamente creato e prodotto dal team del locale marchigiano, destinato ad essere proposto in tutta Italia nei prossimi mesi. I suoi allestimenti si ispirano ai più importanti eventi ibizenchi, con un roster di artisti quali acrobati e ballerini, con diversi generi musicali che si alternano nel corso della stessa serata: house, techno, EDM, latina e italiana. Nel giro di poco tempo diventerà qualcosa di molto simile ad un luna park itinerante, con ambulanti, zucchero filato, macchina dei pop corn e tante altre attrazioni. In console i dj Massimo Rossini & Jody, Francesco Luv (MIA Clubbing resident), Luca Gurini, Dj Mommoy e Ricky Esse.

A marzo la programmazione del MIA prosegue con i party Mamacita (sabato 7), Random (sabato 14) e Besame (sabato 28).

www.miaclubbing.it

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Milano Fashion Jungle torna con Damian Lazarus

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Milano Fashion Jungle atto quinto. Sabato 22 febbraio 2020 torna uno dei party più attesi della Fashion Week di Milano, grazie a scenografie ed allestimenti avveniristici e alla musica elettronica di dj e producer di sicuro riferimento e affidamento. Sabato 22 febbraio in console al Gate di Milano Damian Lazarus, Ali & Bettina e Jay Medvedeva.

Mayan Jungle è il tema prescelto per la serata di sabato 22 febbraio 2020. Un omaggio ad una civiltà evolutissima, spesso e volentieri in grado di sconfinare nell’avanguardia, basti pensare al loro infinito repertorio architettonico alle loro sculture e alle loro opere policrome: atmosfere che per una notte rivivranno grazie a Milano Fashion Jungle.

Per una one-night come Mayan Jungle non poteva esserci special guest più adatto di Damian Lazarus, che proprio pochi giorni fa ha festeggiato nella giungla di Tulum un’edizione speciale del suo party Day Zero, un nuovo capitolo di un’avventura che a settembre si è svolta a Masada, in Israele. Damian Lazarus è sempre in missione per conto della musica, sempre attivissimo anche per quanto riguarda le produzioni musicali: venerdì 24 esce infatti la sua nuova compilation SPIRITS III per l’etichetta discografica Crosstown Rebels, una selezione di tracce underground destinate a diventare grandi classici nelle dancefloor di tutto il mondo.

Sabato 22, insieme a Damian Lazarus, Milano Fashion Jungle ospita Ali + Bettina e Jay Medvedeva. I set di Ali + Bettina sono da anni protagonisti durante i più importanti eventi fashion sia europei che americani, una presenza apprezzata anche durante le Miami Music Week; la siberiana Jay Medvedeva arriva a Milano dopo un gennaio scintillante, che l’ha vista in console al fabric di Londra e – sempre a Londra – all’hotel The Mandrake per il party di Project Aikido, progetto dedicato allo sviluppo delle arti e delle musiche africane.

www.facebook.com/MilanoFashionJungle

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Festa a Roma Monte Mario con Alberoandronico e VivereBalduina

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Un evento importante per i Quartieri di Monte Mario, Balduina e Primavalle di Roma, quello organizzato dalle Associazioni Alberoandronico e VivereBalduina: “Il Natale nel tuo Quartiere”.

Questo il tema proposto agli alunni che hanno partecipato al concorso che ha trovato il suo culmine in una emozionante ed energetica cerimonia svoltasi nella palestra della scuola di Via Assarotti Sabato 15 Febbraio 2020.

Pino Acquafredda, Presidente dell’Associazione Alberoandronico, ha sottolineato la bontà di una formula di collaborazione tra associazioni che si occupano del territorio e scuole che operano nello stesso.

“Abbiamo lavorato in perfetta armonia con gli IC Trionfale, Rosetta Rossi e Chiodi”, ha detto Acquafredda. “Grazie alla grande professionalità e sensibilità delle insegnanti e all’ energia e all’entusiasmo degli alunni. Tutto questo incoraggia Alberoandronico e, sono sicuro, anche VivereBalduina del Presidente Guido Schininà, a lavorare per la quarta edizione 2020 del concorso”.

Grande soddisfazione per tutti, quindi, durante la riuscitissima cerimonia finale che ha visto i sorrisi dei vincitori e, in generale, di tutti gli studenti che hanno presentato le proprie opere a questo interessante concorso, arrivato alla sua terza edizione. Ma anche dei validi organizzatori e di tutti i cittadini dei quartieri coinvolti.


Susanna Marinelli

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Mezzosangue ospite di “It’s The Joint!”, venerdì 28 febbraio il quarto appuntamento all’Angelo Mai

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Una serata Hip-Hop suonata live dove sul palco dell’Angelo Mai s’incontrano musicisti, cantanti, rapper, DJ e beatboxer per superare confini e generi musicali. Questo è “It’s The Joint!”, dove una volta al mese la resident band Dumbo Station insieme a Danno (Colle der Fomento) e alla crew Do Your Thang conducono la serata coinvolgendo numerosi ospiti a esibirsi con loro sul palco.

La prima parte di ogni serata vede la partecipazione di una special guest che insieme ai Dumbo reinterpreta alcuni brani del proprio repertorio in una chiave strumentale inedita. La seconda parte della serata è un vero e proprio scambio musicale con interventi di musicisti, cantanti e rapper in stile freestyle insieme a Danno e ai membri del Do Your Thang.

L’ospite del quarto appuntamento sarà l’MC romano Mezzosangue che si esibirà in uno showcase proponendo una selezione dei suoi classici ri-arrangiati dai Dumbo Station.

La seconda parte della serata vedrà l’esibizione degli MC del Do Your Thang Penny Wise, White Boy, William Pascal e con la partecipazione del cantante Marco Costa.

I Dumbo Station sono Benjamin Ventura (tastiere), Paolo Zou (chitarra), Stefano Rossi (basso) e Davide Savarese (batteria).

La selezione musicale sarà a cura di DJ Ceffo.

 

Venerdì 28 febbraio

ore 21.30

It’s The Joint! presso Angelo Mai

Viale delle Terme di Caracalla, 55 – Roma

Ingresso Euro 10 (con tessera Arci)

Infoline +393665972816

 

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In dvd Tre colonne in cronaca, ovvero il Gian Maria Volonté diretto da Carlo Vanzina

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Mustang Entertainment (www.cgentertainment.it) prosegue il proprio recupero storico della produzione di Carlo ed Enrico Vanzina ristampando su supporto dvd Tre colonne in cronaca, che derivarono nel 1990 dall’omonimo romanzo scritto da Corrado Augias insieme alla compagna Daniela Pasti.

Un titolo che, diretto da Carlo e, come di consueto, co-sceneggiato al fianco del fratello Enrico, rientra tra quelli atipici della loro filmografia, come lo furono anche il precedente La partita e l’immediatamente successivo Miliardi.

Totalmente allontanatisi dai toni della commedia che finirono per renderli noti negli anni Ottanta, infatti, i figli di Steno partono stavolta dal ritrovamento del cadavere di un operatore di borsa che sembrerebbe inizialmente essersi ucciso dopo un sabato sera di sesso; ma la oltre ora e mezza di visione non si riallaccia neppure al filone argentiano del thriller con assassino già esplorato attraverso Mystère e Sotto il vestito niente.

Infatti, sebbene non manchino neppure il rinvenimento di una ragazza sgozzata all’interno di un’automobile e un nuovo caso di morte su cui indagare, Tre colonne in cronaca preferisce prendere la strada del cinema d’impegno civile reso grande tra gli anni Sessanta e Settanta da maestri della Settima arte tricolore quali Francesco Rosi, Damiano Damiani ed Elio Petri.

Non a caso, è proprio da quel cinema che recupera l’indimenticato Gian Maria Volonté per calarlo nei panni del direttore di un quotidiano (che qualcuno ha associato alla figura di Eugenio Scalfari) che, scaltro, ambiguo e pronto a tutto pur di mantenere il proprio posto di comando, vede il giornale messo in crisi dal momento in cui un onorevole napoletano dalle fattezze di Carlo Giuffrè manifesta la volontà di impadronirsene, ricorrendo perfino a poco raccomandabili intermediari.

Soltanto due dei nomi importanti inclusi in un ricco cast che, al di là di brevi apparizioni per Maurizio Mattioli e Ivano Marescotti e della presenza del grandissimo Tony Sperandeo e del mitico caratterista Sandro Ghiani, pone in particolar modo in risalto un giovane Sergio Castellitto – qui aggiudicatosi il David di Donatello come miglior attore protagonista – nel ruolo di un giornalista fanfarone romano e Massimo Dapporto in quello di un riflessivo commissario del nord Italia che legge i gialli di Agatha Christie e di Edgar Wallace.

Senza dimenticare una sexy Demetra Hampton allora fresca del successo della serie televisiva Valentina, ovviamente impegnata a fare da donna amante e godereccia di un facoltoso anziano in quello che, accompagnato da una colonna sonora proto-La piovra a firma di Ennio Morricone e destinato oltretutto a ribadire che la verità non è mai sui giornali, si rivela un film politico atto ad affrontare il fenomeno delle concentrazioni editoriali.

Film politico che, come già il testo di partenza, guarda in maniera non troppo velata ad una certa attualità berlusconiana dell’epoca, citando perfino il vecchio caso irrisolto del delitto Bebawi e approdando ad un tutt’altro che banale epilogo.

Ma non prima che venga osservato come il nostro sia un paese che ama più la Carrà che le Carré, offrendo la tipica critica sociale verbale che gli artefici di Vacanze di Natale, da sempre, sanno sfoderare attraverso memorabili battute.

Con sezione extra rappresentata da quindici minuti di intervista ad Enrico Vanzina e ventotto di introduzione a Tre colonne in cronaca a cura del critico cinematografico Rocco Moccagatta.

 

 Francesco Lomuscio

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Cinema e drink: Coffee and cigarettes, ispirato all’omonimo film di Jim Jarmusch

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La creatività nel mondo dei drink travalica qualsiasi confine geografico, mentale e tematico. Drink ispirati a un amore, a un’emozione, ma anche a un oggetto, ai luoghi del cuore e a un film amato.

Abbiamo chiesto ad alcuni dei migliori barman e barlady romani di individuare un proprio, personale, film del cuore cui ispirarsi. Ne sono scaturite decine e decine di drink, ispirati a filmografie delle più disparate, dai classici Via col vento ai neo-classici firmati Quentin Tarantino.

Con tanti registi anche italiani al centro dell’ispirazione, da Giuseppe Tornatore a Gabriele Mainetti, passando per David Lynch e il suo Mulholland drive, dai film romantici a Mad Max, passando per i cinecomic e il recente Avengers: Endgame.

Film che hanno ispirato l’uso di tutti gli ingredienti presenti nel mercato, ricette coniugate con cognac, tequila, whisky scozzese, irlandese, bourbon americani del Kentucky, vermouth piemontese, gin inglesi, romani e toscani, amari e bitter, ma anche vodka, ginger beer e liquore Strega, per una nuova ‘geografia cinematografica del bere di qualità’. Preparazioni semplici e meno semplici, da gustare nei loro ingredienti di qualità, ricette create ad hoc da barman e barlady cinefili per sperimentare sé stessi dietro il bancone con un occhio al Grande Cinema.

Oggi è la volta di Coffee and cigarettes, ispirato all’omonimo film diretto da Jim Jarmusch.

BARMAN: Mario Farulla, bar manager del Ristorante Baccano di Roma, entrato in 70ma posizione nella classifica del The World’s 50 Best Bars 2019

INGREDIENTI:

45 ml Dewar’s 12yo Scotch Whisky
Una tazza di caffè lungo e freddo
Un cucchiaino di zucchero liquido
Fill di tonica

Bicchiere: tumbler alto

PREPARAZIONE:
Versare tutti gli ingredienti in un bicchiere tumbler alto colmo di ghiaccio e mescolare con un barspoon.

ISPIRAZIONE:
Drink robusto, deciso come e grazie al caffè – e dai toni fumosi del whisky scozzese Dewar’s, invecchiato 12 anni – ispirato al film indie Coffee and cigarettes, scritto e diretto da Jim Jarmusch. Un drink che rimanda al Coffee Tonic, drink in voga negli ultimi anni e che qui, nell’interpretazione del bar manager Mario Farulla, richiama il film composto da 11 cortometraggi girati in periodi diversi, che presentano in comune il momento tipico del caffè e della sigaretta. Progetto cinematografico che si è stratificato negli anni, un cortometraggio alla volta, il primo dei quali realizzato nel 1986 per il programma televisivo Saturday Night Live e basato su poche inquadrature fisse, uso del bianco e nero e dialoghi comici sul tema del caffè. Nel 2003, dopo aver anche vinto la Palma d’Oro al Festival di Cannes dieci anni prima, con il terzo cortometraggio, Jarmush concluse il suo progetto girando gli episodi mancanti che formarono il film. Il drink di Farulla – bar manager del cocktail bar nel ristorante Baccano a Roma, entrato al 70mo posto nella prestigiosa classifica del The World’s Best 50 Bars 2019 – è in particolare dedicato al primo episodio, “Strano conoscersi”, dove due uomini, un italiano (Roberto Benigni) e uno statunitense che apparentemente non si conoscono, siedono insieme in un bar, bevendo una enorme quantità di caffè e parlando di nulla in un dialogo surreale, scambiandosi il posto a sedere, impressioni e opinioni sul caffè e le sigarette e infine, addirittura, i rispettivi appuntamenti.

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Permette? Alberto Sordi: l’”americano a Roma” di Edoardo Pesce

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“Insieme alla Rai abbiamo voluto fare questo affettuoso omaggio a Alberto Sordi raccontandone i primi anni della sua carriera artistica. Lui e mio padre rappresentano un patrimonio che rischia di essere dimenticato, me ne sono reso conto nel momento in cui, quando avevano sedici anni, ho chiesto ad alcuni coetanei di mio figlio chi fosse l’Albertone nazionale, sentendomi rispondere ‘Un grande sciatore’”.

Figlio dell’indimenticabile Nino, parla Luca Manfredi, regista di Permette? Alberto Sordi, che sarà distribuito nei cinema, come evento, il 24, 25 e 26 Febbraio 2020, per poi essere trasmesso in prima visione tv il 21 Aprile successivo, su Rai1.

Un titolo che, appunto, ci racconta il mitico “americano a Roma” del grande schermo partendo dalla sua espulsione dall’Accademia di Recitazione dei filodrammatici di Milano per approdare al fondamentale incontro con Steno, all’anagrafe Stefano Vanzina.

Uno Steno dalle fattezze di Massimo De Santis, che va ad arricchire ulteriormente un cast in cui, accanto a Giorgio Colangeli e Paola Tiziana Cruciani genitori sordiani, a fare da protagonista è un Edoardo Pesce incredibilmente in parte (non era un’impresa facile), il quale dichiara: “Il saltello mi è venuto subito facile, lo avrò nel dna. Abbiamo lavorato sulla musicalità e sulla romanità un po’ nobile, quella di Gigi Proietti, Anna Magnani, Ettore Petrolini e Aldo Fabrizi, che a casa mia non mancava. Non mi sono dovuto documentare troppo, mi è bastato il Sordi che conoscevo”.

E prosegue rivelando che la scena più divertente che ha girato è stata proprio quella in cui interagisce con Fabrizi, nei cui panni troviamo Lillo Petrolo, all’interno di un’ora e quaranta comprendente, tra l’altro, la gaffe sul set di Scipione l’africano, il provino per diventare doppiatore dell’Oliver Hardy conosciuto in Italia come Ollio, le riprese di Mamma mia, che impressione! e un fugace incontro con Corrado Mantoni, cui concede anima e corpo un lodevole Stefano Skalkotos.

Mentre è necessario sorvolare su una ricostruzione scenografica che per nulla sembra suggerire il periodo del secondo conflitto bellico d’ambientazione (ascoltiamo giusto qualche discorso alla radio di Benito Mussolini) per poter apprezzare una tutto sommato piacevole operazione destinata a ricordare, tra l’altro, che la guerra ha cambiato il cinema, facendo nascere il Neorealismo.

Il Neorealismo di cui fu uno dei più grandi maestri il Vittorio De Sica qui incarnato da Francesco Foti e che completa il quadro delle figure che interagiscono con il futuro “medico della mutua” della Commedia all’italiana, insieme alla Andreina Pagnani alias Pia Lanciotti con la quale ebbe una fondamentale storia d’amore e ad un giovane e già sognatore Federico Fellini dai connotati di Alberto Paradossi, affiancato dalla Giulietta Masina di Martina Galletta.

 

 

Francesco Lomuscio

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Cinema e drink: Youth, ispirato a Youth – La giovinezza di Paolo Sorrentino

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La creatività nel mondo dei drink travalica qualsiasi confine geografico, mentale e tematico. Drink ispirati a un amore, a un’emozione, ma anche a un oggetto, ai luoghi del cuore e a un film amato.

Abbiamo chiesto ad alcuni dei migliori barman e barlady romani di individuare un proprio, personale, film del cuore cui ispirarsi. Ne sono scaturite decine e decine di drink, ispirati a filmografie delle più disparate, dai classici Via col vento ai neo-classici firmati Quentin Tarantino.

Con tanti registi anche italiani al centro dell’ispirazione, da Giuseppe Tornatore a Gabriele Mainetti, passando per David Lynch e il suo Mulholland drive, dai film romantici a Mad Max, passando per i cinecomic e il recente Avengers: Endgame.

Film che hanno ispirato l’uso di tutti gli ingredienti presenti nel mercato, ricette coniugate con cognac, tequila, whisky scozzese, irlandese, bourbon americani del Kentucky, vermouth piemontese, gin inglesi, romani e toscani, amari e bitter, ma anche vodka, ginger beer e liquore Strega, per una nuova ‘geografia cinematografica del bere di qualità’. Preparazioni semplici e meno semplici, da gustare nei loro ingredienti di qualità, ricette create ad hoc da barman e barlady cinefili per sperimentare sé stessi dietro il bancone con un occhio al Grande Cinema.

Oggi è la volta di Youth, ispirato a Youth – La giovinezza, diretto nel 2015 da Paolo Sorrentino.

BARMAN: Giovanni Torre, bar manager e proprietario del Circus Cocktail Bar di Catania

INGREDIENTI:
4,5 cl VII Hills Italian Dry Gin
2 cl liquore al melograno
2 cl Sicilian citrus mix (limone e arancio siciliani)
1,5 sciroppo di miele salato
Foam di Gosling’s Ginger Beer

Bicchiere: mug di legno

Garnish: fiori eduli

PREPARAZIONE:
Versare tutti gli ingredienti in un Boston shaker e shakerare per una decina di secondi. Versare il drink all’interno di una piccola mug di legno e completare, aggiungendo una foam di Gosling’s Ginger Beer realizzata con l’aiuto di un “cappuccinatore”. Guarnire con fiori eduli.

ISPIRAZIONE:
Youth – La giovinezza di Paolo Sorrentino è, secondo il barman catanese Giovanni Torre, uno dei migliori film che il cinema italiano possa vantare ad oggi. Un film che non ha bisogno di parole, dove molte scene sono intensamente profonde, anche e solo grazie alla sublime fotografia firmata da Luga Bigazzi e alla colonna sonora di David Lang e Mark Kozelek. Un po’ come il drink: un mix perfetto fra dolce, sapido e aspro che coniuga gli agrumi siciliani e il miele salato alle botaniche romane del VII Hills Italian Dry Gin, con i suoi sapori di carciofo, sedano, camomilla e che non necessita di tante spiegazioni. Un drink che Torre realizza nel suo cocktail bar senza svelare gli ingredienti al cliente. La Youth, la Giovinezza per lui è questa: cogliere il meglio della vita senza cercare troppe spiegazioni, senza svelarne il segreto.

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Tramonti Di Cartone: un’armonica simbiosi di poesie, prose, fotografie e illustrazioni

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Marcello Affuso

Valentina Bonavolontá

Giulia Verruti

Disegni di Federica Crispo

Foto di Erica Bardi

Introduzione di Sabrina Goglia

 

Il 13 gennaio è uscito per la casa editrice GM Press, “Tramonti di cartone”, un’armonica simbiosi di poesie, prose, fotografie e illustrazioni che dialogano costantemente tra di loro creando un viaggio sensoriale dai molteplici significati.

Tramonti di cartone è un progetto condiviso in cui i tre autori, Marcello Affuso, Valentina Bonavolontà, Giulia Verruti, l’illustratrice Federica Crispo e la fotografa Erica Bardi, scelgono di abbandonare la zona di comfort che permette di celare se stessi nel chiaroscuro delle proprie fragilità, come se la vera essenza di sé fosse qualcosa di cui vergognarsi e si mettono a nudo, parlando di amori vecchi e nuovi, amicizia, perdita, ricordo, incontri, dolore, speranze. Un lavoro corale in cui ciascuno fa la sua parte.

Il ricavato delle vendite verrà interamente devoluto alla Onlus I Care, associazione che che ogni giorno lotta per portare in Africa acqua, istruzione e formazione ad un popolo duramente provato dalla fame, dalla miseria, dalla siccità, dalla guerra e da gravi emergenze sanitarie.

Del tempo passato insieme amo la forza del vento, che mi ha indolenzito le ossa, sciolto il pianto, navigando nei miei dubbi. Questo essere luce e fango, lo strabordare di incertezze, un fitto precipitare nella felicità. La gioia non riesce a spiegare mai le sue ragioni.

Tramonti di cartone è un viaggio, un duplice percorso di parole e immagini (66 sono i contributi totali) attraverso cui il lettore si potrà immergere in una profonda riflessione su se stesso, per riportare in superficie quella sensazione sopita, quell’emozione dimenticata, quel ricordo respinto a fatica sotto un cumulo di nuove esperienze.

Da un incipit nostalgico, con tinte cupe e amare si arriva, scavando a fondo nel proprio io, a un messaggio di speranza e di fiducia verso un futuro ricco di nuovi incontri e di nuovi inizi. Il tramonto diventa dunque apertura verso prospettive ignote ed “estremamente affascinanti nel loro essere potenziali”, un preludio a una notte che porta consiglio e che lascia spazio a un inaspettato, tangibile stupore.

Da “un labirinto di periodi ipotetici” si giunge a una “luce straordinaria prima che sorga il sole”, a una madre terra che genera fiori nonostante l’arsura, a uno scambio di sguardi che si tinge di azzurro.

Il tramonto indica, metaforicamente, qualcosa che volge al termine, che si dilegua e che, declinando, svanisce sotto la linea dell’orizzonte. Nell’istante che precede la scomparsa della luce un sentimento di malinconia ci assale, come se fosse l’ultima occasione per afferrare “un’effimera illusione”.

Il libro, che è attualmente in ristampa dato il grande riscontro di pubblico e di critica ottenuto, può essere acquistato su tutti i maggiori potali (come ad esempio Amazon) online e presso le Feltrinelli di Napoli.

 

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“La Malavoglia”: il disco omonimo della band napoletana

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La nuova produzione della Subcava Sonora nel suo decennale di attività

Online il videoclip del singolo “Una canzone vera”

Protagonista Riccardo Betteghella, volto di Casa Surace

 

 

Napoli, 20 febbraio – Esce oggi su Spotify e sulle principali piattaforme online (Apple Store, Google Play, Amazon Music) “La Malavoglia”, album dell’omonima band napoletana prodotto dalla Subcava Sonora, prima etichetta italiana Free SIAE che festeggia nel 2020 i primi 10 anni di attività.

Il progetto musicale unisce le sonorità mediterranee e di avanguardia pop all’utilizzo di testi narrativi, nel solco della migliore tradizione cantautorale italiana. Dieci tracce in cui si intrecciano sentimenti, conflitti e dubbi, oltre a tematiche intime e romantiche: la storia di due amici e della distanza, quella del rapporto tra un padre e un figlio o tra due amanti disillusi, l’amore, la dignità, e un omaggio a Tenco e alla sua vita, che ha ispirato la canzone “Ciao amore ciao”.

Accompagna l’uscita del disco il videoclip del singolo “Una canzone vera”, con l’art direction di Alfredo Esposito, che ne ha firmato anche la regia con Giuseppe Riccardi. Protagonista Riccardo Betteghella, volto dei video di Casa Surace. Il videoclip racconta una storia d’amore ambientata negli anni ‘70 in Italia, affrontando il punto di vista maschile sulle deviazioni dalla vita di coppia.

“La Malavoglia” è l’ottavo album pubblicato dalla Subcava Sonora, etichetta discografica che dal 2010 si occupa di produzioni audio e video, eventi e management, prima in Italia a distribuire dischi con licenza Creative Commons. Ha all’attivo, tra gli altri, gli album “Apocalypse Town” dei The Gentlemen’s Agreement e “Multiverso” dei Grammophone; rassegne musicali; concerti; eventi speciali, oltre a incontri pubblici sulle tematiche della proprietà intellettuale e della produzione.

 

 Link al videoclip:

 

 Link per ascolto di “La Malavoglia” su Spotify:

https://sptfy.com/lamalavoglia

 

 

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