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Marco Panella presenta il thriller “Tutto in una notte”

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Il Taccuino Ufficio Stampa

Presenta

 

Tutto in una notte di Marco Panella

Lo scrittore Marco Panella presenta “Tutto in una notte”, un thriller dai ritmi serrati ambientato in una Roma violata, sporcata dal sangue di vittime innocenti. Il protagonista della storia, Giulio Vancurti, vivrà una notte all’Inferno, pedina di un gioco più grande di lui in cui realtà e apparenza si confondono pericolosamente e ogni mossa può risultare fatale. Un romanzo dalle tinte fosche e malinconiche che racconta una storia in cui l’essere umano è passato al microscopio, per rilevare quelle zone oscure che si tenta invano di occultare. 

Titolo: Tutto in una notte

Autore: Marco Panella

Genere: Thriller

Casa Editrice: Robin Edizioni

Collana: Le Giraffe Noir

Pagine: 328

Prezzo: 18,00 €

Codice ISBN: 978-88-7274-510-6

 

«Era lì. Appoggiato al cofano di una macchina: la testa che guardava verso il basso, le braccia incrociate a tenersi stretto il petto o, forse, l’anima. Gli si avvicinò sino a pochi passi e solo allora Giulio alzò la testa di scatto mostrandole, bagnato e stravolto, un viso ancora da ragazzo […]».

 

Tutto in una notte di Marco Panella è una storia scritta con uno stile agile e asciutto, tagliente come la lama di un coltello. Uno stile che accosta il lirismo di certe immagini e suggestioni alla crudezza della narrazione. L’autore racconta una storia nera ricca di svolte impreviste, perché come i venti e la vita anch’essa ha il diritto di cambiare direzione, di mischiare le carte in tavola. È una vicenda narrata attraverso capitoli brevi e un linguaggio privo di orpelli, che si apre su un incipit potente che presenta il protagonista della storia, Giulio Vancurti. Panella entra nella mente di Giulio sezionandone i pensieri, penetrando fin nelle sue riflessioni più intime, e ne restituisce il ritratto di un uomo tutto d’un pezzo, molto presente a sé stesso; un professionista cinico e dal cuore indurito, che ha visto troppo dolore e violenza: “viveva nel silenzio dei segreti di Stato, nella penombra delle operazioni riservate”. Giulio è un agente segreto di massimo livello appartenente a un’organizzazione occulta denominata “l’Ufficio”, un ectoplasma amministrativo nato in concomitanza con la caduta del Muro di Berlino, i cui uomini sono votati alla segretezza e al sacrificio, nascosti tra le pieghe dell’apparenza. In una Roma “dall’anima disincantata” Giulio si muove in un’unica, infinita notte spinto da una sfida impossibile e sanguinaria: risolvere un rompicapo sadico distribuito in anonime scatole, che sembra ripercorrere a ritroso i luoghi e gli eventi della sua vita pre-Ufficio. E la Città Eterna sembra acquistare sempre più mistero, e da semplice scenario diventa essa stessa protagonista con le sue strade disordinate, con i suoi colori e le sue atmosfere senza tempo. Una città che si trasforma nel labirinto in cui Giulio si perde, in cui Giulio lotta per scoprire cosa si cela dietro la nebbia che l’ha avvolto: “sapeva bene che è solo nel gioco delle ombre che la verità si può mostrare e si può vedere per quello che realmente è”. Tutto in una notte racconta una storia attraversata da una profonda vena di inquietudine, e avvolta da un’atmosfera opprimente che ingloba il lettore in una spirale discendente verso lo stesso Inferno in cui è imprigionato Giulio. Tanti sono gli interrogativi, troppe le contraddizioni, poche le certezze. E come i pezzi di donna ritrovati nelle misteriose scatole, così il lettore ottiene segmento per segmento la propria verità, fino al drammatico finale di un thriller dal meccanismo perfetto e ricco di suspense, in cui bene e male diventano concetti relativi e in cui è labile il confine tra realtà e apparenza.

 

 

TRAMA. L’Ufficio non sarebbe dovuto esistere, lo conoscevano in pochi e tra loro qualcuno era di troppo. Giulio Vancurti è un invisibile costretto a rincorrere il suo passato, ma sullo sfondo di una Roma bella e terribile, nel caldo estivo di una sola notte, il passato è solo un pretesto. Nel gioco delle ombre, verità inconfessabili si alternano in un verosimile che scorre tra colpi di scena, cronaca e storia recente; è l’intero sistema della sicurezza nazionale ad andare in crisi e a mostrare quel cuore di tenebra dove gli invisibili diventano angeli custodi. Giulio Vancurti, quando la notte lascerà il posto al giorno, non sarà più lo stesso. Nessuno lo sarà più.

 

 

L’AUTORE È DISPONIBILE A RILASCIARE INTERVISTE

Per richiedere e/o prenotare intervista

iltaccuinoufficiostampa@gmail.com

 

 

BIOGRAFIA. Marco Panella è laureato in Scienze Politiche con indirizzo Internazionale ed è imprenditore della comunicazione e strategic advisor per l’innovazione. Esperto di storia del costume italiano e curatore di mostre e festival culturali, coniuga all’attività professionale interessi personali che spaziano dalla geopolitica all’etica della tecnologia. Pubblica nel 2019 per Robin Edizioni il thriller “Tutto in una notte”.

 

 

Contatti

http://www.robinedizioni.it/

 

Link di vendita

https://www.amazon.it/Tutto-una-notte-Marco-Panella/dp/8872745101

http://www.robinedizioni.it/nuovo/tutto-in-una-notta

 

 

 

 

IL TACCUINO UFFICIO STAMPA

Via Silvagni 29 – 401387 Bologna – Phone: +393396038451

Sito: https://iltaccuinoufficiostampa.com/

Facebook: www.facebook.com/iltaccuino.ufficiostampa/

Mail: iltaccuinoufficiostampa@gmail.com

 

 

 

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Silvia Tirado dalla TV alla musica il successo continua!

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Dal mondo della TV a quello della musica. Dal set fotografico allo studio di registrazione. Ovunque sia, Silvia Tirado fa strage di consensi. Dopo aver stregato il popolo della tv con la sua partecipazione a Temptation Island, ora è arrivato il momento del suo primo singolo. Un brano profondo, che parla della sua storia, quella di una ragazza che si è sempre data da fare, indipendente ed autonoma, ma anche “non facile da conquistare, dato che talvolta gli uomini preferiscono accontentarsi di donne più semplici inteso nel senso della “conquista” vera e propria”. Un brano che tratta dell’invidia nell’ambito dell’amicizia, dall’iconico titolo “Diablita”, che lancia Silvia Tirado nel panorama musicale italiano. Ma non solo. On line è già disponibile la cover della canzone del ’96 dei No Doubt, Don’t Speak, e molto altro è in arrivo. La musica d’altronde ce l’ha nel sangue, trasmessale dal papà che è cantante e musicista di pianoforte e chitarra.

I suoi insegnamenti sono stati preziosissimi.

Tutt’ora ha un gruppo musicale con il quale si esibisce in vari eventi, mi ha insegnato che le passioni non vanno mai abbandonate, Tutti noi dovremmo averne una da perseguire! Sono cresciuta con la musica sin da bambina, ma non avevo mai pensato di farla diventare una vera e propria professione, cantavo con mio papà come hobby!

Finchè poi…

Il mio ex fidanzato Gabriele Pippo, essendo produttore, un giorno mi disse di provare a creare qualcosa insieme. E da lì abbiamo iniziato insieme questo bel percorso musicale. Lui è uno straordinario produttore e sto continuando a collaborare con lui. Ora mi trovo solo all’inizio e mi auguro che questo percorso musicale possa andare sempre meglio!

Riavvolgiamo il nastro: presentati al pubblico.

Sono Silvia Tirado ho 26 anni, mamma della Repubblica Dominicana e papà italiano. Nella vita sono una studentessa di lingue e sto frequentando un corso di russo. Sono modella e cantante. Ho frequentato il liceo linguistico ed essendo cresciuta con una doppia cultura… adoro le lingue!

Il pubblico ha imparato a conoscerti in tv.

Ho fatto vari lavori nel campo dello spettacolo e Temptation Island è stata una delle esperienze più recenti che ho fatto. Sicuramente mi ha fatto maturare, ogni esperienza ci migliora e ci fa imparare delle cose! Purtroppo i miei problemi di coppia c’erano anche prima di entrare nel programma, motivo per il quale poi la mia relazione post-programma con Gabriele è crollata, a mio malincuore in quanto ho messo tutta me stessa per cercare di salvare il salvabile!

Non solo Temptation Island…

Sono stata protagonista di un trailer sul femminicidio. Ho partecipato come concorrente ad Avanti un Altro, è stata una bellissima esperienza e sono morta dalle risate! Ho inoltre partecipato ad uno spot americano per una banca e tanti altri lavori che spero siano solo un punto di partenza. Il mio sogno è quello di avere possibilità di essere conosciuta anche all’estero soprattutto nei paesi latini dove si parla lo spagnolo.

Sei seguitissima sui social.

Mi piace trasmettere messaggi positivi alle persone, raccontare un po’ della mia vita. In particolare utilizzo i social per far ascoltare la mia musica e presto ci saranno delle novità! Dei social non mi piace la cattiveria gratuita con la quale molte persone si esprimono. “Le parole hanno un peso” come ha detto Tiziano Ferro nel programma “Che tempo che fa” durante bellissimo monologo. I social hanno dato la possibilità alle persone di esprimere senza freni inibitori i loro pensieri, talvolta esagerando e senza rendersi conto della gravità delle parole che utilizzano!

Chi è Silvia Tirado nel quotidiano?

Inizio con il dire che la vita che vedete sui social non è la vita reale! Io la maggior parte dei giorni sono struccata ed indosso una tuta dal momento che sono sempre di corsa tra università, palestra, studio di registrazione, corso di russo, interviste varie ecc. È ovvio che sui social non posso pubblicare una mia foto in condizioni pietose (ride!), anche se a volte nelle storie di Instagram i miei followers mi ci possono vedere. Al tempo stesso… so anche che chi mi segue mi ama (spero!) anche per la mia semplicità.

Come vorresti essere?

Idealmente vorrei essere sempre ben vestita e truccata, ma per la vita che faccio non riesco a farlo ogni giorno. Il mio ex mi diceva sempre che… “è un miracolo quando ti vedo truccata!”. La sera cerco sempre di essere elegante con un tacco ed un vestitino, oppure adoro indossare pantaloni a vita alta.

Cosa ti differenzia dalle altre ragazze?

Il fatto di essere una persona estremamente umile, credo che non mi succederà mai di montarmi la testa. Invece purtroppo noto che molte persone, ragazze e ragazzi compresi, per un minimo di notorietà si sentono come se fossero un Dio sceso in terra! E questo non fa del bene a nessuno, nemmeno a loro!

Cosa ti riserverà questo 2020?

Inizio col dire che tra aprile e maggio uscirà il mio prossimo brano, sempre in italiano e spagnolo, con un contenuto molto profondo. Non vedo l’ora di farvelo ascoltare! Sarà disponibile su Youtube, Instagram e Spotify: seguitemi per restare sempre aggiornati!

Come e dove ti immagini fra 10 anni?

Mi vedo realizzata a livello lavorativo e soprattutto appagata a livello sentimentale, magari con una bella famiglia.

La Redazione

CONTATTI

SINGOLO Diablita

Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=ViG6XiZZqCU
Instagram: https://www.instagram.com/tv/BzX-csHAx2t/?hl=it
Spotify: https://open.spotify.com/album/12Vqs33L5KMnKjCIrU64SM?highlight=spotify:track:5bvBFzgXcLlbJnGrJZHXxG

COVER Don’t Speak
Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=OCXTbcDlaso
Instagram: https://www.instagram.com/tv/B7LLc32IHVH/?hl=it

PERSONALI

Youtube: https://www.youtube.com/channel/UCsjhQ16yiNQhzkeoI7tUjLA?view_as=subscriber
Spotify: https://www.google.com/search?q=spotify+silvia+tirado&oq=spoti&aqs=chrome.2.69i59l3j69i57j0l4.3243j0j8&sourceid=chrome&ie=UTF-8
Instagram: https://www.instagram.com/silviatirado__/?hl=it

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Il video ufficiale di Rabbit Hole, il nuovo successo dei CamelPhat

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È on line il video ufficiale di “Rabbit Hole”, l’ultimo successo del duo inglese CamelPhat, che nella circostanza si sono avvalsi del featuring di Jem Cooke, già collaboratore di “Breathe”, traccia di CamelPhat & Cristoph. Il video è stato diretto da Taz Tron Felix (“Stormzy”, “Headie One”), con visual innovativi che creano un vero e proprio viaggio nella tana del coniglio dei CamelPhat. ‘Rabbit Hole’ (Sony RCA) è un’autentica hit, presente nella A-list di BBC Radio 1, già capace di totalizzare oltre 3 milioni di stream su Spotify e appena arricchita dai nuovi remix di Monkey Safari.

Nominati ai GRAMMY Awards, i CamelPhat sono da anni tra i dj più richiesti nei migliori festival e nei più importanti club di tutto il mondo. Inseriti dalla rivista Mixmag nella Top 10 DJs del 2019, sono tutt’ora gli artisti che hanno venduto più di chiunque altro sul portale Beatport, forti anche e soprattutto del rispetto e della considerazione di tutti i top dj e producer, Annie Mac, Zone Lowe e Pete Tong su tutte. Il brano “Cola” del 2017 è valso loro la succitata nomination al GRAMMYs ( categoria Best Dance Recording) ed è stato certificato disco di platino in Gran Bretagna. Ottimi i riscontri per altre loro tracce quali “Panic Room” featuring Au/Ra e “Be Someone”, quest’ultima realizzata insieme a Jake Bugg.

 

 

Il video di “Rabbit Hole” arriva dopo un 2019 intensissimo per i CamelPhat che hanno suonato nei più importanti festival mondiali quali Glastonbury, Coachella, Reading & Leeds, Warehouse Project, Parklife e Tomorrowland; questa estate sono stati resident per undici settimane consecutive insieme ai Solardo e Fisher all’Hï Ibiza nella one-night BODYWORKS, il party che sulla isla ha venduto più biglietti di tutti quanti, oltre 90mila. Sempre lo scorso anno il loro tour britannico è andato sold out: cinque date in location iconiche quali la Brixton Academy (data andata sold out sei mesi prima del suo svolgimento) e il Bramley Moore Dock di Liverpool, che grazie ai CamelPhat ha registrato il tutto esaurito più veloce della sua storia.

Il loro 2020 è iniziato in maniera altrettanto brillante, con due sold out allo XOYO e al Village Underground, due extended set in programma entrambi sabato 25 gennaio. Questa estate saranno headliner al festival We Are FSTV insieme a Carl Cox e a Lost & Found, il festival maltese di Annie Mac. Altre date importanti saranno annunciate a breve.

www.instagram.com/camelphatmusic

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ANNA FALCHI si pronuncia sul sesso ascellare a “Lingue a Sonagli”

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ANNA FALCHI

Ospite di “Lingue a Sonagli”, la scoppiettante attrice
si pronuncia su nuove e bizzarre pratiche sessuali:

«Il sesso ascellare che piace ai giovani? Se po’ fa’»

Intervistata da Bussoletti e Giuliano Leone durante la puntata del talkshow “Lingue a Sonagli” trasmessa lo scorso 15 gennaio su RadioRock dal palco de Na Cosetta di Roma, Anna Falchi ha rilasciato dichiarazioni piuttosto divertenti su tematiche diverse.

Parlando della moda del sesso ascellare scoperta da Andrea Lupoli in “Genetica Oggi”, la Falchi ha detto: «Tutti sconvolti dal fatto che ai giovani piaccia praticare il sesso ascellare? E perché? Se po’ fa’, si può fare tranquillamente. Come? Beh, adesso non entriamo nel tecnico».

Scoperta dal noto regista Federico Fellini grazie a uno spot girato con Paolo Villaggio, Anna Falchi è stata co-conduttrice dell’iconico Festival di Sanremo del 1995 insieme a Pippo Baudo.

Durante l’intervista con Bussoletti e Giuliano Leone, la Falchi ha raccontato di come è approdata al Festival di Sanremo al fianco di Pippo Baudo: «Sia io che Claudia Koll eravamo in un film ad episodi chiamato “Miracolo italiano”. A me facevano fare il trans, fidanzata con un giovanissimo Leonardo Pieraccioni al suo primo film. L’idea divertì tanto Pippo che mi chiamò all’Ariston».

“Lingue a Sonagli” è un programma ideato e condotto da Bussoletti in onda ogni quindici giorni su RadioRock.

Ighttps://www.instagram.com/lingueasonagli/?hl=it

RED&BLUE MUSIC RELATIONS
www.redblue.it – info@redblue.it

Fb: RedBlueMusic
Ig: redblue_musicrelations
Tw: RedBlue_Music

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La cantautrice CINZIA GARGANO all’ATTICO MONINA a Sanremo!

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CINZIA GARGANO salirà a breve su un aereo molto importante: quello che, dalla Sicilia dove è nata e vive, la porterà fino a Sanremo per partecipare ad ATTICO MONINA, il format che il noto giornalista Michele Monina organizzerà in contemporanea con il Festival. Un ottimo trampolino di lancio per un talento sfaccettato (è anche ballerina, volto televisivo, è transitata dai musical) confermato in pieno dal nuovo singolo, STUPISCIMI.

“Stupiscimi – racconta Cinzia – nasce dalla voglia di raccontare, in chiave ironica, le molteplici aspettative che ogni incontro di vita porta con sé. Ogni persona che appare nel nostro percorso, indipendentemente dal tipo di relazione che si instaura, rappresenta la voglia e la speranza di ripagare le nostre delusioni precedenti, finendo quasi sempre con il rivelarsi il solito “copione”. La voglia di essere stupita rimane il filo conduttore del brano ma, avendo come “arma di vita” il sorriso, nonostante il finale, non ci resta che raccogliere il segreto che ogni storia porta con sé e augurare “buona felicità”!

Cinzia Gargano, nata a Palermo, comincia il suo percorso artistico già all’età di quattro anni, in veste di ballerina. Dal 2001 prende forma il suo percorso professionale in diverse compagnie teatrali e dal 2009 intraprende un corso accademico biennale di musical dove, oltre a continuare lo studio della danza, si approccia allo studio di altre discipline quali il canto e la recitazione.

Dal 2011 porta in scena diversi musical in qualità di performer e nel 2013 esordisce ufficialmente come cantante entrando a far parte di un trio vocale femminile, conosciuto con il nome “Le Morgane”, con il quale si esibisce a Palermo e in tutta la Sicilia oltre che in diverse emittenti televisive e radiofoniche regionali e nazionali. Dal 2015 entra a far parte della band “Teresa” e dal 2017 esordisce in veste di cantautrice con la pubblicazione del suo primo singolo dal titolo “AAA CERCASI” che porta in scena durante i suoi live da solista ed in diverse emittenti radiofoniche e televisive; inoltre, grazie al suo brano, ha la possibilità di passare la selezione ed accedere alla semifinale del format “Fiat Music” di Red Ronnie esibendosi al Teatro Massimo di Siracusa ed in diretta streaming su RoxyBar Tv.

Nel 2018 comincia la collaborazione con “Radio In” in veste di volto televisivo all’interno della trasmissione di “Radio Insieme”, in onda su diverse emittenti regionali. Nello stesso anno il suo progetto cantautorale si arricchisce con un’importante collaborazione: quella con Edoardo Musumeci, chitarrista dei Tinturìa e chitarrista del quartetto acustico di Red Canzian, che da quel momento avrà il ruolo di Produttore Artistico/Chitarrista.

Nel settembre del 2018 pubblica il singolo “Ti amo il meno possibile” in anteprima su All Music Italia e successivamente su tutti i digital store e radio regionali e nazionali. Grazie a questo brano partecipa al contest 1M NEXT, organizzato da iCompany, per avere la possibilità di salire sul palco del Primo Maggio a Roma e si aggiudica la semifinale.

A giugno del 2019 pubblica il secondo singolo dal titolo “TragiFavola” in anteprima su TGCOM24 e a settembre viene invitata dal giornalista, critico musicale e direttore artistico Michele Monina per partecipare al Festivalino di Anatomia Femminile, un format che vede protagoniste le cantautrici italiane emergenti. A novembre partecipa alla fase regionale del Win Sisal Contest organizzato da Giampaolo Rosselli aggiudicandosi la vittoria e la finale nazionale a Milano, grazie al consenso dei giurati presenti in gara: Francesco Rapetti Mogol ed il direttore esecutivo della Sony, Roberto Rossi. Attualmente continua il suo percorso di cantante e di performer dividendosi tra live musicali e spettacoli teatrali, in attesa dell’uscita del suo primo disco dal titolo “Seria – Mente”.

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Presentato a Roma Figli con Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi

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Figli è il mio secondo film. Il precedente era molto più drammatico rispetto a questo e voglio precisare che io non ho figli. Mattia mi disse che pensò a me come regista in maniera molto istintiva, non per un preciso motivo. E fu sua anche la scelta di inserire in piccoli ruoli un po’ tutti gli attori che avevano lavorato con lui, da Valerio Aprea a Paolo Calabresi”.

Autore nel 2012 di Pulce non c’è, parla alla stampa romana il regista Giuseppe Bonito in occasione dell’arrivo nelle sale cinematografiche – a partire dal 23 Gennaio 2020 distribuito da Vision Distribution – di Figli, sua opera seconda, sceneggiato dal Mattia Torre che è stato tra gli artefici della serie televisiva Boris e che è prematuramente scomparso nel Luglio 2019.

Protagonisti del lungometraggio sono due genitori che, alle prese con gli equilibri familiari sconvolti dall’arrivo del secondo figlio, possiedono i volti di Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea, anch’essi presenti in conferenza insieme ai produttori Lorenzo Mieli e Nicola Maccanico.

Il Valerio Mastandrea che ha ricordato come in tutti i lavori di Torre fosse presente una punta di ottimismo, oltre a precisare: “Credo che in questo film vi sia un po’ tutto il modo di fare che Mattia aveva nell’affrontare la realtà, a cominciare dalla sfrontatezza. Qui non si parla di figli e basta, ma della maniera in cui si può e si deve rispondere agli urti della vita. Essere madri o genitori, poi, non è un punto di arrivo, ma una fase di accompagnamento verso la fine dell’esistenza”.

Mentre la Cortellesi, che non ha dimenticato di ribadire come attraverso l’ironia del compianto sceneggiatore si trovi modo di ridere della realtà, ha dichiarato: “Io mi sono riconosciuta in tutte le tipologie di genitori affrontate in Figli. Non sono raccontate in maniera surreale, ma vera. Inoltre, è un film che parla di tante cose, di una coppia, di amore e del lavoro certosino che si fa per andare avanti. Parla di come mantenere in equilibrio una relazione, venirsi in contro e far sì che il rapporto rimanga saldo e vivo”.

 

Francesco Lomuscio

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Anteprima a Firenze per la commedia Go Dante Go Go Go

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Il 21 Gennaio 2020, alle ore 21.00, si terrà presso il cinema La Compagnia di Firenze l’anteprima del film indipendente Go Dante Go Go Go, del regista fiorentino Alessio Nencioni.

Il lungometraggio è un progetto autoprodotto realizzato dal collettivo Magnetic Head che conta sulla forza di un ampio gruppo di giovani attori e uno staff composto da studenti e professionisti attivi sul territorio di Firenze.

Go Dante Go Go Go è una commedia alternativa con protagonista un giovane e scalcinato regista che, in cerca di rivalsa, decide di partecipare ad un concorso per cortometraggi, con il folle intento di girare dieci cortometraggi (uno per genere cinematografico) in meno di un mese.

“Dopo tre anni di lavoro, siamo riusciti a concludere un film ambizioso all’interno del quale si trovano ben dieci generi cinematografici come l’horror, il musical, il western e il film di animazione… Una sfida notevole che abbiamo affrontato insieme ad un gruppo di lavoro che con gli anni è cresciuto sia numericamente che tecnicamente” dichiara Nencioni.

La proiezione in anteprima sarà alla presenza di tutto lo staff e presentato da Giuseppe Armellini, autore del blog Il Buio in Sala.

Il film è sceneggiato dallo stesso Nencioni, mentre fanno parte della troupe il direttore della fotografia Filippo Ficozzi, la costumista Sara Albertazzi, gli autori della colonna sonora Matteo Ficozzi e Matteo Mannocci, l’aiuto regista Guendalina Vannini e l’assistente alla regia Bruno Nencetti.

Interpreti di Go Dante Go Go Go sono Giacomo Dominici, Giacomo Casali, Gabriel Gori, Mariapia De Sandro, Cosimo Desii, Ivan Monti, Marta Falugiani, Giorgio Borroni, Yana Proshkina, Victor Valdemar, Lauro Filipponi, Mark Obi Kalu, Ferman Ali e Vladimir Voccoli.

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Antonia Almodovar rende felici i bambini di Zanzibar!

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Antonia Almodovar dai Vip della Roma By Night ai  bambini di Zanzibar! Come nasce questa iniziativa?

Ciao Alex, un saluto a te e a tutti i lettori di Mondospettacolo. Questa iniziativa nasce perché ormai vivo qui da anni, ogni natale faccio sempre qualcosa per I bambini dove vivo a Nungwi-Zanzibar (Tanzania). Quest’anno ho pensato di donare per il mio compleanno 250 regali per Natale ai bambini del mio villaggio grazie al sostegno dei miei amici e parenti che mi seguono in Italia e ai miei eventi. Questa iniziativa l’abbiamo organizzata io e la mia amica attrice Stefania Marchionna, che nonostante la lontananza è riuscita a raggiungere un ottimo risultato in termini di donazioni economiche.

Nella foto: Antonia Almodovar e Stefania Marchionna

Che rapporto hai con Stefania?

Ci conosciamo da molti anni ed è come una sorella per me. C’è una frase che dice: “A volte casa è una persona” Ecco questo Stefania è per me. Le devo tanto perché mi ha sempre sostenuto in qualsiasi mia scelta.

Come hai organizzato il tutto?

É stato semplice. Sono andata nel villaggio ed ho scelto chi realmente aveva bisogno di un giocattolo. Una volta fatto questo, ho poi deciso di festeggiare insieme a loro il mio compleanno in spiaggia.

Ti ha aiutato qualcuno?

Si, per fortuna le amiche che vivono qui: Luana Nisoli, Ester Gudeon e Vindo Stunkovich. Sono stati davvero di grande aiuto e quel giorno siamo riusciti a coordinare 250 bambini, farlo da sola sarebbe stato impossibile. Ringrazio anche il proprietario del NUNGWI INN RESTAURANT Mohil Chavda che mi ha dato un area dedicata.

Quali sono i progetti futuri di Antonia Almodovar?

Vorrei costruire una scuola di lingue in Africa a nome mio. Perché ho sempre pensato che se i bambini imparano le lingue, in futuro avranno più possibilità di trovare lavoro altrove.

Ti manca organizzare eventi a Roma?

Si mi manca! L’avevo anche detto in precedenza in un’altra intervista. Ritornerò a breve in Italia dove ho già diversi eventi da organizzare.

A.C.

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Herzog incontra Gorbaciov: ritorno al documentario per l’autore di Aguirre, furore di Dio

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Il ritorno al cinema documentario di Werner Herzog, con Hrrzog incontra Gorbaciov, testimonia come l’ineluttabilità del tempo che passa, al centro della canzone As time goes by di Herman Hupfeld entrata nel Patheon dell’immortale magnificenza grazie all’inobliabile cult movie Casablanca, non faccia sconti neanche agli autori venerati alla stregua di demiurghi dai trepidanti cinefili atei.

Seppur estraneo all’algida registrazione nuda e cruda degli eventi, Herzog incontra Gorbaciov stenta ad andare oltre i colpi di gomito alieni all’impeccabile misura dell’implicita verità poetica. Connessa all’inusitata capacità di cogliere dal vivo l’assoluta forza significante dell’aura contemplativa. Werner Herzog, quindi, difficilmente riuscirà ad acquisire nuovi ammiratori pur appagando appieno le attese dei fan che ne venerano il carattere d’ingegno creativo da quando diresse Aguirre, furore di Dio sulla medesima falsariga degli apologhi febbrili e visionari realizzati dal Maestro brasiliano Glauber Rocha. Anche se già un anno prima aveva sagacemente unito nel docu-film Paese del silenzio e dell’oscurità l’immediata efficacia della crudezza oggettiva ad alcuni stranianti ed empatici cortocircuiti immaginifici.

Mentre i ricordi d’infanzia della signora tedesca sordo-cieca Fini Straubinger traevano linfa dall’interazione delle immagini in bianco e nero con quelle a colori, conducendo gli spettatori in un’atmosfera colma di legittimo spasimo ed elegiaco trasporto, nonostante l’assenza degli attori professionisti in veste d’idonei traini emotivi, adesso la carta della reminiscenza, con la sofferenza nascosta a malapena dall’orgoglio nostalgico, lascia abbastanza perplessi. L’intelaiatura figurativa, che congiunge alla bell’e meglio presente e passato, ponendo in risalto i video di repertorio, ai tempi dell’università, con l’ausilio della voce fuori campo dello stesso Herzog, palesa l’assenza di opportune varianti. Non solo nell’humus dei motivi visivi, in grado di riverberare i timbri introspettivi, ma anche sotto l’aspetto del rivelante umorismo. A differenza di Pepe Mujica, una vita suprema, in cui Emir Kusturica afferra gli incanti, i disincanti, gli eloquenti silenzi, i balzi di rabbia, il legame con la Madre terra e l’affetto del politico uruguayano standogli accanto con lo scrupolo dell’antropologo frammisto alla spontaneità degli amici intimi, Herzog incontra Gorbaciov mena il can per l’aia.

I continui campi e i controcampi non godono d’un’inventiva intenta a rendere partecipe il pubblico dell’umanità dolente, della sincerità d’accenti, del piglio innegabilmente lucido, a dispetto delle ottantanove primavere, ormai alle porte, dell’uomo di potere russo insignito nel 1990 del Nobel per la pace. Circostanza che non viene nemmeno menzionata. Al contrario dei maestosi funerali di Stato dei suoi illustri predecessori. Mostrati in slow motion, con i gendarmi al seguito intenti a marciare solennemente fendendo l’aria col passo marziale ai limiti del ridicolo involontario. Il ricorso agli ampollosi carrelli in avanti sul cimitero dove sono sepolti i genitori dell’ex segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica scivola verso l’inane retorica. Estranea all’antica virtù di connettere il dinamismo dell’azione alla dinamicità interiore. Con buona pace degli esornativi ricami contemplati dalle mere inquadrature paesaggistiche. Stesso discorso per l’effigie dall’alto del villaggio natìo che veleggia in realtà sulla superficie dell’inutile segno d’ammicco. L’egemonia fugace degli elementi ambientali in filigrana sui particolari pienamente visibili, ed ergo schiavi dell’enfasi manieristica, sebbene sopperisca alle banalità scintillanti, contrabbandate per momenti folgoranti, non basta ad accrescere lo scarso livello d’empatia.

Bisognerebbe, comunque, avere il cuore di pietra per non commuoversi dinanzi alla rievocazione del trapasso dell’amata moglie. Simile alla Shirley Mac Laine degli anni verdi nella fragranza del sorriso burlone ed estremamente comunicativo. Lungi dal pagare dazio all’incedere inesorabile delle rughe d’espressione sul volto della ragazza d’una volta. Il flashback tangibile ed effettivo dell’ennesima cerimonia mortuaria, giustapposta alla maschera attuale di Gorbaciov, che serba la dote della dignità insieme alla punta di spina dell’insanabile lutto, disarma senz’altro il cervello. Per lasciare spazio alle ragioni del cuore. Peccato che resti uno sparo nel buio. La realtà minimalista, sepolta nel quotidiano, anziché investire completamente la sfera privata dei sentimenti, cede il passo alla dimensione pubblica. Allo spaventoso disastro di Chernobyl, al crollo del muro di Berlino, allo sminuzzamento dell’URSS. Almeno Gianni Amelio, quantunque abbia finito per anteporre l’esacerbazione delle note intimiste alla saggia ed evocativa asciuttezza del lavoro di sottrazione, in Hammamet è riuscito a dare la precedenza all’ordine naturale delle cose. Con il crepuscolo di un re spodestato, in esilio, prossimo alla fine, assorto nell’arida malinconia dei pensieri fissi. Per ciò che sarebbe potuto essere e invece non è stato. Herzog incontra Gorbaciov ci dice, all’opposto, poco o niente di se stesso e del protagonista. La padronanza dei perlustrativi movimenti di macchina, indirizzati negli esterni, privi delle della componente mitopoietica che rinsalda il senso profondo dei vincoli di sangue e di suolo, ignora l’intensa levità gentile. Che serpeggia nel caldo rilievo degli interni. Laddove, insieme al garbo decoroso, alberga l’insito bilancio dell’esistenza.

 

 

Massimiliano Serriello

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Botero – Una ricerca senza fine: il documentario su un artista straordinario

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La rinuncia da parte degli autori dei documentari alla recitazione risulta a chi taglia tutto con l’accetta, nella convinzione di afferrare i massimi sistemi, il sintomo dell’antiretorica. Eletta ad antidoto contro la capacità di presa immediata garantita dal gioco fisionomico e dall’ampia aderenza ai personaggi reali nel corso della finzione scenica.

La disponibilità del vero Fernando Botero Angulo – stimatissimo ed eclettico pittore, scultore e disegnatore colombiano – non ha però determinato per il pur industrioso regista Don Millar l’egemonia dell’asciuttezza sull’enfasi. Botero – Una ricerca senza fine è, infatti, un’opera che aggiunge l’affetto al sentimento. Con l’ovvio risultato di cadere nella svenevolezza. E, quindi, anche nella monotonia. Perché ciò che costituisce un’impennata espressiva per ogni film di finzione avvezzo a tali escamotage diviene un’arma a doppio taglio nel campo accidentato dell’informazione culturale.

Sin dall’incipit, sulla scorta di una colonna sonora accattivante ma manieristica, il dietro le quinte delle rassegne tenute dall’esimio artista sudamericano rientra nell’ordinaria amministrazione. Al contrario di quel che sarebbe avvenuto se certe tecniche di straniamento avessero penetrato la complessità di un’indole tanto geniale. Approfondita reinventandone, magari, in camera caritatis alcuni aspetti cruciali. Ritenuti di poco conto lì per lì. Senza questa licenza di decidere come arricchire il punto d’insita convergenza tra componenti nude e crude ed elaborazione introspettiva, grazie all’opportuna carica fantastica, occorre il colpo d’ala dell’estro, ad appannaggio di autentici fuoriclasse del calibro di Gianfranco Rosi e Joshua Oppenheimer, per andare oltre una deleteria piattezza munita soltanto di pleonastiche strizzatine d’occhio. Millar, degno d’encomio sul piano della divulgazione di specie giornalistica per essere riuscito in passato a portare a galla i danni inflitti all’ambiente dalla cinica compagnia petrolifera ExxonMobil, con conseguenze disastrose ai danni soprattutto del riscaldamento globale, barcolla. Anche se, come si dice, non molla. D’altronde un conto è padroneggiare il peso informativo della notizia, un altro paio di maniche è conferirgli il valore di rappresentazione sul grande schermo. Sostituire l’asse portante dell’aura contemplativa col vizio, ormai piuttosto diffuso, di trarre partito dall’acume altrui, per poi o far finta di nulla o spacciare i plagi per omaggi (delle due non si sa quale sia peggio), è già di per sé un’autorete. Ci mette una pezza, quantunque alla buona, l’interessante sequenza in cui Botero rinvanga a tavola il passato insieme ai propri figli.

L’amarcord, però, chiaramente predisposto nella fase ex ante, sulla base delle indicazioni del prodigo co-sceneggiatore Hart Snider, artefice non a caso pure del programmatico montaggio, nel momento clou, chiamiamolo in itinere, non coglie affatto l’idonea giustezza interiore. Permane un ché di artificioso unito alla disinvoltura dei dolci sguardi scambiati dai congiunti nel (ri)percorrere il viale dei ricordi a braccetto dell’illustre capostipite. Le composite voci fuori campo, volte a darsi il cambio con schematica solerzia, anziché garantire il senso della scoperta al viaggio reminescenziale, costituito dalle foto in bianco e nero giustapposte, al pari dei filmati di repertorio, alle immagini del presente in vena di flashback, finiscono col nuocere all’efficacia di alcuni silenzi colmi di significato. La “minerale immobilità” dei monumenti di marmo nero, che il vate degli inviati speciali nostrani, Indro Montanelli, nel raccontare le vicende della storia autoctona, seppe tramutare in sapida aneddotica, affidandosi alla virtù dell’umorismo pungente, mantiene, invece, l’inane freddezza. Con buona pace dei continui movimenti di macchina in chiave asincrona. L’inesausta ricerca suggerita dal sottotitolo resta perciò latitante. Inoltre la prole cresciuta che rinviene, apparentemente motu proprio, il materiale inedito sul venerabile genitore richiama fin troppo alla mente l’inizio del cult I ponti di Madison County diretto da Clint Eastwood. Con i trascorsi della signora Francesca alias Meryl Streep scoperti dal sangue del suo sangue in mezzo agli scatoloni. Come conviene alle vicende romantiche attinte a piene mani alla monumentale meraviglia letteraria À la recherche du temps perdu di Marcel Proust.

Quello di Botero, capace d’imprimere all’effigie della caricatura lo slancio dell’anima che risiede nel cortocircuito dell’invenzione pura e nella virtù evocativa del timbro trasfigurante, non è tempo perso. Il panegirico ivi connesso, nondimeno, anche se strizza l’occhio al Bel Paese, rimarcando il legame dell’erede di Caravaggio e Picasso con l’Italia, Firenze in particolare, non serve a comprendere la ragione di quelle sagome generose. Né dell’emblematico foro di risonanza. All’origine, all’inverso, degli accostamenti ridotti al lumicino. L’affetto altresì per Pietrasanta, per gli Champs-Elysées a Parigi, e per qualsivoglia posto del pianeta dove troneggia il frutto del carattere d’ingegno creativo contraddistinto dalla trepidazione estetica, che rimanda alla fondamentale bellezza interiore, innesca uno spettacolo di terz’ordine. Ed è l’impasse maggiore di Botero – Una ricerca infinita. Considerando la statura artistica del protagonista. La concezione mitopoietica dei luoghi cede il passo agli effimeri motivi di fianco. L’evidenza, all’opposto, dei suggestivi match-cut e degli assidui tagli di luce sui volti di ciascun testimone accreditato del sovvertitore delle norme comuni, aliene all’eterea sensualità nascosta nelle scomode metamorfosi, accredita l’ambìta narrativizzazione. L’assenza in Botero – Una ricerca senza fine della geografia emozionale rinsalda tuttavia il rimpianto per l’occasione persa che ribalta in tenerume il fervore profuso nell’apogeo dell’inventiva.

 

 

Massimiliano Serriello

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Andrej Tarkovskij. Il cinema come preghiera: il più famoso regista russo raccontato da suo figlio

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Andrej Tarkovskij. Il cinema come preghiera è il film documentario sul regista russo più famoso, firmato dal figlio Andrej A. Tarkovskij.

Andrej Tarkovskij. Il cinema come preghiera è stato presentato in anteprima alla settantaseiesima edizione del Festival di Venezia e, realizzato con materiali d’archivio, registrazioni audio inedite e nuove immagini, è un racconto attento ed emozionante che mostra il lavoro e la vita dell’artista.

Senza dubbio, Andrej Tarkovskij appartiene a quella ristretta cerchia di registi i cui film sono considerati capolavori mondiali, e hanno a loro volta influenzato grandi registi.

Tuttavia, la sua produzione filmica è di soli tre cortometraggi e sette lungometraggi, sebbene siano da sottolineare le numerose difficoltà che il regista ha sempre incontrato nel cercare di realizzare i suoi lavori in Unione Sovietica.

Solo dopo il dissolvimento della Unione, tra l’altro, il cineasta ha finalmente ricevuto dal suo stesso paese, la Russia, il giusto riconoscimento.

Il documentario ci racconta la sua vita e i lavori, con le parole dello stesso Tarkovskij, mostrandoci il personale sguardo sull’arte cinematografica e il senso dell’esistenza umana.

Attraverso una serie di rarissime registrazioni audio e altre inedite di poesie del padre Arsenij Tarkovskij, considerato uno dei più grandi poeti russi del Novecento, veniamo condotti all’interno dei luoghi della vita dell’autore di Stalker e dei suoi set in Russia, in Svezia e in Italia, che finì per essere la sua patria adottiva.

Tanto che ancora oggi il cineasta rappresenta un legame fortissimo tra il nostro paese e la Russia.

Per Andrej A. Tarkovskij il documentario cerca di comprendere e spiegare il fenomeno Tarkovskij nell’arte contemporanea. E, allo stesso tempo, indaga su cosa ne pensava lo stesso regista e cosa volesse comunicare con i suoi film.

Sicuramente, Andrej Tarkovskij. Il cinema come preghiera è un’opera che, magari, potrà avvicinare alla sua poetica in fotogrammi chi non ha visto mai un lungometraggio del grande regista. E, forse, ci permette ancora una volta di comprendere che ciò che vediamo sul grande schermo risponde bene alla definizione di Arte Cinematografica, con buona pace della industria di Hollywood.

 

 

Roberto Leofrigio

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In blu-ray gli oscuri orrori made in Italy di McBetter e Il demone di Laplace

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In collaborazione con Home Movies, Digitmovies rende disponibili su supporto blu-ray McBetter e Il demone di Laplace, due produzioni italiane a bassissimo costo completamente differenti tra loro, ma che consentono di lanciare uno sguardo ad un cinema ricco di idee e fantasia che, purtroppo, sembra essere costretto a vivere nella nicchia posta all’ombra dell’imponente circuito ufficiale delle sale, rappresentato in maniera esclusiva da lavori rassicuranti e da nomi legati per lo più alla commedia e alle fiction televisive.

McBetter, in realtà, alla commedia strizza l’occhio, in quanto è in maniera chiaramente non seriosa che il suo autore Mattia De Pascali inscena l’avventura del giovane ricercatore universitario Malcolm interpretato da Andrea Cananiello, il quale, caratterizzato da baffetti e grottesco taglio di capelli a caschetto, affiancato dalla fidanzata Melanie alias Serena Toma finisce per trovarsi contro il suocero Joe McBetter, ovvero Nik Manzi, attempato proprietario di una redditizia catena di fast food che non ha fiducia nell’idea propostagli al fine di rinnovare il mercato della ristorazione.

Ed è la villa di quest’ultimo a fare da sfondo alla circa ora e un quarto di visione dedicata allo scomparso Angelo Longo (doppiatore proprio nel film) e il cui maggiore punto di forza va riconosciuto nella capacità di intraprendere di volta in volta una diversa direzione.

Perché, se inizialmente si potrebbe pensare all’ennesimo derivato di Non aprite quella porta a base di violenti omicidi da slasher movie attuati da mangiatori di carne umana, l’evoluzione del tutto comincia a tirare in ballo la tipica situazione proto-Agatha Christie con piano diabolico orchestrato per accaparrarsi un’ingente eredità.

Mentre l’ironia, però, non risulta mai assente e i lodevoli effetti speciali a cura di David Bracci – con tanto di momento in cui abbiamo scarafaggi disgustosamente ingurgitati – svolgono il proprio fondamentale dovere al servizio di un’operazione accompagnata nella sezione extra da galleria fotografica, il videoclip Zhi Nu, il cortometraggio L’iniziazione, sedici minuti di making of, sei di intervista al regista (ma non la solita conversazione formale, vedere per credere) e diciotto di featurette riguardante gli special fx.

Di tutt’altra pasta è Il demone di Laplace, dal titolo che fa riferimento alle riflessioni del matematico francese che hanno finito per fornire lo spunto necessario al soggetto.

Un soggetto costruito su un’idea decisamente originale relativa ad otto ricercatori che, impegnati a sviluppare un sistema informatico che potrebbe prevedere gli eventi futuri, vengono invitati da un misterioso professore interessato ai loro studi nella sua lugubre e imponente abitazione sita su un’isola deserta.

Otto ricercatori comprendenti il Giordano Giulivi che firma anche la regia del lungometraggio e che, insieme ai suoi compagni di viaggio, è destinato a scoprire all’interno della casa un modellino della stessa in cui sono riposti altrettanti pedoni da scacchiera che sembrerebbero mostrare in tempo reale proprio i loro spostamenti.

Segnando l’inizio di un racconto in fotogrammi che, dichiaratamente ispirato sia al romanzo giallo Dieci piccoli indiani (riecco Agatha Christie), sia a Gli invasati di Robert Wise e al cinema di Alfred Hitchcock e di Val Lewton, trasuda influenze di taglio espressionista grazie alla scelta da parte di Giulivi di girarlo in bianco e nero.

Un racconto in fotogrammi che, efficacemente tempestato di contrasti forniti dalla fotografia di Ferdinando D’Urbano (anch’egli tra gli attori), si evolve lentamente privilegiando un’impostazione generale quasi teatrale e che richiama alla memoria, in un certo senso, le atmosfere da escape room.

Con l’unica intenzione di far aumentare la suspense nel condurre ad un inaspettato epilogo che non va assolutamente rivelato e contenuti speciali che, al di là di trailer e galleria fotografica, dispensano quasi tredici minuti di making of attraverso cui apprendere il grande lavoro di artigianalità svolto tra set virtuali e ristretti spazi di ripresa per mettere in piedi Il demone di Laplace, giustamente aggiudicatosi non pochi premi nei festival mondiali.   


Francesco Lomuscio

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Presentato a Roma il volume L’Italia agli Oscar, racconto di un cronista, di Vincenzo Mollica e Steve della Casa

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Gli Oscar, l’appuntamento più importante per il cinema mondiale, raccontati in un libro ricco di aneddoti, foto, dietro le quinte, informazioni, curiosità. È L’Italia agli Oscar, racconto di un cronista, pubblicato da Edizioni Sabinae e Luce Cinecittà, già premiato come “Miglior libro di cinema” dalla Rivista del Cinematografo.

Sono tanti gli italiani che hanno vinto la prestigiosa statuetta: Sophia Loren, Vittorio De Sica, Anna Magnani, Federico Fellini, Giuseppe Tornatore, Ennio Morricone, Roberto Benigni, Paolo Sorrentino, Gabriele Salvatores, Gianni Quaranta Milena Canonero, Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo, Nicola Piovani…. Attraverso i ricordi e gli incontri con i premiati, un viaggio tra Italia e America di Vincenzo Mollica – giornalista, cronista, critico appassionato di musica, cinema, fumetto, da più di quarant’anni interprete per la Rai dei maggiori eventi della cultura popolare, nazionale e internazionale – a cura del critico cinematografico Steve Della Casa.

“Che cosa sono gli Oscar? – racconta Mollica – Forse il paragone che rende meglio l’idea della loro importanza è di tipo liturgico. Il premio Oscar, a mio avviso, è l’altare maggiore di quella immensa cattedrale che è il cinema. Tutte le cattedrali, come sappiamo, hanno tante navate, tanti altari minori, ma l’altare maggiore è quello sul quale si svolge la messa più importante, quella cantata, quella delle grandi occasioni. Ed è una messa sempre uguale e sempre lo sarà, nei secoli dei secoli. Io ci sono andato più di trenta volte e la liturgia è sempre stata la stessa. Quelli che prenderanno la statuetta entreranno nell’eternità, una sorta di paradiso del cinema. Quelli che devono accontentarsi della nomination sono in una specie di purgatorio. Tutti gli altri che si presentano, si vestono, sfilano sul tappeto rosso nei momenti di stanca e cercano disperatamente un invito per la festa… per loro Dante Alighieri avrebbe previsto un’unica collocazione, l’inferno. Come sappiamo, è il posto peggiore ma anche quello più ricco di storie”.

“La storia del cinema italiano – scrive Steve Della Casa – è anche la storia del suo continuo confronto con il cinema americano. Non è un caso se la library del prodotto statunitense e quella del prodotto italiano siano in assoluto quelle che hanno il più alto valore commerciale e che hanno prodotto il maggior numero di capolavori nella storia del cinema. Il rapporto tra Roma e Hollywood è stato da sempre segnato dall’emulazione, dalla concorrenza ma anche dalla reciproca passione e da un rispetto che è ben testimoniato dall’accoglienza che i prodotti hanno ricevuto nei mercati dell’altro paese”.

Il libro è stato realizzato in occasione della presentazione dello storico accordo tra l’Academy of Motion Pictures e Luce Cinecittà, siglato dopo una lunga collaborazione tra le due istituzioni, che prevede una partnership almeno quinquennale all’interno del nuovo Museo Academy di Los Angeles disegnato da Renzo Piano, che verrà inaugurato nel corso dell’anno. L’accordo prevede la programmazione stabile di rassegne, mostre e attività dedicate al cinema italiano.

“L’Italia è il primo paese al mondo a chiudere un accordo di questa portata con la nuova creatura dell’Academy – spiega il Presidente e Ad di Istituto Luce Cinecittà, Roberto Cicutto – Il nostro team e quello del Museo cureranno dunque una serie annuale di proiezioni di capolavori italiani e di programmi: si inizierà quest’anno con il tributo per il centenario della nascita di Federico Fellini, che festeggeremo già a partire da lunedì con una serie di iniziative in tutto il mondo, aventi come fulcro la rassegna di tutti i suoi film, interamente restaurati in digitale”.

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Le Bellissime di Mondospettacolo: Nicole “Mala Conejita”

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Amici di Mondospettacolo, girovagando  per Instagram, ho incontrato Nicole, meglio conosciuta come Mala Conejita. Le ho proposto una intervista ed eccoci qui!

Nicole, benvenuta su Mondospettacolo, come stai innanzitutto?

Abbastanza bene grazie, periodo molto movimentato.

Descriviti al nostro pubblico, raccontami un po’ di te.

Sono una ragazza molto semplice, alla mano, amante degli animali è molto schietta, per riassumere!

Da quanto tempo posi come fotomodella?

Ho iniziato a settembre 2019

Come è stata la tua prima volta sul set fotografico?

Molto divertente, mi è piaciuta tantissimo come prima esperienza.

Quali sono i motivi per cui hai deciso di posare?

Sono sempre stata un po’ vanitosa e anche molto fotogenica, quando sono davanti alla macchinetta fotografica mi sento bellissima, tutte le mie paranoie svaniscono in un attimo!

Hai partecipato a diversi shootings: quali di questi ricordi con più piacere?

 Non ne ho uno in particolare, sono stata fortunata a scattare con persone simpatiche, alla mano, quindi non saprei dire.

Il mondo della fotografia è come lo immaginavi prima di farne parte?

Non avevo un idea precisa e forse ad oggi penso sia molto più tranquillo e divertente dell’idea vaga che potevo avere!

Cosa riesce a farti emozionare?

Tutto. (Sorride) sono molto sentimentale, un film, un gesto, qualsiasi cosa!

 

Ti definisci più bambola o più pantera?

Pantera! Decisamente! Ho anche un Tattoo con una pantera, sono molto protettiva, verso me stessa in primis e verso le persone che amo. Poi insomma, romana romana, da tre generazioni, bambolina non posso essere nemmeno volendo.

Posi nuda con disinvoltura, quale è il tuo segreto?

Trovare fotografi che mi fanno sentire a mio agio e come dicevo prima, quando poso e sono davanti a una macchina fotografica mi sento solo bella, anche i difetti del mio corpo svaniscono dalla mia mente, mi sento una bomba sexy!

Nicole: che cosa ti piace di più in un uomo?

Sicuramente gli occhi, sempre stata attratta dagli occhi chiari, non ricordo nemmeno di aver mai avuto un ex con occhi scuri, nemmeno uno. Dopo gli occhi ovviamente l’estetica, sarei falsa a dire che non mi interessa, poi ovviamente il carattere, deve colpirmi a tal punto di incuriosirmi e avere interessi comuni!

Sei una donna molto sensuale, ma secondo te: sensuali si nasce o si diventa?

Sensuali si diventa, secondo me ci sono situazioni e esperienze che ti portano ad esserlo, nessuno nasce ne imparato ne sensuale.

Un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?

Seeee… troppi ce ne sono! Il più grande è diventare pasticciera, sono innamorata del mondo della pasticceria!

Quali sono le tue passioni?

L’equitazione, che purtroppo non riesco a coltivare per via dei costi elevati, la musica ovviamente penso sia un amore comune e indubbiamente gli animali, sono piena di zampe a casa, con peli e non. (ride)

Un tuo pregio e un tuo difetto.

Un mio pregio? Forse l’essere sentimentale appunto, mi prendo tutto a cuore e per me è solo che un pregio! Un difetto? Uno dei tanti, sicuramente la gelosia, sono romana quindi gelosissima di indole.

Che cosa è sacro per te?

Il rispetto e la sincerità, in qualsiasi rapporto o situazione!

 

La tua più grande paura?

Non desiderare costantemente il meglio per me, questa è la mia più grande paura, accontentarmi a lungo termine.

C’è qualcosa di te che cambieresti?

Il fisico più tonico, ma già ci sto lavorando!

Cosa è per Nicole la felicità?

La felicità per me può essere tutto o niente, non so rispondere a questa domanda, per me la felicità varia in base al periodo della mia vita, alla situazione e al mood. La felicità per me può essere una carezza e un abbraccio nei giorni neri, o può essere i soldi in un periodo difficile! Quindi troppo generica come domanda, non saprei rispondere precisamente.

Come descriveresti la tua vita sentimentale?

Fortunata ed equilibrata, ho trovato una persona che mi è vicina in ogni momento, in qualsiasi situazione e che mi appoggia in tutto quello che faccio!

 

Secondo te quali sono le qualità che una fotomodella dovrebbe avere?

Personalità, senza fingere di essere un’altra, rispetto e professionalità sia verso se stessa che verso chi lavora con lei.

Vai al cinema? E se la risposta è si che genere di film preferisci vedere?

Non ho un genere preferito, mi piacciono tutti, dai film comici, gli horror, di fantascienza ecc..

Ultimo libro letto?

(ride) Hunger Games nel lontano 2015 mi sembra.

Il tuo piatto preferito?

Carbonara! Unico amore!

Amicizia, Amore, Famiglia, Lavoro Salute, Sesso e Soldi mettili in ordine di importanza!

Famiglia, salute, amicizia, amore, sesso, soldi, lavoro.

Un  motto o una frase che più ti rappresenta?

“Fa quello che te fa’ felice perché tu sei er quadro no a cornice” (Sora Lella)

A.C.

https://instagram.com/_malaconejita?igshid=dra7ti6vaiu0

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La Sound Faktory di Joe T Vannelli e il suo 2020

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Radio show live e in diretta web, nuovi artisti, corsi professionali, talk, panel, sessioni di yoga e una vera e propria viniloteca. Dopo l’inaugurazione dello scorso novembre durante la Milano Music Week, la Sound Faktory di Joe T Vannelli è pronta con una serie di novità per affrontare al meglio il 2020.

Hatha Flow Yogamercoledì 22 gennaio (dalle ore 19.45). Primo appuntamento 2020 con le lezioni di Yoga curate dall’insegnante Gioia Boccadoro e accompagnate da una sessione musicale realizzata ad hoc e suonata live dal maestro Pino Di Pietro alla tastiera e da Joe T Vannelli, che a tal proposito ha già realizzato un mixato yoga, fedele al suo mantra storico, “la musica è l’unica arte che ti fa muovere”. Iscrizioni al link www.soundfaktoryofficial.com/events

Slave To The Rhythm live – giovedì 30 gennaio (dalle ore 19) il radio show di Joe T Vannelli diventa un evento live. Già trasmesso da una serie di network italiani e da oltre 25 radio nel mondo, oltre alla sistematica presenza ai vertici dei podcast iTunes più scaricati, dal 2019 il podcast Slave To The Rhythm è on line tutte le settimane con la migliore musica house in anteprima su Spotify. Giovedì 30 gennaio STTR viene trasmesso in diretta streaming dalla Sound Room di Sound Faktory. Si inizia alle 19 con il dj set dei Vannelli Bros, si prosegue alle 19.45 con la presentazione del nuovo singolo dei Koko, il primo progetto discografico di Sound Faktory; a seguire entra in scena Slave To The Rhythm vero e proprio, condotto da Joe T Vannelli con special guest The Cube Guys. A seguire dj set di entrambi sino alle 23. Ingresso libero (massimo 50 invitati) registrandosi al link www.soundfaktoryofficial.com/events

Prossimi appuntamenti – da febbraio Sound Faktory proporrà un calendario fittissimo di ospiti con dj, cantanti e musicisti italiani e internazionali con talk, panel, seminari e corsi professionali con autorevoli docenti per fornire ai partecipanti nozioni tecniche e utili a diventare produttori e dj: una serie di appuntamenti dei quali si è avuto un succoso anticipo durante la Milano Music Week dello scorso novembre. Ulteriore novità del 2020, la viniloteca composta da 40mila dischi in vinile suonati almeno una volta da Joe T Vannelli, prossimamente consultabile come una vera e propria biblioteca del vinile.

soundfaktory.com

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UNIBRIDO: dalla provincia al resto d’Italia

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Erano gli anni ’90 quando la provincia era nucleo pulsante di energie nevralgiche a costruire l’ossatura del nuovo mondo, del futuro, dei nuovi linguaggi. Oggi la provincia è terra di nessuno, spesso abbandonata dall’omologazione imperante dei grandi centri di smistamento sociali. Ed è un nuovo territorio dove riconfigurare e codificare ancora una volta il concetto di bellezza. Ed è in questa chiave di lettura che ascoltiamo l’esordio discografico degli Unibrido, che alla provincia hanno destinato la loro quotidianità, di lavoro – quello normale, come si dice – di espressione – quella rabbiosa come vien facile capire. Il primo lavoro l’hanno intitolato “P.I.G.S.” – acronimo di cosa non si capisce ma sigla ben chiara se presa alla lettera. Nichilismo e rabbia che però avremmo voluto veder tramutarsi in rivoluzione o qualcosa di simile. Un disco che suona di chitarre elettriche, di batterie ostinate e di una voce pop che piacerà agli stilemi indie-rock di oggi, quelli che si crogiolano chiamandosi alternativi. Un bel disco che ha la melodia dalla sua, la personalità fin dentro le ossa e un certo modo di essere ingenui dall’altra. In fondo è un esordio… ma ha tanto da dire, miei cari pigs benpensanti. Quindi occhio, anche questa è bellezza…

Noi parliamo spesso di estetica. Parliamo di bellezza e non solo di quella sfacciata per le vetrine. Per gli UNIBRIDO cos’è la bellezza?
Ci hai presi per dei filosofi? Galimberti ti risponderebbe che non si può definire la bellezza dato che non è qualcosa di oggettio. Forse possiamo dirti cosa non è per gli Unibrido. Di sicuro non è la commercializzazione dei corpi nel nostro mondo pubblicitario e neanche la visione dell’universo tristemente razionale e scientifica che tanto ci piace oggi (Hillman ha scritto grandi cose sulla dissonanza sostanziale che esiste tra psicologia e bellezza).
Se la bellezza ha a che fare con quella cosa che noi umani chiamiamo arte allora siamo d’accordo con Jodorowsky quando scrive che la finalità dell’arte è la guarigione. La bellezza è quella tensione irrazionale che ci riconnette a qualcosa che abbiamo perso, o forse dimenticato.

Oggi la bellezza è qualcosa che secondo voi si riconosce dopo aver coccolato la qualità o che semplicemente si lascia giudicare al gusto di chiunque?
Viviamo un’epoca totalmente nichilista, dunque la bellezza diventa un fatto quasi esclusivamente culturale. Oggi cos’è bello? Ciò che diverte, ciò che è utile, ciò che piace ai più. Qualche secolo fa non era esattamente così: Michelangelo affrescava la cappella Sistina per fare in modo che l’osservatore, attraverso la sua esperienza sensoriale, si collegasse ad una ulteriorità non legata alla materia. Sostanzialmente che pregasse e contemplasse. Adesso giudichiamo un disco o un film solo da un punto di vista tecnico. Abbiamo un rapporto molto limitante con l’arte e la bellezza in generale.

Quanto concorre la bellezza secondo voi nell’equilibrio di una canzone degli Unibrido?
Se parliamo di semplice esercizio di stile non so risponderti, se parliamo di esperienza sonora dei corpi direi moltissimo. Per noi la musica degli Unibrido è prima di tutto un processo psicofisico in continuo movimento. Lo viviamo in maniera molto viscerale, gastrointestinale! Non sappiamo se il risultato finale abbia qualcosa a che fare con la bellezza, proviamo a restare in equilibrio nel caos compositivo.

Parliamo di provincia… di estrema provincia. Che sia la vera energia della nascita di questo disco? Se non ci fosse stata la provincia, ci sarebbe “P.I.G.S.”?
Non lo sapremo mai. “P.I.G.S.” è il risultato di una serie di situazioni apparentemente scollegate fra loro. Tutto quello che siamo, che viviamo, respiriamo e ingurgitiamo ha partecipato attivamente alla fase creativa dei brani.

Quanta rabbia contro lo stato della società? E quanta verso la musica che suona attorno?
La nostra critica sociale non vuole essere fine a sé stessa, o almeno ci proviamo. Inizialmente c’era solo rabbia e frustrazione nei testi, poi una profonda resa dei conti con le nostre profondità ha ceduto il passo ad una energia diversa, non completamente negativa. Nei decenni passati abbiamo visto generi musicali incarnare appieno una tendenza esclusivamente disfattista e autodistruttiva. Non li rinneghiamo e non mettiamo in dubbio la loro utilità culturale, così come non spariamo sulle mode musicali del momento. Il nichilismo affascina sicuramente di più le giovani generazioni. E vende.

A chiudere: quanto il vostro suono somiglia alla vostra provincia?
Direi poco. Anzi, forse è proprio quella fastidiosissima sveglia che serve a questo territorio in preda al torpore. Siamo una nazione straordinaria, ma siamo pigri per natura e ci lasciamo gestire dai furbi e dai tristi, però sono convinto del fatto che non durerà a lungo. Noi siamo gli stronzi che la domenica mattina corrono ad alzare bruscamente le tapparelle di camera tua sapendo che hai fatto tardi.

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Luca Lobina e il potere della mente: Giovedì 23 Gennaio al Cab 41 di Torino

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“Da piccolo avevo la percezione che nella realtà che mi circondava qualcosa non tornava: mi rendevo conto che c’erano delle dinamiche occulte che influenzavano me e le persone intorno a me ma delle quali nessuno si accorgeva o non ci prestava attenzione. A quel punto, mi ritrovai solo di fronte ad un mondo completamente diverso da quello che gli adulti inconsapevoli mi avevano presentato”.
Luca Lobina

Luca Lobina, Influencer e mentore nei processi del cambiamento e dello sviluppo personale. Ipnologo, ricercatore ed insegnante di Comunicazione Verbale, Non Verbale ed Ipnosi. Appassionato nello studio delle religioni, delle civiltà antiche, delle filosofie esoteriche, delle energie sottili e delle dinamiche più occulte e misteriose che condizionano l’Essere. Autore del saggio filosofico “Un Nuovo Punto di Vista” un testo che offre una nuova visione della Realtà e della Vita attraverso un’analisi interessante dell’influenza che l’ipnosi e la comunicazione verbale e non verbale esercitano sulla crescita di un individuo e sulle proprie scelte quotidiane.

Luca Lobina al Cab41 di Torino: Giovedì 23 Gennaio ore 21,00.  Ingresso gratuito Prenota cliccando su questo link: https://www.cab41.it/luca-lobina.html
Presenta: fabrizio Brignolo.

Durante la serata verranno trattati i seguenti argomenti: controllo mentale, ipnosi di massa, manipolazione mentale dei popoli, le religioni e il rapporto con il divino.

La Redazione

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Peter Chelsom dirige Marco D’Amore in Security

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Iniziate il 20 Gennaio 2020 a Forte dei Marmi le riprese di Security, diretto da Peter Chelsom (Serendipity, Shall we dance?, Hannah Montana) e prodotto da Vision Distribution e Indiana Production.

Ispirato all’omonimo romanzo di Stephen Amidon (Mondadori) e sceneggiato dallo stesso regista insieme a Tinker Lindsay, il film è interpretato da Marco D’Amore, che ne è protagonista accanto a Maya Sansa, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bilello, Silvio Muccino, Tommaso Ragno, Ludovica Martino, Giulio Pranno e Beatrice Grannò.
Peter Chelsom si avvarrà della collaborazione del direttore della fotografia Mauro Fiore, vincitore del Premio Oscar nel 2010 per Avatar.

Le riprese si svolgeranno per sei settimane a Forte Dei Marmi e il film uscirà nelle sale nel 2021, distribuito da Vision Distribution.

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A Roma la seconda edizione del Festival Effetti Visivi

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Si terrà a Roma presso la Casa del Cinema, Sabato 25 Gennaio 2020, la seconda edizione del Festival Effetti Visivi, organizzata dall’Associazione AVFX, presieduta da Giulia Infurna, e dall’Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello, presieduta da Piera Detassis.

Dopo il successo dello scorso anno, con oltre mille presenze registrate nell’arco di una giornata, torna l’evento dedicato alla promozione della cultura dei VFX, attraverso convegni, dibattiti, mostre e alla creazione di momenti di incontro tra case di produzione, aziende e professionisti con lo scopo di aumentare le collaborazioni nel settore e creare nuove opportunità lavorative.

Il comitato organizzativo, diretto quest’anno da Davide Luchetti, presenterà una nuova edizione arricchita da presenze internazionali di spicco tra cui Scott Ross, da 30 anni tra i massimi esperti di VFX, già Senior Vice President di LucasArt e fondatore assieme a James Cameron di Digital Domain, uno dei più grandi studi di VFX nel mondo. Tra gli ospiti di eccellenza: Matteo Rovere, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano, e Igort, fumettista di fama internazionale, sceneggiatore e regista.

Grazie alla collaborazione di realtà istituzionali e private è stato ideato un programma intenso e vario, ricco di Masterclass, Workshop, Job fair, pitch e contest.
La richiesta sempre più crescente ed esigente di contributi di VFX nei contenuti cinematografici e televisivi e i risultati di alto livello qualitativo raggiunti, mostrano che i professionisti e le aziende che si occupano degli Effetti Visivi hanno conquistato un ruolo da protagonisti nell’industria dell’audiovisivo. Il Festival, infatti, si pone come principali obiettivi:

• La promozione e la crescita, a livello nazionale e internazionale, del movimento italiano degli Effetti Visivi.
• La partecipazione attiva ai tavoli istituzionali e alle associazioni di settore, per un maggiore riconoscimento della professionalità e unicità del business italiano.
• La creazione di una rete dedicata alla condivisione dell’arte e della tecnica dei VFX e alla collaborazione tra i vari player (aziende e professionisti) che operano nel settore degli Effetti Visivi a livello nazionale e internazionale.
• L’attenzione alla formazione professionale, sostenendo soprattutto i giovani.

Per tutte le informazioni: https://www.avfx.it/festival-effetti-visivi-2a-edizione/

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Rilasciato il nuovo trailer italiano di Peter Rabbit 2: Un birbante in fuga

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Prodotto da Sony Pictures e distribuito da Warner Bros. Entertainment Italia, arriverà nelle sale cinematografiche italiane il 9 Aprile 2020 Peter Rabbit 2: Un birbante in fuga, diretto da Will Gluck.

 Sequel di Peter Rabbit, uscito nelle sale nel 2018, il film in live action si ispira ai celebri racconti di Beatrix Potter.

Tra i protagonisti tornano Rose Byrne e Domhnall Gleeson, mentre al cast si aggiungono David Oyelowo, Elizabeth Debicki e Margot Robbie.

In Peter Rabbit 2: Un birbante in fuga l’amabile canaglia è tornata. Bea, Thomas e i conigli sono ora una famiglia ma Peter, nonostante i suoi sforzi, non riesce a togliersi di dosso la sua reputazione di birbante. La vita fuori dal giardino lo aspetta e una fuga in città lo catapulterà in un mondo ricco di sorprese e avventure dove il suo carattere dispettoso verrà messo alla prova. Dovrà scegliere che tipo di coniglio vorrà diventare da grande.

Di seguito, il nuovo trailer italiano.

 

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