Quantcast
Channel: MONDOSPETTACOLO.COM
Viewing all 24182 articles
Browse latest View live

Cinema e drink: La sposa cadavere, ispirato al film di Tim Burton

$
0
0

La creatività nel mondo dei drink travalica qualsiasi confine geografico, mentale e tematico. Drink ispirati a un amore, a un’emozione, ma anche a un oggetto, ai luoghi del cuore e a un film amato.

Abbiamo chiesto ad alcuni dei migliori barman e barlady romani di individuare un proprio, personale, film del cuore cui ispirarsi. Ne sono scaturite decine e decine di drink, ispirati a filmografie delle più disparate, dai classici Via col vento ai neo-classici firmati Quentin Tarantino.

Con tanti registi anche italiani al centro dell’ispirazione, da Giuseppe Tornatore a Gabriele Mainetti, passando per David Lynch e il suo Mulholland drive, dai film romantici a Mad Max, passando per i cinecomic e il recente Avengers: Endgame.

Film che hanno ispirato l’uso di tutti gli ingredienti presenti nel mercato, ricette coniugate con cognac, tequila, whisky scozzese, irlandese, bourbon americani del Kentucky, vermouth piemontese, gin inglesi, romani e toscani, amari e bitter, ma anche vodka, ginger beer e liquore Strega, per una nuova ‘geografia cinematografica del bere di qualità’. Preparazioni semplici e meno semplici, da gustare nei loro ingredienti di qualità, ricette create ad hoc da barman e barlady cinefili per sperimentare sé stessi dietro il bancone con un occhio al Grande Cinema.

Oggi è la volta di La sposa cadavere, ispirato all’omonimo lungometraggio d’animazione diretto nel 2005 da Tim Burton.

BARMAN: Giovanni Giuseppe Seddaiu, barman di Rosso a Roma

INGREDIENTI:

45 ml VII Hills Italian Dry Gin
15 ml Ferro China Baliva
15 ml Amaro Formidabile
30 ml Vermouth Del Professore Rosso
Colorante Nero

Bicchiere: coppa

Garnish: polvere d’argento

PREPARAZIONE:

Versare tutti gli ingredienti in un mixing glass, stirrare delicatamente e versare in una coppa precedentemente riempita con polvere d’argento.

ISPIRAZIONE:

Drink perfetto per Halloween, ispirato al capolavoro di animazione di Tim Burton realizzato in stop motion, perchè anche nell’oscurità possono brillare luci di meraviglia. Dedicato ad Emily, La sposa cadavere, che proprio durante le nozze, vedendo la tristezza sul volto della promessa sposa del suo prossimo marito, decide di rivelare le sue trame oscure, rinunciando al matrimonio, pur di far vivere l’amore dei due sposi. La luce brilla sempre, anche nei momenti più bui. Il tutto miscelando le botaniche romane distillate del VII Hills Italian Dry Gin, la Ferro China Baliva, infuso a base di corteccia di china arricchito dalle virtù del ferro, il romano Amaro Formidabile, liquore naturale elaborato artigianalmente con un processo di macerazione di piante aromatiche e officinali e il Vermouth Del Professore Rosso, unico vermouth al mondo che viene creato a partire da vini bianchi e rossi 100% italiani, con aromatizzanti forniti da vegetali.

L'articolo Cinema e drink: La sposa cadavere, ispirato al film di Tim Burton proviene da Mondospettacolo.


Il trailer ufficiale italiano del nuovo The grudge

$
0
0

Dopo il The grudge interpretato nel 2004 da Sarah Michelle Gellar, sta per arrivare nei cinema un nuovo reboot di Ju-ON: The grudge di Takashi Shimizu, classico del cinema horror giapponese d’inizio XXI secolo.

Dal produttore Sam Raimi, geniale creatore della saga splatter La casa/Evil dead, The grudge vede al timone di regia Nicolas Pesce, mentre include nel cast Andrea Riseborough, Demián Bichir, John Cho, Betty Gilpin con Lin Shaye e Jacki Weaver.

Distribuito da Sony pictures, arriverà nelle sale cinematografiche il 27 Febbraio 2010.

Di seguito, il trailer ufficiale italiano.

 

L'articolo Il trailer ufficiale italiano del nuovo The grudge proviene da Mondospettacolo.

Il cult Society – The horror, il sequel di Iron sky e l’horror italiano In the trap hanno segnato l’Halloween del Trieste Science+Fiction Festival

$
0
0

Con al proprio centro una brillante pittrice che, in preda ad un blocco creativo, viene risucchiata in una squallida Los Angeles in un inferno allucinatorio fatto di droghe, sesso e morte, il belga Bliss di Joe Begos ha chiuso a notte fonda la giornata del 31 Ottobre 2019 del Trieste Science+Fiction Festival, immerso in pura atmosfera halloweeniana.

Giornata in cui l’horror, ovviamente, ha goduto di non poco spazio, a cominciare dall’apertura con Society – The horror di Brian Yuzna, il cult movie che, datato 1989, in occasione del suo trentesimo compleanno è stato proiettato in versione restaurata per offrire a vecchi e nuovi fan del genere l’occasione di rivedere sul grande schermo la feroce critica alla borghesia americana genialmente rappresentata come gelatinoso ammasso in cui i propri disgustosi, perversi e incestuosi componenti possono fondersi a mo’ di orgia.

Cult movie al cui termine lo stesso Yuzna ha intrattenuto una conversazione con il pubblico, prima che si passasse a I am human di Taryn Southern, ovvero il viaggio di tre tra i primi cyborg al mondo e degli scienziati che lavorano per svelare i misteri del cervello umano, e al canadese Code 8 di Jeff Chan, ambientato in una società futura dove le autorità perseguitano i “diversi”, costringendo un individuo dotato di superpoteri ad accettare di lavorare per un criminale.

Un dittico di fantascienza per anticipare l’attesissimo Iron sky: The coming race di Timo Vuorensola, sequel del non poco chiacchierato Iron sky che, diretto dallo stesso regista, raccontò nel 2012 l’assurda vicenda incentrata sui nazisti miracolosamente salvatisi alla fine della Seconda Guerra Mondiale e trasferitisi sulla Luna per attaccare nuovamente la Terra settant’anni dopo.

Una fanta-commedia decisamente fuori di testa e la cui continuazione non poteva che rivelarsi ancor più folle, inscenando da un lato come la ex base lunare nazista sia diventata l’ultimo rifugio dell’umanità e rivelando dall’altro che nelle profondità del globo terrestre giace un potere che potrebbe portarlo alla salvezza o alla distruzione.

Una fanta-commedia in cui il mitico Udo Kier – già presente nel capostipite – fa ritorno addirittura in un doppio ruolo; man mano che, tra evidente influenza dalla saga Star wars ed entrata in scena di dinosauri atti ad aumentare la spettacolarità generale, l’introduzione di un’antica razza di rettiliani mutaforma consente di trasformare la movimentata oltre ora e mezza di visione in un autentico inno alla pace in fotogrammi.

Perché, con inevitabile abbondanza d’ironia, non viene risparmiato niente e nessuno, da Caligola a Bin Laden, passando per il creatore di Facebook Mark Zuckerberg, Margaret Thatcher e, soprattutto, Steve Jobs, qui addirittura fondatore di un culto religioso chiamato jobsismo (!!!).

Mentre la serata si è svolta all’insegna della nuova paura made in Italy con Blood bags di Emiliano Ranzani e In the trap di Alessio Liguori.

Il primo, omaggio all’horror degli anni Ottanta che nelle intenzioni del suo autore dovrebbe essere una sorta di crocevia tra Quella villa accanto al cimitero di Lucio Fulci e Il tunnel dell’orrore di Tobe Hooper, apre sanguinosamente per poi tirare in ballo due giovani amiche che fanno la malaugurata scelta di intrufolarsi in una casa abbandonata che è, in realtà, la dimora di una mostruosa creatura assetata di sangue.

Creatura il cui look artigianale e privo di ritocchi digitali lascia purtroppo a desiderare, pur riportando nostalgicamente alla memoria i tempi di b-movie che, spesso, nel nostro paese circolavano unicamente in videocassetta.

B-movie che molte volte apparivano poco distanti dall’amatorialità proprio come nel caso di Blood bags, oltretutto penalizzato da una recitazione che lascia il più delle volte a desiderare.

Decisamente meglio va con il lungometraggio di Liguori, risultato di un’approfondita ricerca nei campi della demonologia e della possessione demoniaca che, comprendente anche una riuscita sequenza di esorcismo, guarda dichiaratamente più a The exorcism of Emily Rose di Scott Derrickson che a L’esorcista di William Friedkin.

Ne è protagonista Philip alias Jamie Paul, creatosi un labirintico appartamento in cui si è rinchiuso per proteggersi da una presenza malvagia e sconosciuta che lo perseguita ogni notte cercando di entrare.

E, anche se il twist ending non è dei più originali, l’insieme coinvolge e sfoggia una regia che, dosando a dovere gli immancabili jump scare e facendo un buon uso del sonoro e degli attori (tra cui Miriam Galanti e il veterano David Bailie), non ha assolutamente nulla da invidiare ad analoghe e più costose produzioni d’oltreoceano.  

 

Francesco Lomuscio

L'articolo Il cult Society – The horror, il sequel di Iron sky e l’horror italiano In the trap hanno segnato l’Halloween del Trieste Science+Fiction Festival proviene da Mondospettacolo.

“Conosciamoli Meglio”: Ghyblj intervista “Ivana Spagna”

$
0
0

Ivana Spagna, benvenuta su Mondospettacolo, sei un’artista di fama Internazionale e con i tuoi brani disco pop (dai tuoi esordi ad oggi) hai fatto e fai ancora cantare e ballare intere generazioni, quale segreto deve avere un brano musicale per far sì che sia per sempre?

Non credo esista un segreto per far sì che un brano resti per sempre, ma penso vi sia una componente essenziale che è la melodia, una melodia forte, perché quando riesci a canticchiare una canzone per sempre credo che il segreto del successo sia la melodia forte.

Da Easy Lady a Dedicated to The Moon passando per Call Me, tutti tuoi brani di enorme successo che ancor oggi vengono cantati come se freschi di studio di registrazione, ma tra i tanti tuoi capolavori qual’è il brano musicale che più hai nel cuore?

Non ho solo un brano nel cuore, sono tanti, ogni brano è un ricordo della mia vita, per cui sono importanti Easy Lady, Call me, Re Leone Il cerchio della vita, gente come noi, sono importanti tanti altri miei brani che il pubblico non conosce in quanto non sono diventati dei singoli, come la canzone davanti agli occhi miei dedicata ai miei genitori, quindi non solo un brano, ma tantissimi, tutti i miei canti ripercorrono la mia vita.

Gente come noi e indivisibili, altri tuoi brani che entrano nel cuore di tutti noi, ma è più facile trasmettere emozioni interpretando un brano in italiano o inglese?

Innanzitutto devo dire che non è per nulla facile trasmettere emozioni, per poterlo fare bisogna vivere le stesse in prima persona, quando realizzi e canti una canzone, se tu in primis che provi un’emozione e la inserisci all’interno del brano, può darsi che poi arrivi, se invece canti un brano così tanto per cantare non trasmetti nulla, poi il fatto di cantare in italiano o inglese, se sei in Italia e conosci solo questa lingua magari aiuta, ma di base deve esserci sempre un pezzo forte, con una grande melodia, che ti emoziona, insomma un pezzo bello indipendentemente dal fatto che canti in italiano o inglese, ma come già detto, per prima cosa il cantante deve mettere all’interno del suo brano grandi emozioni, perché sennò nulla arriva al pubblico.

Tante tue partecipazioni al festival di Sanremo, ottenendo sempre grandi risultati, ma è poi così emozionante vivere il palco dell’Ariston?

Sanremo è vero che  è un palcoscenico differente da tutti gli altri ed ha un senso, perché l’artista in 3 minuti deve giocarsi tutto a differenza di quando hai a disposizione 2 ore durante un concerto per scaldare e coinvolgere il tuo pubblico, in quei 3 minuti devi dare il massimo e non è facile sapendo che ci sono milioni di persone che ti stanno guardando e che devi partire già dal primo secondo di esibizione a 100 km all’ora, è una esperienza particolare, ma molto molto emozionante e per dirla tutta a volte mette anche un po’ di paura.

Da esperta in materia, sai spiegarci come funziona il meccanismo del vincitore del festival? Puntualmente vince il brano che dura una stagione o poco più e poi brano e cantante nel dimenticatoio più totale lasciando noi italiani canticchiare i brani che si sono aggiudicati gli ultimi posti o addirittura eliminati, ma allora perché questi vincitori? Chi realmente li decreta tali?

Questa domanda dovresti farla agli organizzatori del festival di Sanremo e alle  loro giurie, perché in effetti se fosse solamente il pubblico da casa a decretare il vincitore sicuramente avremmo la canzone che rappresenterebbe il vero successo del momento, invece entrano in gioco tanti meccanismi che non fanno vincere quella canzone più amata dal pubblico, ma quella canzone vincerà sempre in un secondo momento, è quella è che fa la differenza, quella che arriva alla gente, quindi chi fa vincere il brano musicale magari non in quel momento ma dopo è sempre il pubblico da casa.

Cosa pensa Ivana Spagna di tutti questi talent musicali che sfornano in continuazione cantanti come se non ci fosse un domani?

Io sono favorevole ai talent, danno l’opportunità a tanti giovani di farsi conoscere grazie a questo show, una cosa invece che non apprezzo nel talent è il fatto che si illude il cantante, tanti giovani cantanti ne sono usciti vincenti, ma tanti altri completamente scomparsi. In due mesi questi ragazzi si ritrovano un ‘immensa popolarità e pensano che la vita artistica sia così facile che in solo due giorni di arrivi al top, ma pensano anche che sia tutto banalmente così facile, ecco quello che i talent non rispettano è la vita artistica, per chi prende una delusione dopo essere stato al top diventa difficilissimo riprendersi. Per questi ragazzi è dura, perché non c’è una gavetta alle spalle, pensano che sia tutto facile e dovuto, la cosa che aiuta è la gavetta che è come le fondamenta di una casa, che più è solida e più puoi ricevere grandi scossoni e restare in piedi. Quindi il segreto del successo è la gavetta del tuo mestiere, inoltre non deve mai mancare la passione, perché senza questa è meglio lasciare perdere tutto.

C’è un genere musicale che Ivana Spagna proprio non sopporta e che la infastidisce?

Sai che sinceramente non esiste un genere musicale che mi infastidisce, in tutti i generi musicali c’è sempre qualcosa di interessante per cui non ne elimino neanche uno.

Se fossi un’altra cantante chi vorresti essere?

Quando ti chiedono se fossi questo se fossi quell’altro, chi vorresti essere poi ti fai un’esame di coscienza e io penso che tutti quanti alla fine vogliamo essere noi stessi, non so il perché, forse perché nel bene o nel male ognuno di noi vuole essere se stesso, tu mi chiedi obbligatoriamente chi vorrei essere? Ti dico Tina Turner perché è una donna che ammiro tantissimo come donna e come artista e io mi riconosco caratterialmente in lei, adoro la sua voce è la sua grinta.

Una volta fuori dagli studi di registrazione come sono le giornate di Ivana Spagna?

Le mie giornate al di fuori degli studi di registrazione sono infinite, perché ho sempre mille cose da fare, vorrei che le mie giornate fossero di 48 ore, vado a letto tardissimo e sempre presa col da fare, se non scrivo canzoni, scrivo libri oppure li leggo, poi disegno capi di abbigliamento, conosco la disperazione così come le gioie, quel che non conosco è la noia.

Ivana Spagna, se non fossi la cantante di successo che sei, che professione avresti voluto svolgere nella vita?

Se non fossi la cantante che sono amando scrivere libri magari potrei fare la scrittrice a tempo pieno o forse una ballerina avendo anche la passione per la danza, e poi non essendo male nemmeno in arte culinaria forse sarei stata una chef, ecco non avrei avuto una noia e sicuramente avrei fatto una professione da me amata, ma penso che tra le tante avrei prediletto fare la scrittrice.

Il genere televisivo e cinematografico che ami?

Ci sono dei film che mi porto dentro e che ho visto almeno una ventina di volte, uno di questi è “Il Sesto Senso” un capolavoro cinematografico che tratta il paranormale, mi piace perché sono cose che vivo anche io in prima persona e quindi proprio mi attrae, questo è il genere che mi piace, un’altro film che ho visto una quindicina di volte è “The Equalizer”, mi piace perché finalmente in questo film vedo la giustizia e come nelle fiabe il buono vince sul cattivo. Cosa che purtroppo non accade nella realtà.

E’ giunta la notte, il tuo ultimo pensiero prima di addormentarti, a chi o a cosa è dedicato?

Il mio pensiero prima di addormentarmi? Io prima di addormentarmi prego, recito una serie di preghiere ed a volte non riesco a terminarle perché presa dalla spossatezza mi addormento, comunque prego per i miei cari, per gli animaletti, non dimenticandomi mai di una preghiera in generale per tutti gli abitanti del mondo, perché il mondo sarebbe più bello se riuscisse sempre più a cambiare positivamente, ecco termino le mie giornate pregando.

Ghyblj 

https://www.facebook.com/IvanaSpagna/

L'articolo “Conosciamoli Meglio”: Ghyblj intervista “Ivana Spagna” proviene da Mondospettacolo.

Bat Pat: a Cinecittà World spopola nella notte di Halloween

$
0
0

Presentato da Cinecittà World il personaggio della serie Rai Gulp Bat Pat, in occasione della notte di Halloween. E dobbiamo dire grande successo, visto che il nostro inviato sul campo Danilo Camelo è rimasto travolto dalla folla di bimbi e agguerritissime mamme (vestite di tutto punto per la serata Halloween), tanto da far perdere le sue tracce. Fortunatamente, lo hanno ritrovato in seguito, vittima, forse, di troppi scherzetti.

Ma è stata davvero un grande occasione per tanti bambini che hanno potuto conoscere da vicino il simpatico pipistrello, protagonista di una fortunata serie animata in onda su Rai Gulp. E proprio a Roma Bat Pat ha presentato ufficialmente la seconda stagione della serie, partita in questi giorni su Rai Gulp, con tanto di speciale per Halloween. Liberamente tratta dall’omonima collana di libri di successo, la serie animata Bat Pat – realizzata dalla società di produzione italiana Atlantyca Entertainment, la stessa di Geronimo Stilton, e dalla spagnola Mondo TV Producciones Canarias, con la partecipazione di Rai Ragazzi e della televisione pubblica iberica RTVE – è già stata venduta in oltre cento paesi del mondo.

Bat Pat

Bat Pat ha salutato il pubblico di Roma con uno speciale spettacolo musicale nella “main street” di Cinecittà World. A seguire, ha incontrato i bambini in un meet & greet, per poi partecipare al gran finale dello spettacolo “Trucchi da paura” allo Studio 4. Non è mancato un simpatico siparietto con l’amministratore delegato di Cinecittà World, Stefano Cigarini.

Bat Pat ha incontrato anche i giornalisti e ha dato qualche anticipazione delle nuove avventure, che lo vedono protagonista insieme ai fratelli Martin, Leo e Rebecca Silver, tre intrepidi ragazzini appassionati di soprannaturale. In questa seconda stagione arriva un nuovo e incredibile veicolo, lo Spettrotreno, guidato da una nuova e non tanto umana amica, con cui i nostri eroi si sposteranno da un luogo inquietante a uno ancora più lugubre per aiutare un unicorno zombi che ha perso il suo corno e non vuole più essere scambiato con un cavallo o un mostro della palude che non vuol più vivere in un posto pieno di mosche e insetti.

Non mancano vecchi e nuovi amici, tra cui Jinx, la super cool nipote di Bat Pat, e Alapacchia, cugino dell’ eroe alato, appassionato di surf ed esperto di Bat- Yoga. Tutti con un motto sempre in testa: “Non tutto ciò che è diverso da noi è cattivo”. Inoltre, è stato annunciato anche uno speciale natalizio.

Bat Pat

Con il rischio che la frase possa diventare il nuovo slogan per le elezioni 2020 di un noto Presidente negli USA, come ha tenuto a sottolineare il nostro sperduto collaboratore poi ritrovato, possiamo senza dubbio affermare che Bat Pat è ormai parte della grande famiglia di Rai Gulp, molto apprezzato dai giovanissimi che seguono il canale, che con nostalgia si lega alla definizione “tv dei ragazzi”, facendoci ricordare i tempi in cui la Rai le dedicava quasi un paio di ore giornaliere nella fascia pomeridiana e le tv erano in bianco e nero.

Oggi un intero canale, 24 ore su 24 ,si dedica ad un intrattenimento intelligente attraverso non solo la tv, ma con tutti gli ultimi supporti tecnologici, e ci piace molto poter scrivere “tv dei ragazzi”, tre parole  che legano l’azienda proiettata nel futuro ad un passato nostalgico. E, magari, chissà in futuro se vi sarà un bel programma retrò per i genitori che portano i loro figli a vedere oggi Bat Pat. Non sarebbe una cattiva idea.

 

Roberto Leofrigio

L'articolo Bat Pat: a Cinecittà World spopola nella notte di Halloween proviene da Mondospettacolo.

Lucia Menapace si racconta!

$
0
0

Lucia Menapace, attrice di teatro e di cinema, principalmente di teatro, sono trent’anni che calchi i palcoscenici anche con spettacoli molto particolari ideati da te. Ci racconti brevemente la tua carriera?

Ho iniziato studiando con Rina Centa, un attrice di teatro, cinema e televisione che è stata una dei pilastri del Teatro del Novecento e da lì ho maturato varie esperienze, sia di teatro contemporaneo, classico e tantissimo lavoro anche in poesia, e recital. Ho partecipato a tantissimi eventi culturali, ma è rimasta poi fondamentalmente la passione per il teatro, con delle esperienze marginali cinematografiche, però soprattutto di teatro, che ancora continuo a vivere e diversificare (se Dio vuole) molto molto più che un tempo.

 

Tu hai avuto la possibilità in questi anni, di esibirti in tutta Italia, ecco quella dell’attrice è sicuramente una carriera impegnativa e anche di sacrificio, quali consigli daresti ai giovani che vogliono avvicinarsi a questo mondo e che vorrebbero farne una professione?

Sì, sono d’accordo su quello che hai appena detto, nel senso che poi alla fine è difficile ad oggi, anche un tempo ma soprattutto ad oggi farne una professione, un lavoro che possa garantire la continuità e soprattutto la solidità, quindi è fondamentale avere una grande forza di volontà, l’essere caparbi e insistere, è fondamentale avere una formazione, perché spesso mi trovo a vedere o comunque a convivere in situazioni dove non c’è professionalità e si pensa soprattutto al fatto di esibirsi per una mera voglia personale di apparire. Ecco, credo che soprattutto per chi vuole fare teatro, cinema o come per i musicisti sia fondamentale studiare e sapere che cosa vuol dire stare su un palco, avere la formazione, prima di tutto come attore. Avere quindi la capacità e l’esperienza da dividere e condividere con colleghi e professionisti che siano in grado comunque di apportare (al di là dello studio) un valore aggiunto.

Sicuramente impegno e sacrificio portano comunque i loro risultati, tu per esempio attualmente stai portando in tournée lo spettacolo “Le Serve di Genet” che è uno spettacolo che è stato selezionato come finalista per un importante premio di teatro ce ne vuoi parlare?

“Le Serve di Genet” è un progetto di una compagnia toscana di Forte dei Marmi del Teatro dell’Accadente, voglio citare i colleghi a partire dalla fondatrice della compagnia: “Gabriella Ghilarducci”, il regista che ha seguito questo spettacolo e l’ha preparato “Luca Brozzo”, la collega e terza attrice oltre a me e Gabriella che è “Patrizia Bucciarelli”. Ecco questo spettacolo è un lavoro impegnativo che sta avendo un certo riscontro, abbiamo già replicato varie volte ed è stato selezionato come dicevi tu per il Pagani Festival in provincia di Salerno, è una soddisfazione, perché comunque avere già la possibilità di partecipare ed essere in finale è già una cosa fantastica, tra i tanti partecipanti (oltre una cinquantina) l’essere nella rosa dei 12 finalisti è già comunque un grandissimo risultato per noi, anche per il sacrificio che ha richiesto la preparazione di questo spettacolo.

Invece a livello cinematografico hai recentemente scritto ed interpretato un cortometraggio di cui si sta già tanto parlando, raccontami un po’.

Sono molto felice di aver realizzato questo cortometraggio intitolato “La Scarpetta”. Cortometraggio sullo spreco alimentare, realizzato con il supporto di Paola Settimini, editrice, regista e produttrice di cortometraggi e documentari di grande riconoscimento, sono felice di averlo realizzato con Paola, perché mi ha appoggiato e ha creduto da subito in questo progetto, questo soggetto e questa sceneggiatura che avevo preparato già da un anno. Spero che ci sia veramente un bel riscontro, è stato un lavoro collettivo di grande partecipazione, di attori professionisti e non che hanno dato un apporto veramente significativo. E’ un lavoro del quale ne sono molto fiera e orgogliosa e anche perché appunto oltre ad interpretarlo nasce da me, ma senza il supporto di tutti, soprattutto di Paola Settimini non credo che l’avremmo mai realizzato.

Lucia Menapace, la nostra chiacchierata termina qui, complimenti per la tua carriera e arrivederci alla prossima intervista.

Grazie Alex, un saluto a te, a tutti i lettori di Mondospettacolo e naturalmente a Paola Settimini che sono sicura avrà letto la nostra intervista.

Alex Napoleone Wilson

https://www.facebook.com/lucia.menapace.5

L'articolo Lucia Menapace si racconta! proviene da Mondospettacolo.

Trieste Science+Fiction Festival: Mondospettacolo videointervista Brian Yuzna, regista del cult Society – The horror

$
0
0

Cineasta di origini filippine, Brian Yuzna è conosciuto dai fan dell’horror soprattutto per essere stato tra gli artefici del classico dello splatter anni Ottanta Re-Animator, tratto da Lovecraft e del quale ha poi diretto i due sequel.

Autore anche del soggetto del film Disney Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi, ha debuttato dietro la macchina da presa nel 1989, quando mise in piedi Society – The horror, tanto feroce quanto intelligente attacco all’alta borghesia americana infarcito di viscidi e mollicci effetti speciali di trucco a cura dell’ottimo Screaming Mad George.

In occasione del suo trentennale, il lungometraggio è stato proiettato in versione restaurata presso il Trieste Science+Fiction Festival, dove abbiamo avuto modo di incontrare il simpatico Brian – della cui filmografia ricordiamo anche i due The dentist Il ritorno dei morti viventi 3 – per una piacevolissima videochiacchierata.

Buona visione!

 

 

Francesco Lomuscio

L'articolo Trieste Science+Fiction Festival: Mondospettacolo videointervista Brian Yuzna, regista del cult Society – The horror proviene da Mondospettacolo.

Star trek, l’uomo invisibile francese di Blind spot, la creatura marina di Sea fever e lo splatter di The curse of Valburga al Trieste Science+Fiction Festival

$
0
0

Prima di un pomeriggio apertosi con il futuristico cinese Last sunrise di Wen Ren, ambientato in un mondo che basato sull’energia solare, precipita nel caos quando il sole scompare improvvisamente facendo scendere la temperatura sotto lo zero ed esaurire l’ossigeno, il 1 Novembre 2019 del Trieste Science+Fiction Festival è iniziato nella mattinata all’insegna della nostalgia, grazie alla proiezione di Star trek – Il film, diretto nel 1979 dal compianto maestro della Settima arte Robert Wise.

Al di là di Moon di Duncan Jones, che in seconda serata è stato riproposto con sonorizzazione live a cura di Luca Maria Baldini, il resto della giornata si è svolto all’insegna delle novità provenienti dalla cinematografia europea.

Infatti, da un lato il polacco I am Ren di Potr Ryczo ha portato la storia di una donna che, rivelando al marito e al figlio adottivo la propria natura di androide che ha avuto un grave malfunzionamento, diventa metafora di temi universali quali l’amore, il tradimento e le dissociazioni interiori che colpiscono molti, dall’altro la co-produzione tra Francia e Belgio Breakpoint. A counter history of progress di Jean-Robert Viallet ha ipotizzato come sarebbe stata la Terra se alcuni sviluppi dell’era del carbone e del petrolio – che tanto impatto hanno avuto sull’ambiente – si fossero evitati in favore di altre strade.

E dalla Francia è arrivato anche Blind spot (foto qui sopra), che, moderna rivisitazione della sempreverde figura dell’uomo invisibile, punta tutt’altro che al facile intrattenimento ed è perfettamente riassumibile in questa lunga dichiarazione dei suoi due autori Pierre Trividic e Patrick Mario Bernard: “Il nostro protagonista si sente perso, fra le altre cose. La maniera più semplice era fare dell’invisibilità un dono naturale, senza offrire alcuna spiegazione. Una creatura che perde il controllo, come tante altre. L’intera storia è ambientata nel mondo di oggi. Dominick deve guadagnarsi da vivere: ha un lavoro, un appartamento in affitto. È più vicino all’accoppiata Peter Parker/Sider-man, che vende mezza pizza per sopravvivere, piuttosto che a Bruce Wayne/Batman, che vive in un maniero. Dominick sembra una persona ordinaria, non un supereroe. Non sa cosa farsene del suo potere. Essere in grado di diventare invisibile può causare dipendenza? Dominick, pur sfruttando il suo potere, ne soffre. E soffre ancora di più perché è un potere che sta andando fuori controllo. Per noi era un modo innanzitutto di esplorare questo fenomeno facendoci delle domande concrete. Come ci si sente esattamente ad essere invisibile? Quando sei invisibile, i tuoi vestiti restano visibili: siamo davvero invisibili solo quando siamo completamente nudi. L’invisibilità, perciò, ha a che fare col corpo; e il corpo è vulnerabile. L’invisibilità è, quindi, vulnerabilità”.

Come pure punta tutt’altro che al facile intrattenimento Sea fever (foto qui sopra) di Neasa Hardiman, co-produzione tra Irlanda, Svezia e Belgio che, se sulla carta, con il suo plot riguardante un vecchio peschereccio che viene avviluppato in pieno oceano Atlantico da una misteriosa creatura destinata a diffondere una strana infezione tra gli occupanti dell’equipaggio, spinge a pensare al filone horror acquatico che ci regalò Creatura degli abissi di Sean S. Cunningham e Leviathan di George Pan Cosmatos, nei fatti è molto più improntato sull’allegoria.

Perché, in maniera evidente, mentre la protagonista Siobhán alias Hermione Corfield si prsenta in qualità di studentessa di biologia marina che si nasconde dietro la scienza a causa delle sue difficoltà a socializzare, la creatura in questione non si limita a fare da mostro da temere; non a caso, la regista precisa: “Sea fever trova la sua origine nell’antica tradizione europea del cinema espressionista, in cui la metafora centrale del film fa guardare alle problematiche più serie del nostro presente attraverso la lente di una storia avvincente. Una delle questioni più eticamente rilevanti che emergono nella storia è il conflitto tra bisogno individuale e universale. Il film è pervaso da una dolorosa consapevolezza di quanto fragile sia il nostro ecosistema. Ma sottolinea anche quanto i bisogni economici basilari obblighino le persone ad agire in conflitto con le istanze ecologiche oggi così attuali”.

Quindi, chi desiderava, invece, l’horror puro, ha dovuto attendere il suggestivo e non disprezzabile Midday demons dell’italiana Rossella De Venuto, nato come Controra e a base di oscuri passati e sinistre presenze, e lo sloveno The curse of Valburga (foto qui sopra), a firma del Tomaž Gorkič che già si era occupato nel 2015 del violento Idila.

Un’opera seconda in cui riconferma la propensione del cineasta verso lo slasher proto-Wrong turn, stavolta raccontando – non senza humour – di alcuni satanisti svedesi, una coppia di tedeschi bevitori di birra, dei francesi dark, due attrici hard e il loro produttore russo truffaldinamente attirati in una visita guidata in un maniero locale da due fratelli che hanno inventato una leggenda senza immaginare, però, che il posto ne abbia davvero una macabra e terrificante. Giusto una mezz’ora di tempo per far conoscenza dei diversi personaggi e si comincia a sguazzare in mezzo a seghe circolari in pieno cranio, decapitazioni, tagliole in agguato e corpi infilzati.

 

Francesco Lomuscio

L'articolo Star trek, l’uomo invisibile francese di Blind spot, la creatura marina di Sea fever e lo splatter di The curse of Valburga al Trieste Science+Fiction Festival proviene da Mondospettacolo.


Trieste Science+Fiction Festival: Mondospettacolo videointervista Aldo Lado, regista del fanta-cult L’umanoide

$
0
0

Sceneggiatore di oltre venti pellicole – tra cui Beati i ricchi con Paolo Villaggio e Il giorno del cobra di Enzo G. Castellari – a partire dalla fine degli anni Sessanta, Aldo Lado è noto dai fan del cinema più estremo soprattutto per aver diretto L’ultimo treno della notte, che nel 1975 si presentò come evidente derivato italiano de L’ultima casa a sinistra di Wes Craven.

Passato dietro la macchina da presa nel 1971, quando diresse l’atipico giallo “ai confini della realtà” La lunga notte delle bambole di vetro, annovera nella propria filmografia film appartenenti ai generi più disparati, dal thriller Chi l’ha vista morire? al quasi horror Il notturno di Chopin, passando per il drammatico La sepolta viva e per il fantascientifico L’umanoide.

Datato 1979 e nato sulla chiara scia del notevole successo riscosso all’epoca da Guerre stellari, proprio quest’ultimo è stato proiettato in occasione del suo quarantennale presso il Trieste Science+Fiction Festival, dove abbiamo avuto modo di incontrare il simpatico cineasta originario di Fiume per una piacevolissima videochiacchierata.

Buona visione!

 

 

Francesco Lomuscio

L'articolo Trieste Science+Fiction Festival: Mondospettacolo videointervista Aldo Lado, regista del fanta-cult L’umanoide proviene da Mondospettacolo.

“Conosciamoli Meglio”: Ghyblj intervista “Alice Giani Margi”

$
0
0

Alice Giani Margi, stilista che con le sue rappresentazioni ha incantato tutte le ultime Fashion Week , dopo la passione qual’è il percorso che bisogna intraprendere per diventare una stilista amata e ricercata?

Il mio non è solo un percorso di moda ma un percorso di vita. Nelle mie creazioni metto tutto ciò in cui credo, dal bozzetto fino ad arrivare alla realizzazione dell’abito, seguo un percorso creativo che sfocia in un prodotto che rappresenta me e la donna che vesto in tutte le sue sfaccettature e da cui trasuda tutto l’amore e la passione che ho per il mio lavoro. Penso che questo faccia la differenza, insieme a tanta determinazione, costanza, trasparenza, concretezza e un pizzico di fortuna.

Ti distingui da tanti colleghi per i capi che crei con pregiate stoffe, da cosa nasce l’idea? Voglia di urlare al mondo che si può essere eleganti coprendosi dal capo ai piedi o più furbescamente hai pensato alle mogli di facoltosi e ricchi principi del Dubai?

L’idea è nata quando mi sono trasferita in Arabia Saudita nel 2009 e non trovando sul mercato una abaya (tunica tradizionale lunga fino ai piedi) comoda che potesse accompagnarmi nella mia vita dinamica di donna lavoratrice, sportiva e mamma, ho inventato un prodotto che fino a quel momento non esisteva, 100% made in Italy, di ispirazione araba. Le mie abayas vengono realizzate a mano con tessuti italiani di altissima qualità, sono resistenti alle alte temperature e all’usura e possono essere indossate in tantissimi modi a seconda delle necessità. Un nuovo intramontabile classico.

Senti Alice, perché in un’era dove ormai gli stilisti tendono più a svestire piuttosto che a vestire hai scelto il tuo stile orientaleggiante?

Più che uno stile orientaleggiante direi uno stile Modest dal sapore italiano, dove la donna è al centro e viene valorizzata nella sua natura più autentica. “Modest” non è solo uno stile nel mondo della moda, ma anche un valore da applicare a tutti gli aspetti della vita. L’ho scelto perché quando l’ho incontrato l’ho riconosciuto come mio.

Seppur italiana vivi a Riyadh, hai dovuto adeguare il sogno di importi come stilista alle ristrettezze di pensiero e di religione locali?

Ho vissuto a Riyadh per dieci anni e solo recentemente sono tornata in Italia in pianta stabile. Sono stati 10 anni di grandissima ispirazione, crescita personale, arricchimento e qualche giusto compromesso che fa sempre parte della scelta di vivere in un paese con una cultura e delle regole ben precise. Non ho adeguato il mio sogno, il mio sogno ha preso forma e si è realizzato grazie a questa realtà.

Cosa pensa Alice Giani Margi della moda in generale?

La moda è un fenomeno di costume e soprattutto fotografa il tempo in cui viviamo, ma il nostro modo di vederla, viverla e respirarla ha bisogno di un grande rinnovamento in termini di stagionalità, sostenibilità e business models.

Come passi le tue giornate?

Sono una donna come tutte che si divide tra casa, famiglia e lavoro. Amo vivere pienamente, non mi risparmio e disegno.

Fidanzata?Sposata? Figli? Ci parli della tua famiglia?

Felicemente sposata da 10 anni con Diaa, cavaliere internazionale di salto ostacoli egiziano, grande sostenitore del mio progetto nonché papà dei nostri due maschietti rispettivamente di 7 e 2 anni.

Che vita si vive in Riyadh?

Difficile riassumere! A Riyadh la sabbia si mischia al vetro dei grattacieli, fa sempre molto caldo e il tempo scorre più lentamente! Ci sono vari modi di vivere Riyadh, la scorza può sembrare dura ma se si entra dalla porta in punta di piedi si scopre una comunità molto accogliente e molto più simile alla nostra Italia di quanto si possa immaginare.

Via da Riyadh in quale altra nazione vorresti vivere per sviluppare ancor più il tuo estro?

Sono figlia di due mondi ed è qui che nasce la mia creatività. Ho avuto la possibilità di visitare moltissimi paesi arabi tra cui Emirati Arabi, Kuwait, Qatar, Siria e ho vissuto in Egitto, ma è proprio viaggiando che ho riscoperto l’amore per la mia Italia nelle piccole e grandi cose.

Secondo il tuo parere personale, quale stilista internazionale non è degno di tale titolo?

Un aspetto a cui tengo particolarmente è quello di non guardare le collezioni degli altri stilisti durante il mio processo creativo per non influenzare, come dici tu, il mio estro. La mia mente è come una tela bianca e le mie idee nascondo e si sviluppano da dentro. Non parlo degli altri e soprattutto non li giudico.

Cosa vuol dire per Alice Giani Margi il termine “integrazione”?

Se non si hanno confini nella mente, l’integrazione diventa solo un atto di cuore!

I tuoi prossimi impegni professionali?

La nascita del mio laboratorio e showroom a Milano, una nuova collezione totalmente sportiva e importanti collaborazioni in vista negli USA, Arabia Saudita e Dubai!

Alice da grande vorrà diventare?

La migliore versione di me stessa, un esempio per i miei figli e motivo d’ispirazione nel mondo della moda. Come scriveva D’Annunzio, “Bisogna fare della propria vita come si fa un’opera d’arte”.

Dove possiamo seguire te e le prossime tue creazioni?

Sul mio sito www.alicegianimargi.com e sulla pagina instagram @alicegianimargi, stay tuned!

Ghyblj 

L'articolo “Conosciamoli Meglio”: Ghyblj intervista “Alice Giani Margi” proviene da Mondospettacolo.

Trieste Science+Fiction Festival 2019: gli ultimi fuochi con il folle Jesus shows you the way to the highway, gli uomini maiali di Bullets of justice e tutti i premiati

$
0
0

Provate ad immaginare un Matrix sotto acidi e, con ogni probabilità, otterrete Jesus shows you the way to the highway (foto qui sotto) di Miguel Llansó, co-produzione tra Spagna, Estonia, Etiopia e Lettonia presentata il 2 Novembre 2019 presso il Trieste Science+Fiction Festival.

Una folle operazione che, partendo da due agenti speciali che penetrano attraverso la realtà virtuale nel sistema operativo della CIA con il compito di distruggere il virus informatico Unione Sovietica (!!!) molto più complesso di ciò che credevano, s’immerge in un look fotografico chiaramente anni Settanta nel mescolare omaggi e citazioni a più non posso.

Perché, tra uno Stalin che combatte armato di falce e martello e un’Arca dell’Alleanza protetta da un invincibile monaco Shaolin, si sguazza in mezzo a gommosi mostri che sembrano usciti dalla fantascienza americana degli anni Cinquanta e Sessanta, assassini da vecchio film di arti marziali cinese, uno pseudo-Batman che si fa leccare i piedi e agenti forniti di maschere di cartone rappresentanti i volti di personaggi noti quali Richard Pryor e Adriano Celentano.

Con una bizzarra aria generale oscillante tra i vecchi film di spionaggio inglese e i catch movie messicani, un assurdo scherzo in fotogrammi tirato, forse, un po’ troppo per le lunghe e che ha proseguito una giornata apertasi tramite il cult anni Novanta Starship troopers – Fanteria dello spazio di Paul Verhoeven, in omaggio al maestro degli effetti speciali Phil Tippett, ospite al festival per ritirare il Premio Asteroide alla carriera TS+FF2019.

Giornata che, oltre alla celebrazione del quarantennale de L’umanoide, diretto nel 1979 da Aldo Lado, ha annoverato sugli schermi della kermesse il lungometraggio d’animazione norvegese Louis & Luca – Mission to the moon di Rasmus A. Sivertsen (foto qui sopra), il documentario Boia, maschere e segreti: l’horror italiano degli anni Sessanta di Steve Della Casa e il canadese Ghost town anthology di Denis Côté, ambientato in una isolata cittadina con soli duecentoquindici abitanti colpita prima dalla tragica morte di uno di essi, poi dall’apparizione di misteriosi sconosciuti in mezzo alle nebbie.

Senza contare il bulgaro Bullets of justice di Valeri Milev (foto qui sotto), che, comprendente nel cast anche il mitico Danny”Machete”Trejo e riguardante la lotta contro una razza di uomini maiali mangiatori di carne umana nati come super-soldati durante la Terza Guerra Mondiale, il regista definisce “Un sogno schizofrenico che si fa beffe degli elementi dell’action horror”.

Ma a spiccare sono stati lo svedese Aniara di Pella Kågerman e Hugo Lilja, aggiudicatosi il Premio Asteroide per il miglior film di fantascienza, horror e fantasy grazie alla vicenda dell’astronave suggerita dal titolo, usata in un futuro non troppo lontano per trasportare la popolazione terrestre in fuga verso la sua nuova casa, Marte, e destinata a finire fuori rotta nello scontrarsi con dei detriti spaziali, ed Extra Ordinary di Mike Ahern ed Enda Loughman (foto qui sotto), co-produzione tra Irlanda e Belgio che di riconoscimenti ne ha ottenuti perfino quattro: il Premio Méliès d’argent per i Lungometraggi, Stars’ War – Premio della Critica Web, il premio Nocturno Nuove visioni e il Premio del pubblico.

Trattasi di una commedia in salsa ghost story in cui una dolce e solitaria istruttrice di guida si trova a dover usare i propri poteri soprannaturali per salvare la figlia di un altro solitario e dolcissimo individuo da una rock star in declino che fa un patto col demonio per rilanciarsi.

Dei lavori proiettati negli altri giorni, invece, I am Ren si è guadagnato una menzione speciale per l’attrice protagonista Marta Król, This time away di Magali Barbé il Premio Méliès d’argent per i cortometraggi, N di Iacopo di Girolamo il Premio CineLab Spazio Corto e After midnight di Jeremy Gardner e Christian Stella il Premio Wonderland Rai4 con questa motivazione: “Per aver realizzato con elegante ironia, un’intelligente metafora della crisi sentimentale di una giovane coppia, nella quale il raffinato intreccio narrativo conduce il protagonista maschile nel labirinto di un’angosciosa solitudine e l’esperienza della paura diventa mostruosa e spiazzante”.

Nel corso di una cerimonia di premiazione tenutasi il 3 Novembre sera e cui ha fatto seguito l’anteprima dell’attesissimo Zombieland – Doppio colpo di Ruben Fleischer, in arrivo nei cinema il 14 Novembre 2019.

 

Francesco Lomuscio

L'articolo Trieste Science+Fiction Festival 2019: gli ultimi fuochi con il folle Jesus shows you the way to the highway, gli uomini maiali di Bullets of justice e tutti i premiati proviene da Mondospettacolo.

Judy: la Garland di Renée Zellweger

$
0
0

La rievocazione culminante del concerto dei Queen nel giorno del Live Aid, con la canzone We are the champions capace di valicare i limiti di un cordiale intrattenimento ed esprimere i moti dell’anima dei fan avvezzi a strapparsi i capelli per gli animali del palcoscenico, ha permesso a Rami Malek di aggiudicarsi l’Oscar come miglior attore salvando il modesto biopic Bohemian rhapsody, incentrato sugli slanci esistenziali dell’inquieto Freddie Mercury, in attesa di coniugare la vita all’imperfetto dopo aver contratto l’hiv, sulla scorta della dirompente carica congiunta al ricatto emotivo.

Bisognerebbe avere altresì il cuore di pietra, infatti, per restare freddi dinanzi al finale di Judy, predisposto ad arte dallo scaltro ma superficiale regista anglosassone Rupert Goold, con la mamma della celebre Liza Minnelli che si congeda dal suo pubblico grazie all’armoniosa ed energica vibrazione delle corde vocali, pur svilite dall’inesorabile altalena degli stati d’animo, e all’orgoglio da prima donna.

Eppure, alla stregua dell’involuto Bryan Singer, lontano parente nel polpettone in chiave rock dell’autore con la “a” maiuscola che seppe conferire al cult I soliti sospetti lo charme dei profondi motivi d’inquietudine sublimati dall’argutissimo colpo di scena, anche il collega inglese pesca nell’ovvio. Ed è assai probabile, malgrado ciò, che anche Renée Zellweger conquisti l’ambìta statuetta per la prova fornita nei panni dell’immalinconita Judy al crepuscolo.

Nondimeno è sbagliato nutrire dei pregiudizi nei riguardi dei film biografici. Ritenendoli di per sé scontati. La poliedrica cantante, ballerina e interprete Frances Ethel Gumm, ribattezzata Judy Garland, ispirò addirittura lo psicologo junghiano James Hillman per tracciare l’enigmatico ed evocativo profilo di personaggi veicolati verso il compimento del proprio destino dal cosiddetto daimon. La mancata vittoria, sempre dell’Oscar, ai tempi della performance di È nata una stella, rappresentava un ulteriore spunto per tener desta l’attenzione degli spettatori con dei veri furori del cuore.

Goold, invece, privilegia lo spettacolo della recitazione, inferiore al carattere d’ingegno creativo connesso dietro la macchina da presa alle debite proprietà stilistiche, ed esibisce i demoni privati, che minacciano i migliori angeli dell’indole umana cari ad Abraham Lincoln, con lo scartamento ridotto.

Anche se l’esperienza in campo teatrale gli consente di tingere d’imprescindibile autenticità le curiose ed eterne dinamiche stabilite in camera caritatis, nel momento di mettersi in gioco il ricorso ai flashback, con l’eterea Judy adolescente e desiderosa di sottrarsi ai diktat produttivi sul set del celebre film per famiglie Il mago di Oz, crea troppa attesa.

L’interazione tra passato e presente, con alcuni dolorosi flop sul palco causati dall’infelicità per l’ennesimo matrimonio rivelatosi un abbaglio, risente della mancanza degli accordi di montaggio in grado d’imprimere il diritto alla fantasia ed ergo alla gioia ad alcuni voluti scompensi nel ritmo narrativo.  L’ormai esperta Renée ci dà dentro di brutto. Storcendo le labbra per celare, in sorrisini e convenevoli forzati, tanto la rabbia quanto il groppo alla gola. Inarcando le sopracciglia, i fianchi, i reni. Arrossendo perfino.

Peccato che gli ovvi dettagli, intenti a scovare nel volto e nel linguaggio del corpo l’istrionico contrassegno del radicalismo mimetico sputasentenze, in Judy prevalgano sui sintomatici motivi di fianco. All’origine dell’ombra taciturna che cadenza, invece, delle rintronanti scene madri, i meandri dell’io interiore.

 

 

Massimiliano Serriello

L'articolo Judy: la Garland di Renée Zellweger proviene da Mondospettacolo.

Giliana Azzolini presenta “Ritorno all’Io. Ritorno a casa”

$
0
0

Il Taccuino Ufficio Stampa

Presenta

 

Ritorno all’Io. Ritorno a casa di Giliana Azzolini

La scrittrice modenese Giliana Azzolini presenta “Ritorno all’Io. Ritorno a casa”, il quinto volume dell’opera “Viaggio interiore lungo i sentieri del cosmo”. Dopo aver spaziato negli universi e nei mondi alla ricerca di una consapevolezza più profonda di sé stessa, l’autrice rientra nel proprio Io e restituisce al lettore le sue riflessioni sull’uomo e sull’Assoluto. Un testo filosofico e religioso, svincolato però da qualunque dogmatismo; un’opera complessa e intensa che parla a chi ha la mente aperta di rinascita spirituale.

 

Titolo: Ritorno all’Io. Ritorno a casa

Autore: Giliana Azzolini

Genere: Spiritualità/Meditazione

Casa Editrice: Edizioni Alvorada

Collana: Schegge di luce

Pagine: 198

Prezzo: 16,00 €

Codice ISBN: 978-889928-046-8

 

«Attraverso le meditazioni profonde, partendo dal mio spirito/mente, ho trasmutato il reale generando mondi e universi. Forse li ho anche disintegrati. E tutto è stato (è) reale […]».

 

Ritorno all’Io. Ritorno a casa di Giliana Azzolini è un viaggio nella coscienza e nell’anima dell’autrice, un diario intimo in cui ella racconta del suo rapporto con il Tutto, regolato dalla figura di un Angelo che veglia sul suo cammino. “Un viaggio iniziato chissà quante vite fa e non ancora ultimato” in cui cercare risposte che sono già dentro di lei, e che vanno solo comprese nel profondo; un viaggio che ha una sola e importante parola d’ordine: consapevolezza. La sua è stata una ricerca intellettiva, spirituale e fisica alla scoperta cosmica dell’Assoluto, condotta attraverso proiezioni mentali e psichiche in altre dimensioni. L’autrice ritorna a sé stessa dopo tanto peregrinare, dopo aver udito le voci di entità appartenenti ad altri mondi, dopo aver sperimentato il divino, dopo aver conosciuto la potenza e la vibrazione dei colori e dei suoni. È l’autrice stessa ad ammettere di aver intrapreso questo viaggio nell’Io per superare la paura inconscia della morte; è stato infatti un percorso che l’ha preparata a liberarsi del suo corpo pesante, per innalzarsi nel Silenzio e nell’Armonia come pura energia. Dopo aver raccontato delle sue esperienze nei primi quattro volumi dell’opera Viaggio interiore lungo i sentieri del cosmo, Giliana Azzolini ritorna centrata su sé stessa, consapevole della scintilla di divino che ha acquisito lungo il suo cammino, e offre al lettore meditazioni e riflessioni sul suo essere in divenire. “Io sto come sta una goccia mentre si prepara a cadere. Sto come un fiore mentre si prepara a sbocciare”: la sua coscienza è in espansione, e tramite le meditazioni offre uno squarcio sul suo io più profondo, sul suo viaggio guidata dall’Angelo, con cui spesso si identifica. Ritorno all’Io. Ritorno a casa è un’opera complessa, che va compresa con una mente aperta e fiduciosa; un testo che presenta un denso flusso di coscienza e intense immagini oniriche che evocano pianeti lontani ed esseri straordinari, avvolti dal Respiro del cosmo. In cui tutto, attraverso la mente dell’autrice, cerca di armonizzarsi, perché “ogni mondo ha in sé il modo di purificarsi e di evolversi”.

 

TRAMA. Ritorno all’Io. Ritorno a casa è il quinto libro della serie Viaggio interiore lungo i sentieri del cosmo. Dopo aver viaggiato nel cosmo alla ricerca di saggezza e di armonia, protetta e guidata dall’angelicità, l’autrice rientra nel proprio io, consapevole del percorso intrapreso. Nei suoi viaggi mentali/spirituali riconcilia scienza e meditazione nella ricerca cosmica dell’Assoluto. In quest’ultimo volume Giliana Azzolini parla di argomenti di carattere spirituale, religioso e filosofico, trattandoli in modo innovativo e totalmente autonomo da ogni assolutismo. I concetti espressi, provenienti dal mondo angelico, sono per menti aperte. L’opera è dedicata alla memoria e alle opere del sensitivo Gustavo Rol.

 

 

L’AUTORE È DISPONIBILE A RILASCIARE INTERVISTE

Per richiedere e/o prenotare intervista

iltaccuinoufficiostampa@gmail.com

 

BIOGRAFIA. Giliana Azzolini è una poetessa, scrittrice, sensitiva e medium. È stata amica e confidente del famoso sensitivo e saggista Gustavo Rol. Pubblica cinque libri di poesie, uno di haiku, due di narrativa per ragazzi (tra i quali si ricorda “La chiave magica”) e quattro di narrativa per adulti (tra i quali si menziona “I mari della luna”). È vincitrice di numerosi premi letterari nazionali e internazionali. Pubblica in cinque volumi “Viaggio interiore lungo i sentieri del Cosmo”, una serie di libri che trattano di stati di coscienza e di proiezioni mentali e psichiche in altre dimensioni, in cui Giliana Azzolini rivela la sua identità medianica. 

 

LA CASA EDITRICE. Edizioni Alvorada è una piccola casa editrice nata per pubblicare a costi contenuti libri di carattere spirituale, esoterico e medianico. Il termine “Alvorada” significa “alba” in portoghese e in spagnolo (alborada) e rappresenta la speranza di un nuovo risorgere della spiritualità nell’essere umano.

 

 

 

Contatti

https://it-it.facebook.com/giliana.azzolini

http://www.edizionialvorada.com/

 

Link di vendita

https://www.mondadoristore.it/Viaggio-interiore-lungo-Giliana-Azzolini/eai978889928046/

https://www.lafeltrinelli.it/libri/giliana-azzolini/viaggio-interiore-lungo-i-sentieri/9788899280468

 

 

 

 

 

IL TACCUINO UFFICIO STAMPA

Via Silvagni 29 – 401387 Bologna – Phone: +393396038451

Sito: iltaccuinoufficiostampablog.wordpress.com

Facebook: www.facebook.com/iltaccuino.ufficiostampa/

Mail: iltaccuinoufficiostampa@gmail.com

 

L'articolo Giliana Azzolini presenta “Ritorno all’Io. Ritorno a casa” proviene da Mondospettacolo.

Andrea Zanetti presenta il romanzo “Il Principe di Venezia”

$
0
0

Il Taccuino Ufficio Stampa

Presenta

 

Il Principe di Venezia di Andrea Zanetti

Andrea Zanetti presenta “Il Principe di Venezia”, un romanzo storico ambientato nella Venezia a cavallo tra il XV e il XVI secolo. Venezia è la più potente delle Repubbliche marinare, la ricchezza e lo sfarzo riempiono le sale dei palazzi di ricchi mercanti e signori, ma sulla città incombe un pericolo e una guerra sembra inevitabile. Intrighi e giochi politici condiscono questa storia dai toni avventurosi, in cui personaggi potenti e donne affascinanti lottano per custodire un segreto che, se svelato, sconvolgerebbe il destino di tutta l’Europa. “Il Principe di Venezia” inaugura la trilogia “Sulle ali del Leone” dedicata al Cinquecento veneziano.

Titolo: Il Principe di Venezia

Autore: Andrea Zanetti

Genere: Romanzo storico

Casa Editrice: Piazza Editore

Pagine: 400

Prezzo: 16,00 €

Codice ISBN: 978-88-6341-198-0

 

«Caterina Cornaro aveva 39 anni ed era ancora bellissima. La carnagione molto chiara metteva in risalto labbra armoniose, di un rosso naturale e due occhi castani profondi come un pozzo pieno di desideri. Il viso allungato, proporzionato, non aveva spigoli ma sembrava dipinto con mano leggiadra e delicata. I piaceri della tavola le donavano un aspetto sano e solare, i capelli lucenti non avevano bisogno di essere schiariti dal sole per sembrar dorati. Non le piacevano le sue mani, a causa di dita troppo corte per portare più di un anello per dito, peraltro di modeste dimensioni, tanto che per non sembrare goffa, finiva per non indossarne alcuno. […]».

 

 

Con “Il Principe di Venezia” Andrea Zanetti apre una trilogia, “Sulle ali del Leone”, dedicata a quella che può essere considerata la più importante delle Repubbliche Marinare, Venezia. Con questo romanzo e con l’intera trilogia, l’autore ci racconta una città ricca, potente, in cui lo sfarzo e l’eccesso sono all’ordine del giorno. Non mancano gli intrighi e i giochi di potere, come quello in cui si ritrova la protagonista di questo primo capitolo. Caterina Corner è regina di Cipro, Armenia e Gerusalemme, è figlia della Repubblica di Venezia e signora di Asolo, ma è soprattutto una donna ricchissima, famigerata e potente. Vive circondata da poeti e letterati, ma la sua frivola quotidianità viene sconvolta quando è chiamata, insieme al fratello, a ricoprire un delicato incarico diplomatico. I due si recano segretamente a Tours, sulla Loira, presso il castello del re di Francia, per sondare la disponibilità francese ad abbandonare gli interessi sulla Puglia e per lasciarla quindi a Venezia. Infatti, Carlo VIII sta preparando una spedizione militare per conquistare il Regno di Napoli, occasione che gli permette anche di impossessarsi della Puglia, che strategicamente garantisce il controllo del Mediterraneo e dei traffici con l’Oriente. L’ambasciata non sortisce gli effetti sperati, ma una opportunità estremamente interessante si profila all’orizzonte quando Caterina scopre di aspettare un figlio dal Re di Francia. Se la notizia dovesse trapelare, potrebbe sconvolgere ulteriormente l’equilibrio politico europeo e mettere in pericolo la vita stessa del piccolo Zuan, che rappresenta un ostacolo troppo grande per sovrani e pontefici. Nella seconda parte del romanzo assistiamo ai pericoli a cui il giovane Zuan è esposto, a complotti e battaglie per il perseguimento di interessi di palazzo e soddisfare la sete di potere di sovrani senza scrupoli. Con questo romanzo ripercorriamo uno spaccato della storia del nostro paese, perché solo attraverso la lettura degli avvenimenti del passato è possibile comprendere il presente. Andrea Zanetti, tra realtà e finzione, presenta una storia avvincente in cui non mancano temi importanti come la solidarietà e l’amicizia. Con questo romanzo, l’autore – oltre ad indurre il lettore alla riscoperta delle proprie radici e del proprio territorio – ha voluto raccontare delle storie epiche, con grandi battaglie e intrighi di palazzo in una formula godibile, che attira il lettore come la più avvincente trama di un film.

 

 

TRAMA. 1494. Caterina Cornaro, regina di Cipro, è una nobildonna veneziana che cerca la pace nel suo feudo di Asolo, dopo aver donato alla Repubblica di Venezia il suo regno. Il governo della Serenissima è intenzionato ad utilizzare la sua affascinante ed influente mecenate per accompagnare un’ambasciata segreta, che potrebbe consegnare la Puglia nelle mani del Serenissimo Principe, aprendo la strada per un’egemonia assoluta su tutta la penisola italiana. Ciò che scaturirà da questa ambasciata, tuttavia, andrà ben oltre i progetti di conquista di Palazzo Ducale, e Caterina si troverà a dover custodire un segreto talmente potente, che se svelato potrebbe cambiare le sorti stesse dell’intero continente. Ma non esiste un segreto che può essere occultato per sempre. Quindici anni più tardi, al formarsi della Lega di Cambrai, che vede l’intera Europa continentale schierarsi contro Venezia per distruggerla, ciò che doveva essere dimenticato, verrà invece alla luce. Chi vorrebbe che fosse distrutto, chi vorrebbe metterlo al sicuro, chi pensa di poterlo sfruttare a proprio vantaggio nel tentativo disperato di salvare lo Stato. Gli intrighi di palazzo e i giochi di potere si trasformeranno infine in una caccia all’uomo fino all’ultimo respiro.

BIOGRAFIA. Andrea Zanetti è nato nel 1984 a Venezia. Diplomato all’istituto tecnico aeronautico di Padova, lavora al centro di controllo radar di Abano Terme (PD). Dal 2015 è laureato in Scienze Politiche, con un curriculum in Storia e Politica internazionale. Attualmente vive ai piedi dei Colli Euganei, con la moglie e i suoi due figli. “Il principe di Venezia” è il suo primo romanzo, e nasce dalla volontà di ridare colore ad una pagina tra le più importanti della millenaria Repubblica di Venezia.

 

L’AUTORE È DISPONIBILE A RILASCIARE INTERVISTE

Per richiedere e/o prenotare intervista

iltaccuinoufficiostampa@gmail.com

 

CASA EDITRICE. Piazza Editore è una casa editrice di Silea in provincia di Treviso. Pubblica principalmente narrativa e saggistica, con una predilezione per i romanzi che raccontano esperienze forti e umanizzanti. Nelle sei collane in cui è suddiviso il ricco catalogo, è possibile spaziare dal romanzo storico al saggio di storia politica, dal thriller alla narrativa contemporanea o di viaggio.

 

Contatti

www.zanettibooks.com

https://www.facebook.com/zanettibooks/

https://www.instagram.com/zanettibooks/

www.piazzaeditore.it

 

Link di vendita

https://www.amazon.it/Sulle-ali-leone-principe-Venezia/dp/8863411980

 

 

 

 

IL TACCUINO UFFICIO STAMPA

Via Silvagni 29 – 401387 Bologna – Phone:+393396038451

Sito: iltaccuinoufficiostampablog.wordpress.com

Facebook: www.facebook.com/iltaccuino.ufficiostampa/

Mail: iltaccuinoufficiostampa@gmail.com

 

 

 

L'articolo Andrea Zanetti presenta il romanzo “Il Principe di Venezia” proviene da Mondospettacolo.

Al via la produzione di Dampyr, film tratto dall’omonimo fumetto

$
0
0

Hanno preso il via in varie location della Romania le riprese del fantasy action thriller Dampyr, la prima trasposizione cinematografica dell’omonima serie a fumetti.

Dampyr è una co-produzione Eagle Pictures,la celebre Casa editrice di fumetti Sergio Bonelli Editoree Brandon Box.

Nel cast Wade Briggs (Crossed) nei panni di Harlan, il Dampyr, Stuart Martinin (Medici) quelli di Emil Kurjak e Frida Gustavsson (Dröm) come Testla. Al loro fianco, David Morrisse (The walking dead) come Gorka, Sebastian Croft (Game of thrones) come Yuri e Luke Roberts (300: L’alba di un impero) a interpretare Draka.

Basato sui primi due dei trecento albi della famosa serie a fumetti, Dampyr è ambientato durante la guerra dei Balcani, nei primi anni Novanta, e segue le vicende di Harlan. Perseguitato da orribili incubi, Harlan vaga per la campagna e sbarca il lunario fingendosi un Dampyr (un essere mezzo umano e mezzo vampiro) capace di liberare i villaggi da quelli che gli abitanti ritengono ingenuamente mostri malvagi. Ma quando viene convocato dai soldati attaccati da veri vampiri, Harlan scopre la verità: lui è davvero un Dampyr. Mentre cerca di distruggere un terribile Maestro della Notte, Harlan dovrà imparare a gestire i suoi poteri e scoprire di più sulle sue origini.

Con undici settimane di riprese previste e un budget di dodici milioni di dollari, Dampyr, il primo film del Bonelli Cinematic Universe, diretto da Riccardo Chemello, basato sulla serie a fumetti creata da Mauro Boselli e Maurizio Colombo e sceneggiato da Giovanni Masi, Alberto Ostini, Mauro Uzzeo, si presenta come una produzione impressionante supportata da un team creativo d’eccellenza che comprende l’Hair Designer Giorgio Gregorini, premio Oscar per il miglior trucco ed acconciatura nel film Suicide squad, la Makeup Designer Francesca Galafassi (Ben-Hur), Vladimir ‘Furdo’ Furdik come Fight Choreographer (Skyfall), Lubomir Misak come Supervising Stunt Coordinator (L’ultima legione) e Giovanni Casalnuovo come Costume Designer (Beowulf). I produttori sono Roberto Proia per Eagle Pictures, Vincenzo Sarno per Sergio Bonelli Editore e Andrea Sgaravatti per Brandon Box.

Sergio Bonelli Editore (SBE) è uno degli editori di fumetto più importanti del mondo e Dampyr è uno dei personaggi più longevi e di successo della Casa editrice, la cui direzione editoriale è affidata a Michele Masiero. Proprio di questi giorni è l’annuncio che una delle serie più famose di SBE, Dylan Dog, diventerà un live-action di dieci episodi in una coproduzione tra SBE e Atomic Monster di James Wan, che sarà anche il produttore esecutivo. Inoltre, DC Comics e SBE hanno stretto una partnership per una serie di progetti crossover: il primo, intitolato Relazioni pericolose, è quello tra due dei più famosi personaggi a fumetti del mondo, Dylan Dog e Batman.

L'articolo Al via la produzione di Dampyr, film tratto dall’omonimo fumetto proviene da Mondospettacolo.


 “NAPOLI BALLET GALA” AL TEATRO MEDITERRANEO VA IN SCENA LA DANZA CONTRO LA PAURA DELLO STRANIERO

$
0
0

Si terrà l’8 novembre presso il Teatro Mediterraneo alla Mostra d’Oltremare – Viale Kennedy 54 il “Napoli Ballet Gala” una kermesse di danza con artisti internazionali promossa dall’associazione HAMEF. Un evento che vede la partecipazione di ballerini e ballerine delle principali compagnie dei teatri russi del Mariinsky Ballet Theatre, Mikhailovsky Theatre, Grigorovich Ballet Theatre, Kremlin Ballet Theatre e quelli del teatro San Carlo di Napoli esibirsi intorno al tema dell’accoglienza e della danza come forma di contrasto alla paura dello straniero e al razzismo. La serata vede la direzione artistica di Gennaro Carotenuto, direttore dell’Accademia del Balletto di Pompei e di Andrey Lyapin direttore Artistico del “Moscow Ballet La Classique” di Mosca. L’HAMEF è un’associazione nata a Napoli nel 2012 e che raccoglie l’attivismo e gli sforzi civici di numerosi cittadini stranieri che a Napoli vivono e lavorano. “Vogliamo dimostrare come un’arte bellissima e romantica come la danza può essere uno strumento di integrazione, di solidarietà ma anche di bellezza, perché la bellezza aiuta a costruire un mondo diverso – commenta Fatou Diako presidente dell’HAMEF – abbiamo coinvolto artisti internazionali costruendo uno spettacolo di grande pregio dal punto di vista artistico e di grande valore sociale, costruire ponti tra diversi e sconfiggere le politiche di odio si può fare in molti modi e noi pensiamo che iniziative come queste possano darci la possibilità di far arrivare il messaggio ad un pubblico ampio e interessato”.

Parte del ricavato della serata aiuterà il finanziamento di un progetto di cooperazione in Costa d’Avorio, “Una goccia d’acqua per Broudoumè”.

A Broudoumé, vivono più di 3000 persone e molte sono le difficoltà per poter avere accesso all’acqua. Gli abitanti utilizzavano 4 pompe idrauliche che dal 2000 non funzionano più.

Da 19 anni quindi, sono costretti ad attingere dall’unico fonte naturale che dista 3 chilometri dal centro abitato, purtroppo nessuno ne ha certificato la potabilità.

L’iniziativa andrà a finanziare l’installazione di 4 nuove pompe idrauliche e la formazione di due persone del villaggio che ne cureranno la manutenzione. “Vogliamo dare la possibilità ad un’intera comunità di tornare a bere l’acqua potabile – spiega Fatou Diako – siamo sicuri che i napoletani sapranno apprezzare l’iniziativa e ci daranno il sostegno necessario per realizzare quest’opera che restituirebbe un diritti fondamentale come l’acqua a migliaia di persone”.

Il “Napoli Ballet Gala” è patrocinato dalla Regione Campania, dal Comune di Napoli , dal Rotary International Club Ottaviano Distretto 2100 e del MoMi, centro di elaborazione culturale Mobilità, Migrazioni internazionali dell’Università degli Studi di Napoli l’Orientale e vedrà tra le special guest la presenza della ballerina ucraina Principal Dancer del “ Mariinsky Ballet ” Oksana Bondareva e del ballerino russo Principal Dancer del “ Mariinsky Ballet ” Andrey Ermakov considerati tra i più affermati artisti internazionali nel campo del balletto. Durante la serata andrà in scena la coreografia “Sognatori” realizzata Francesco Capuano per 30 giovani danzatori campani che si esibiranno durante il grande evento internazionale. Il viaggio ha sempre rappresentato l’emblema del cambiamento, ed è oggi più che mai attuale, in un mondo in pieno movimento, frenetico, instabile. “Sognatori” vuole soffermarsi proprio su questo: sull’aspetto emozionale del viaggio, sul bagaglio di paure, incertezze che ognuno di noi porta con se, ma anche sulle speranze e sui sogni di chi deve lasciare la propria terra e le proprie origini verso un futuro ancora da conoscere.

Il “Napoli Ballet Gala” terrà insieme musiche diverse e tradizioni diverse sviluppando un mix artistico che restituirà al pubblico proprio un melting pot di bellezza, diversità ed energia. Durante la serata gli attori Luigi Cesarano e Lello Muollo accompagneranno il pubblico alla scoperta del viaggio artistico regalando un’esperienza unica.

L’Ufficio Stampa

Programma della serata inizio ore 21:00

Ouverture

Rumba degli Scugnizzi”

Corpo di Ballo dell’Accademia del Balletto Pompei

Choreography: Enrico Fioretti

Swan Lake” Pas de deux Act II

Oksana Bondareva, Andrey Ermakov

Music: Pyotr Ilyich Tchaicovsk

Choreography Lev Ivanov

Pas de deux “Diana and Acteon”

Ekaterina Pervushina, Dmitry Prusakov

Music: Cesare Pugni

Choreographer: Agrippina Vaganova

Tango from the ballet “Golden Age”.

Marina Fadeeva, Vladimir Morozov

Music: Dmitry Shostakovich

Choreography: Yuri Grigorovich.

Pas de deux “Pas d’esclave”

Ekaterina Pervushina, Dmitry Prussakov

Music: A.Adam

Choreography:Marius Petipa

Grand pas de deux Don Quixote

Oksana Bondareva, Andrey Ermakov

Music: L.Minkus

Choreography:Alexander Gorsky

Adagio Mehmene Banu and Fehrad from the ballet “The Legend of Love”

Marina Fadeeva,Vladimir Morozov

Choreography: Yuri Grigorovich

Music: Arif Melikhov

“Spring Water”

Marina Fadeeva, Vladimor Morozov

Music: Sergey Rachmaninov

Choreography: Marius Petipa, Vasily Vainonen

Grand pas de deux “The Nutcraker”

Claudia D’Antonio Salvatore Manzo

Music:Tchaikovsky

Choreography: Giuseppe Picone

Sognatori”

Choreography: Francesco Capuano

Corpo di Ballo formato da 30 giovani danzatori campani

L'articolo  “NAPOLI BALLET GALA” AL TEATRO MEDITERRANEO VA IN SCENA LA DANZA CONTRO LA PAURA DELLO STRANIERO proviene da Mondospettacolo.

TORNÒ AL NIDO… ED ALTRE TITINE AL TEATRO SANNAZZARO DI NAPOLI

$
0
0

Lo spettacolo , che si basa sul robusto ed iconico testo di Titina de Filippo per la Regia di Antonella Stefanucci , arriva al Teatro Sannazzaro di Napoli dall’ 11 al 13 Novembre ed apre la rassegna del Sannazzaro Prime di Settimana. Il progetto voluto da Antonella Stefanucci, racconta la figura di Titina De Filippo, partendo da un testo scritto da lei, dal titolo: “Tornò al nido”, con incursioni dei personaggi che Titina ha interpretato; un omaggio all’autrice, alla grandissima interprete e antesignana di tante eroine moderne; una donna che, a un certo punto, ha avuto il coraggio di lasciare “il blocco De Filippo”, la famiglia artistica a cui apparteneva, per emanciparsi con una carriera autonoma. Sposarsi, ma soprattutto dipingere, suonare, scrivere. Esprimersi nel senso della più moderna libertà.»
Il Progetto le Titine nasce con un gruppo di attori capaci di giocare partendo da un atto unico che rimanda alle “Tre sorelle” di Cechov, drammaturgo di sicuro riferimento per Titina-autrice. In una sera di primavera, in un’antica casa di campagna, tre sorelle siedono e conversano accanto ad un braciere, una musica giunge da lontano, cala la notte e le tre, assieme al loro vecchio servitore sordo, stanno andando a dormire. A un certo punto qualcuno bussa alla porta… chi sarà?

Salotti, balconi sul mare, case di campagna; musicisti e capitani di marina, nobiltà decadute, figli illegittimi e amanti in fuga. Incursioni, rotture e attraversamenti nell’opera drammaturgica di Titina. Sul palco, oltre ad Antonella Stefanucci, ci saranno Adele Pandolfi, Gino Curcione, Carmine Borrino, Eva Sabelli. Lo spettacolo è stato prodotto dal Napoli Teatro Festival e Teatro del Loto, con un particolare ringraziamento alla sala del Riot di Napoli, messa a disposizione gratuitamente per le prove.
Le scene sono di Tony Stefanucci, i costumi di Carla Colarusso, disegno luci Daniele Passeri, sonorizzazioni Giulio Nocera, realizzazione scena Scuola di Scenografia ABB Napoli diretta da Tonino di Ronza, allieve Dalila Blasio e Nicoletta Esposito, sartoria CTN Canzanella.Atmosfere uniche, nel tempio che un tempo era la casa di Luisa Conte, il Teatro Sannazzaro, dove ritorna un testo forte per rievocare i fasti di quelle dinastie di artisti che hanno portato Napoli sulla vetta del mondo, vera capitale del teatro e cultura riadattato e interpretato da artisti di nuova generazione degni di nota. La Stefanucci oltre al suo impegno con il teatro ha girato due film prodotti dalla legge per il cinema Regione Campania: Querido fidel di Viviana Calò, Le Seduzioni di Vito Zagarino, mentre la De Falco è nel prossimo film di Christian De Sica e Gino Curcione è impegnato con la sua famosa tombola.

L'articolo TORNÒ AL NIDO… ED ALTRE TITINE AL TEATRO SANNAZZARO DI NAPOLI proviene da Mondospettacolo.

Oltre duecento persone per celebrare il mito di Sissi al Gran Ballo organizzato dalla Compagnia Nazionale di Danza Storica.

$
0
0

“Anche quest’anno la magia si è ripetuta. Si è svolta, infatti la XIV edizione del Gran Ballo di Sissi organizzato dalla Compagnia Nazionale di Danza Storica di cui è presidente  Nino Graziano Luca, in omaggio non solo al mito della principessa austriaca ma anche al fervore culturale dell’Italia dell’epoca che ancora oggi fa eco nella società odierna”.

Gli eleganti saloni di Palazzo Brancaccio – l’ultimo del Patriziato Romano – hanno accolto oltre duecento ballerini e ospiti in costume dell’800, che prima sono stati accolti dallo spettacolo “Sissi, ritratto in Musica della Principessa” con Gaia Vazzoler al pianoforte e l’attrice Claudia Natale e poi hanno dato vita a uno spettacolare crescendo di valzer, quadriglie, contraddanze, polche e mazurche.

Quest’anno Sissi è stata interpretata dall’attrice Jennifer Mischiati, prossimamente protagonista di due film internazionali: Creators – The Past con Gerard Depardieu e del film americano Little America. Il costume indossato da Sissi quest’anno è stato frutto di una collaborazione con l’Associazione L’Arte della Bellezza di Federica Carone che ha coordinato un laboratorio con alcune allieve della Cnds. Il costumista Marco di Lauro ha invece realizzato il costume di Francesco Giuseppe interpretato da Francesco Ferdinandi, giovane attore che il pubblico ha apprezzato nelle fiction L’Allieva, Don Matteo 10 Furore. A breve ha terminato le riprese del film internazionale The Big Other diretto dal regista tedesco Jan Schomburg.

Il format del Gran Ballo di Sissi è quello originale della Compagnia Nazionale di Danza Storica e che ha dato enormi soddisfazioni nell’organizzazione di eventi come: il Gran Ballo del Bicentenario del Congresso di Vienna a Schonbrunn, il Gran Ballo per il Governatore di Astraskhan in Russia, il Gran Ballo dell’800 per il Re e la Regina della Malesia a Kuala Lumpur allestito anche per i Cavalieri di Malta nel Palazzo Storico di La Valletta, a Budapest, allo Sferisterio per il Macerata Opera Festival ed a Torre del Lago per il 65° Puccini Festival, il Gran Ballo del Regno delle Due Sicilie alla Reggia di Caserta ed il Gran Ballo dell’800 sul Lago di Como al Teatro Sociale.

La serata ha avuto inizio nel bellissimo Parco Naturale tra ruderi romani, fontane e piante secolari; poi gli ospiti sono stati accolti nelle splendide sale del Palazzo, le stesse dove la principessa Mary Elisabeth Field, moglie del principe Salvatore Brancaccio, organizzava sontuose feste da ballo anche in onore del Re Umberto di Savoia. Quest’anno, per la prima volta, l’evento si è svolto nel maestoso Piano Nobile di Palazzo Brancaccio: lo Spazio Field ricco di stucchi, affreschi e arredi incantevoli. In un’atmosfera pregna di romanticismo ottocentesco coloro che hanno partecipato – nobili, imprenditori, personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, italiani ed europei – si sono fatti coinvolgere dal gioco brioso e divertente del Ballo. Immersi nella dimensione storica, gli ospiti hanno omaggiato il ricordo del primo viaggio in Italia di Elisabetta di Baviera, nel novembre 1856, quando il popolo si mostrò freddo e ostile nei suoi confronti, a causa del regime militare imposto dagli Asburgo. «Più di centosessant’anni dopo i sentimenti sono cambiati – conclude il presidente Nino Graziano Luca – oggi il mito di Sissi, incarnato soprattutto nel volto cinematografico di Romy Schneider, è davvero acclamato con affetto». Il Buffet Dinner è stato curato dagli chef di Palazzo Brancaccio. Il Buffet del Beverage, come sempre nei Gran Balli della Compagnia Nazionale di Danza Storica, è stato open per tutta la serata.

Si ringraziano Andrea Azzarone per lo Spazio Field di Palazzo Brancaccio, Alex Pacifico Management e Silvia Cannova per Pablo art director Gil Cagne’.

L'articolo Oltre duecento persone per celebrare il mito di Sissi al Gran Ballo organizzato dalla Compagnia Nazionale di Danza Storica. proviene da Mondospettacolo.

Ghost town anthology: l’horror ectoplasmatico secondo Denis Côté

$
0
0

Ghost town anthology si svolge a Irénée-les-Neiges, una cittadina isolata con una popolazione di duecentoquindici anime, dove Simon Dubé muore in un incidente d’auto. La gente del posto è restia a discutere le circostanze della tragedia. Da quel momento, per la famiglia Dubé, il sindaco Smallwood e uno sparuto gruppo di altri concittadini il tempo sembra perdere senso e i giorni si trascinano senza fine. C’è qualcosa che sta lentamente calando sulla zona: in questo periodo di lutto, fra le nebbie cominciano ad apparire degli sconosciuti. Chi sono? Cosa sta succedendo?

A queste domande ha già risposto a modo suo Laurence Olivier con il romanzo Ghost town anthology, un titolo che racchiude in sé il DNA di un volume che si avventura nel terreno dell’horror psicologico e metafisico attraverso una frammentarietà di eventi non lineari al centro della quale si compone un puzzle di one lines di un folto gruppo di personaggi.

Da queste pagine Denis Côté ha tratto un plot che mette insieme i tasselli, dando ad essi una forma e una sostanza cinematografica, ma soprattutto un corpus narrativo e drammaturgico al fine di consegnare allo spettatore di turno una trama che avesse un inizio e una parvenza di fine.

Così facendo, il cineasta canadese ha potuto portare sullo schermo – della sessantanovesima Berlinale prima e del diciannovesimo Trieste Science+Fiction Festival poi – un’opera che è, al contempo, una metafora per puntare il dito verso episodi di ordinaria xenofobia e una parabola sul dolore, sulla perdita e sulla loro necessaria elaborazione.

Per farlo si è appoggiato al cinema di genere, nello specifico all’horror paranormale, rievocando una vicenda ambientata in un periodo storico che vide il Québec attraversato da un controflusso migratorio. Nel mezzo si verifica un incidente che interrompe bruscamente una pace solo apparente.

La reazione fu una netta chiusura da parte di una comunità che si barrica dentro se stessa per affrontare in prima battuta la tragedia privata e collettiva per la scomparsa di un suo giovane componente, in seconda per provare a fare fronte comune verso l’arrivo dell’altro ritenuto una minaccia.

Ciò ne fa un film assolutamente attuale che, nonostante la veste di genere, le presenze ectoplasmatiche e il lievitare in aria di qualche essere umano, mantiene una corteccia fortemente realistica.

L’approccio narrativo e tecnico spingono l’undicesimo lungometraggio del cineasta canadese verso un realismo che trova nella scelta di filmare in sedici millimetri e a spalla landscape e corpi immersi nel bel mezzo di distese innevate che sembrano fuori dal tempo il cuore pulsante. Ghost town anthology si alimenta e trova in queste dicotomie il proprio fascino intrinseco e ammaliante.

 

       

 

Francesco Del Grosso

L'articolo Ghost town anthology: l’horror ectoplasmatico secondo Denis Côté proviene da Mondospettacolo.

Amnesia Milano: tutti i guest di novembre e dicembre 2019

$
0
0

Sempre più centrale nel panorama del clubbing italiano e straniero, a novembre e a dicembre l’Amnesia Milano presenta una programmazione ricca come non mai, con anteprime, esclusive e alcuni graditissimi ritorni.

A novembre si inizia con l’appuntamento di venerdì 8 al Fabrique: in console la superba accoppiata formata da Peggy Gou e Seth Troxler: divertimento e qualità musicali assicurati in egual misura. Sabato 9 si torna all’Amnesia con Latmun e Sossa; venerdì 15 è il turno del talento indiscusso di Nina Kraviz, appena salita al 60esimo posto (37 posizioni in più rispetto allo scorso anno) nella Top 100 di DJ Mag; sabato 16 ospiti speciali Archie Hamilton e Frank Storm, sabato 23 Paco Osuna, uno dei dj e producer più rispettati al mondo, grazie a coerenza, creatività e costante desiderio di migliorarsi. Sabato 30 una vera e propria esclusiva: l’unica tappa italiana di K NT XT, l’evento di Charlotte de Witte (nella foto di foto di Gabriele Canfora per Lagarthy Photo) che arriverà a Milano dopo le tappe di Amsterdam, Anversa e Parigi.

A dicembre si parte come meglio non si potrebbe: sabato 7 lo special guest è il tedesco Boris Brejcha, uno dei massimi esponenti mondiali della High-Tech Minimal, un genere che di fatto lo stesso Breicha ha contribuito a creare; sabato 14 arriva all’Amnesia il carismatico Damian Lazarus, dj sciamano come pochi altri al mondo, capace di progetti discografici live di altissimo livello; sabato 21 è tempo di musica per palati fini, grazie allo showcase di Solid Grooves e il tridente formato da Michael Bibi, Dennis Cruz e Reelow; mercoledì 25 più che una data, un vero e proprio must: Ilario Alicante allnightlong. Il 2019 dell’Amnesia non finisce qui: ci sarà ancora tempo per la serata di sabato 28 dicembre, con lo special guest ancora da rivelarsi al momento in cui scriviamo queste note. Ci sarà tempo per pensarsi, così come sarà già tempo di pensare ai tanti guest e alle tante serate che l’Amnesia saprà proporre nel 2020.

foto di Gabriele Canfora per Lagarthy Photo

www.amnesiamilano.com

L'articolo Amnesia Milano: tutti i guest di novembre e dicembre 2019 proviene da Mondospettacolo.

Viewing all 24182 articles
Browse latest View live


<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>