La notte che mia madre ammazzò mio padre mette in scena la comicità tipica del più brillante cinema spagnolo e regala un finale del quale discutere in compagnia.
Una cena che nessuno potrà dimenticare
Ne La notte che mia madre ammazzò mio padre viene descritta una serata molto particolare vissuta da una famiglia decisamente allargata: Ángel (Eduard Fernández) è uno scrittore di gialli che organizza una cena insieme alla moglie Isabel (Belén Rueda) e all’ex moglie Susana (María Pujalte) per convincere l’attore Diego Peretti (nel ruolo di se stesso) a co-produrre il loro film. Dopo aver spedito in gita i figli delle coppie (la figlia di Ángel e Susanna, quella di Ángel e Isabel nonché il figlio che Isabel ha concepito con il suo ex), la serata può avere inizio. All’improvviso però suonano alla porta: è proprio Carlos (Fele Martínez), ex di Isabel, insieme alla nuova fidanzata Álex (Patricia Montero). La situazione appare già molto intricata, ma il meglio deve ancora venire. Cosa accadrebbe infatti se Isabel esprimesse il desiderio di uccidere Carlos e se questo, poco dopo, morisse per avvelenamento proprio nel salone della lussuosa villa di Ángel?
Confusione e ambiguità
Se il plot può apparire confuso, la visione dei primi 20 minuti di film lo sarà ancora di più. Questa infatti è una componente irrinunciabile della pellicola e fa da filo conduttore alla vicenda per tutti i 93 minuti della sua durata. Di sicuro sarà una cena che nessuno potrà dimenticare e la presenza di Diego Peretti (l’attore che recita il ruolo dello psicanalista nella versione spagnola di In Treatment) è una vera chicca: ognuno dei personaggi, ciascuno per motivo diverso, potrebbe tranquillamente essere uno dei suoi clienti! La riuscita della pellicola, divertente e a tratti ambigua, è data proprio dal ritmo e dall’imprevedibilità che solo un gruppo di persone così folle avrebbe potuto garantire. Gli attori, per lo più provenienti dalla tv, si affannano per essere credibili in tutti i capovolgimenti di fronte che i loro personaggi sono costretti ad affrontare e riescono nell’intento nonostante ci si trovi nel bel mezzo della classica commedia degli equivoci.
Inés Paris e il meta-teatro
Molti hanno paragonato il lavoro della regista Inés París a quello di Pedro Almodóvar sia per quanto riguarda il ruolo della sessualità (un personaggio farà coming out) che per l’impianto teatrale. Il finale, che ovviamente non verrà svelato in questa sede, non potrebbe essere più sorprendente e apre la strada a diverse interpretazioni. Si tratta di uno di quei finali in cui, usciti dalla sala, ognuno potrà dire la sua e dare la priorità ad un dettaglio piuttosto che a un altro. Ciò che è certo è che la París ha utilizzato elementi del meta-teatro, creando un cinema nel cinema. D’altronde con un film da realizzare, un’aspirante attrice un po’ folle (Isabel) e un omicidio a dir poco scenico non ci si poteva aspettare niente di meno. Unica pecca: la confusione di cui sopra tende a volte a superare il limite, e, come si dice in questi casi, “il troppo stroppia”.
La notte che mia madre ammazzò mio padre è nelle sale (ecco quali) dal 18 maggio 2017 (qui trovate le altre uscite della settimana). Un plauso va fatto ai doppiatori italiani: stare dietro alla vivacità della parlata iberica non deve essere stato un gioco da ragazzi.
Voto 7.5
Raffaella Mazzei
The post Recensione: La notte che mia madre ammazzò mio padre, un film nel film appeared first on Mondospettacolo.