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Recensione: La febbre del sabato sera, il musical che omaggia la disco anni ’70

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La febbre del sabato sera, il musical tratto dal celebre film Saturday night fever con John Travolta, è in scena al Teatro Olimpico di Roma per festeggiare i suoi 40 anni.

Ne La febbre del sabato sera il giovane Tony Manero (Giuseppe Verzicco) è un ragazzo italoamericano nella New York del 1977. Vive con la mamma pugliese Flo (Alessandra Sarno), il papà calabrese Frank (Gaetano Ingala) e la sorella, mentre l’altro fratello si è fatto prete. Ha un lavoretto in un negozio di vernici e passa il suo tempo libero in cerca di ragazze, con le quali ha un discreto successo, e divertimento assieme al suo gruppetto di amici, i Baroni, composto da Joey (Samuele Cavallo), Double J. (David Negletto) e Gus (Francesco Lappano). Il sabato sera Tony e i ragazzi si scatenano nella discoteca 2001 Odyssey di Monty (Gianluca Sticotti), con in consolle la trascinante DJ Candy (Giovanna D’Angi) e dove viene indetto anche un concorso di ballo per coppie. Insoddisfatto della sua appiccicosa partner Annette (Giada D’Auria), che mira soprattutto al suo cuore, Tony adocchia una sensuale ballerina, Stephanie Mangano (Anna Foria), che spera di conquistare e con cui punta a vincere il primo premio del concorso di ballo.

La febbre del sabato sera

Dopo il debutto al Teatro Nuovo di Milano (che tra l’altro produce lo spettacolo), il musical de La febbre del sabato sera è sbarcato al Teatro Olimpico di Roma con le sue atmosfere seventiees e la sua trascinante colonna sonora che vede in prima linea, e non poteva essere altrimenti, le canzoni dei Bee Gees da Stayin’ alive How deep is your love, da Night fever You should be dancing fino a More than a woman e all’immancabile Disco Inferno dei Trammps, per un autentico omaggio alla disco music di quegli anni che ha fatto ballare milioni di persone. La scelta, però, di lasciare in originale anche i brani cantati dal cast, penalizza un bel po’ gli spettatori che non conoscono la lingua e che, di conseguenza, non vengono agevolati nella contestualizzazione dei pezzi all’interno della storia. Nel giudizio finale non si potrà non tenerne conto, nonostante la bravura degli interpreti.

La febbre del sabato sera

Il trentenne Giuseppe Verzicco è un ottimo Tony Manero, carismatico e spigliato sia nella recitazione che nel canto (dove però necessita di migliorare la pronuncia inglese), mentre le pur brave Anna Foria e Giada D’Auria vengono superate di una spanna dalla scatenata DJ interpretata dall’esuberante Giovanna D’Angi. Menzione obbligatoria per Alessandra Sarno, nella doppia veste della mamma pugliese di Tony e della scostante cameriera, maschera comica che quasi da sola regge sulle sue spalle le situazioni comiche dell’intero spettacolo. Cast comunque di alto livello, sia per il canto (accompagnato tra l’altro dall’orchestra dal vivo) che per il ballo, coreografato in perfetto stile disco seventiees da Valeriano Longoni. Notevole l’impianto scenografico di Roberto ed Andrea Comotti formato quasi interamente da ledwall e che, grazie ai video di Francesca Del Cupolo ed Erika Dolci, riesce a riproporre location d’epoca (come il ponte di Verrazzano), altrimenti difficilmente ricreabili in teatro. Sfavillanti i costumi di Graziella Pera e, come sempre, dinamica e accattivante la regia di Claudio Insegno, ormai totalmente votato al musical (suoi sia Jersey Boys, da noi già positivamente recensito, che il prossimo Febbre da cavallo che debutterà a marzo).

La febbre del sabato sera

In definitiva La febbre del sabato sera è un buon musical che alterna brani storici e coreografie originali, situazioni comiche e qualche momento più intimista. Consigliato sia a coloro che erano giovani quarant’anni fa, sia a chi non ha vissuto l’epoca d’oro della disco music, con quell’unico handicap relativo ai brani in originale (di cui parlavamo prima) e che gli costa una mezza stella in meno nel giudizio finale, che resta comunque molto positivo.

 

Ivan Zingariello

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