Protagonista degli “Incontri ravvicinati” con il pubblico alla Festa del Cinema di Roma lo scorso 21 ottobre è stato l’elegantissimo cantautore piemontese Paolo Conte, che dopo essere sfilato sul red carpet del Parco della Musica ha tenuto un doppio concerto con la sua orchestra all’Auditorium della Conciliazione (ieri sera e oggi pomeriggio) per presentare il suo ultimo disco “Amazing Game – Instrumental Music” e i suoi più grandi successi.
Intervistato alla Sala Petrassi dal critico cinematografico Mario Sesti e dal critico musicale Gino Castaldo, l’astigiano ex avvocato ha sempre pensato che la tecnica di costruzione di un film e di una canzone si somiglino, anche se una canzone deve durare circa 3 minuti e ovviamente i tempi di narrazione sono più stretti. Conte pensa che venire dalla provincia lo abbia favorito rispetto alla città. Fanno vedere alcune clip di film dove sono state usate le sue canzoni come “Tu mi turbi” (1983) di Roberto Benigni e “Mostly Martha” (2001) con Sergio Castellitto dove c’è la celebre “Via con me” (conosciuta anche come “It’s wonderful”, cantata dallo stesso Benigni).
Il jazz per lui prima ancora che un sogno è stato prima di tutto una grande caccia, partita da collezionista che cercava 78 giri che costavano molto e se cadevano si rompevano, la caccia continua ancora oggi. Il jazz era stato raccontato in modo romantico dagli americani, l’orchestra che più gli è piaciuta è quella di Duke Ellington, negli anni ’60 ha partecipato anche ad una specie di quiz sul jazz in Norvegia a Oslo ed è arrivato terzo.
Castaldo gli chiede del Premio Nobel a Bod Dylan e Conte risponde che va benissimo perché la letteratura non è solo romanzi o poesie, già Fo o Pirandello avevano preso il Nobel e rappresentavano un’eccezione in questo senso, ora è giusto aprirlo anche alla musica. La sua manager Rita Allevato si informa sull’uso che viene fatto delle sue canzoni nei film, il regista deve concedere alla musica degli spazi abbastanza lunghi altrimenti la musica è sacrificata, mentre durante i dialoghi deve quasi sparire.
Altre sequenze con canzoni di Paolo Conte sono “Arrivederci amore ciao” (2006) di Michele Soavi con “Insieme a te non ci sto più” (cantata da Caterina Caselli) , poi uno spot con “Gli impermeabili”, “The Lake House” (2006) di Alejandro Agresti con “Chiamami adesso”, “Tu la conosci Claudia?” (2004) di Massimo Venier con Aldo Giovanni e Giacomo che cantano “Insieme a te non ci sto più” di Conte e Pallavicini, che viene cantata anche da Nanni Moretti (stonando apposta, spera Conte) in “La stanza del figlio” (2001) e “Bianca” (1983).
Castaldo ricorda che le prime performance di Conte dal vivo erano piuttosto goffe, lui ha sempre avuto una passione per i brani strumentali, nell’ultimo disco sono 23, tutte possibili colonne sonore. “Amazing game” è anche il titolo di uno dei brani strumentali, i titoli li scrive sempre alla fine, per scegliere le parole giuste ha bisogno che si cristallizzino dentro di sé, per lui è sempre una grande fatica scrivere i testi perché scrive sempre prima la musica (melodia, armonia, arrangiamento, bassi, ecc). Sesti ricorda la grande passione di Conte per l’enigmistica, l’unica canzone in cui il testo è venuto fuori insieme alla musica è “Genova per noi” (cantata anche da Bruno Lauzi), dove c’è l’incontro tra i piemontesi e i genovesi, scritta quasi di getto. Ci sono brani suoi anche in film stranieri, ha un pubblico vero che lo segue anche all’estero, soprattutto in Francia, Germania, Olanda, Stati Uniti, e tante sue canzoni vengono ospitate nei film. Conte è convinto che i francesi non abbiano mai capito davvero i suoi testi, solo una volta gli è capitato che qualcuno aveva scelto “Come di” perché secondo lui era “la canzone degli addii” dimostrando quindi di averla capita, ma in genere amano solo il suono delle parole, per la loro “grandeur” non sopportano che qualcuno possa cantare in un’altra lingua che non sia il francese. Il responsabile della scelta di cominciare a cantare fu il produttore dei suoi primi due dischi Lilli Greco (che ha lavorato anche con De Gregori, Patty Pravo, Avion Travel, ecc.), che sosteneva che chi scriveva canzoni doveva testimoniarlo in prima persona e lo convinse a cantare. Alla RCA hanno speso 6 milioni di lire per fare i primi due dischi, lui li voleva restituire ma poi si sono rifatti.
Per quanto riguarda il cinema amato da Paolo Conte vengono mostrate alcune sequenze dei suoi film preferiti: “Pane amore e fantasia” di Comencini con De Sica e la Lollobrigida, “Casablanca” con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman, “Amarcord” di Fellini, “Helzapoppin” di H.C. Potter, “Killer’s Kiss” (Il bacio dell’assassino) di Kubrick, “Blade Runner” di Ridley Scott e “The Hustler” (Lo spaccone) con Paul Newman. Sono scelte riguardanti la partecipazione della musica nel film, ad es. la scena con la Lollobrigida dove c’è il ritmo di una banda, la musica di Vangelis in “Blade Runner” dove c’è un lavoro quasi di sound design. Si ricorda di aver visto “Il bacio dell’assassino” da solo al cinema e quando è uscito ha avuto la sensazione di aver visto grande cinema, soprattutto per la musica e la fotografia, senza nemmeno sapere chi fosse Kubrick che allora era giovanissimo e quasi sconosciuto. Il te rema di fisarmonica di Rota in “Amarcord” suscita un senso di attesa. C’è un’idea che si possa usare la musica come uno stile pittorico, è una questione di stile, musica e regia devono cercare di avere lo stesso stile.
I suoi desideri inespressi sul cinema sono forse quelli di scrivere un soggetto, gli sarebbe piaciuto fare la musica di “Ombre rosse” di John Ford. All’inizi ha fatto davvero l’avvocato, qualcosa di questa esperienza c’è anche nella storia de “La ricostruzione del Mocambo”, dove c’è il curatore fallimentare, i cori erano del Duo Fasano. Non ha mai fatto la “morale” nelle canzoni perché non appartiene ai cantautori “storici” che sono più giovani di lui, non ha mai sentito il bisogno del cosiddetto messaggio. Trova che non ci sia niente di rivoluzionario in giro, ascolta molta musica classica sul canale 138 di Sky e anche i mostri sacri del jazz, per le colonne sonore pensa che sia soprattutto una questione di produttori e di costi se non ne vengono realizzate di troppo belle ultimamente. Gli ricordano “Sotto sotto strapazzato da anomala passione” di Lina Wertmuller (che ieri sera era in prima fila al suo concerto con Renzo Arbore) per cui ha scritto le musiche e lui si ricorda del lavoro che ha fatto ma non i titoli dei brani, e poi un bellissimo acronimo P.U.B.S.A.G (“Passa una bionda sugli anni grigi”) che fa parte del suo ultimo disco “Instrumental Music”. Anche la musica per “La freccia azzurra” di Enzo D’Alò è perfetta e nel 1997 vinse il David di Donatello per la migliore musica, una questione di stile, appunto.
Alessandro Sgritta
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