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RomaFF11: Incontro ravvicinato con Bernardo Bertolucci

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Per la serie “Incontri ravvicinati” con il pubblico della Festa del Cinema di Roma, il protagonista assoluto della giornata di ieri è stato Bernardo Bertolucci, 75 anni, tra i più importanti registi italiani e Premio Oscar per il miglior regista con “L’ultimo imperatore”, che nel 1988 vinse ben nove Oscar.

Bernardo Bertolucci incontra il pubblico alla Sala Sinopoli
Bernardo Bertolucci incontra il pubblico alla Sala Sinopoli

Presentato da Antonio Monda, Bertolucci ha iniziato parlando del cinema negli anni ’60 e del suo amore per la Nouvelle Vague e per Godard, così forte che per difenderlo sarebbe stato disposto a venire alle mani con qualcuno. Il suo primo film fu “Strategia del ragno” girato nell’estate del ’69, mentre era ancora in moviola gli arrivò il permesso per girare “Il conformista” (1970) dal libro di Alberto Moravia (adattamento dal romanzo che finisce in maniera diversa con il protagonista che viene ucciso, mentre nel film di Bertolucci il conformista Trintignant alla fine improvvisamente forse capisce tutta la sua storia e la sua vita), si chiama “il conformista” perché avendo paura di essere diverso diventa una spia fascista. La scena che ha scelto Bertolucci è quella di Trintignant che entra in casa e trova sua moglie (Stefania Sandrelli) con Dominique Sanda e diventa un voyeur nascosto. Il voyeurismo lo interessava perché anche la macchina da presa è una specie di buco della serratura dei genitori (scena primaria di Freud), è un sistema di pensiero, i registi voyeur sono tantissimi. In quegli anni pensava che il cinema potesse essere o come quello di Bresson e Ozu (piani fissi) o come quello di Max Ophuls e Mizoguchi (la macchina da presa che si muove molto), e anche Bertolucci soffre di questa sindrome e non riesce a tenere la macchina ferma.

Si passa quindi ad una sequenza di “Ultimo tango a Parigi” (1972), il film nasce da un amico distributore di New York che gli chiese di fare un film sulla storia di un uomo e una donna che s’incontrano solo per fare l’amore, gli dissero che se era capace di fare un film con un milione di dollari si poteva fare con Aurelio Grimaldi (produttore). Bertolucci voleva Alain Delon e Jean Paul Belmondo, ma il primo voleva essere anche produttore e il secondo trovava il film troppo scandaloso, allora incontrò Marlon Brando in un hotel di Parigi e gli spiegò in due minuti e in un pessimo inglese la storia del film. Prima di girare portò sia Brando che Storaro (direttore della fotografia) alla mostra di Francis Bacon e tutti capirono che i primi piani dovevano avere la stessa forza e immediatezza.

"L'ultimo imperatore" (1987)
“L’ultimo imperatore” (1987)

Viene mostrata la scena de “L’ultimo imperatore” (1987) con il bambino (il piccolo imperatore) e il grillo. Alla domanda sul perché un italiano di Parma avesse deciso di fare un film sulla Cina, Bertolucci risponde che il giallo Parma è identico al giallo imperiale cinese, aveva letto una biografia dell’ultimo imperatore che lo aveva appassionato e partì con Mark Peploe (lo sceneggiatore) e un critico cinematografico per la Cina, il film fu girato nel 1986, c’erano migliaia di comparse, oggi si poteva fare tutto con il digitale. A questo proposito dice che il suo ultimo film “Io e te” (2012) lo ha girato in pellicola perché non è mai troppo a fuoco, gli ricorda la pittura impressionista, mentre il digitale è troppo a fuoco.

Il film successivo è “Novecento” (1976), di cui anche Oliver Stone ha scelto una sequenza nel suo incontro con il pubblico, è un film che ha avuto una vita complessa perché durava 5 ore e 10 minuti e per contratto con la distribuzione americana non poteva durare più di 3 ore e quindi andava tagliato di due ore. Lui non volle nemmeno vedere il film così tagliato, allora la Paramount gli disse di fare una versione di 4 ore che comunque aveva perso molto dell’originale e non gli è mai piaciuta ma alla fine ha dovuto consegnarla. Si tratta di un film infinito che ha fatto perché voleva tornare nella terra di suo padre che era un grande poeta (Attilio Bertolucci) oltre che un critico cinematografico e gli ha insegnato il cinema e la poesia. Il primo film che ha visto da bambino è stato “Biancaneve”, il padre era un ipocondriaco e chiamava i medici anche di notte, lui stesso si è liberato dell’ossessione del corpo solo quando il padre è morto. Il personaggio di Depardieu si chiama Olmo, nel 1974 c’era una malattia degli olmi (gli alberi) e lui chiamandolo così pensava di salvarli, anche il giovane che recita in “Io e te” si chiama Jacopo Olmo Antinori, oggi ci sono molti Olmi e la malattia è stata superata. “Ultimo tango a Parigi” era stato un grande successo e dopo avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, poi in “Novecento” arrivarono De Niro, Depardieu, Burt Lancaster, Donald Sutherland, ecc. Marlon Brando era l’uomo più bello del mondo e su questo erano d’accordo tutti, sia uomini che donne.

"Ultimo tango a Parigi" (1972)
“Ultimo tango a Parigi” (1972)

Dopo una scena da “Il tè nel deserto” (The sheltering sky) con John Malkovich e le musiche di Sakamoto, gli ricordano che una volta scrisse “non si può vivere senza Rossellini”. Bertolucci ha dovuto metabolizzare le influenze che i grandi registi (Godard, Rossellini, ecc.) hanno avuto su di lui, tutti i registi che ama sono stati dei “ladri di cinema”, l’importante è non farsi scoprire. Gli chiedono se sia vera la leggenda che nel film “Il conformista” il numero di telefono e l’indirizzo che si sentono sono quelli di Godard e lui conferma. Bertolucci ricorda che Godard gli regalò un ritratto di Mao con la scritta “bisogna lottare contro l’egoismo” che lui stupidamente strappò.

Segue un lungo piano sequenza da “Io e te” (2012) con la canzone “Ragazzo solo, ragazza sola” cantata da David Bowie (la versione italiana di “Space Oddity). Bertolucci ripete che negli anni ’60 i piani sequenza seguivano due direzioni diverse nel cinema: i piani fissi di Bresson, Ozu, ecc. e i grandi movimenti di macchina di Max Ophuls, Mizoguchi, ecc. e lui si sentiva più vicino a questi ultimi. Oggi nelle serie tv americane c’è una prevalenza del piano fisso sui movimenti di macchina, è come se Mizoguchi e Ophuls raccogliessero dentro il film gli spettatori con le loro inquadrature, i lunghi piani sequenza evitano il montaggio, allora duravano al massimo 10 minuti, oggi con il digitale possono essere infiniti. Antonio Monda ricorda che alla festa del cinema c’è un film iraniano che è un intero piano sequenza.

"Io e te" (2012)
“Io e te” (2012)

L’incontro si chiude con una sequenza scelta direttamente da Bertolucci, tratta da “Il piacere” (Le Plaisir) di Max Ophuls, film del 1952 in tre episodi tratto da tre racconti di Maupassant, che lui vide al mitico Filmstudio di Trastevere.

Alessandro Sgritta 

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