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Anna Signore “Ospite al Sezze Film Festival 2020”

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Amici di Mondospettacolo, oggi vi parlerò di  Anna Signore, una bellissima ragazza che avremo l’onore di ospitare al Sezze Film Festival 2020. Sul suo Instagram si definisce 100% Natural Girl, le ho chiesto di raccontarsi ai nostri lettori con questa piccola intervista.

Ciao Anna, benvenuta su Mondospettacolo, parlaci un po’ di te.

Ciao Stefano e grazie per la benvenuta. Mi chiamo Anna Signore, napoletana verace di 24 anni e sono laureata in fotografia, cinema e televisione all’accademia belle arti di Napoli. Nasco come fotografa, la mia passione è sempre stata la fotografia lavorando freelance per eventi e party Vip. Poi ho avuto modo di inserirmi come fotografa in un’agenzia pubblicitaria che però, mi ha successivamente voluta come fotomodella facendomi così esordire davanti l’obiettivo.

Il mio primo shooting fotografico da fotomodella è stato quello di una nota marca di gioielli, avevo appena 20 anni! In contemporanea, ho iniziato a crescere su Instagram. Pubblicavo foto e ricevevo tantissimi like e followers, diventando così un influencer per hobby, grazie alla prima azienda che mi scrisse per sponsorizzare il loro prodotto: adesso quello dell’influencer è diventato un vero e proprio lavoro insieme a quello di fotomodella e ragazza immagine.


L’anno 2019 è stato il cosiddetto “salto di qualità”: testimonial di due marchi di gioielli, partecipazione a videoclip, spot pubblicitari, in edicola su tre riviste di gossip e tante proposte per partecipare a reality televisivi. Conosco molto bene il mondo dello spettacolo, ma al momento non ho avuto di entrarci completamente. Mi piacerebbe, certo!

Un mio ritratto personale? Testarda e determinata: quando ho in testa degli obiettivi, faccio di tutto per arrivarci. Una ragazza senza alcun dubbio con la testa sulle spalle e orgogliosa di avere valori d’altri tempi.

Anna Signore sarà ospite del Sezze Film Festival 2020 diretto da Alfonso Chiarenza e  da me (Stefano Madonna) con un premio speciale a lei dedicato nel campo dei social.

Il suo profilo instagram: annasignore.off_ ha più di 330 mila follower. Seguitela!

La Redazione

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They shall not grow old – Per sempre giovani: la Prima Guerra Mondiale di Peter Jackson 

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Regista di tanti capolavori, universalmente conosciuto per la saga de Il Signore degli Anelli, Peter Jackson racconta attraverso They shall not grow old – Per sempre giovani la Prima Guerra Mondiale attraverso un lavoro che riporta in vita immagini sepolte negli archivi.

Il documentario, ripercorre la Prima Guerra Mondiale dalla parte dei soldati dell’Impero Britannico, partendo dal materiale di repertorio. Come il suo  Gandalf,  il cineasta neozelandese ha pensato bene di operare una “magia” cinematografica e, dopo i primi minuti in bianco nero in piccola immagine in 4:3, trasforma l’insieme in un film a colori a tutto schermo, trasportandoci nel cuore del conflitto bellico.

E ci mostra come non mai, in maniera vivida, gli scontri, i volti, i feriti e la morte sui campi di battaglia. Nel centenario della conclusione della guerra, che terminò l’11 Novembre, alle ore 11 del 1918, con un armistizio, Jackson ci porta dentro le storie dei soldati di Sua Maestà, uno dei quali fu proprio suo; infatti dichiara: Ogni film che faccio è personale nella misura in cui faccio sempre un film che vorrei vedere anch’io. Ma questo è personale in modo diverso, perché mio nonno ha combattuto nella Prima Guerra Mondiale. E quand’ero ragazzo la libreria di casa nostra era piena di libri sulla Grande Guerra, per cui si tratta di una cosa di cui mi sono interessato per tutta la vita.

Insieme al racconto vero di chi ha partecipato alla guerra, le immagini ci narrano le loro storie, dall’addestramento al divertimento spensierato, per poi arrivare alle trincee, ai gas, alla morte.

Jackson regala una incredibile esperienza visiva, sottolineata dai sopravvissuti che raccontano le loro semplici e tragiche storie. Sono tantissime le voci che ripercorrono dal primo all’ultimo minuto tutta la storia, e l’incredibile ricostruzione riesce a ridare una nuova vita ad immagini mute e in bianco e nero.

Un lavoro perfetto,  reso possibile anche dalle nuove tecnologie, che hanno  permesso al regista della Terra di mezzo di portarci dentro la terra di nessuno, dove giacciono cadaveri infestati dalle mosche o i soldati alle prese con i topi nelle trincee.

Ci vengono mostrati anche i soldati germanici, presi prigionieri e raccontati da chi li ha combattuti, che ne rispetta comunque la loro forza e il coraggio.

Notiamo come tutti volti, in particolare proprio quelli dei tedeschi, a volte sorridano e scherzino assieme. La guerra è finita per loro e, forse, sono contenti di stare nelle retrovie. Tra i testimoni vi è chi rimpiange quei momenti, eppure un milione di soldati inglesi hanno perso la vita nel conflitto.

A più di cento anni di distanza possiamo ammirare quella generazione perduta guardandone gli occhi, sorriso, la morte.

Oltre a ridare vita alle immagini, They shall not grow old – Per sempre giovani riesce a donargli uno strano effetto, una specie di aura, quasi avesse girato Jackson stesso quei filmati per un suo lungometraggio. Un degno omaggio a quei tanti giovani, dell’una e dell’altra parte, che hanno perso la vita in un conflitto assurdo.

 

 

Roberto Leofrigio

 

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Al cinema per soli tre giorni Show me the picture: The story of Jim Marshall

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Bob Dylan e Jimi Hendrix, Janis Joplin e Mick Jagger, Johnny Cash e Jim Morrison, e poi ancora i Beatles e i Led Zeppelin, passando per i grandi del blues e del jazz come Nina Simone, Aretha Franklin, Miles Davis, John Coltrane e Thelonious Monk. Cos’hanno in comune tutti questi personaggi tra loro? Un nome: Jim Marshall, il leggendario fotografo che ha realizzato alcuni fra gli scatti più celebri delle grandi star della musica degli anni ’60 e ’70.

Il documentario Show me the picture: The story of Jim Marshall, che Zenit Distribution porta nelle sale italiane il 2, 3 e 4 Marzo 2020, è un vero e proprio viaggio nel decennio che cambiò la storia della musica e del mondo: Marshall infatti sarà il solo fotografo ad avere accesso al backstage dell’ultimo concerto dei Beatles, il 29 Agosto 1966 a San Francisco; immortala Jimi Hendrix dar fuoco alla sua chitarra al Monterey International Pop Festival del 1967; ed è sua la storica immagine di Johnny Cash con il dito medio alzato alla prigione di San Quintino nel 1969.

© Jim Marshall Photography LLC

Marshall iniziò a fotografare alla fine degli anni ‘50, entrando nel giro dei jazz club della west coast. Nel ‘62 segue la registrazione di My favorite things, il disco che consacra John Coltrane come il più grande sassofonista al mondo. Da allora Jim Marshall sarà l’autore delle immagini di oltre 500 album, alcuni dei quali hanno fatto la storia del jazz e del pop.

Nel ’62 il fotografo si trasferisce stabilmente a New York e il suo obiettivo fissa per sempre l’immagine di un giovane e già famosissimo Bob Dylan mentre passeggia per le strade del Greenwich Village. Sono immagini che diventano storia del costume e di un mondo che cambia, come quelle di Janis Joplin che rompe le bottiglie nel backstage del Southern Comfort. E poi, ovviamente gli scatti al festival di Woodstock nel 1969, durante il quale, sul palco, dietro le quinte, tra la folla, Marshall riesce a catturare, come nessun altro, lo spirito anarchico e ribelle di quei giorni.

Tre anni dopo, il 1972, è un altro anno cruciale: Jim Marshall viene incaricato dalla rivista Life di entrare nel back stage del tour dei Rolling Stones, reduci dalla pubblicazione di Exile on Main Streen. Mick Jegger e Keith Richards lo vorranno con loro per tutto il tour e le sue foto, che ne ritraggono il volto più intimo e privato, contribuiscono ad accrescere la leggenda degli Stones.

Grateful Dead © Jim Marshall Photography LLC

“Quando fotografo le persone non mi piace dare alcuna indicazione. Non ci sono parrucchieri né make-up artist in giro, dice Jim Marshall svelando il suo approccio quai da antropologo. Sono come un giornalista, solo che uso una macchina fotografica; interagisco coi miei soggetti nel loro habitat, e se va bene, mi immergo a tal punto nella situazione da diventare un tutt’uno con la mia fotocamera”.

Show me the picture: The story of Jim Marshall, grazie anche alla testimonianza di chi lo ha conosciuto bene, riesce a raccontare anche un Jim Marshall diverso, innamorato della strada e di quegli esseri umani che non salgono e non saliranno mai su un palcoscenico: sono gli anni della nascita del movimento dei diritti civili in America e delle manifestazioni contro la guerra in Vietnam.

Scomparso nel 2010 a 74 anni, Jim Marshall è oggi oggetto di venerazione da parte di appassionati e amanti della musica e della fotografia. Questo documentario, della durata di 90 minuti e che esce grazie anche al supporto di Supernova Hub, ITLM Logic Dreamer e Fragiacomo Milano, è una suggestiva full immersion, attraverso l’occhio di un testimone unico, in un’epoca che ha cambiato per sempre la storia del rock e del mondo intero.

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INTENSAMENTE NOI, il nuovo singolo di Davide Marchi diventa videoclip

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Dal 1 marzo “Intensamente noi“, brano estratto da “Sei come il profumo del caffè” (Long Digital Playing Edizioni Musicali, 2019) di Davide Marchi, è anche videoclip.

La bella regia di Alessandro Galli, videomaker emiliano, punta sulla città, sulla panoramica della quotidiana vita, per descrivere il poeta metropolitano Marchi che recita i suoi versi d’amore con passione e fermezza. L’amore, come trasmettono le parole di Davide, non può sostare, fermarsi ad una pura e semplice relazione scontata, sostenuta da “falsi equilibri”. La ricerca dell’intensità emozionale, aiuta – si potrebbe dire – a rafforzare i grandi sentimenti, anche in età adulta.
Vera canzone d’autore, con un pop soul evocativo di sonorità anni Ottanta americane, ma che in fondo ci riportano anche al meglio della nostra musica leggera (“leggera” si fa per dire…) italiana, da Battisti alla scuola emiliana di Dalla e Vasco.

Modenese, classe 1971, Davide Marchi è un grintoso songwriter che, fin da ragazzino, impugna la chitarra conoscendo – attraverso le amicizie e le radio – la musica dei cantautori italiani.

Debutta come batterista, suonando per un’orchestra di ballo liscio e musica popolare, con la quale lavora per ben due anni, riuscendo così a pagarsi gli studi universitari che gli valgono una laurea breve come operatore zootecnico presso la facoltà di veterinaria. 

Ma la sua strada è segnata: la musica, tra pop melodico e rock d’autore, diventa sempre più importante finché, prima collaborando con Marco Baroni poi con la cantante emergente Sara Ciutto (che nel 2015 pubblica un suo brano intitolato “Tutti i desideri”) pubblica il suo primo singolo in veste di solista: “Briciole”.

Il singolo piace e raggiunge 84.000 visualizzazioni su YouTube.  

Nel 2019 incontra il cantautore mantovano Luca Bonaffini che lo prende nella sua etichetta discografica e pubblica il suo primo vero album “Sei come il profumo del caffè”, arrangiato e curato artisticamente da Roberto Padovan.

L’album, composto da sette brani inediti, è un insieme di scatti rubati alla vita quotidiana, grazie a una sorta di macchina fotografica del tempo tra memoria e speranza, dove amore e amicizia, autostima e riscatto sociale, desideri e paure, fantasia e realtà, si mescolano in un gioco raffinato di melodie delicate e graffianti dentro le quali saltano e danzano testi raffinati ma pieni di energia. 

Un po’ come il profumo del caffè….

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Arriva al cinema Picciridda – Con i piedi nella sabbia, tratto dal romanzo di Catena Fiorello

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È in arrivo nelle sale italiane, distribuito da Satine Film, Picciridda – Con i piedi nella sabbia, tratto dal romanzo di Catena Fiorello (edito da Giunti Editore) e diretto dal regista Paolo Licata.

Ambientato nell’isola di Favignana negli anni Sessanta, Picciridda – Con i piedi nella sabbia racconta una storia antica ma allo stesso tempo molto attuale, che parla di emigrazione e del legame intimo e potente che si crea tra donne di diverse generazioni. È il ritratto dell’infanzia come età della vulnerabilità, troppo spesso compromessa dalla prevaricazione degli adulti.

Picciridda – Con i piedi nella sabbia narra la storia di Lucia, una bambina di undici anni affidata dai genitori – costretti ad emigrare in Francia in cerca di lavoro-, a nonna Maria, una donna severa e apparentemente incapace di manifestare i propri sentimenti. Maria non parla con la sorella da anni e impedisce alla piccola Lucia di frequentare la famiglia di quest’ultima senza però svelare mai il motivo di tanta ostilità.

Un monito che Lucia, per ingenua curiosità e apertura verso il prossimo, finisce invece per disattendere, arrivando in prima persona, e a caro prezzo, a confrontarsi con il terribile segreto da cui la nonna aveva tentato invano di proteggerla.

Ma sarà proprio grazie a quella nonna dai modi bruschi e sbrigativi, tanto amata ma a volte anche odiata e temuta, che Lucia riuscirà infine a risollevarsi, imparando a crescere con dignità e forza lasciandosi alle spalle i fantasmi del passato.

Prodotto da Moonlight Pictures – Panoramic Film e Alba Produzioni, Picciridda – Con i piedi nella sabbia sarà nelle sale a partire dal 5 Marzo 2020.

Fanno parte del cast Lucia Sardo, Ileana Rigano, Marta Castiglia, Katia Greco, Tania Bambaci, Federica Sarno, Loredana Marino e Claudio Collovà.

Di seguito, il trailer.

 

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In dvd Se mi vuoi bene, il Fausto Brizzi malinconico

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Mentre nelle sale cinematografiche imperversa La mia banda suona il pop, sua ultima fatica registica, approda in home video Se mi vuoi bene, precedente lungometraggio del romano Fausto Brizzi, che sui grandi schermi abbiamo avuto modo di vedere nell’Ottobre 2019.

Con il trailer quale contenuto speciale, è infatti Warner Bros Entertainment a rendere disponibile su supporto dvd la oltre ora e quaranta di visione che, derivata proprio da un romanzo scritto dal regista stesso, prende avvio da una frase della grandissima Monica Vitti: “Dicono che il mondo è di chi alza presto. Non è vero. Il mondo è di chi è felice di alzarsi”.

Ne sa qualcosa l’avvocato Diego incarnato da Claudio Bisio, depresso cronico e che, deciso addirittura a togliersi la vita, vede improvvisamente mutare la propria visione drastica dal momento in cui incontra Massimiliano alias Sergio Rubini, proprietario di un eccentrico negozio che non vende nulla, se non conversazioni.

Perché è parlando con lui che intuisce la soluzione per poter uscire dalla sua palude emotiva: fare del bene ai propri cari, a cominciare dalla figlia Laura, dal fratello artista poco fortunato Alessandro e dai genitori separati Olivia e Paolo, ovvero Lorena Cacciatore, Gian Marco Tognazzi, Valeria Fabrizi e Memo Remigi.

Soltanto tre nomi appartenenti ad un ricco cast comprendente anche Lucia Ocone, Flavio Insinna, Cochi Ponzoni, Elena Santarelli e Maria Amelia Monti e rappresentante il piatto forte di un’operazione tutt’altro che priva d’ironia ma che, a differenza delle altre commedie firmate dall’autore di Notte prima degli esami, punta molto meno sulla risata e maggiormente su una certa malinconia che sembra rispecchiare non poco la sempre più diffusa solitudine dell’italiano d’inizio terzo millennio.

Man mano che, tra un’escursione all’interno di una rage room e un inaspettato risvolto drammatico dietro l’angolo, da un lato si apprende che non bisogna mai fare incazzare una ex moglie quando ha un piede di porco in mano, dall’altro che, se dette al momento giusto, le chiacchiere possono salvarti la vita.

Del resto, ciò che Se mi vuoi bene intende suggerire tramite la sua leggerezza è che alle persone non basta volergli bene, ma bisogna anche ascoltarle.

 

 

 Francesco Lomuscio

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Alberto Nemo: la spiritualità oltre il suono

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Direi che c’è dentro un mondo difficile da esplorare quando la prima cosa che viene a mancare è la luce. Ma forse è questa la ricchezza prima per la spiritualità che diviene grande nell’immaginazione che ha del tutto circostante. E parliamo di bellezza con un artista dalle grandissime doti vocali, di questa voce che diviene suono, di questa scrittura che non cede ai compromessi, di questa estetica che non è quel che rappresenta ma cerca di essere quel che vuol sembrare. “Io Dio No” è il quattordicesimo disco di Alberto Nemo, vincitore nel 2018 di Musicultura, sicuramente un equilibrio instabile in format confezionati come The Voice of Italy. Di sicuro i cliché non sono il tema portante di questo suono, di queste liriche, di queste esperienze…

Noi parliamo sempre di bellezza, non da intendersi sempre come quella sfacciata da guardare subito. Ecco: per Alberto Nemo cos’è la bellezza?
Premessa: non si è la risposta che si da.
C’è una storia della bellezza raccontata dagli artisti di ogni tempo. Nel mondo Classico si trattava di canoni, in quello Romantico di emozioni, nel contemporaneo, come ebbe a scrivere Jenny Holzer, è il denaro che determina il gusto, quindi anche la bellezza. Nel mio lavoro esprimo una dimensione arcaica del bello, non quella idilliaca dell’Arcadia, ma di chi l’ha conosciuta, l’ha persa e ora ne canta la meraviglia.

E restando sul tema, come e quanto la bellezza interviene nella costruzione di una composizione? Quanto spazio prende, quante regole detta… quanta importanza gli viene riconosciuta?
Credo d’aver uno stile riconoscibile e chiaro fatto di elementi molto semplici. Questa è la mia cifra, la bellezza che ho costruito e a cui non rinuncio. Le sue regole sono molto severe e sono sempre pronto a sacrificare qualcosa per la giusta resa di un brano. “Nemizzare” significa distillare una cosa fino a trarne lo spirito più puro. Questo è quello che faccio in fase di composizione.

Oggi siamo nell’era dell’apparire. Forse l’apparire ha sostituito quasi ogni cosa, compresa – forse – la bellezza. Cosa ne pensi?
La bellezza non sta in ciò che appare ma in quello che resta nel tempo. È il silenzio che segue la fine di una musica. È un’idea che muove le nostre azioni. Un pensiero che tiene conto di quello che nella storia è stato fatto per esorcizzare l’orrore e la violenza della natura, un secondo soffio creatore fatto dall’uomo sul creato che lo reinventa sotto forma poetica per renderlo meno spaventoso. Questo gesto eroico dell’umanità che, nonostante tutto, alza le testa e fiorisce come “La ginestra” di Leopardi. La bellezza non è il fiore ma il coraggio e tutta la fatica necessaria per arrivare alla fioritura.

La tua musica, il tuo personaggio, ciò che sei ha sempre remato contro i “normali” cliché dello spettacolo. E questo lo considero un dono. Eppure anche nel tuo modo di scendere in campo metti in scena, sfacciatamente, un personaggio che dal punto di vista estetico, in modo originale, parla però il medesimo linguaggio… o sbaglio? Ecco, generi musicali a parte, l’eccentricità di Achille Lauro la trovo paragonabile alla tua… un andare contro le “regole” pur restandone tacitamente incollati…
“Datemi una maschera e vi dirò la verità”. Questo aforisma di Wilde può essere un’ottima risposta. In questo anno dedicato a Fellini, Maestro della “mise en scène”, si può cogliere bene questo pensiero: la verità si può dire solo attraverso una finzione, una scena di cartapesta, una mascherata. Al giullare era permesso di sbeffeggiare i potenti e di prendere in giro le regole, così come al teatrante. Fuori da questa licenza si era condannati. Ecco allora le fantasmagorie di Renato Zero e i personaggi interpretati da Lauro, un novello “Orlando”. Chi ha voluto dire e cantare la verità senza trucco è stato emarginato e tagliato fuori, penso a Pasolini, a Umberto Bindi e ad altri che si sono esposti senza filtri. Per quanto mi riguarda penso (e temo) di appartenere alla seconda categoria, quella che può apparire come una posa o un personaggio costruito. Quando cammino per strada o sono nel mio studio sono proprio così come quando mi esibisco. Forse, per essere sincero fino in fondo, un poco di scena c’è, ma è quella necessaria a chiunque per essere veramente se stessi.

“Io Dio No” è un titolo forte. Cosa cerca di significare e cosa proprio non vuol significare?
Questi tre vocaboli pesanti come macigni sono frutto di un’improvvisazione utilizzando il flusso di coscienza, come spesso avviene in fase di scrittura dei miei testi. Sono una triade potente, quasi una sintesi assoluta. Cambiando la loro posizione si sovverte il modo di guardare tutto. Non è un’affermazione, è una sorta di esposizione sulla stessa riga di tre entità che attendono da noi di essere prese in considerazione nell’ordine che sceglieremo. Il “No” ha una valenza molto importante, una terza via che sancisce la libertà dell’uomo di potersi smarcare da qualsiasi ruolo o identificazione preconcetta. Una possibilità di salita in solitaria sulla vetta della conoscenza fuori dai sentieri tracciati. È l’omaggio ad un grande personaggio letterario che mi accompagna da sempre: Bartleby lo scrivano di Melville.

A chiudere: il suono rarefatto corre parallelo ad una vissuto in cui c’è poco “rumore”? Una domanda metaforica che però con piglio artistico e visionario vuol scendere nel tuo vissuto personale…
Nel mio vissuto c’è tanto rumore, spesso assordante, che non espongo mai perché, come ho detto precedentemente, mostrare la propria nuda realtà non è possibile e non è il compito di un artista. Dai miei battiti e dal fruscio del mio sangue nelle vene colgo un senso figurato, una storia, un suono che li rappresenti, poi coltivo il tutto con quanto più amore possibile perché infine possa nascere un fiore.

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Anticipata l’uscita in sala di Marie Curie

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Anticipata al 5 Marzo 2020 l’uscita di Marie Curie, il film scritto e diretto da Marie Noëlle, interpretato da Karolina Gruszka, distriubuito da Valmyn.

Di Marie Curie sappiamo che, grazie una fulgida intelligenza e un grande talento, riuscì a farsi strada ed ebbe successo in un ambiente scientifico dominato dagli uomini. Ma anche una donna forte, passionale e moderna. Questo film, racconta la sua storia.

Il film racconta gli anni più turbolenti della vita di Marie Curie, quelli compresi tra il 1903, anno in cui Marie e Pierre Curie si recano a Stoccolma per ricevere il Premio Nobel per la scoperta della radioattività, e il 1911, quando le venne assegnato il suo secondo Nobel. Nel mezzo, la morte di Pierre, il nuovo amore con il matematico Paul Langevin, lo scandalo.

Scrive la regista: “Chi era Marie Curie? Una brillante scienziata, come tutti sanno. La sua biografia è qualcosa di leggendario. Scoprendo il radio, questa donna eccezionale ha dato un considerevole contributo alla battaglia dell’umanità contro il cancro. Ma chi era la donna dietro la mitica icona della scienza che nel corso del tempo è diventata? La vita la mise di fronte a molte sfide che dovette affrontare con coraggio e perseveranza. È stata la prima docente donna alla Sorbona, la prima donna a vincere il Premio Nobel per la Fisica e – a tutt’oggi – la sola donna ad aver vinto due Nobel in due categorie diverse. Tuttavia non le fu permesso di manifestare i propri sentimenti”.

Di seguito, il trailer.

 

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Il terzo compleanno di Strakton Records

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Mercoledì 4 marzo 2020 Strakton Records festeggia il suo terzo compleanno con il party Gran Casino in Vegas al Blume di Roma. Una notte nella quale ci si sentirà come trasportati a Sin City, con conigliette, croupier, spettacoli e tante sorprese tipiche della città del peccato per antonomasia, uno scintillante Elvis Presley Impersonator su tutti. Dress code? Black Tie, Hawaian Shirts, Extravaganza.

Alla musica penseranno i dj Villanis, Angelucci, Pais, Joseph, Andrea Borghi, KAY, Paggi&Costanzi e Maurizio Accardi, ovvero il team di Strakton Records praticamente al gran completo. Musica della serata, nu disco, house e tech-house.

Fondata nel 2017 dal dj e producer KAY (nella foto), in pochissimo tempo Strakton Records è stata capace di raggiungere diversi piazzamenti ai vertici delle chart, negli streaming e nelle visualizzazioni di mercati di tutto il mondo, spaziando attraverso tutti i generi che caratterizzano e contraddistinguono la musica elettronica. Senza alcun pregiudizio e con una visione d’insieme che sa guardare molto lontano.

La scorsa estate KAY è stato resident a MUCHO IBIZA (tutte le domeniche all’Ushuaïa) e a RICHBITCH (tutti i lunedì all’Hï), due tra i party di maggio successo sulla isla. Il suo nuovo album è atteso per quest’anno.

https://straktonrecords.com

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Damiano Leone presenta il romanzo Il Guaritore

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Il Taccuino Ufficio Stampa

Presenta

 

Il Guaritore di Damiano Leone

Lo scrittore triestino Damiano Leone presenta “Il Guaritore”, la storia del primo crononauta, Mark Sachs, che grazie a tecnologie futuristiche avrà la possibilità di viaggiare indietro nel tempo, fino a duemila anni prima della sua epoca. E ciò che troverà in un sepolcro sul Gulgoleth, a Gerusalemme, cambierà profondamente il suo destino, e quello del mondo intero. Dopo aver già raccontato del periodo in cui visse Jeshua ben Yosef nel precedente romanzo storico “Il Simbolo”, l’autore torna ad indagare su questa misteriosa e carismatica figura.

Titolo: Il Guaritore

Autore: Damiano Leone

Genere: Narrativa contemporanea

Casa Editrice: Gabriele Capelli Editore

Pagine: 400

Prezzo: 20,00 €

Codice ISBN: 978-88-973-08-874

 

«A noi non serve un mistico zelante che testimoni quanto il cuore già spera di vedere; e nemmeno un arido scienziato deciso a sondare minuziosamente eventi comunque inspiegabili. A noi serve una persona talmente equilibrata e decisa da voler vedere solo la verità… Perché lei vuole sapere, vero dottor Sachs? Vuole veramente sapere, senza alcun preconcetto, se ci siamo illusi per duemila anni […]».

Il Guaritore di Damiano Leone è una storia ambientata in un futuro prossimo alla nostra contemporaneità segnato da dubbi e divisioni, dove ancora più di oggi si necessita di un cambiamento, di una svolta che possa instradare l’essere umano verso il giusto cammino. E così nel Centro Ricerche Avanzate di Ginevra, finanziato dalle alte sfere del Vaticano, un gruppo di scienziati riesce ad ottenere un importante traguardo: portare un uomo a viaggiare indietro nel tempo. E quest’uomo è Mark Sachs, detto Freezer, il predestinato a compiere una missione senza precedenti. Trasportato circa duemila anni prima del suo presente, Mark rischia la vita per autenticare storicamente l’esistenza di Jeshua ben Yosef, assistendo alla sua resurrezione e testimoniandone poi al mondo. Giunto in quello che dovrebbe essere il sepolcro in cui fu deposto il corpo di Gesù di Nazareth, sulla collina del Golgota, una fatale deviazione dal progetto originale porta Mark e ritornare nella sua epoca con un misterioso passeggero, che fino a pochi momenti prima giaceva morto nella tomba e ora è miracolosamente in vita. Che si tratti davvero del figlio di Dio o di un semplice uomo è tutto da dimostrare, e il compito si complica perché egli ha perso la memoria. In ogni caso un tale ambizioso progetto non può sfuggire all’attenzione di potenze che potrebbero essere annientate o per lo meno sconvolte nelle fondamenta dalla conferma dell’esistenza e dei miracoli di Jeshua ben Yosef. In particolare, esponenti di spicco delle tre religioni monoteiste si mettono sulle tracce dell’uomo del passato per comprendere con chi hanno davvero a che fare: c’è chi vorrebbe cancellarlo dalla faccia della Terra, chi desidera ardentemente averlo dalla propria parte per screditare i vertici vaticani, e chi ancora dovrebbe volerlo proteggere, ma questo comporterebbe la perdita del potere accentratore della Chiesa. L’arrivo di quest’uomo smarrito e sconvolto da un mondo tanto diverso da tutto ciò che conosceva, diventa una spinosa questione politica, amplificata dal potere dei mass media. Mark si legherà profondamente a Jeshua, in un rapporto fatto di fiducia in cui le sue riserve e la sua freddezza verranno abbattute, e insieme a Silvie e John, due giornalisti che avranno l’onore di intervistare il possibile Messia, farà di tutto per salvare colui che potrebbe cambiare finalmente in positivo le sorti dell’umanità. Il Guaritore è un romanzo appassionante e complesso, in cui emerge la figura di un uomo, prima ancora che una divinità, che diventa una luce splendente in un mondo vecchio e stanco. Jeshua conserva in sé tutte le qualità e anche le debolezze che fanno dell’essere umano una creatura meravigliosa, e diventa un’ispirazione per chi vuole migliorarsi e accrescere la propria consapevolezza sul cammino incerto e autodistruttivo che l’umanità ha intrapreso; perché “gli uomini possono cambiare”, e con essi il mondo che abitano.

 

 

TRAMA. In una notte fitta di stelle che brillano sulla Gerusalemme di duemila anni fa, nel silenzio di un sepolcro scavato nella roccia, una figura solitaria veglia il cadavere di un condannato a morte. In apparenza una scena abbastanza usuale per quell’epoca lontana e spesso brutale, ma così non è. Quell’uomo, nudo e completamente inerme, è Mark Sacks, proviene dal nostro tempo e deve portare a termine il compito più straordinario mai affidato a un singolo individuo: perché il corpo vegliato potrebbe essere quello di un uomo passato alla storia con il nome di Gesù di Nazareth. Le cose però non vanno come le alte sfere vaticane auspicavano e Jeshua, così verrà chiamato l’uomo giunto nella nostra epoca al seguito del primo crononauta, si rivelerà un personaggio fortemente contraddittorio. Completamente privo di memoria, nonostante abbia il fisico e l’indole di un guerriero piuttosto che del profeta illuminato, si rivelerà capace di sensazionali guarigioni. Proprio a causa di queste straordinarie doti diviene oggetto di accese dispute tra i poteri economici, politici e religiosi che dominano nel pianeta. Il soggetto di tante e non sempre innocue attenzioni non ci sta, e lo dimostrerà riuscendo a evadere dal segretissimo centro ricerche in cui è stato segregato. Nel successivo e istintivo peregrinare, in un mondo che gli appare totalmente alieno, giunge a Roma. Ma proprio nella Città Eterna dovrà affrontare l’avversario più temibile, un nemico che serve il Male su scala universale e che non esiterà a seminare terrore e distruzione nel cuore stesso della cristianità.

 

 

L’AUTORE È DISPONIBILE A RILASCIARE INTERVISTE

Per richiedere e/o prenotare intervista

iltaccuinoufficiostampa@gmail.com

 

BIOGRAFIA. Damiano Leone è nato a Trieste nel 1949. Di formazione chimico, nella prima parte della vita si è interessato alle discipline scientifiche; da oltre un trentennio si dedica invece allo studio della storia antica, dell’arte e della letteratura classica. Dopo il suo ritiro dall’attività lavorativa, ed essersi trasferito in un paesino montano del Friuli, ha potuto trovare il tempo e la serenità per realizzare un’antica ambizione: quella di dedicarsi attivamente alla narrativa. Pubblica i romanzi “Enkidu” (Leucotea, 2012), “Lo spettatore” (Leucotea, 2015), “Il simbolo” (GCE, 2018) e “Il Guaritore” (GCE, 2020).

 

LA CASA EDITRICE. Gabriele Capelli Editore nasce nel 2001 e pubblica libri d’architettura, d’arte, di grafica, di fotografia, di narrativa e d’illustrazione. I libri della GCE sono distribuiti in tutte le librerie italiane e svizzere.

 

Contatti

https://www.facebook.com/damiano.leone.7

https://gabrielecapellieditore.com/

 

Link di vendita

https://www.amazon.it/guaritore-Damiano-Leone/dp/8897308872

https://www.ibs.it/guaritore-libro-damiano-leone/e/9788897308874?inventoryId=188955078

 

 

 

 

 

 

IL TACCUINO UFFICIO STAMPA

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Al via la 16a edizione del Premio Cinema Giovane e Festival delle Opere Prime

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Al via la 16a edizione del Premio Cinema Giovane & Festival delle Opere Prime, la manifestazione organizzata dall’associazione culturale Cinecircolo Romano – che quest’anno festeggia il cinquantacinquesimo anno di attività – e diretta da Catello Masullo, che si svolgerà al Cinema Caravaggio di Roma dal 16 al 18 marzo.

Come ogni anno, il Comitato di selezione/Giuria ha scelto le 10 migliori opere prime del cinema giovane italiano uscite in sala nel 2019, con una selezione di tre pellicole in lizza per il Premio Cinema Giovane che verrà assegnato dal pubblico.

Concorrono per il Premio: l’applauditissimo Bangla di Phaim Bhuiyan, delicato ritrattato di un importante squarcio multietnico romano; Il grande salto, esordio alla regia di Giorgio Tirabassi, brillante commedia in cui emerge tutta la cinefilia dell’autore e interprete del film; Mio fratello rincorre i dinosauri di Stefano Cipani, tratto dall’omonimo romanzo di Giacomo Mazzariol, racconto di formazione ricco di acute intuizioni narrative ed estetiche.

Le altre opere selezionate sono: 5 è il numero perfetto di Igort, affresco corale dell’Italia degli anni Sessanta; il riuscitissimo “sport-movie” Il Campione di Leonardo D’Agostini; la drammatica favola d’ispirazione calviniana L’uomo senza gravità di Marco Bonfanti; Sole di Carlo Sironi, emozionante racconto fatto di solitudine e tenerezza; Detective per caso di Giorgio Romano, coraggioso e riuscito esempio di cinema civile; Mamma + Mamma di Karole Di Tommaso, commovente storia di due giovani donne e il loro desiderio maternità messo in scena da due straordinarie attrici; Drive Me Home di Simone Catania, originale road movie che affronta con acume tematiche di grande attualità come l’emigrazione.

 

Il Premio Cinema Giovane propriamente detto sarà attribuito dal pubblico, sia degli adulti che degli studenti delle scuole superiori del Progetto di Educazione al Cinema d’Autore  e della A.S.L. (Alternanza Scuola lavoro).  La Giuria popolare dei soli studenti attribuirà lo speciale Premio per Opera Preferita dagli Studenti.  Il Comitato di selezione/Giuria, poi, assegnerà anche i seguenti premi tecnici, ai quali concorrono tutte e 10 le opere selezionate: Menzione speciale della Giuria; Migliore Attore; Migliore Attrice; Migliore Regia; Migliore Sceneggiatura; Migliore Montaggio; Migliore Fotografia; Migliore Scenografia; Migliori Costumi; Migliori Musiche; Migliore Trucco; Migliori Effetti visivi; Migliore Produttore; Migliori recensioni degli studenti.

 

 

PRODUTTORI DEI FILM SELEZIONATI:

  • Domenico Procacci per FANDANGO, Annamaria Morelli per TIMVISION Bangla di Phaim Bhuiyan;
  • Alessandro Carpigo, Bruno Frustaci per SUNSHINE PRODUCTIONIl grande salto di Giorgio Tirabassi;
  • Isabella Cocuzza, Arturo Paglia per PACO CINEMATOGRAFICA, NEO ART PRODUCCIONES con RAI CINEMAMio fratello rincorre i dinosauri di Stefano Cipani
  • Marina Marzotto e Mattia Oddone per PROPAGANDA ITALIA, Elda Ferri per JEAN VIGO ITALIA con RAI CINEMA, coprodotto con POTEMKINO FILM (Belgio) e MACT PRODUCTIONS e CITÉ FILM (Francia) – 5 è il numero perfetto di Igor Tuveri;
  • Matteo Rovere, Sydney Sibilia per GROENLANDIA con RAI CINEMA – Il campione di Leonardo D’Agostini;
  • ISARIA PRODUCTIONS, ZAGORA, in coproduzione con CLIMAX FILMS (Belgio) con il sostegno del MIBACT, della Regione Lazio e dell’Idm Südtirol – Alto Adige, con il sostegno del Governo Federale Belga BNP PARIBAS FORTIS FILM FINANCEL’Uomo senza gravità di Marco Bonfanti;
  • Giovanni Pompili per KINO PRODUZIONI con RAI CINEMA, in coproduzione con AGNIESZKA WASIAK per LAVA FILMSSole di Carlo Sironi;
  • Daniela Alleruzzo, Susi Zanon, Guia Invernizzi Cuminetti per ADDICTIVE IDEAS SRLDetective per caso di Giorgio Romano;
  • Angelo e Matilde Barbagallo con la collaborazione di Maria Rita Barbera per BIBI FILM con RAI CINEMAMamma + mamma di Karole Di Tommaso;
  • Giampietro Preziosa, Marco S. Puccioni, Michele Fornasero per INTHELFILM, INDYCA con RAI CINEMADrive Me Home di Simone Catania.

 

LA GIURIA:

La Giuria/Comitato di selezione del Premio Cinema Giovane & Festival delle Opere Prime Italiane è composto da: Catello Masullo (critico cinematografico membro SNCCI, presidente della Giuria Premio di Critica Sociale alle ultime 4 edizioni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Direttore Artistico del premio Cinema Giovane & Festival delle Opere Prime);  Franco Mariotti (regista e critico cinematografico, conduttore di molte delle cerimonie di premiazione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia); Martine Brochard (attrice ed artista di fama internazionale); Ernesto Nicosia (Presidente Archivi del ‘900 e Direttore Artistico del Santa Marinella Film Festival); Enzo Natta (critico cinematografico); Cristiana Bini (Direttore di produzione Cinematografica); Roberto Leoni (regista e sceneggiatore di fama internazionale, sceneggiatore di Alejandro Jororowski per Santa Sangre); Luciana Burlin (responsabile del Progetto di Educazione al Cinema d’Autore del Cinecircolo Romano e membro di Commissione Revisione Cinematografica MIBACT); Rossella Pozza (giornalista, Direttore della rivista specializzata  «Qui Cinema» del Cinecircolo Romano); Antonio Rizzo (Vice Presidente del Cinecircolo Romano, filmaker, giornalista, scrittore); Maurizio Gennaro (Vice presidente A.I.C. Associazione degli Autori Italiani della Cinematografia); Cristina Cano (musicologa di fama internazionale); Carlo Sarti (regista); Paola Tassone (Direttore Artistico Festival Tulipani di Seta Nera); Roberto Petrocchi (regista, Direttore Artistico di Roma Film Corto); Cristian Scardigno (regista, Direttore Artistico del Costerna International Film Festival); Paola Dei (critica cinematografica e psicologa del cinema); Armando Lostaglio (regista, Direttore Cineclub De Sica); Ugo Baistrocchi (storico del cinema).

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Volevo nascondermi: l’Antonio Ligabue di Elio Germano

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Il Mare Magnum di echi più o meno espliciti che contraddistingue Volevo nascondermi è oggetto di riflessione.

Elio Germano, aggiudicandosi il premio come miglior attore nella settantesima edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino, dopo quello vinto dieci anni fa a Cannes per La nostra vita, ormai punta all’Oscar per chiudere il cerchio. Benché non sembra voler rinunciare all’istrionismo di chi a forza di bravura recitativa provoca quasi la nausea.

Il regista Giorgio Diritti, erede sotto molti aspetti del compianto Ermanno Olmi che sinora si era servito degli interpreti alla stregua delle pedine d’uno scacchiere espressivo molto più ampio della semplice psicotecnica, mette stavolta la scrittura per immagini a disposizione del compiaciuto radicalismo mimetico dell’applaudito Germano. Mentre l’incipit ingenera diverse attese anche nello spettatore disinteressato all’infecondo one man show dell’interprete romano, grazie agli arguti match-cut visivi concepiti dall’avveduto montaggio alternato messo in cantiere dallo stesso Diritti insieme all’esperto Paolo Cottignola, il prosieguo non sfrutta affatto le occasioni offerte dal promettente inizio. Dopo la giustapposizione delle inquadrature di profilo del sofferto pittore e scultore Antonio Ligabue, assolutamente degne di elogio quantunque tese a rimarcare l’abilità trasformistica di Germano, coadiuvato ad arte dal trucco, e la somiglianza con l’originale dello sconosciuto ma rimarchevole Leonardo Carrozzo nei panni del genio da bambino in lotta col rachitismo, Volevo nascondermi concede molte banalità. I plagi camuffati da omaggi, dapprincipio contenuti nei richiami al timbro antropologico mandato ad effetto da Peter Weir in Witness – Il testimone, con l’occhio dell’innocente che spia dai pertugi nascosti le ingiustizie perpetrate dagli adulti, prendono decisamente piede. La necessità evocativa dei campi lunghi, anche se utili per trascendere i limiti del Kammerspiel, che spingeva gli autori rinomati, specie Bergman, a girare le scene clou tra quattro mura, sorregge poco il tessuto diegetico.

La narrazione paga lo scotto al gusto melodrammatico che spesso invade pure le opere firmate da Marco Bellocchio. Con buona pace dei vari riferimenti iconografici disseminati a ogni piè sospinto. Elio Germano, alla stregua di Daniel Day Lewis ne Il mio piede sinistro di Jim Sheridan, mugugna, al pari dei trogloditi, si contorce, mette in evidenza le difficoltà dei reietti colpiti nel fisico, però non nella mente, che per Robert Downey Jr. sono i soggetti migliori da incarnare per far breccia nei giurati dell’Academy Awards, per poi dare fiato alle trombe. Ed esattamente sulla falsariga del Christie Brown del biopic che ha permesso a Daniel Day Lewis di divenire una star e l’emblema del trasformismo interpretativo, il passaggio alla logorrea è un fiume in piena che stenta ad appaiare la tenerezza per l’inversione di tendenza e la resa incondizionata dinanzi all’ennesima variante del Metodo Stanislavskij. Germano ci dà dentro di brutto, in tutti i sensi, per coinvolgere il pubblico con l’ausilio del sincretisimo di dinamiche interiori ed esteriori. Alla fine, tuttavia, prevale la sensazione che l’esteriorità, ed ergo l’implicito trionfo dell’effimero, prevalga sull’interiorità e quindi sulla sostanza. L’egemonia della gelatina sulla polpa, sia pure nascosta dalla dimensione estetica ed elegiaca di certi passaggi che rientrano nelle corde di Diritti sin dai tempi del ben più riuscito Il vento fa il suo giro, costringe Volevo nascondermi a esacerbare il confronto del cupio dissolvi con l’amor vitae senza approfondirlo davvero. Anziché trattarlo con garbo mostrando l’essenza di un’anima divisa in due.

Le opere di Ligabue restano così in superficie. La maestria di Jacques Rivette nel capolavoro La bella scontrosa, dove le fasi topiche del carattere d’ingegno toccano vette toccanti, è qualcosa di proibitivo per il Diritti attuale. Che, nel percorrere strade già battute, smarrisce lo schietto status d’autorialità. A differenza del previo Un giorno devi andare, in cui l’involuto autore era riuscito a cogliere l’insolito controcampo di una favela brasiliana, toccando il cuore per mezzo di una benedizione indimenticabile, la geografia emozionale resta ai nastri di partenza. I territori battuti in lungo e in largo da Ligabue a bordo della motocicletta, una volta venduti al miglior offerente i quadri dipinti con tanto trasporto, non riflettono mai gli stati d’animo, né i modi d’agire, di un uomo brutto fuori, bello dentro, che soffre le pene dell’inferno per l’amore rigettato. Il poeticismo comunica infatti ben poco del rapporto con gli spazi panteisti dell’Italia del Nord, lontano dalla natìa Svizzera, dell’uso dei colori a olio, di qualche sospirato sorriso, di certi rituali folcloristici, degli elementi affettivi. Quest’ultimi appena sfiorati. Al contrario delle turbe maniaco-depressive, degli insistiti soprassalti autolesionistici, dei rimandi, abbastanza chiari, a Qualcuno volò sul nido del cuculo, Rain man – L’uomo della pioggia, Risvegli con Robert De Niro, Shine, Vincere di Bellocchio e Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità. Il déjà-vu presente in Volevo nascondermi, celato alla carlona dalla prova che ha conferito a Germano l’ennesima patente di nobiltà, innesca vane affettazioni, spettacolarizza il dolore, dimentica il pudore poetico e riduce all’osso l’ingegno sincero.

 

 

Massimiliano Serriello

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Esce in dvd Benedictus Sanguis, il primo docu-film sui Riti Settennali di Penitenza

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Si chiama Guardia Sanframondi, è un piccolo paese di cinquemila anime in provincia di Benevento, in Campania, ed è conosciuto in tutto il mondo per i Riti Settennali di Penitenza. Cosa sono? Vere e proprie scene, con tanto di costumi e canti, raffiguranti episodi dell’antico e del nuovo Testamento o la vita dei Santi.

L’appuntamento è ogni sette anni e dura una settimana intera in cui tutto il paese e migliaia di fedeli e curiosi di tutto il mondo imperversano nei vicoli del paese. L’ultimo giorno della settimana, il Rito dei Battenti: migliaia di incappucciati con il saio vanno incontro alla statua della Vergine Assunta inginocchiandosi e battendosi il petto con una spugna di spilli. I penitenti sono uomini e donne, senza volto e senza nome, la cui vera identità è nascosta da lunghi camici di colore bianco, provvisti di due fori all’altezza degli occhi e aperti sul torace, la parte del corpo dove si battono maggiormente, in prossimità del cuore. Alla celebrazione (la prossima sarà nel 2024) partecipano attivamente oltre cinquemila persone che con costumi e spettacolari scenografie tramutano lo splendido paese in uno scenario surreale, catapultando tutti in un’altra era. Non è una celebrazione come le altre, non si vedono bancarelle, giochi e niente vistosi cartelloni pubblicitari, la sola rappresentazione che si può trovare in quei giorni è quella sacra.

Nasce così, da un’idea di un gruppo di giovani di Montecalvo Irpino (AV) Benedictus Sanguis: il primo documentario che racconta attraverso emozionanti immagini, questa straordinaria tradizione che va avanti da secoli.

Il reportage, prodotto e diretto da Nicola Iorillo e scritto da Natalia Caggiano, studiosa di antropologia e tradizioni popolari, è un’affascinante avventura lungo le strade di Guardia gremita da migliaia di persone che intonano profonde litanie, da incappucciati che con ritmo duramente cadenzato si battono al cuore dove la colpa, accarezzata da Dio, si trasforma in pentimento, è il racconto acre degli abitanti del luogo, è la storia che trasuda da ogni pietra del paese, è tutti i riti, i costumi e le preghiere che da secoli accompagnano questa festa senza tempo.

“Realizzare questo docu-film è stato un lungo, insolito e affascinante viaggio – afferma Nicola Iorillo, regista e produttore di Benedictus Sanguis. Nei giorni in cui eravamo a Guardia Sanframondi siamo stati letteralmente rapiti dall’atmosfera che si respirava tra i vicoli del paese. Allo stesso tempo eravamo spiazzati, ritrovarci davanti a così tanta gente completamente assorta ci meravigliava e affascinava. Entrare in empatia con i partecipanti e con gli abitanti del luogo si è tramutata in un’esperienza straordinaria che ci ha trasmesso la forte fede con cui viene preparato ogni singolo dettaglio. La soddisfazione più grande è stata quella di avere l’approvazione degli studiosi del posto e di una figura estremamente rilevante nel panorama ecclesiastico come Monsignore Fausto Carlesimo, Giudice presso il tribunale ecclesiastico”.

Benedictus Sanguis mostra così il rito più grande d’Occidente, uno dei culti più toccanti della nostra terra, sopravvissuto a tutti i cambiamenti che hanno investito la chiesa e la società.

Racconti, canti popolari, interviste, dichiarazioni dei fedeli e le favolose immagini del territorio fanno da cornice a un meraviglioso viaggio nelle radici e nella storia del Sud Italia.
Il dvd sarà disponibile su: Feltrinelli, IBIS; Mondadori; Amazon, Chili, Unilibro e presso rivenditori autorizzati.
Maggiori informazioni, trailer e contatti: https://www.battentiguardiasanframondi.it/

Di seguito, il trailer.

 

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Ecco il nuovo trailer italiano di Artemis Fowl

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Diretto da Kenneth Branagh e ispirato al primo libro dell’omonima serie firmata da Eoin Colfer, il film Disney Artemis Fowl arriverà nelle sale italiane il 27 Maggio 2020.

Artemis Fowl porterà sul grande schermo la straordinaria e fantastica avventura del geniale dodicenne Artemis Fowl coinvolto in una battaglia che richiederà tanta forza e furbizia contro una potente razza segreta di fate, possibili responsabili della scomparsa di suo padre.

“Disney e Kenneth Branagh hanno trovato un modo magico per estrarre la mia immaginazione, mescolarla con un pizzico di magia Disney e proiettare, come d’incanto, questa miscela sul grande schermo – ha dichiarato Eoin Colfer, autore della serie di libri Artemis Fowl. – “Non vedo l’ora che il pubblico veda il film”.

“Eoin Colfer ha creato un’importante serie di libri e un universo completamente originale di personaggi – afferma il regista Kenneth Branagh. – “La nostra speranza è che i fan di questo carismatico antieroe si uniscano anche ad un nuovo pubblico in sala per godersi un mare di sorprese, astuti risvolti e colpi di scena, in tipico stile Artemis Fowl. Le sue avventure irlandesi sono mozzafiato, coinvolgenti e piene di energia. Ispirati dalla sua leggendaria sfrontatezza e dal suo umorismo, abbiamo avuto il privilegio di portare il mito dalla pagina al grande schermo, con la speranza di creare un nuovo eroe. È stata una vera gioia far parte di questo progetto.”

Discendente di una lunga stirpe di menti criminali, il geniale dodicenne Artemis Fowl è protagonista di un’avventura fantastica e avvincente mentre tenta di ritrovare il padre misteriosamente scomparso. Con l’aiuto della sua fedele guardia del corpo Leale, Artemis parte per ritrovarlo e così facendo scopre l’esistenza di un’antica civiltà nascosta: il mondo incredibilmente avanzato delle fate. Ipotizzando che la scomparsa di suo padre sia collegata in qualche modo a questo mondo segreto, lo scaltro Artemis escogita un piano pericoloso che lo coinvolgerà in un duello di astuzia contro le potentissime fate.

Il film è interpretato da Ferdia Shaw, Lara McDonnell, Josh Gad, Tamara Smart, Nonso Anozie, Josh McGuire, Nikesh Patel e Adrian Scarborough, con Colin Farrell e Judi Dench. Artemis Fowl è prodotto da Kenneth Branagh e Judy Hofflund, mentre Angus More Gordon e Matthew Jenkins sono i produttori esecutivi. La sceneggiatura è firmata da Conor McPherson e Hamish McColl.

Di seguito, il nuovo trailer italiano del film.

 

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Best Actor Award, Paco De Rosa candidato come miglior attore

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L’attore partenopeo candidato come miglior attore grazie al film “Ed è subito sera”

 

Paco De Rosa tra i candidati al premio di miglior attore Drammatico al Best Actor Award, grazie alla sua interpretazione nel film: “Ed è subito sera”.

Un’ennesima soddisfazione per l’attore partenopeo, reduce da vari successi, sia al cinema con “Vita, Cuore, Battito” e  “Finalmente Sposi” per citarne alcuni, che a teatro, con la seconda edizione di “Fatti Unici” andata in onda sulla Rai.

Paco De Rosa ha ottenuto la nomination per la sua performance nel film “Ed è subito sera” che racconta, in chiave romanzata, le ultime settimane di vita di Dario Scherillo, vittima innocente di camorra.

Un film d’impegno sociale e civile, che lo ha visto confrontarsi con attori del calibro di Franco Nero, Salvatore Cantalupo, Gianluca Di Gennaro.

Il Best Actor Award è una competizione cinematografica riconosciuta da IMDB , con evento annuale di proiezioni, concepita con lo scopo di celebrare attori provenienti da tutto il mondo.

La missione del premio è riconoscere il talento e la passione e premiare le migliori interpretazioni della recitazione del cinema indipendente.

Solo i migliori film di un anno intero sono selezionati dalla giuria per l’annuale evento di proiezione a New York City.

Paco De Rosa, un attore ricco di talento

Paco De Rosa, nome d’arte di Pasquale De Rosa (Napoli, 20 febbraio 1986).

 Nel 2009 partecipa al suo primo film: “Fortapasc”, diretto da Marco Risi che narra la storia di Gian Carlo Siani, giornalista ucciso dalla camorra. Successivamente inizia la sua fruttuosa collaborazione con l’attore, autore e regista Ciro Ceruti, entrando nella sua compagnia teatrale e con il quale gira due film: “Fallo per papà” e “La legge è uguale per tutti…forse ”, e l’ultima stagione della storica sit-com ”Fuori corso”. Dall’esperienza teatrale con Ceruti nasce anche la collaborazione con Nando Mormone, ideatore e produttore di Made in Sud, che apprezza le sue interpretazioni sul palcoscenico, tanto da inserirlo nel cast del film “Vita cuore battito” prima e dello show di RAI 2 “Fatti unici” in seguito. Grazie alla sua partecipazione alla sit-comedy live, nel ruolo del “fuorilegge” Braccio di Ferro, viene diretto da Lello Arena e recita assieme ad attori comici come Paolo Caiazzo, Maria Bolignano, Ciro Ceruti. Oltre al Teatro e alla Televisione è molto attivo sopratutto nel campo cinematografico, dove prende parte a molti film di successo come “All’improvviso un uomo” Regia di Claudio Insegno dove recita assieme a Massimiliano Gallo e Biagio Izzo, “Effetti-indesiderati” Regia di Claudio Insegno con Massimiliano Gallo, Biagio Izzo, Francesco Procopio, Gianluca Di Gennaro, “Finalmente sposi” Regia di Lello Arena con gli Arteteca, Sergio Friscia, “Caccia al tesoro” Regia di Carlo Vanzina con Vincenzo Salemme, Carlo Buccirosso e Max Tortora,  “Felicissime condoglianze” Regia di Claudio Insegno con Enzo Salvi, Andrea Roncato, Milena Miconi, Simona Ceruti e il trio Ardone Peluso Massa. Da due anni è anche uno dei protagonisti del cast dei CIAK & MEDICO , progetto web che sta riscuotendo grande successo sia a livello Regionale che Nazionale.

 

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La Fashion Luxury World di Tirletti, Pacchiarotti e Iacones conquista la capitale

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La prima edizione del nuovo format che incantato la Capitale si chiama Fashion Luxury world. Il fashion show ideato, organizzato e presentato da Daniele Pacchiarotti, noto come il Ritrattista delle dive in collaborazione con il press agent Sir Flavio Iacones, e il noto lookmaker Sergio Tirletti, si è svolto presso l’Opera Relax & Wellness di Via Palermo. I tre artisti che hanno collaborato alla realizzazione di tale format hanno unito le loro arti ed è proprio per questo che la formula da loro messa a punto si è rivelata vincente. Moda e non solo quindi per il Fashion Luxury world, ma anche pittura, danza, scrittura e canto.

Straordinario il supporto del presentatore Angelo Martini, e della solare ex manager della Sandro Curcio editore e volto di Google box, Roselyne Mirialachi che ha aperto la serata con una riflessione curata da Sir Flavio Iacones sul particolare momento storico che il nostro Paese sta vivendo oggi in cui dilaga la psicosi del coronavirus.

Il messaggio che l’organizzazione dell’evento ha voluto far passare ai presenti è stato di un elevato impatto sociale: andare avanti insieme con coraggio perché nel nostro piccolo si può salvare il mondo. Il tutto accompagnato dalle note della canzone Heal the world di Michael Jackson.

Fashion Luxury World

Fashion Luxury World

Durante la serata si sono alternati momenti di intrattenimento musicale grazie al bravissimo Frank Amore con le sue ballerine; Cristina Roncalli che si è esibita sulle note di Baila Bonita; Angelo Peluso con Cuore selvaggio, e strizzando l’occhio all’ultimo Festival di Sanremo, in onore della riunione dei Ricchi e poveri, Roncalli e Peluso hanno eseguito il brano cult del gruppo, Sarà perché ti amo. Sergio Tirletti invece ha mostrato al pubblico un altro suo talento, ballando il tango passion con la compagna di scena Angela De Roccis, dando prova di elevata poliedricità artistica. Presenti in sala anche le opere del bravissimo artista Massimiliano Ferragina, oltre che le opere stesse di Daniele Pacchiarotti.

Fashion Luxury World

Ben nove brand di alta moda hanno preso parte alla serata: Raffaella Tirelli Atelier, Giorgia Pacini Abiti e Gioielli, Vanilla di Bruna Fortuna Gentilini, Clafin Handmade Jewelry, Pellicceria Anna Mari, Maria Elena Duenas Fashion Designer, Crystal B. Kaftani e Kimoni di Cristina Berni, B shop Atelier – abiti da sposa.

B SHOP ATELIER – Fashion Luxury World
kAFTANI DI KRISTAL B – Fashion luxury world
ANNA MARI PELLICCE – Fashion Luxury World
VANILLA – Fashion Luxury World
TIRELLI – Fashion Luxury World
KRISTAL B – Fashion Luxury World
DUENAS – Fashion Luxury World
CLAFIN – Fashion Luxury World

Fashion Luxury World

Un momento molto toccante della serata è stata la consegna dell’opera commissionata al ritrattista delle dive dall’Associazione Raponi: il ritratto della bellissima manager Marialuisa Lo Monte, apparsa evidentemente commossa di fronte alla rappresentazione del ritrattista davanti a se stessa.

Si sono alternati sul palco per dare il loro prezioso contributo alla serata il conduttore di State comodi Carlo Senes, Nadia Bengala con il compagno Alessandro Stocchi, la splendida showgirl Maria Monsè presente con la mamma Grazia Maria Grasso, pittrice. Presenti anche Anna Nori , Erika Incognito, Laura Nuccetelli, Giovanni Ruberti , Simona Cangelosi giornalista Rai, Elisabetta Viaggi, Giacomo Prestigiacomo, Samantha Biordi Emanuela Mari, Roberto Cagnetta, Francesco Raponi, Francesca Casciarri, Marco Scordo, Daniele Fabbri, Cristian Raponi, Annalisa Grandolfo, Emanuela Corsello, Fabrizio Perrone, Laura, Alessandro D’Orazio, Diana Torrice e il compagno Peppe Emile Amicucci, Francesco Cirrincione.

Tutta la serata è stata ripresa dalle telecamere di Bla bla bla non solo chiacchiere del bravissimo conduttore Gianni Testa con il suo staff che trasmetterà l’evento su Teleuniverso (canale21); e tra i media partner anche il sito di glamour, lifestyle e cronaca rosa www.starpeoplenews.it

Il buffet è stato gentilmente offerto da La nuova napoletana di Lidia Nobile, Casale del Giglio per i suoi favolosi vini, e la splendida torta dorata con su scritto il nome del contest è stata offerta dalla bravissima Vera Picarra.

Fashion Luxury World
Fashion Luxury World

Paola Desini ha vestito tutte le modelle ed è stata il “nostro punto forza come in ogni mia sfilata dietro le quinte” ha tenuto a precisare Daniele Pacchiarotti. Mentre il look delle modelle è stato abilmente curato da Tirletti.

Sì ringraziano i fotografi Michele Simolo, Antonello Ariele Martone, Giorgio Algherini, Melissa Fusari Mario Giannini, Marco Tanfi.

Sir Flavio Iacones

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MALPENSA: partire ora e verso “Ypsos”

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Bellezza ed equilibrio ma anche coerenza e riconoscibilità. Ascoltiamo “Ypsos”, il singolo dei MALPENSA pubblicato da INTERBEAT Records. Un brano che promette evasione e allo stesso tempo sembra fuggirne. Un’alcova e un luogo segreto dove probabilmente tornare alla propria verità. Ed è così che dai “tetti” di Trieste i nostri guardano l’orizzonte e gli danno forma inglese in questo bel pop pulito e fiero di soluzioni vincenti che sanno ben giocare con la timbrica e le melodie disegnate dalla voce. Che sia l’incipit per un disco è storia da vedere… ad ora lo lasciamo girare e con loro parliamo di quanta bellezza esiste nel sognare una terra come “Ypsos”.

Noi parliamo spesso di bellezza… per voi cos’è la bellezza? E non ci riferiamo soltanto a quella sfacciata da guardare…
La bellezza è tutto ciò che fa vibrare l’anima e le corde del cuore. C’è del bello in tutto ciò che emoziona. Da questa affermazione si può intendere come secondo noi “la bellezza” sia un concetto esprimibile per via circostanziale e soggettiva, ma esiste un modo univoco di descriverla? Può esistere un concetto di oggettività quando si riconosce la bellezza in un’opera d’arte, che sia essa un film d’autore, un dipinto, una canzone?

Parliamo di evasione. Per voi cosa significa? La cantate sfacciatamente come un sogno…
Evadere, provare nostalgia, poi tornare per sognare di partire ancora una volta. Andare oltre i propri limiti, i propri confini. Mettere su un paio di ali e volare via lontano, con la nostra musica a fare da colonna sonora. Cercare sempre di spingersi oltre con la propria immaginazione, un terreno sconfinato in cui perdersi per ritrovare sé stessi.

L’Italia che ci circonda secondo voi che posto è? Un luogo da abbandonare o da ritrovare?
L’Italia, il nostro paese, è in crisi; lo sentiamo dire spesso. Probabilmente è vero, ma rimane sempre la terra in cui le nostre famiglie hanno scelto di affondare le proprie radici. Il territorio italiano possiede delle città meravigliose, un patrimonio storico, culturale, ma anche faunistico e floristico unico, universalmente invidiabile. Faremmo sicuramente fatica a lasciare la nostra città, tuttavia comprendiamo le motivazioni che possano spingere qualcuno a lasciare casa per cercare fortuna fuori dai confini nazionali. Forse la dimensione ideale per rispondere alla vostra domanda è questa: lasciare tutto per un po’, poi tornare per ritrovare la propria Nazione con uno spirito nuovo, cambiato, forse più maturo. Il nostro “Prima di Andare” in Tour 2020 (in partenza il 4 marzo) rappresenta un esempio di questa nostra filosofia: abbiamo scelto di fare il nostro primo viaggio su scala europea, non nazionale, proprio per fare una esperienza reale di band all’estero. Confrontarci con un pubblico diverso, capire la differenza tra fare musica fuori dei confini italiani e farla in Italia. Pensiamo di tornare devastati, ma tanto più forti e carichi del bagaglio enorme che ci lascerà questa esperienza di vita.

E parlando di musica… secondo voi quanta bellezza effimera ha soppiantato la qualità e la cultura?
Da quello che si vede continuamente in giro, “l’immagine” di un artista al giorno d’oggi conta (purtroppo) più della sua proposta musicale (con le dovute eccezioni, ovviamente). Questa cosa ha preso il sopravvento, è vero. Noi, dal canto nostro, ci battiamo per fare la musica qualitativamente migliore che possiamo, in primis che ci soddisfi davvero. Facciamo quello che vorremmo ascoltare.

Per chiudere: le radici di questo “Ypsos”… io penso molto a certe scene inglesi…
“Ypsos” è nata fuori del confine italiano. Sicuramente la scena inglese ci ha influenzato e ci influenza costantemente nella nostra ricerca personale perché ci stimola, soprattutto per le sonorità delle chitarre indie-rock e dei sintetizzatori di artisti che negli ultimi 10 anni hanno completamente fuso l’elettronica con le chitarre, restituendone un mix incredibile. Noi ci proviamo, speriamo con risultati interessanti.

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Tavo ci racconta la sua “Annabelle”

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E’ in rotazione radiofonica “Annabelle” (Noize Hills Records), nuovo inedito di TAVO già disponibile sulle piattaforme digitali dallo scorso 6 dicembre.

Un amore difficile, una storia “d’altri tempi”, nella quale i protagonisti prendono coscienza della loro vita ormai consumata; rimane solo l’amara consolazione di ripercorrere i bei momenti del passato. “Annabelle” rappresenta l’indecisione e le scelte sbagliate nell’amore. “Ora che non siamo qui, si può capire tutto. Quante volte ti ho detto di non avere paura”: così canta TAVO, citando quelle che sono le ultime parole scritte in una lettera del 1800 che il cantautore trova nella vecchia casa in cui abitava.

Noi di Mondospettacolo siamo andati ad intervistarlo.

 

E qui sotto il suo ultimo inedito “Annabelle”

Biografia

 

Francesco Taverna, in arte TAVO, è un cantautore alessandrino classe ‘93 che figura tra gli artisti emergenti del panorama indie pop italiano. Dopo il suo primo concerto, al Circolo Ohibò di Milano, TAVO trova presto spazio su palchi come Rocket club (Linoleum), Spaghetti Unplugged, Le Mura, Tendenze Festival, Radical Sheep Festival, Arezzo Wave e molti altri ottenendo riconoscimenti come Miglior performance live e Roster artista rappresentante Soundreef. Viene definito su riviste di settore (Stormi, RUMORE, ExitWell) come “Uno dei profili più interessanti del panorama indie italiano” con il suo album d’esordio “Funambolo” (Noize Hills Records, 2018), una raccolta di melodie leggere e testi falsamente ironici che dipingono situazioni di vita dall’equilibrio instabile. Il suo ultimo singolo “Annabelle” (Noize Hills Records), già disponibile in digitale dallo scorso 6 dicembre, sarà in rotazione radiofonica a partire dal prossimo 13 dicembre.

Ig https://www.instagram.com/tavo_ufficiale/?hl=it

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“Davvero”: il nuovo singolo di Benedetta Raina

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E’ sulle radio e sulle piattaforme digitali “DAVVERO” (Noize Hills Records), il nuovo singolo di BENEDETTA RAINA.

Un invito semplice ma non banale, un invito a capirsi e ad accettarsi, a prendere la vita alla giornata e a dimenticarsi un po’ di tutto. “Davvero” parla di questo e per questo. Con un ascolto più attento si coglie l’intenzione da parte dell’artista di comunicare una realtà che nasconde molte insidie: la realtà di quei problemi apparentemente lievi che fatichiamo ad ignorare e ci ostacolano. Piccolo e grande, leggero e pesante, reale e irreale: questi contrasti caratterizzano “Davvero” sia per sonorità, che per tematiche cantate.

Noi di Mondospettacolo siamo andati ad intervistarla.

Ascoltiamolo insieme!

Biografia

Benedetta Raina è una cantautrice classe 2001 di Alessandria, collocabile nel panorama musicale dell’indie-pop italiano. Fin da piccola coltiva una grande passione per la musica e nei primi anni delle superiori inizia a scrivere i primi testi e a comporre le prime vere canzoni, prima in inglese e poi, più tardi, in italiano affrontando le tematiche di un’adolescente della generazione z, in bilico tra speranza e sconforto e alla continua ricerca di conferme negli altri. Alla fine del 2018 inizia a collaborare con l’etichetta Noize Hills Records e nel 2019 pubblica “Basta”, il suo singolo di debutto. La canzone nasce proprio come il primo esperimento in italiano, come una pronta denuncia di sé, finalmente senza lo schermo di una lingua straniera. Il nuovo singolo “Davvero” (Noize Hills Records) esce in radio e in digitale il 13 dicembre.

Seguitela su Instagram: https://www.instagram.com/benedettaraina/?hl=it

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Cinema e drink: Amenthos, ispirato a Il ponte delle spie di Steven Spielberg

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La creatività nel mondo dei drink travalica qualsiasi confine geografico, mentale e tematico. Drink ispirati a un amore, a un’emozione, ma anche a un oggetto, ai luoghi del cuore e a un film amato.

Abbiamo chiesto ad alcuni dei migliori barman e barlady romani di individuare un proprio, personale, film del cuore cui ispirarsi. Ne sono scaturite decine e decine di drink, ispirati a filmografie delle più disparate, dai classici Via col vento ai neo-classici firmati Quentin Tarantino.

Con tanti registi anche italiani al centro dell’ispirazione, da Giuseppe Tornatore a Gabriele Mainetti, passando per David Lynch e il suo Mulholland drive, dai film romantici a Mad Max, passando per i cinecomic e il recente Avengers: Endgame.

Film che hanno ispirato l’uso di tutti gli ingredienti presenti nel mercato, ricette coniugate con cognac, tequila, whisky scozzese, irlandese, bourbon americani del Kentucky, vermouth piemontese, gin inglesi, romani e toscani, amari e bitter, ma anche vodka, ginger beer e liquore Strega, per una nuova ‘geografia cinematografica del bere di qualità’. Preparazioni semplici e meno semplici, da gustare nei loro ingredienti di qualità, ricette create ad hoc da barman e barlady cinefili per sperimentare sé stessi dietro il bancone con un occhio al Grande Cinema.

Oggi è la volta di Amenthos, ispirato a Il ponte delle spie di Steven Spielberg.

BARMAN: Leandro Serra bar manager del The Duke Cocktail Lounge Bar de La Maddalena (OT) e vice-presidente Aibes

INGREDIENTI:
3 cl Gosling’s Black Seal Bermuda Black Rum
1 cl rum speziato
2 cl passion fruit fresco
1 cl lime
2 cl Falernum sciroppo
top Gosling’s Ginger Beer

Bicchiere: tiki
Garnish: mentuccia con fiori di bosco

PREPARAZIONE:
Si prepara dentro lo shaker e si serve in un bicchiere tiki, che raffigura la maschera tipica dei Mamuthones di Mamoiada.

ISPIRAZIONE:
Amenthos in dialetto sardo significa ‘ricordati’ e ai ricordi è legata questa frase di Bob Dylan: ‘Abbi cura dei tuoi ricordi perchè non puoi viverli di nuovo’. Per l’ispirazione del drink, il barman sardo Leandro Serra, anche vice-presidente nazionale dell’Aibes, si è ispirato a un ricordo, storico. Quello raccontato nel film Il ponte delle spie, diretto da Steven Spielberg, che racconta un episodio realmente accaduto durante la Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Una bella storia di soldati che si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato, il tutto con un personaggio di spicco, la figura dell’avvocato. Un film che lascia spazio a mille interpretazioni e lo spunto del drink nasce proprio dalle figure delle spie a partire dal bicchiere, un tiki che rappresenta una maschera, in questo caso quella dei Mamuthones di Mamoiada, che ricorda la figura del personaggio, che cambia maschera ogni momento a seconda delle persone che trova davanti. Un modo di vivere che sperimentiamo ogni giorno. E il drink, con note dolci, leggermente speziate come la vita, presenta un finale con note quasi dolci, come il rum utilizzato, un Gosling’s Black Seal Bermuda Black Rum, di proprietà della famiglia Gosling da oltre duecento anni, a partire dal lontano 1806, quando James Gosling, al fine di espandere il business familiare in America, partì dall’Inghilterra imbarcandosi su una nave con un carico di vini e liquori. Per tutti gli appassionati di cocktail, il Gosling’s Black Seal è il rum alla base del Dark and Stormy, nome che significa letteralmente “Scuro e tempestoso”, dovuto proprio all’effetto che l’aggiunta finale di questo Rum dona al cocktail, simile a una nube tempestosa sull’oceano… Il drink Amenthos si può assaggiare in Sardegna a La Maddalena, presso il The Duke Cocktail Lounge Bar, locale inserito anche nella prestigiosa Guida BlueBlazer ai Migliori Cocktail Bar d’Italia, app scaricabile gratuitamente da www.blueblazer.it/app

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