Intervista di Gordiano Lupi
Miss Italia, mancata Miss Europa, western, horror, noir, commedia sexy…
Abbiamo visto per la prima volta Quante volte… quella notte (1968) di Mario Bava ed è scattata la molla per occuparci di Daniela Giordano, attrice che ha imperversato nel nostro cinema di genere dal 1967 al 1980, recitando in ruoli interessanti nel western, noir, sexy e persino horror e fantastico.
Daniela Giordano nasce a Palermo il 7 novembre del 1947, termina gli studi liceali, vince il titolo di Miss Sicilia (lei ci spiega bene come andò), incoronata Miss Italia e seconda a Miss Europa, debutta al cinema ne I due barbieri di Sicilia di Marcello Ciorciolini, con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Molto attiva fino al 1987, al cinema, in televisione e nella pubblicità. Buona attrice e donna bellissima, figura di secondo piano del cinema di genere, forse per non aver avuto la grande occasione della vita che la lanciasse nell’Olimpo delle star. Vive in Sicilia dove si occupa di parapsicologia e di ufologia. Siamo andati a cercarla per realizzare una breve intervista.
Miss Italia nel 1966, prima Miss Palermo e Miss Sicilia. Terza a Miss Europa. Comincia così l’ingresso nel mondo del cinema? Come avviene il debutto?
E’ iniziato tutto per caso. Era quasi metà agosto, per noi a quei tempi la fine dell’estate. Avevo 19 anni. Mi trovavo a Mondello, la località balneare vicino Palermo. Ero sempre in spiaggia con i miei amici, un gruppo di circa 10 ragazzi e ragazze della mia stessa età. Una sera, insieme ai miei amici, decidemmo di organizzare una festa alla Sirenetta, il bar di fronte alla spiaggia che aveva una bellissima pista da ballo esterna e di libero accesso. C’era un Juke-Box e tutti potevano partecipare: parenti, amici, passanti, molta gente che passeggiava lungo la spiaggia… Erano tutti contenti e qualcuno decise di eleggere la ragazza più carina della festa. Vinsi questo tipo di concorso familiare come Miss Mondello. Il giorno dopo, mio zio, capo redattore del locale Giornale di Sicilia, inserì la mia foto e qualche riga di commento su questo evento mondano sul quotidiano locale. Questa foto, attraverso le agenzie di stampa, finì su qualche tavolo dell’organizzazione del Concorso di Miss Italia a Roma. Qualcuno decise di usare questa festa dandomi in automatico il titolo di Miss Palermo – probabilmente erano in ritardo con i ritmi delle selezioni regionali del concorso e, in questo modo, non dovevano organizzare ex novo l’evento a Palermo. Così, ricevetti la visita di due tizi provenienti da Roma che mi sottoposero un contratto per entrare nella competizione del concorso nazionale. La mia famiglia era incerta se lasciarmi tutta questa “libertà”, ma poiché erano sicuri che non avrei vinto diedero il loro consenso. Ero ancora minorenne secondo la legge italiana. Così, iniziai la trafila delle selezioni. Dopo aver vinto, con sorpresa di tutti i familiari e parenti, anche il titolo di Miss Sicilia, organizzato in una località vicino Palermo, mi fu sottoposto il contratto per partecipare al concorso di Miss Italia. Era obbligatorio: se vincevi una selezione dovevi partecipare anche all’altra. Insomma, firmato il primo contratto non ti potevi più ritirare – se vincevi. E qui nacquero i primi problemi perché nessuno in famiglia era intenzionato a farmi partire da sola. Così, visto che la “colpa” di tanto subbuglio era di mio zio, fui accompagnata a Salsomaggiore da sua moglie, mia zia. E vinsi. A questo punto fui obbligata a partecipare al concorso di Miss Europa. Per quanto i ritmi del concorso di allora erano un Paradiso rispetto a quelli che qualche volta ho visto oggi, ero comunque stanchissima. Volevo tornare a casa e togliermi di mezzo tutta quella gente che mi diceva cosa fare, quando farlo e come farlo. E confesso anche che non andavo troppo d’accordo con il patron del concorso. Comunque a casa erano tutti convinti che non avrei vinto il concorso di Miss Europa. Quindi, facendo buon viso a cattivo gioco, si decise che sarebbe stata mia madre ad accompagnarmi a Nizza. Dopo la tournée negli Stati Uniti (New York, Boston, Filadelfia) e in Canada (Montreal), tornata in Italia, la William Morris, una delle più importanti agenzie cinematografiche del mondo occidentale, mi offrì la parte di una giovane protagonista in un film: I due barbieri di Sicilia. (A quel tempo ero molto spesso sulle copertine dei giornali). Io ero molto contenta e i miei molto meno. Ma avevo ancora l’impegno con la selezione di Miss Europa. A Nizza ero l’unica ragazza con madre al seguito! La sera della premiazione il patron del concorso (una persona molto simpatica), chiamò me e mia madre e ci fece accomodare in una saletta privata. E con un viso che sprizzava gioia ci informò quasi ufficialmente che la maggior parte dei giurati stavano votando il mio nome e che quindi mi preparassi ad essere per quell’anno la nuova Miss Europa. Mia madre e io rimanemmo di ghiaccio, per la prima volta d’accordo anche se per motivi diversi. Il patron francese rimase perplesso dalla nostra reazione. Non era mai accaduto. Così, io e mia madre spiegammo che non eravamo interessate alla vincita del Concorso. Se avessi vinto avrei dovuto partecipare anche a Miss Mondo perdendo così la possibilità di accettare il mio primo film e di conquistare la mia indipendenza dalla famiglia, ma questo a lui non lo dissi. Cercammo di convincere questo signore adducendo le nostre argomentazioni. Le organizzazioni dei concorsi preferiscono avere una Miss determinata, desiderosa e felice di vincere piuttosto di una che si lamenta e che ha altri obiettivi. Comunque, per lui la situazione era molto strana e continuava a chiedere: “Ma siete sicure ?”. Miss Spagna vinse il concorso di Miss Europa 1967 e, finalmente, io fui fuori dai concorsi. Arrivai seconda. Ero felice e anche la mia famiglia, per il momento. Tutti i giornali hanno sempre scritto che arrivai terza a Miss Europa. Erano tutti d’accordo, cosa che mi ha fatto spesso dubitare dei miei ricordi. Ma con la ricerca su Internet che ho fatto oggi, in occasione di questa intervista, forse i miei ricordi avranno giustizia. (Visitare il sito: http://lempimissit.suntuubi.com/?cat=524 per avere la certezza).
Che ricordo ha di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, con cui ha debuttato ne I 2 barbieri di Sicilia?
Per quanto fosse il mio primo film, non ero proprio felicissima. La considerazione che allora si aveva a livello di pubblico è quella di un film di bassa levatura. Comunque, finalmente ero a Roma e mi gestivo da sola. Dal mio punto di vista Franco Franchi era “un caciarone agitato” ma a suo agio sul set e spesso creativo. Ciccio Ingrassia era più calmo e più “signore”. Insieme non sbagliavano una scena. Con loro la lavorazione era molto piacevole e divertente.
Per quali pellicole era ricercata?
All’inizio ero ricercata principalmente per i western perché ero siciliana e, secondo l’opinione corrente, i miei tratti somatici erano perfetti per fare la messicana. Mi tingevano i capelli di nero e mi truccavano con il cerone molto scuro. Poi, successivamente, avendo capito come stavano le cose, ho schiarito i capelli, ho studiato un po’ di dizione in autonomia per far scomparire la lieve inflessione meridionale – avevo vissuto 10 anni a Milano e solo 6 a Palermo, poi parlavo Inglese, e questo mi ha aiutato moltissimo con l’accento e le coproduzioni.
Quali sono i registi con cui si è trovata meglio?
Con molti mi sono trovata bene. Con Mario Caiano, Mario Bava, Dino Risi più che con altri…ma con Paul Naschy, il regista di Inquisición, ho capito finalmente qual è esattamente il rapporto professionale tra attrice e regista. Nessuno mai prima mi aveva mai spinto a migliorare una scena o ad approfondire uno stato d’animo. L’unica cosa che mi dispiace è che il film non è stato comprato dall’Italia. Esiste solo la versione in inglese e in spagnolo.
La sua attività nel cinema comprende il periodo 1967 – 1980. Perché si è ritirata così presto?
Mi sono ritirata per un paio di ragioni. La prima, perché tra gli anni 1978 e 1980 abbiamo avuto in Italia una grande crisi del cinema e di conseguenza moltissimi attori, attrici e tecnici del settore si sono trovati senza lavoro, me inclusa. Dei circa 150 film che prima si producevano all’anno eravamo arrivati a circa 30 l’anno. Di questi, solo 3-4 erano buoni film, il resto erano produzioni di basso livello. A quel tempo chiusero a Roma anche diverse sale cinematografiche. Anche gli Studios, come Cinecittà, per esempio, ebbero grossi problemi economici. C’era così tanta fame che il mio agente chiuse la sua attività e si mise a lavorare come rappresentante per una nota casa di prodotti alimentari. La seconda ragione è che avevo 37 anni e non potevo aspettare che finisse la crisi. Ero consapevole che avrei potuto lavorare ancora qualche anno, perché in genere a quei tempi non c’era futuro in Italia per attrici di mezza età, eccetto per poche (la situazione per gli uomini/attori è diversa, sono privilegiati da questo punto di vista). Come attrice di mezza età è necessario avere un’altra entrata economica per sopravvivere e poter serenamente selezionare la qualità dei film che ti offrono, se ancora te ne offrono. Così, ho preferito interrompere la mia carriera, in tempo per potermene costruire un’altra. Cosa che ho fatto. Ed è stata dura.
Abbiamo rivisto di recente Quante volte… quella notte di Mario Bava, apprezzando la sua performance. Che ricordi ha di quel film?
E’ stato un film difficile per me perché si richiedevano delle scene di nudo. Certo, qualche volta un po’ di seno era quasi normale ma nudo integrale mai. Mi mettevo d’accordo con la regia prima di firmare il contratto e se il regista non era d’accordo (o non riuscivo a convincerlo) non firmavo e rinunciavo al film. Mario Bava è stato uno di quelli comprensivi. Mi disse che le scene di nudo si potevano risolvere con delle inquadrature particolari e un cash-sex, un cerotto color carne che si applica sulle parti intime. Quello che non mi disse era che il problema era toglierlo dopo! Ricordo che una volta, ero fresca di Miss Italia, Carlo Lizzani mi offrì un ruolo in un film che stava preparando. Era una storia tra un uomo di mezza età e una ragazzina. Il mio ruolo era quello della ragazzina. Lizzani mi chiese se avevo problemi a fare delle scene di nudo. Certamente le avevo. Rifiutai il film e lui non cercò di arrivare a un accordo. Comunque, ritornando al film di Bava, quello che è stato detto poco è che Quante volte quella notte era un film costruito con l’idea di ripetere un po’ lo schema di Rashomon, un vecchio film giapponese del 1950, in bianco e nero, diretto da Akira Kurosawa e che ha imposto sulla scena internazionale la bravura dell’attore Toshiro Mifune. Il film era una parabola sul come tutto è relativo e come un piccolissimo evento della nostra vita raccontato da testimoni diversi possa mostrare diversi aspetti della verità. In realtà, il messaggio che si voleva trasmettere è che non esiste una verità assoluta.
Un altro film importante è Il tuo vizio è una stanza chiusa… di Martino.
In realtà non ricordo molto di quel film. Il mio era un ruolo secondario. Ero però contenta di lavorare con Luigi Pistilli, un attore che stimavo per la sua bravura.
Il genere western. Il suo volto si prestava?
In realtà non è che il mio volto si prestasse in modo particolare, ma potevo recitare in inglese e questo mi ha molto favorito con le co-produzioni. A quel tempo solo le grandi attrici come la Loren o la Cardinale, e forse un altro paio, potevano recitare in inglese. Non c’erano giovani attrici, di medio costo, che potevano inserirsi in un contesto multilingue – generalmente l’inglese – come nelle co-produzioni con gli americani.
E poi tanta commedia sexy, di gran moda, cose come La portiera nuda e L’adolescente. Che ricordo ha di quel periodo?
Se non ricordo male ne La portiera nuda avevo solo due scene, ero la proprietaria di una boutique, e non ho memoria della storia. Fra le commedie sexy di quel periodo mi piace ricordare L’adolescente, di Alfonso Brescia e La cameriera, di Roberto Montero. Ero l’interprete principale e i personaggi erano ben delineati. Mi sono molto divertita a interpretare La cameriera che mi ha dato anche delle soddisfazioni professionali.
Che cinema era il nostro cinema degli anni 70?
Dal 1967 al 1978 c’era molto da lavorare per tutti. Gli animi erano leggeri e tutti pensavano che sarebbe andata avanti così per sempre. Ricordo quel periodo con grande soddisfazione. Sono orgogliosa di aver lavorato con Jeffrey Hunter, in Joe trovati un posto per morire, per la regia di Giuliano Carmineo. Jeffrey era famoso nel mondo per aver interpretato la parte di Gesù ne Il Re dei Re del 1961. Da ragazzina quante volte avevo visto quel film! Con John Ireland, (visto in molti film come spalla di John Wayne) ne La Sfida dei McKenna, di Leon Klimonsky. E ancora Peter Lee Lawrence, di cui ero innamorata quando avevo 13 anni, e vederlo sul set accanto a me ne I 4 pistoleri di Santa Trinità mi buttava nella confusione più totale. Peccato mi abbia detto solo ‘Buongiorno’ e le battute del copione. Oppure Henry Baird, un attore inglese di teatro, in Trinità e Sartana figli di… di Mario Siciliano. Anche con Brad Harris, famoso per Maciste o Ercole nei film peplum, conosciuto nel film La casa della paura, del 1974, con Raf Vallone, per la regia di William Rose. Sono tutti attori che mi hanno insegnato qualcosa ma soprattutto che la professionalità è importante. Ecco, questo era il cinema degli anni ‘70 per me. Certo, da un certo punto di vista sono film di serie B, ma non le persone che ci hanno lavorato. Ma poi, pian piano, il lavoro è iniziato a diminuire e siamo entrati ufficialmente nella famosa crisi del cinema. E io rifiutavo molti copioni perché includevano molto nudo: i primi piani erano solo dalle spalle in giù…
Gordiano Lupi
FILMOGRAFIA SINTETICA DI DANIELA GIORDANO
(Palermo, 7 novembre 1947)
I due barbieri di Sicilia (1967) di Marcello Ciorciolini
Play boy (1967) di Enzo Battaglia
Joe… cercati un posto per morire (1968) di Giuliano Carnimeo
Il lungo giorno del massacro (1968) di Alberto Cardone
Susanna… ed i suoi dolci vizi alla corte del re (1968) – I dolci vizi della casta Susanna – di Franz Antel (alias François Legrand)
Quante volte… quella notte (1968) di Mario Bava
Captain Coignet (1969) di Jean Claude Bonnardot (TV Francia)
Un esercito di 5 uomini (1969) di Don Taylor e Italo Zingarelli
Vedo nudo (1969) di Dino Risi
Ombre roventi (1970) di Mario Caiano
… e vennero in quattro per uccidere Sartana! (1969) di Demofilo Fidani
Bolidi sull’asfalto – A tutta birra! (1970) di Bruno Corbucci
Buon funerale amigos! … paga Sartana (1970) di Giuliano Carnimeo
La sfida dei Mackenna (1970) di Leon Klimovsky
Un’estate, un inverno (1971) di Mario Caiano (1970) (TV – Rai)
Il suo nome era Pot … ma lo chiamavano Allegria (1971) di Lucio Giachin (Dandolo) e Demofilo Fidani (si fanno chiamare Dennis Ford)
I quattro pistoleri di Santa Trinità (1971) di Giorgio Cristallini
Una tomba aperta… una bara vuota (La casa de las muertas vivientes) (1972) di Alfonso Balcazar Granda
Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (1972) di Sergio Martino
Scansati… a Trinità arriva Eldorado (1972) di Dick Spitfire (Diego Spataro, in realtà regia di Aristide Massaccesi)
Trinità e Sartana figli di… (1972) di Mario Siciliano
Violenza contro la violenza (1972) di Rolf Olsen e Lee Payant
Le avventure del Barone Von der Trenck (1973) di Fritz Umgelter (TV Germania)
La casa della paura (1974) di William L. Rose
La cameriera (1974) di Roberto Bianchi Montero
Malocchio – Eroticofollia (1975) di Mario Siciliano
Roma violenta (1975) di Marino Girolami (Franco Martinelli)
Il vizio ha le calze nere (1975) di Tano Cimarosa
Il fidanzamento (1975) di Giovanni Grimaldi
L’infermiera di mio padre (1976) di Mario Bianchi
Karamurat, la belva dell’Anatolia (1976) di Herb Al Bauer (Natuk Baytan) e Ernst Hofbauer
L’adolescente (1976) di Alfonso Brescia
La portiera nuda (1976) di Luigi Cozzi
Le impiegate stradali – Batton Story (1976) di Mario Landi
Un toro da monta (1976) di Roberto Mauri
Starcrash – Scontri stellari oltre la terza dimensione (1977) di Luigi Cozzi
Inquisición – Inquisizione (1978) di Paul Naschy (Jacinto Molina)
Il braccio violento della mala (1979) di Sergio Garrone
Le segrete esperienze di Luca e Fanny (1980) di Roberto Girometti e Gérard Loubeau
Help Me Have No Human Ways (2015) di Chris Milewski
The post Daniela Giordano, un volto per il cinema appeared first on MONDOSPETTACOLO.