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La signora di tutti: il film di Max Ophüls realizzato in Italia, in home video in versione restaurata

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Jean-Luc Godard, quando realizzò uno dei suoi film più celebri, Il disprezzo (Le mepris, 1963), affermò che trasporre al cinema un capolavoro della letteratura era un’operazione rischiosissima, destinata quasi inevitabilmente a provocare una mortificazione della fonte. Al contrario, invece, cioé se il libro di partenza era mediocre, riteneva si potesse aumentarne il valore, riabilitandolo (si riferiva, ovviamente, a Il disprezzo di Alberto Moravia, che considerava un “volgare e grazioso romanzo da stazione, pieno di sentimenti classici e fuori moda”, e che, infatti, modificò non poco nella sua traduzione in immagini).

Questa breve premessa è probabilmente utile per introdurre lo splendido film di Max Ophüls, La signora di tutti (1934), girato nel nostro paese, con un cast tecnico e artistico completamente italiano, a partire dalla meravigliosa protagonista, Isa Miranda, alle prese con il primo vero ruolo da assoluta protagonista. Il regista tedesco, a causa delle sue origini ebraiche, fu costretto ad abbandonare la Germania nazista, girovagando non poco alla ricerca di un luogo in cui potesse svolgere al meglio la propria professione (in Francia – in cui ottenne la cittadinanza – ma anche Stati Uniti, Svizzera e, naturalmente, Italia).

La signora di tutti fu la prima produzione cinematografica dell’editore Angelo Rizzoli (che in seguito sarà il mecenate di Federico Fellini, con cui realizzerà i capolavori La dolce vita e ), il quale s’innamorò del testo di Salvator Gotta, uno scrittore di non particolare talento, che operò durante il ventennio fascista, aderendo entusiasticamente agli ideali del regime. Per fortuna a dirigere c’era Ophüls, che seppe trasformare un romanzetto di appendice in un grande, avvolgente e penetrante affresco della vita sentimentale di una donna non allineata, riuscendo a restituire con incredibile forza il mare di emozioni, positive e negative, in cui essa naufraga, coinvolgendo senza sosta lo spettatore. La mobilissima macchina da presa del regista (carrelli, panoramiche, dolly, piani sequenza) – una vera innovazione per il cinema italiano dell’epoca – lungi dall’essere funzionale a una mera esibizione di virtuosismo, forniva la possibilità di spingersi più in profondità nel dramma messo in scena, riducendo, fino quasi a farla sparire, la distanza tra pubblico e rappresentazione cinematografica.

Sandro De Feo, scrittore, giornalista e sceneggiatore, ne Il Messaggero del 17 Agosto 1934 notava: “Dai timidi e semplici amori di Liebelei (1933) a quelli inconfessabili e grevi de La signora di tutti il passo non è lieve”: il rischio era quello di non riuscire a gestire fino in fondo un racconto che poteva scadere (all’epoca, ovviamente) nello “scandaloso”. Max Ophüls, invece, fu abilissimo a contenere, pur non rinunciando a mostrarla, la vita sentimentale distruttiva della protagonista, senza farsi titillare dal gusto di turbare lo spettatore, sebbene la prospettiva di osservazione fosse quella misogina di un piccolo autore (Gotta), il quale, infatti, non fece altro, in ultima analisi, che condannare moralmente la sua anti eroina, stringendola in una patetica morsa di sensi di colpa del tutto gratuiti.

Ophüls, d’altro canto, fu un maestro insuperato del genere melodrammatico: i suoi film sono miracolosi cocktail di eleganza e intensità, sublimati da un aristocratico, impeccabile senso della composizione. A coadiuvare il regista, poi, in quest’occasione fu il grande Ubaldo Arata, il celebre direttore della fotografia, operativo dai tempi del cinema muto fino all’inizio del Neorealismo (fu l’artefice della cinematografia di Roma città aperta di Roberto Rossellini, tanto per rendere l’idea della sua statura), di cui lo stesso Ophüls disse: “aveva il colpo d’occhio di un Tiziano e l’audacia tecnica di un Michelangelo”. Il coprotagonista de La signora di tutti era Memo Benassi (il conte Leonardo Nanni, amante di Gabriella), uno dei maggiori esponenti della generazione teatrale che segnò il passaggio dal mattatore ottocentesco all’attore contemporaneo, di cui difficilmente si può dimenticare l’intensa prestazione.

Nel film, infine, si assiste a momenti di grande cinema, come nella sequenza in cui viene mostrato il movimento forsennato del macchinario che stampa i manifesti con il volto dell’attrice (in arte Gaby), e che, poi, nell’epilogo, drammaticamente scema, fino a interrompersi del tutto; oppure, quando, all’inizio, si vede Gaby nella sala operatoria in cui le viene praticata, attraverso un’enorme maschera che lentamente le cala sul volto, quell’anestesia a partire dalla quale prende corpo il flashback attraverso cui, per l’intera durata (86 intensissimi minuti) della visione, viene rievocato il suo tormentato vissuto.

Presentato alla seconda Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, in cui vinse la Coppa del Ministero delle Corporazioni assegnata per la qualità tecnica, La signora di tutti è uno straordinario film che necessita di un’attenta rivisitazione al fine di poterne apprezzare fino in fondo l’immenso valore.

Grazie a Viggo e Ripley’s Home Video, La signora di tutti è disponibile, per la prima volta in versione restaurata, in dvd, in formato 1.1:33 (full frame), con audio mono e sottotitoli in inglese e in italiano per non udenti opzionabili. Nei contenuti speciali è presente una lunga e bella intervista audio a Isa Miranda, realizzata dal critico cinematografico Francesco Savio. Inoltre, all’interno della confezione si trova un approfondito booklet contenente interviste al regista, agli attori e informazioni sul film.

 

Luca Biscontini

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