Il sapore di mare, questa estate 2018, non sarà lo stesso di sempre.
Carlo Vanzina non c’è più, ci ha lasciati un vero signore del cinema italiano e, da vero signore, se ne è andato in silenzio, senza che nessuno si accorgesse del maledetto male che lo stava portando via.
L’ultima volta che ho avuto modo di parlarci è stato nel Novembre 2017, presso la multisala Adriano di Roma, in occasione della presentazione alla stampa di quello che, purtroppo, rimarrà il suo testamento in fotogrammi: Caccia al tesoro, omaggio all’Operazione San Gennaro diretto da quel Dino Risi di cui è stato l’unico degno erede, a dispetto di ciò che ha spesso affermato la sempre più gratuitamente accreditata critica cinematografica italiana, pronta ad affibbiargli qualifiche da cineasta trash e a stroncargli anche i lavori più riusciti, probabilmente perché non incanalati nei binari dell’autoreferenziale filmografia di quei registi definitisi “autori di sinistra e per il popolo”, ma le cui fatiche (come i loro modi) appaiono decisamente classiste e tutt’altro che riguardanti in maniera sincera proprio le problematiche del popolo.
Quello stesso classismo che, paradossalmente, dalla famiglia Covelli dell’insuperabile Vacanze di Natale alla magnifica presa in giro di Mafia capitale di Non si ruba a casa dei ladri, ha finito per rivelarsi proprio il bersaglio azzeccato di quasi tutta l’epopea vanziniana, con gli arricchiti destinati a fare la figura dei veri cafoni nel confronto con la più sincera e “di pancia” classe operaia.
Un’epopea che, con oltre sessanta prove dietro la macchina da presa, ha avuto il grande pregio di far ridere non poco gli italiani, attingendo dalla tradizione della commedia di cui anche il padre Steno fu uno dei maestri assoluti, ma con uno sguardo sempre moderno e, soprattutto, all’avanguardia rivolto ai tic, i vizi e i cambiamenti di tendenza tricolori, dal mito tutto anni Ottanta degli Stati Uniti di Vacanze in America alla tangentopoli in salsa peplum di S.P.Q.R. – 2000 e ½ anni fa, passando per gli yuppies, in realtà attaccati ma mai esaltati nel loro stile di vita da eterni Peter Pan, a differenza di quanto spesso affermato dalla già citata “critica illuminata”.
Un’epopea attraverso cui è stata introdotta tutta la comicità dello stivale dalla fine degli anni Settanta all’inizio del terzo millennio, dalle battute irresistibilmente surreali dei Gatti di Vicolo Miracoli alla altrettanto irresistibile romanità “borgatara” di Maurizio Mattioli ed Enzo Salvi, senza contare la coppia d’oro formata da Christian De Sica e Massimo Boldi, il Diego Abatantuono Terruncello e Guido Nicheli, ovvero il miglior cummenda di sempre.
Ma non dimenticando mai lo spazio riservato alla nostalgia, da un lato nei confronti della Settima arte stessa, con operazioni remake quali Febbre da cavallo – La mandrakata, Il ritorno del Monnezza e Eccezzziunale veramente – Capitolo secondo… me, dall’altro toccando direttamente le emozionali corde di un passato che non sembra esservi più, che si tratti dei viaggi proto-Ritorno al futuro de Il cielo in una stanza e Torno indietro e cambio vita o della Forte dei Marmi degli anni Sessanta in cui, come avrebbe poi osservato una indimenticabile Virna Lisi da David di Donatello, “Mi sembra di ricordare che ci batteva il cuore”.
Perché è vero che Vanzina è considerato soprattutto fautore della risata su celluloide, ma la maggior parte dei suoi migliori risultati l’ha fornita raccontando i sentimenti, in grado di regalare immagini e situazioni che non possono fare a meno di spingere alla commozione, su tutte lo splendido epilogo di Sapore di mare sulle note di Celeste nostalgia.
La stessa che ci investe nel renderci sempre più consapevoli del fatto che non leggeremo più sullo schermo il nome di colui che, oltre a sfornare con Piedipiatti la prima commedia poliziesca made in Italy, dai modesti esordi di Luna di miele in tre e Figlio delle stelle è stato capace di costruirsi una carriera di chiacchieratissimi successi, abbandonando occasionalmente la voglia di divertire per dedicarsi con la consueta professionalità anche ad altri generi, dal thriller di Mystère e Sotto il vestito niente al dramma Tre colonne in cronaca interpretato da Gian Maria Volonté e Sergio Castellitto, fino alla Milano da bere di Via Monteleone.
L’universo italiano delle immagini in movimento, da oggi, non sarà più lo stesso.
Ciao Carlo, la tua mancanza qui già si fa sentire non poco, con quell’eleganza, con quel sorriso da gentiluomo e quella voglia di parlare sempre di cinema in tutte le salse, tipica soltanto dei veri amanti di questa arte unica e affascinante di cui sei stato uno dei massimi esponenti.
Da parte della redazione di Mondospettacolo.com, un affettuoso abbraccio al tuo inseparabile fratello Enrico, compagno di scrittura di tutte le tue avventure di narratore su pellicola.
Francesco Lomuscio
L'articolo Ciao Carlo. Addio a un cineasta eccezionale veramente proviene da Mondospettacolo.