Con l’imponente fisico di Mino Bonini, un pregiudicato esce di prigione, prima che si passi alla brutalizzazione di due ragazze da parte di alcuni balordi in un bosco che, in maniera evidente, richiama alla memoria la feroce situazione raccontata ne L’ultima casa a sinistra di Wes Craven.
Del resto, ispirato a fatti realmente accaduti e cupamente immerso (a proposito di fotografia) in una romanità verbale di borgata che, anziché l’horror in fotogrammi, non può fare a meno di suggerire romanzi criminali assortiti, anche 42 – 66 L’origine del male fa degli eccessi di barbarie il proprio fondamentale ingrediente con cui infarcire la quasi ora e venti di visione.
Perché, a proposito di “ultime case” viste sullo schermo, l’opera di Dario Almerighi – al suo primo lungometraggio da regista, dopo una serie di short – può suggerire nella testa del cinefilo maggiormente attento a bizzarrie su celluloide anche quel chiacchieratissimo e mai visto in Italia The last house on dead end street che, diretto nel 1977 da Roger Watkins, propose una vicenda a base di snuff movie e vendette.
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E non ci va affatto leggero per quanto riguarda gli scempi da mostrare, in quanto, tra una lingua strappata via per mezzo di una tenaglia e un trapano conficcato in bocca, omaggia sì lo splatter esagerato risalente agli anni Settanta, ma lascia tranquillamente intuire anche una forte influenza proveniente dal gore più o meno casalingo di matrice teutonica di fine secondo millennio, che si tratti di Andreas Schnaas od Olaf Ittenbach (rispettivamente autori di Violent shit e The burning moon).
Quindi, coloro che sono in cerca di uno spettacolo ad alto tasso di emoglobina non rimangono di certo delusi, man mano che la motosega vibra pronta a squartare corpi e che l’obiettivo della camera di ripresa immortala, tra l’altro, dita mozzate, mani inchiodate e viscere estirpate.
Con un cast funzionale e qualche piccolo difetto tipico dovuto al bassissimo budget di produzione di 42 – 66 Le origini del male, soprattutto per quanto riguarda il mixaggio che, a volte, passa da una colonna sonora eccessivamente alta a dialoghi quasi impossibili da ascoltare.
Info https://www.facebook.com/42.66.movie/
Francesco Lomuscio
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