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Jacopo Moriggi ci presenta il suo VISION

Parlaci di Jacopo Moriggi, e di quando hai capito che il ritmo era la tua vita.

Ho capito che questa era la mia strada sei anni fa dopo un lungo viaggio di quasi un anno in Australia, mi ero preso una pausa musicale, avevo bisogno di cambiare aria e lavoro. All’estero ho fatto diversi lavori, dall’edilizia alla ristorazione ma dopo tanto tempo passato lontano da casa, dai miei affetti, ho capito che la mia strada era assieme alla batteria e alla musica.

Sei appena uscito con il tuo primo album “Vision”. Perchè questo titolo?

Vision rappresenta un’immagine musicale abbinata ad una forte passione per i film e per le colonne sonore legate a loro.

Ho scelto la parola Vision per rappresentare appunto la mia visione personale della batteria come strumento di composizione.

Cosa vuole esprimere questo album?

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Vision è un progetto ambizioso, un lavoro che mi ha messo alla prova, è stato frutto di vari esperimenti in fase di scrittura ed esecuzione.

Ho iniziato un’anno e mezzo fa a scrivere i brani e la difficoltà principale è stata appunto cercare di esprimere qualcosa, trovare un messaggio musicale concreto da comunicare.

Questo album mi ha permesso di concretizzare le idee, esprime concetti musicali legati alle sensazioni e valorizza l’importanza  di dare il giusto peso alle cose. 

Il nostro percorso di vita ci offre sia momenti belli all’apice dell’euforia sia momenti brutti, sono riuscito a ultimare il disco creando un mix di queste sensazioni dando vita a Vision.

Quale è il tuo set in studio e quello dal vivo?

Il mio set è sempre in fase di mutazione perché adoro fare esperimenti.

Durante l’anno ho situazioni musicali lavorative diverse, il mio scopo è scegliere sempre il set adeguato, con i giusti componenti.

Un set classico che adoro sia in studio sia dal vivo è: cassa 22, Rullante 14, Tom 10 e timpano 14 con HH da 14, crash 17, Ride 20 e china 18.

Un set che uso per studiare e per locali piccoli è: cassa 14, rullante 12, Tom 8 (a volte) e timpano da 13 con HH13, ride 21 ed un piccolo staks formato da splash 8 più un Bell da 6.

Il set che ho scelto per il mio disco è: cassa 22, rullante 14, timpano 14 con HH 14, ride 20 e uno staks grande formato da china 18 più crash da 17.

Lo ritengo un set minimale, di forte impatto col quale si possono fare molte cose.

Cosa pensi del trigger di batteria sulla cassa e sul rullante visto che molti artisti la usano nei loro lavori?

I trigger li ho sempre rifiutati perché non mi è piaciuta l’idea di costruire metà del mio suono con uno già impostato, non mi ci ritrovo.

Devo dire però che un paio di settimane fa ho seguito un batterista Metal in studio dove il mio compito era fare il “Drum Tech” soprattutto per la cura dettagliata delle accordature.

Ammetto che i trigger sulla doppia cassa sono stati fondamentali per completare il suono in quel tipo di genere.  

Quando registri i brani  in studio con il tuo gruppo, fai un live in studio per avere più feeling come fanno alcuni artisti, oppure preferisci fare una base con tutti i musicisti come traccia campione, e poi sovraincidi la batteria e via gli altri strumenti? La domanda è indubbiamente curiosa ma vista la tecnologia di oggi tutto si può fare in studio. 

Domanda molto personale direi, diciamo che la scelta di registrazione è legata molto al progetto o alla band, dipende dall’effetto finale che si vuole ottenere.

Io personalmente preferisco registrare la batteria utilizzando come traccia guida una base in mp3 della canzone perché poi in fase di ascolto e di mix ho tutto sotto controllo, soprattutto il suono ed il timing.

Hai un batterista internazionale di riferimento con il quale vorresti condividere il palco? 

Beh, sarebbe bello passare una serata con Matt Garstka o con Benny Greb giusto per diventare amici e scambiarsi qualche idea.

Il palco vorrei però condividerlo con artisti di alto livello come Sting, Lady Gaga, Foo Fighters e Rag ’n’ Bone Man in modo da potermi confrontare e ottenere il giusto stimolo per crescere musicalmente.

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