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Ho conosciuto Alessandro Scannella una sera a Roma durante la presentazione della mostra da lui curata Fantastiche Visioni, dedicata ai disegni originali di Federico Fellini, esposti nella Galleria Ars Perpetua nel centro di Roma, in via dei Coronari 111.
Un disordine ordinato, che poi, conoscendolo, ho capito esser proprio dell’artista, mi ha accolto nel suo atelier.
Sono rimasta piacevolmente colpita dall’atmosfera surreale creata da Alessandro, personaggio eclettico dai capelli color biondo platino e lo sguardo intenso e irrequieto, che mi ha anche presentato i suoi quadri esposti in galleria con grande enfasi e passione.
Colpiscono i suoi dipinti, dai quali emergono figure tormentate e dannate, ma perfettamente vive, con un’anima forte che traspare dalla tela, quasi volessero catturarti. C’è una pulsione vitale che sembra animare il tutto, e così si rimane come stregati davanti alle sue opere, da quei volti e da quei colori che esaltano le sfaccettature di un mondo oscuro. Una fusione tra infinito vuoto e infinito vissuto.
Alessandro, definito il Caravaggio contemporaneo, non solo per la sua pittura barocca e geniale, ma anche per il suo animo particolarmente tormentato, ci racconta il suo percorso artistico.
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Alessandro raccontami quali sono state le tue prime esperienze?
Per me dipingere è stato un processo naturale, sono nato guardando mio padre che dipingeva, io lo imitavo e anziché giocare, pitturavo. Per me era naturale, ed era come se avessi conosciuto solo questa tipologia di gioco: la “pittura a olio” era dentro di me.
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Quando hai iniziato a dipingere?
A cinque anni utilizzavo già i colori a olio, appunto. Crescendo, intorno ai dodici anni, avevo riprodotto volti drammatici. Mi ricordo che a scuola, un giorno, l’insegnante mi aveva rimproverato perché usavo la tela e i colori a olio, ma per me l’arte era quella, non era concepibile disegnare su un foglio di carta. Per questo ero un bambino solo, incompreso, e spesso considerato bizzarro; oggi, qualcuno userebbe la parola “bullizzato”. Un giorno, nell’ammirare un dipinto del Caravaggio, rimasi folgorato e capii che ero attratto dai volti drammatici e dalle miserie umane.
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Ti reputi più genio o sregolatezza?
Non mi reputo un genio ma sono consapevole di avere un talento, credo però opportuno che siano gli altri a dovermi definire tale. E la sregolatezza rende ancora più forte la mia parte talentuosa.
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Come nasce la tua opera pittorica?
Non esiste un momento preciso, nasce quando nasco io.
Come prendono forma i tuoi soggetti?
Sono affascinato dalla parte oscura delle persone, quella che nessuno vuole vedere: l’angoscia, la paura, i problemi. Tutti le conoscono, ma tutti cercano di evitarle, io invece le dipingo. Nel 2001 aprii la mia prima galleria titolo Del Moro, in una zona di Roma dove Caravaggio era solito bazzicare, giocare a carte in un bar vicino e dove un giorno uccise un uomo. Ho cercato a lungo i suoi luoghi, gli ambienti, le strade che percorreva perché volevo inebriarmi della sua arte, respirare l’aria che aveva respirato lui.
Leggendo la sua biografia ho scoperto che entrambi abbiamo vissuto vite estreme, anche se in epoche differenti. Dopo aver chiuso quella galleria ed essermi preso una breve pausa, trovai un’altra galleria, l’Ars Perpetua, sempre nella stessa zona (che gestisco tutt’ora da circa dieci anni). La pittura fa parte del mio DNA, come il tormento della mia anima. Sono estremo, e nei miei dipinti questo elemento si evince in maniera inequivocabile.
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Raccontami del tuo stile.
Dipingo in maniera classica, per me la pittura è quell’arte che i grandi maestri tramandano agli allievi. Ho studiato e mi sono perfezionato attraverso i grandi maestri. Dipingo il popolo e lo rendo vero sulla tela. Mi colpì un dipinto del Caravaggio che la Chiesa gli commissionò: dipingere la Madonna. Lui come soggetto utilizzò l’immagine presa da una prostituta affogata nel Tevere e la ritrasse come se fosse la Madonna con un drappo rosso, ovviamente la Chiesa all’epoca lo rifiutò, oggi è simbolo di bellezza e di arte eccelsa.
La pittura è una cosa seria che va studiata.
Usi dei modelli?
Le persone di strada, i disadattati che hanno problemi, i pazzi. Se invece mi commissionano un quadro, ovviamente, i soggetti sono differenti.
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Quando inizi un’opera, hai un metodo preciso?
Fare un dipinto è un progetto, all’inizio cerco un disegno dettagliato, lo abbozzo sulla tela e poi inizia un’evoluzione. In quel momento perdo la cognizione del tempo e dello spazio. È come se entrassi nel quadro, diventando un tutt’uno coi colori e con la tela. È stressante perché mi svuota la mente e il cervello si canalizza nella tela. La mano è solo un mezzo.
Quali sono gli artisti che hanno influenzato il tuo lavoro?
Caravaggio è stato un anticonformista, remava contro gli stereotipi dell’epoca, dipingeva soggetti coi piedi sporchi, per esempio. Poi, Ribera detto Spagnoletto, Goya, che fu una sorta di rivoluzione, e Rembrandt, questi sono i pittori nei quali m’identifico maggiormente.
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Un aforisma che ti ha accompagnato?
“Sempre prima di giudicare gli altri, giudica te stesso”. Non sopporto la banalità in tutte le sue forme.
Hai un maestro di vita?
Me stesso, il miglior maestro.
Come ti definisci?
Libero nella mente, nel corpo, e senza regole. Vivo controcorrente, non tollero chi comanda e chi è comandato.
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Differenza tra Alessandro pittore e Alessandro uomo.
Sono un uomo bello, (sorride) molto allegro, spiritoso e divertente. I demoni (i miei amici mentali), mi accompagnano ma non li temo, fanno parte di me.
Come ti vedi nel futuro?
Pittore, vivere della mia arte, non ho altri desideri.
L’amore?
L’amore lo identifico nella vita, il dono più grande che abbia ricevuto, con sfaccettature tristi e altre felici. L’importante è emozionarmi ed emozionare.
Salutiamo Alessandro, “il pittore visionario e dannato”, ringraziandolo per la sua disponibilità e per il grande contributo che dà all’Arte italiana con le sue opere facendoci emozionare. Augurandogli un grande e costante successo!
Tamara Brazzi
L'articolo Quando la sregolatezza diventa Arte. A tu per tu con Alessandro Scannella, il “Caravaggio contemporaneo”. proviene da Mondospettacolo.