Al centro della narrazione, ne L’arte della fuga di Brice Cauvin ci sono i tre fratelli, tutti rassegnati ad una vita basata sull’infelicità.
Antoine (Laurent Lafitte) vive ormai da anni con il suo compagno Adar (Bruno Putzulu), uno psicologo che non si accorge che la loro storia è ormai un’eco di ciò che fu in passato; Louis (Nicolas Bedos) è legato, da sempre, a Julie (Elodie Frege), ma non è lui ad amarla, bensì i suoi genitori, che vedono nella ragazza la donna giusta per il figlio; e, infine, Gerard (Benjamin Barrault), un uomo distrutto che si è lasciato andare, fisicamente e moralmente, dopo che l’amata moglie Helene (Judith El Zein) l’ha lasciato.
Image may be NSFW.
Clik here to view.
Minimo comun denominatore di questi tre fratelli è l’infelicità indotta; costoro sono costretti a soffrire per non entrare in disaccordo con due genitori che non li ascoltano, ma, soprattutto, non sanno comprendere quando fare un passo indietro e tacere.
L’arte della fuga rappresenta l’incapacità moderna di comunicare. In un mondo dove internet collega tutti, permettendo comunicazioni immediate tra le più disparate parti del pianeta, spesso ci si ritrova a non essere ascoltati proprio dalle persone che ci sono vicine.
Mentre, però, Louis e Gerard sembrano accettare il loro destino, Antoine combatte per uscire da quella che è una situazione di stallo, cercando di svegliare dal torpore anche i fratelli, per mostrare loro che una via di fuga c’è sempre e che si può sempre divenire artefici del proprio futuro, anche se il prezzo da pagare è altra infelicità.
Image may be NSFW.
Clik here to view.
L’arte della fuga, tratto dal romanzo The easy way out, scritto nel 1992 da Stephen McCauley, è un ritratto crudo di una famiglia disfunzionale inserita in una società dove manca il reale contatto umano, caratteristica rappresentata dalla indipendente e sessualmente disinibita Ariel (Agnes Jaqui), che mostra il suo vero io solo quando esasperata dagli eventi.
Brice Cauvin narra di questa famiglia entrandovi e cercando di rendere lo spettatore un quarto fratello, piuttosto che un giudice, seguendo le disavventure di questi uomini imprigionati nelle maglie di una famiglia che non abbandona, ma non supporta neanche.
Purtroppo, però, L’arte della fuga scorre via senza lasciare granché allo spettatore, con un finale che, oltretutto, non sorprende minimamente.
Mara Carlesi
L'articolo L’arte della fuga: via dalla felicità proviene da Mondospettacolo.