Tra una sperimentazione e l’altra, anche un cineasta temerario e indipendente come Steven Soderbergh ha avuto modo di affrontare un cinema maggiormente “commerciale”, realizzando per il grande pubblico la trilogia heist movie cominciata con Ocean’s eleven, impreziosita da un cast di nomi forti comprendente George Clooney, Brad Pitt e Matt Damon.
Ma, vincitore del premio Oscar per Traffic, non sembra aver deciso di accantonare il genere, tanto che porta su grande schermo un nuovo colpo messo in atto da ignoti, stavolta però, facenti parte di un sottobosco proletario e non del mondo lussuoso in cui vivono Danny Ocean e i suoi soci.
Quindi, innamoratosi di un primo script realizzato da Rebecca Blunt, Soderbergh mette in piedi La truffa dei Logan cercando di creare una personale variante al proprio cinema incentrato sui furti, coinvolgendo sia attori con cui già ha avuto modo di lavorare che altri alla loro prima esperienza sotto la sua regia. Infatti, si va dal Channing Tatum (qui anche produttore) già al suo cospetto in Effetti collaterali e Magic Mike ad Adam Driver, Hilary Swank, Katie Holmes, Seth MacFarlane, Katherine Waterston, Dwight Yoakam, Sebastian Stan e un Daniel Craig fuori dal garbo del solito James Bond, qui alle prese con il ruolo di un dinamitardo carcerato.
La storia segue l’operaio Jimmy Logan (Tatum), licenziato in tronco dal cantiere in cui svolgeva mansione, causa un’invalidità riportata ad una gamba che lo fa zoppicare.
Separato dalla ex moglie Bobbie Jo (Holmes) e padre di una graziosa bambina, non si dà per vinto e, insieme al fratello Clyde (Driver), barman senza un braccio, decide di portare a segno un colpo alla Charlotte Motor Speedway, durante la gara Coca-Cola 600, saccheggiando gli incassi dell’attesissimo evento.
Per poter arrivare a tanto, però, devono chiedere aiuto all’esperto in esplosivi Joe Bang (Craig), rinchiuso in carcere; aspetto che non rappresenterà comunque un intoppo.
Insomma, come in molti hanno ormai capito, Soderbergh ha sempre bisogno di cimentarsi in storie pregne di originalità e meccanismi altrettanto imprevedibili, un po’ per regalare una visione inaspettata, un po’ perché ha bisogno di gingillarsi con un linguaggio altrettanto particolare.
Dove comincia il suo divertimento, però, finisce l’attenzione da parte dello spettatore, perché, pur raccontando una storia di furti a suon di colpi di scena e personaggi assurdi, La truffa dei Logan non sembra garantire una visione trainante, stancando nei ritmi e nella ricercata voglia di sbalordire.
Un heist movie dei poveri realizzato con stile monocorde, solito del cinema di Soderbergh, intenzionato ad approfondire i suoi personaggi e ciò che li smuove nel loro microuniverso.
Certo, Jimmy è un metodico protagonista su cui ruota tutta la vicenda (interpretato da un Tatum anonimo, come di consueto) e suo fratello Clyde è lo specchio di un’America sconfitta (reso da un Driver ben calibrato), mentre Joe Bang dovrebbe rappresentare quel pizzico di follia che fa la differenza (e Craig col capello schiarito arriva anche a tanto); ma, alla fine, La truffa dei Logan è un tipo di prodotto che cerca il suo valore non solo nello spessore dei personaggi in sé, anche in quella che dovrebbe essere la dinamica degli eventi.
Dinamica purtroppo accantonata per concedere spazio alla voglia di sperimentare che alberga in Soderbergh, abbandonando il tutto ad una noia imperante.
Mirko Lomuscio
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