Wajib – Invito al matrimonio è un film corale, dove ogni personaggio ha un ruolo di dipendenza e da cui qualcun altro dipende, nel bene o nel male.
Shadi (Saleh Bacrì) torna da Roma nella sua città natale, Nazareth, dove vive insieme alla sua compagna, per il matrimonio della sorella Amal (Maria Zreik), a poche settimane dal Natale.
Lo conosciamo mentre gira le strade trafficate della città, in macchina con il padre, Abu Shadi (Mohammed Bakrì), un insegnante conosciuto da tutti; entrambi stanno adempiendo ad una delle più antiche tradizioni de mondo arabo: il Wajib, ovvero il consegnare a mano ogni partecipazione del matrimonio di Amal.
Tra un caffè e l’altro, Shadi scopre come siano cambiate le persone che conosceva da ragazzo, mentre osserva il padre districarsi diplomaticamente nella vita sociale palestinese e in quella israeliana.
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Shadi e Abu Shadi consegnano partecipazioni osservando con occhi diversi la condizione palestinese: il primo vede da esule, quasi da straniero, invece il secondo guarda di sfuggita una terra che gli apparteneva, ma alla quale adesso appartiene in silenzio.
Mentre Amal prova l’abito da sposa sotto gli occhi del fratello e del padre, il fantasma della madre, fuggita anni prima di casa, aleggia con altre notizie che potrebbero portare nuovamente lo scandalo sulla loro famiglia.
Il fare rivoluzionario di Shadi, dal suo vestiario alla scelta della propria vita sentimentale, denotano la sua lontananza, non più soltanto fisica, ma mentale, dalla Palestina. Shadi ragiona come un europeo i cui diritti dovrebbero valere qualcosa, mentre in Palestina si trova schiacciato dallo stato israeliano che l’ha già cacciato anni prima.
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Abu Shadi, dopo anni di sacrifici fatti per crescere al meglio i figli, vorrebbe un poco di riscatto e arriva ad invitare al matrimonio Ronnie Aviv, Ispettore della conoscenza del Ministero dell’istruzione israeliano, pur di ingraziarselo e diventare finalmente preside della sua scuola.
Man mano che gli inviti vengono consegnati, il rapporto tra i due muta: il figlio mal tollera il continuo piegarsi, di fronte agli eventi, del padre; il padre mal tollera che il figlio abbia deciso di convivere, senza intenzione di sposarsi mai, con una ragazza palestinese, ma figlia di un rappresentante dell’OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina).
Così, tra incomprensioni e sigarette fumate di nascosto, la regista Annemarie Jacir ci accompagna per una Nazareth affollata e, a tratti, caotica, ma dal fascino immutato, come le storie da lei raccontate.
Mara Carlesi
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