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Il Neo Stato Islamico, industria del terrore. Intervista a “Younis Tawfik”

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Intervista a cura di Enrico Cocciulillo

“Younis Tawfik” è il presidente del centro culturale Italo-Arabo Dar Al Hikma di Torino

Younis Tawfik è nato nel 1957 a Mosul (Nineve), in Iraq. Fin da giovane ha pubblicato poesie sulle maggiori riviste del Paese e, nel 1978, ha ottenuto il “Premio di Poesia Nazionale” conferito dalla Presidenza della Repubblica. Nel 1979 si è trasferito a Torino dove, nel 1986, ha conseguito la Laurea in lettere.
Si dedica soprattutto alla divulgazione della letteratura araba; fra i molti libri tradotti e curati da lui: “Dante e l’Islam” di M. Asin Palacios (1993, Pratiche, Parma – 2014, Luni, Milano), “Libro del matrimonio islamico” di Gazali (1995, Lindau, Torino), “Il libro dell’estinzione nella contemplazione” di Ibn ‘Arabi (1996, SE).
Con l’editore Liana Levi ha pubblicato un libro sulla religione islamica intitolato “Islam”, (1977, Parigi), edito contemporaneamente in italiano da Idea Libri (1997, Rimini), in Germania, in Olanda, in Spagna e negli Stati Uniti. La sua opera più conosciuta è il romanzo “La straniera” edito da Bompiani 1999. Il suo secondo romanzo è “La città di Iram”, seguito dal saggio “L’Iraq di Saddam” 2003. Nel 2008 pubblica “La sposa ripudiata” con Bompiani e nel 2012 “La ragazza di piazza Tahrir” con Barbera editore.
Dal 2000 Copre l’incarico di presidente del Centro Culturale Italo-Arabo Dar al Hikma, ex membro della consulta islamica in Italia e docente di Lingua e Letteratura Araba all’Università di Genova.

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Younis qual è il legame tra Isis e mondo islamico?

La brama verso l’instaurazione di un nuovo ordine sociale ancorato ai valori della propria fede per fronteggiare le sfide del presente, al pari di un certo principio distruttivo e discriminatorio, è in qualche modo un tema ricorrente da secoli e in numerose religioni, tra cui quelle monoteiste.
Sia nel passato che nel presente, popoli e ideologie hanno fatto ricorso a glorie e a valori del passato, deviandone il messaggio e modificandone gli scopi.
Parlando di Islam, tale concezione affonda le proprie radici fin dalle origini di questa religione. Vi furono in passato gruppi, configurati come sette religiose, che contestarono alla maggioranza dei credenti musulmani, alle loro guide o ai dotti dell’Islam, l’allontanamento dal retto insegnamento del Profeta Muhammad. Essi cercarono di contrastare questo indirizzo con un allontanamento fisico o simbolico dalla società islamica.
L’ISIS, dall’inizio, combatteva nella guerra civile siriana contro le truppe del presidente alauita Bashar al-Assad, ma presto cambiò nemico e iniziò la sua battaglia contro i ribelli più moderati dell’Esercito Siriano Libero, creando di fatto un secondo fronte di guerra. Essa è un’organizzazione molto particolare: definisce se stessa come “stato” e non come “gruppo”, ma di fatto agisce secondo le regole del branco. Usa metodi così violenti che anche al-Qaida ne ha preso le distanze. Attacca, seguendo l’antico metodo della setta degli Assassini, uccidendo leader, capi tribù, intellettuali e dirigenti per seminare spavento e terrore. Agisce in Occidente per sfidare, per seminare paure e lanciare messaggi mediatici.

Isis fighters, pictured on a militant website verified by AP.

Chi controlla e come è organizzato l’Isis?

L’ISIS controlla, tra Iraq e Siria, un territorio esteso approssimativamente come il Belgio, e lo amministra in autonomia, con scarsa esperienza e poca capacità organizzativa, ricavando dalle sue attività i soldi che gli servono per sopravvivere. Teorizza una guerra totale e interna all’Islam ritenuto corrotto, oltre che contro l’Occidente, e dichiara la nascita del califfato islamico, anche se non si sa dove e fino a che punto vorrebbe arrivare, ma le sue fantasiose ambizioni raggiungono anche Roma. I terroristi dell’ISIS sono arrivati a pochi chilometri dalla capitale irachena Baghdad, avanzano in Siria a Nord verso il confine turco e non hanno intenzione di fermarsi. La loro avanzata, rapida e inaspettata, ha fatto emergere i moltissimi problemi dello stato iracheno e ha intensificato le tensioni settarie tra sciiti e sunniti, alimentate negli ultimi anni dal pessimo governo del primo ministro sciita iracheno al-Maliki.
L’avere una base ricca, sicura e ampia ha permesso all’organizzazione terroristica di avere tutta la libertà per addestrare giovani aderenti e recuperare armi e risorse. Questi vengono mandati in Occidente per costituire cellule dormienti, oppure per collaborare insieme e agire al momento giusto.

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Gli attentati di Parigi sono frutto di un’azione organizzata?

Gli attentati di Parigi sanno di un’azione ben coordinata e viene proprio il giorno seguente alla liberazione della città irachena di Sinjar. La messa in scena dello spettacolare attentato, che sa di attacco militare di grande stile, è stato concepito per spaventare e far leva sull’opinione pubblica occidentale che scende in piazza e costringa i suoi governi al ritiro dal Medio Oriente o almeno ad abbandonare la regione al suo destino. Attaccare Parigi vuol dire colpire la città simbolo della libertà e dell’illuminismo che i terroristi temono molto. Ogni azione e ogni posto colpito ha un significato e deve essere interpretato come messaggio che ha i suoi codici.

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L’Italia è nel mirino dei terroristi, si rischia più al nord o al sud del Paese?

Per i terroristi non esiste un posto sulla terra immune dai loro attacchi. Loro agiscono secondo piani ben architettati da suscitare terrore e risonanza mediatica, e come noto loro non temono nulla e vanno alla ricerca della morte. Il Sud è come il Nord non c’è differenza, per l’ISIS la guerra è laddove proliferano i loro lupi solitari, che al momento opportuno scattano per provocare più morti e più danni. Tutta l’Italia è nel loro merino visto che Roma ai loro occhi rappresenta il cuore della cristianità.
A differenza di altri gruppi islamisti che combattono in Siria, l’ISIS non dipende più per la sua sopravvivenza da aiuti di paesi stranieri, perché nel territorio che controlla di fatto ha istituito un mini-stato: ha organizzato una raccolta di soldi che può essere paragonata al pagamento delle tasse; ha cominciato a vendere l’elettricità a quello stesso governo siriano al quale aveva precedentemente conquistato le centrali elettriche; ha costruito una rete per esportare il petrolio siriano conquistato durante le offensive militari e venderlo sia al governo di Assad sia al mercato nero, in Siria e in Turchia. Ma la risorsa maggiore è costituita dal bottino di guerra, ricavato dal saccheggio delle città conquistate in Siria e in Iraq, come i venticinque milioni di dollari confiscati alla cassaforte della banca centrale di Mosul.

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Questi soldi come vengono usati?

I soldi sono usati dall’ISIS, tra le altre cose, per pagare gli stipendi dei suoi miliziani, che sono meglio pagati dei ribelli siriani moderati o dei militari professionisti, sia iracheni che siriani: questo permette loro di beneficiare di una migliore coesione interna rispetto a qualsiasi suo antagonista. Per la prima volta nella storia una organizzazione terroristica riesce ad avere una base tanto vasta, una forma di stato e una cassa forte permette di gestire la sua macchina del terrore. Questo è stato grazie a una strana ambiguità e forse troppa indifferenza che il mondo ha avuto nei confronti dello Stato Islamico.
La loro vittoriosa entrata a Mosul non mirava alla liberazione di un territorio in specifico, in quanto loro non si muovano per amore della patria, né si fermano per instaurare giustizia e libertà. Si spostano per seminare morte e terrore e vanno alla conquista di pozzi di petrolio, di banche da rapinare e alla ricerca di giovani esaltati pronti ad essere arruolati.
L’impresa aveva sollevato il morale dei jihadisti ed esercitato un certo fascino su una parte della comunità islamica in tutto il mondo, ma aveva avuto presa soprattutto sui giovani musulmani. I nuovi estremisti agiscono incappucciati o con il volto coperto da un velo nero. Questo, che ricorda i passamontagna che usavano altre formazioni terroristiche nel passato, offre loro la facoltà di agire “liberamente” e con tanta crudeltà sapendo di non poter mai essere identificati. Il velo costituisce un paravento per gli insicuri e fa sì che il gruppo si senta unito nell’anonimato.

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A cosa mira l’Isis?

L’ideologia di ISIS mira al ritorno ai primi tempi dell’Islam, rifiutando le “innovazioni” più recenti nell’interpretazione della religione che sono ritenute responsabili della corruzione del suo spirito originario.
A dispetto della sua brutalità, lo Stato Islamico si è ben radicato tra la popolazione e difficilmente verrà rimosso dalle forze di sicurezza siriane e irachene. Ha rimpiazzato un governo corrotto con efficienti autorità controllate localmente, ma con la forza della spada; ha restaurato servizi, mentre acqua potabile e petrolio sono forniti in maniera adeguata.

Enrico Cocciulillo

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