Sarà vero che una festa senza crocchette è come una moto senza marmitta?
Che il punto di partenza sia uno spettacolo teatrale dello stesso Vincenzo Salemme qui impegnato davanti e dietro la macchina da presa è facilmente intuibile dal fatto che, tra Francesco Paolantoni coinvolto nei panni di un assessore superstizioso e il musicista James Senese in quelli di se stesso, l’azione si svolge quasi del tutto in un interno.
Il condominio di Napoli in cui vive l’ingenuo geometra e piccolo imprenditore edile protagonista (Salemme, appunto), per la precisione, dove fervono i preparativi per la festa del diciottesimo compleanno della figlia dalle fattezze della esordiente Mirea Stellato.
Festa per la quale la moglie incarnata da Sonia Aquino ha deciso di fare le cose in grande, senza badare a spese, tanto da relegare in cucina la vecchia domestica non ritenuta abbastanza esotica per un party così importante e da scritturare un cameriere indiano, ma, in realtà, di Pozzuoli.
Festa che, con il progressivo arrivo degli invitati, sembrerebbe pronta ad avere inizio, se non fosse per il fatto che dal piano di sotto, improvvisamente, giunge la inquilina zitella interpretata da Iaia Forte per comunicare che è appena venuto a mancare l’anziano padre con cui vive, ovvero il mai disprezzabile Nando Paone.
Notizia che rischia di mandare tutto all’aria, fornendo ulteriore benzina al motore comico di un insieme che, comunque, già nel corso della sua prima parte comincia ad offrire situazioni da ridere ricorrendo in particolar modo ai battibecchi tra Salemme ed un Massimiliano Gallo invadente aiutante del portiere dello stabile.
Mentre l’Andrea Di Maria di Prima di lunedì fa da nuovo fidanzato della festeggiata e figlio del sopra menzionato assessore e il televisivo Giovanni Cacioppo, invece, ricopre il ruolo di un sacerdote che arriva anche a sfoderare una frecciata nei confronti dei tempi d’azione del pronto soccorso italiano.
Frecciata che, come pure un’altra rivolta alla Chiesa, potrebbe testimoniare il contributo in fase di sceneggiatura Enrico Vanzina, da sempre attento ai più o meno criticabili aspetti politico-sociali dell’amato-odiato stivale del globo nei film diretti dal fratello Carlo.
Contributo cui si deve, probabilmente, anche l’inaspettato doppio finale dal sapore quasi monicelliano di Una festa esagerata, commedia infarcita di battute non sempre capaci di strappare risate, ma, nel complesso, veloce e simpatica nel costruirsi su doppi sensi, equivoci e incomprensioni verbali alla base dei diversi sketch che la compongono (tra i quali uno piuttosto divertente con due agenti della polizia municipale).
Francesco Lomuscio
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