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Recensione: Maria Maddalena, la vera storia della “apostola degli apostoli”

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Probabilmente sarete indotti dalla curiosità di vedere Maria Maddalena dopo che Dan Brown l’ha indicata come moglie di Gesù nel suo Il Codice da Vinci o, forse, vorrete sapere di più  sulla storia della famosa prostituta che lavò i piedi al Maestro. Bene, niente di più lontano, perché Maria Maddalena – per la prima volta oseremo dire – viene rappresentata sullo schermo come figura storica (storia che lascia ancora molti lati oscuri) realmente esistita e riconosciuta anche dalla stessa Chiesa Cattolica.
Curioso il fatto che, sull’onda del movimento femminile innescato dagli scandali di Hollywood, arrivi ora questa vicenda che riporta la figura della donna alla pari o, giustamente, al fianco dell’uomo (come il dipinto dell’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci) e che spazza via una errata interpretazione operata nel 591 da Papa Gregorio, il quale affermò che Maria di Magdala era una prostituta, giudizio erroneo rimasto fino ad oggi.
Giudizio corretto dalla Chiesa solamente nel 2016 per bocca di Papa Francesco, che  il 3 Giugno 2016 ha istituto la festa liturgica dedicata a Santa Maria Maddalena, elevandola al pari degli apostoli. Senza addentrarci troppo sulle distorsioni  storiche  di  questa figura, in realtà definita dallo stesso San Tommaso “apostola degli apostoli”, ritorniamo all’evento cinematografico, che, oltre a ridare giustizia e verità a Maria Maddalena, la prima che vide il Cristo risorto e ne annunciò il ritorno, ci fa porre quest’opera tra i migliori film appartenenti al filone biblico.

Alla sua seconda prova dopo Lion – La strada verso casa, ma già con una solida carriera pubblicitaria alle spalle, il giovane regista australiano Garth Davis dimostra che i numerosi premi vinti o ai quali è stato candidato sono di pura stoffa e, certamente, ne sentiremo parlare ancora in futuro.

Si accosta al genere evitando i soliti cliché: niente Ponzio Pilato, poche scene sulla crocifissione, ma, in realtà, sequenze molto più potenti ed evocative come quelle della resurrezione di Lazzaro e della cacciata dei mercanti dal tempio, tutte viste con gli occhi di Maria Maddalena.
La fotografia di Greig Fraser ci mostra una Palestina e una Gerusalemme vere, senza i colori forzati del technicolor che ancora accompagnano vicino alla Pasqua il ciclo dei film biblici in tv.

Rispetto a Martin Scorsese (L’ultima Tentazione di Cristo), o Mel Gibson (La passione di Cristo), il regista riesce ad essere  decisamente più incisivo, compiendo quello potremmo davvero definire un piccolo miracolo, ovvero mostrarci e parlarci del vero messaggio di Gesù senza nessun eccesso. Un Gesù interpretato da un Joaquin Phoenix  anagraficamente più grande del trentratreenne Maestro, ma in grado di trasmettere appieno la forza del suo messaggio e, al tempo stesso, controbilanciato da un sempre più sorprendente Rooney Mara, capace di comunicare con la propria bellezza (e non solo) tutto l’amore insito nei suoi insegnamenti.

Tahar Rahim, che troviamo nel ruolo di Giuda, ci offre, forse, lo sguardo più vero sul “traditore” per eccellenza, un rivoluzionario che crede in Gesù come liberatore degli oppressi, che travisa il suo messaggio d’amore, ma crede che, facendolo catturare, si possa innescare la rivolta nell’antica Palestina (cosa che poi accadrà puntualmente in seguito) .
Mentre, nel ruolo di Pietro, Chiwetel Ejifort ci restituisce il fondatore della Chiesa cattolica, come il colore della sua pelle, in un modo davvero differente, più efficace e veritiero.

Per quelli che si aspettavano una rivelazione alla Dan Brown per la prima Apostola di Gesù, in realtà, il film offre molto di più, in quanto si attiene in modo scrupoloso alle numerose verità storiche, e, per  chi vorrà prendersi la briga di leggere i numerosi vangeli e gli scritti agnostici e apocrifi, scoprirà come la sceneggiatrice Philippa Goslett sia riuscita nel compito di  riportare la storia come ci è stata tramandata, pur mantenendo il giusto taglio cinematografico.

Quindi, il grande pubblico ha ancora una volta bisogno dell’intervento didascalico di Hollywood per venire finalmente a sapere che la storia che ci avevano raccontato a catechismo era diversa: Maria Maddalena non è mai stata una prostituta, anzi, è stata  una delle più attive messaggere degli insegnamenti di Gesù, la prima che lo ha visto risorto e lo ha annunciato ai suoi apostoli e, poi, al mondo.

Ridare la centralità alla figura della donna in questo momento storico, oltretutto riferito alla religione cattolica che ha fatto del suo potere maschile, fino ad oggi, un dogma, è davvero lodevole. E pensare che, prendendo il nome proprio da Santa Maria Maddalena, che la tradizione voleva peccatrice e poi penitente dopo essersi convertita con l’aiuto di Gesù, nel corso della storia furono istituite le Case Magdalene (in particolare in Inghilterra ed Irlanda nel XIX secolo) con lo scopo di riabilitare le donne considerate immorali e che furono, in realtà, sfruttate e vessate.

Insomma, se il già citato Gibson si era preso il merito di aver fatto “risorgere” il biblico in fotogrammi, Davis lo riporta sul giusto binario della storia ad un livello superiore.
Che siate credenti o no, cattolici  o di altra fede, il messaggio di Maria Maddalena è molto semplice: “il regno o qualsiasi prospettiva in cui crediamo deve iniziare dentro noi stessi. Il nostro spirito deve poggiarsi su pilastri come l’amore e la gentilezza”.
Un messaggio a dir poco rivoluzionario per l’umanità che, ancora oggi, combatte e uccide nel nome di Dio.

 

Roberto Leofrigio

 

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