La normalità è una farsa?
Sarà vero che i superuomini non sono altro che uno specchietto per le allodole?
In che modo noi siamo in rapporto con noi stessi?
Attore dalla carriera trentennale (a neppure tredici anni ha debuttato nel 1980 sul set di Voltati Eugenio di Luigi Comencini), prova a risponderci il romano Francesco Bonelli tramite Anche senza di te, sua seconda prova dietro la macchina da presa dopo lo sconosciuto Radio Cortile, del 2016, ma prima a livello industriale nazionale e internazionale.
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Il Francesco Bonelli che si ritaglia anche il piccolo ruolo di un agente cinematografico impegnato a sfoderare un esilarante descrizione del proprio mestiere e del rapporto con gli attori nel corso della oltre ora e quaranta di visione; al cui centro troviamo una giovane insegnante precaria dalle fattezze di Myriam Catania che, lasciata ad un passo dalle nozze da un medico in carriera incarnato da Matteo Branciamore, comincia a soffrire di autofobia, disturbo collegato alla preoccupazione di non essere amati e al timore di essere abbandonati.
Una situazione che la porta progressivamente a capire come creare un nuovo rapporto con se stessa e con gli altri insegnando ai bambini un sistema educativo basato sull’alfabetizzazione emotiva, appoggiata da un collega vedovo cui concede anima e corpo Nicolas Vaporidis, convivente con l’ex suocero, ovvero il Pietro De Silva de La vita è bella.
E, man mano che troviamo in scena anche il bravo Raffaele Vannoli nei panni di un bidello e che appare evidente alla protagonista la maniera in cui tutti, nella società, vivono il disagio di non essere quasi mai se stessi nelle relazioni e nelle scelte più importanti, non poche sono le tematiche tirate in ballo, dall’emancipazione femminile alla malasanità, passando per il nepotismo sui posti di lavoro e la fuga dei cervelli.
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Ma, senza dimenticare neppure il bullismo e la violenza da parte degli adulti sui bambini, la falla dell’intera operazione risiede proprio nella buona volontà di fornire in fotogrammi non poche denunce nei confronti delle molte brutture del quotidiano vivere d’inizio XXI secolo.
Perché, filtrate attraverso un titolo che, a cominciare dalla locandina, viene palesemente proposto in qualità di leggera commedia romantica, finiscono soltanto per conferirgli un tono poco distante da quello serioso di un film drammatico (e, giusto per aggiungere ancor più carne al fuoco, c’è anche l’immancabile coppia femminile gay, con tanto di figlia).
Non a caso, al di là della divertente parentesi che coinvolge l’artista marziale Alessio Sakara nella parte di un divo del porno in crisi e in cerca di un’identità artistica, non si ride praticamente mai e, tra recitazione che lascia in molti casi a desiderare e fiacchezza narrativa imperante, l’unica cosa che rimane da fare è ascoltare nel finale la sempreverde Il mondo di Jimmy Fontana, riletta da Mietta.
Francesco Lomuscio
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