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SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZO AUTUNNO: HALLOWEEN IN REGGIA 2017.

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QUA LA PHOTOGALLERY DELLA SERATA

Halloween: una festa criticata, discussa, mal compresa, ingiustamente denigrata da chi non ne conosce origine e significato, è ormai diventata una delle nostre occasioni di divertimento, di vita e di aggregazione. Un vero e proprio inno alla vita, nel mezzo della notte più particolare dell’anno, fin più di quella di Capodanno per il suo profondo valore tradizionale, simbolico ed anche esoterico.

Ma cos’è Halloween?

In effetti, un minimo di infarinatura ci vuole: alla fine si deve sapere che cosa si sta festeggiando e perchè, senza accontentarsi di andare solo “a scassarsi”.

Però, prima di tirare giù tutto il mio solito spiegone culturale, parto con la cronistoria dell’evento a cui ho partecipato: Halloween in Reggia, una magnifica serata nell’incantevole cornice della Reggia di Venaria organizzata dalla prestigiosa organizzazione Prince Experience e sponsorizzata Martini, che replica il successo dello scorso anno, sempre nella stessa esclusiva location.

Indeciso su come vestirmi, data la regola di dresscode dettata dalla Prince Experience: “vestiti come un personaggio, reale o no, esistente o esistito”, opto per una tenuta comoda e poco impegnativa.

Il poco impegnativo, buono per tutto e disinvolto Negan di The Walking Dead.

Alla fine, con tutti gli zombie che ci saranno, una controparte ci andrà, no? E quindi, giù di sciarpa rossa, giubbotto in pelle e anfibi. Sostituisco la mazza da baseball con la reflex, salgo in auto e mi avvio verso la Reggia.

Il navigatore, che si ostina a parlarmi in russo, mi porta praticamente fino all’ingresso.

Entro, e vengo immediatamente fermato da due Carabinieri ed una guardia privata, che con ferma gentilezza si assicurano che io non abbia nulla di vietato addosso: niente spray al peperoncino, lame o armi da fuoco, bottiglie, lattine, corpi contundenti e simili. Mi controllano il tesserino, e solo dopo mi concedono di entrare. Ottimo inizio; la sicurezza è reale e professionale, come è giusto che sia.

Mi inoltro nei corridoi verso la sala principale, passando per il guardaroba a depositare lo zaino. Una gentilissima hostess me lo mette da parte ma a portata di mano, in modo da poterlo raggiungere per il cambio obbiettivo, dimostrando competenza e sensibilità.

Arrivo al check-in, do il nome e ricevo il timbro d’obbligo sulla mano. Ho giusto il tempo di guardarmi attorno, per vedere come si siano organizzate le cassiere: e l’impressione è più che positiva. Un tavolo diviso per tipologie di ingresso, con liste separate, piantonato da un addetto alla sicurezza, e cassiere che fanno defluire la coda senza problemi.

Passato un ulteriore controllo da parte di un altro addetto, che mi squadra velocemente e si assicura che abbia il timbro, proseguo verso la sala principale.

Figure dell’immaginario horror di ogni tempo iniziano a riempire i corridoi della Reggia, perfettamente a tono con l’ambiente. Mi rendo conto subito di una cosa: che il livello delle persone presenti è decisamente più elevato rispetto alla media di tanti eventi analoghi.

Ottimo.

Entro nella sala principale, la cosiddetta Galleria Grande (detta anche di Diana), in cui si terrà la festa vera e propria, dopo essere passato davanti ad un set fotografico allestito dai colleghi di un’altra agenzia e a quello dello sponsor Martini, le cui hostess hanno già iniziato a fotografare gli invitati. Nelle stanze laterali il servizio di trucco last minute lavora senza sosta, per trasformare gli invitati in zombie, streghe, vampiri, creature della notte e personaggi di fantasia. Riesco a dare un veloce sguardo mentre passo, senza disturbare, e vedo un livello di lavoro decisamente elevato, che non risente delle tempistiche strette.

Al fondo è stato montato il palco, su cui si esibiranno gli artisti per lo spettacolo successivo: DJ SET by Felix e Live Sax Show by Francesco De Cesare, con il Live della SmashUp Band.

Viene il momento di unire l’utile al dilettevole, e mi dirigo verso il buffet, che dalle 20 alle 22.30 riempie lo stomaco degli invitati con portate di ottima qualità e quantità. Subito dopo vado verso uno dei banconi bar, rigorosamente Martini, gestiti da baristi capaci e cortesi, in costume anche loro, dove ricevo un cocktail degno di questo nome.

Nel mentre anche la Peyrano fa la sua parte, facendo conoscere i suoi gianduiotti “Nuova formula”.

Finito di mangiare, inizio a lavorare. Parto con qualche foto di prova, poi tiro fuori il drone per fare qualche ripresa dall’alto. Piccola delusione: il trecentino mi si mette in sciopero, mi dice “scusa ma non ce la faccio” e si rifiuta testardamente di partire. Capisco subito perchè lo fa: il volume della musica confonde i suoi sensori di quota, mandandolo in modalità di sicurezza. Niente mantenimento di quota, niente volo. Pazienza. Lo rimetto via ed inizio le foto a terra.

Il giro fotografico si svolge senza intoppi ed in modo fluido. La prima impressione avuta sugli invitati si riconferma da due importanti dettagli, che spesso mancano agli eventi.

La gentilezza e la cooperazione.

Non trovo uno di numero che mi apostrofi in modo arrogante, come se io fossi il suo servo solo perchè ho una reflex al collo: tutti, e dico tutti, mi chiedono la foto con gentilezza, con quel “per favore” che fa la reale differenza e denota il rispetto per il lavoro altrui.

Non uno che mi chiami fischiando, o che mi urli “aoooh, e facce sta foto”.

E dopo, il “grazie e buon lavoro” è la norma.

Inoltre, nei momenti di maggior ressa, quando ho due o più gruppi da fotografare, viene spontaneo fare una sorta di coda: ho solo da far notare che c’è qualcuno prima, ed il gruppo successivo aspetta quel minuto scarso senza discutere o recriminare.

Un’altra bella dimostrazione di rispetto me la danno quando ho bisogno di spazio: anche nel mezzo della sala, se ho bisogno di spazio la folla si apre, lasciandomi fotografare le persone del momento e stando a lato senza passarmi davanti, tranne qualcuno che se ne accorge e mi chiede scusa.

Non capita sempre.

I costumi degli invitati sono veramente belli, curati e originali, passando dalle varie tipologie di muerte mexicana ai due personaggi più famosi del momento: Trump e Kim Jong-Un.

Esco a prendere una boccata d’aria e cominciare a smaltire le foto. Diverse persone sono fuori, a rilassarsi e fumare. Sento solo odore di sigaretta, non di marjuana. Anche questo piccolo dettaglio mi riconferma il livello generale degli invitati.

Rientro per il giro successivo, passo dietro il palco ed inizio a fare qualche foto di backstage, ricevendo un’accoglienza gentile e disponibile da parte degli addetti, intenti al loro lavoro. I bodyguard mi osservano e non interferiscono, vedendo che io passo come un fantasma senza ingombrare o disturbare.

Diverse volte nell’arco della serata ho anche l’occasione di parlare con loro, trovandoli sempre disponibili e gentili, senza mai allentare la vigilanza. Presente anche un nucleo sanitario dei Giovanniti, in caso di eventuali problemi.

Finisco il giro di foto, e mi posso rilassare, chiacchierando con ragazze fini ed educate, ragazzi simpatici e personale di sala cortese.

Nel mentre la serata trascorre a suon di musica, fino alla trionfale chiusura sulle note del satrapo della dance: l’immortale Gigi d’Agostino. Alle prime note di “L’amour tojour” il pubblico risponde all’unisono, facendo risuonare le volte della Galleria di voci e voglia di divertirsi.

La serata finisce, ed esco per ultimo, salutando il personale e ringraziando per l’accoglienza ricevuta. L’evento è finito: dovrò aspettare un anno, ma nel mentre mi porterò dietro i ricordi di qualcosa di particolare ed esclusivo, quale è stato l’Halloween in Reggia 2017.

I miei più sentiti ringraziamenti vanno alla Prince Experience per l’accoglienza e la disponibilità, in attesa dell’evento del 2018.

E qua parte tutta la spiegazione storica, a cura della mia amica Pamela Antili, che gentilmente mi ha concesso di fare il copiaincolla del suo articolo, levandomi un mucchio di lavoro… sì, sono pigro.

Pertanto, tutti i crediti sulla parte sottostante vanno a lei, assieme ai miei ringraziamenti.

SAMHAIN , la vera storia di Halloween

Scopriamo insieme le origini celtiche della festa di Halloween, meglio conosciuta con il nome di Samhain dalle origini antichissime rintracciabili proprio in Irlanda. Forse non tutti sanno che la festa di Halloween non nasce in America ma ha origini antichissime rintracciabili in Irlanda, quando la verde Erin era dominata dai Celti. Halloween corrisponde infatti a Samhain, il capodanno celtico. Dall’Irlanda, la tradizione è stata poi esportata negli Stati Uniti dagli emigranti, che, spinti dalla terribile carestia dell’800, si diressero numerosi nella nuova terra. Ma affrontiamo insieme nel dettaglio il viaggio dall’Irlanda dei Celti fino ai giorni nostri, osservando cosa è successo e come, attraverso i secoli, sono cambiate le cose. Samhain, la vera storia di Halloween: etimologia del nome, I Celti e i festeggiamenti di Samhain, L’avvento del Cristianesimo. Dall’Irlanda agli Stati Uniti Halloween: etimologia del nome Il nome Halloween (in irlandese Hallow E’en), deriva dalla forma contratta di All Hallows’ Eve, dove Hallow è la parola arcaica inglese che significa Santo: la vigilia di tutti i Santi, quindi. Ognissanti, invece, in inglese è All Hallows’ Day. L’importanza che, tuttavia, viene data alla vigilia si deduce dal valore della cosmologia celtica: questa concezione del tempo, seppur soltanto formalmente e linguisticamente parlando, è molto presente nei paesi anglofoni, in cui diverse feste sono accompagnate dalla parole “Eve”, tra cui la stessa notte di Capodanno, “New Year’s Eve”, o la notte di Natale “Christmas Eve”. I Celti e i festeggiamenti di Samhain: I Celti erano prevalentemente un popolo di pastori, a differenza di altre culture europee, come quelle del bacino del Mediterraneo. I ritmi della loro vita erano, dunque, scanditi dai tempi che l’allevamento del bestiame imponeva, tempi diversi da quelli dei campi. Alla fine della stagione estiva, i pastori riportavano a valle le loro greggi, per prepararsi all’arrivo dell’inverno e all’inizio del nuovo anno. Per i Celti, infatti, l’anno nuovo non cominciava il 1° gennaio come per noi oggi, bensì il 1° novembre, quando terminava ufficialmente la stagione calda ed iniziava la stagione delle tenebre e del freddo, il tempo in cui ci si chiudeva in casa per molti mesi, riparandosi dal freddo, costruendo utensili e trascorrendo le serate a raccontare storie e leggende. Il passaggio dall’estate all’inverno e dal vecchio al nuovo anno veniva celebrato con lunghi festeggiamenti, lo Samhain (pronunciato sow-in, dove sow fa rima con cow), che deriverebbe dal gaelico samhuinn e significa “summer’s end”,” fine dell’estate”. In Irlanda la festa era nota come Samhein, o La Samon, la festa del Sole, ma il concetto è lo stesso. In quel periodo dell’anno i frutti dei campi (che pur non essendo la principale attività dei celti, venivano comunque coltivati) erano assicurati, il bestiame era stato ben nutrito dell’aria fresca e dei pascoli dei monti e le scorte per l’inverno erano state preparate. La comunità, quindi, poteva riposarsi e ringraziare gli Dei per la loro generosità. Ciò avveniva tramite lo Samhain, che, inoltre, serviva ad esorcizzare l’arrivo dell’inverno e dei suoi pericoli, unendo e rafforzando la comunità grazie ad un rito di passaggio che propiziasse la benevolenza delle divinità. L’importanza che la popolazione celta attribuiva a Samhain risiede nella loro concezione del tempo, visto come un cerchio suddiviso in cicli: il termine di ogni ciclo era considerato molto importante e carico di magia. Insieme a Samhain (31 ottobre, appunto) si festeggiavano Lughnasadh (1 agosto), Beltane (30 aprile o 1 maggio), Imbolc (1-2 febbraio), Yule (21 dicembre), Ostara (21 marzo), Litha (21 giugno) e Mabon (21 settembre). L’avvento del Cristianesimo non ha del tutto cancellato queste festività, ma in molti casi si è sovrapposto ad esse conferendo loro contenuti e significati diversi da quelli originari. La morte era il tema principale della festa, in sintonia con ciò che stava avvenendo in natura: durante la stagione invernale la vita sembra tacere, mentre in realtà si rinnova sottoterra, dove tradizionalmente, tra l’altro, riposano i morti. Da qui è comprensibile l’accostamento dello Samhain al culto dei morti. I Celti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, cioè il 31 ottobre, Samhain chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti, che vivevano in una landa di eterna giovinezza e felicità chiamata Tir nan Oge, e che le forze degli spiriti potessero unirsi al mondo dei viventi, provocando in questo modo il dissolvimento temporaneo delle leggi del tempo e dello spazio e facendo sì che l’aldilà si fondesse con il mondo dei vivi e permettendo agli spiriti erranti di vagare indisturbati sulla Terra. Samhain era, dunque, una celebrazione che univa la paura della morte e degli spiriti all’allegria dei festeggiamenti per la fine del vecchio anno. In Irlanda si diffuse l’usanza di accendere torce e fiaccole fuori dagli usci e di lasciare cibo e latte per le anime dei defunti che avrebbero reso visita ai propri familiari, affinché potessero rifocillarsi e decidessero di non fare scherzi ai viventi. L’avvento del Cristianesimo Attraverso le conquiste romane, Cristiani e Celti vennero a contatto:L’evangelizzazione delle Isole Britanniche portò con sé un nuovo concetto della vita, molto distante da quello celtico e durante tale periodo la Chiesa tentò di sradicare i culti pagani, ma non sempre vi riuscì. Halloween non fu completamente cancellata, ma fu in qualche modo cristianizzata, tramite l’istituzione del giorno di Ognissanti il 1° Novembre e, in seguito, della commemorazione dei defunti il 2 Novembre. Fu Odilone di Cluny, nel 998 d.C., a dare l’avvio a quella che sarebbe stata una nuova e longeva tradizione delle società occidentali. Allora egli diede disposizione affinché i monasteri dipendenti dall’abbazia celebrassero il rito dei defunti a partire dal vespro del 1° Novembre. Il giorno seguente era invece disposto che fosse commemorato con un’Eucarestia offerta al Signore, pro requie omnium defunctorum. Un’usanza che si diffuse ben presto in tutta l’Europa cristiana, per giungere a Roma più tardi. La Festa di Ognissanti, infatti, fu celebrata per la prima volta a Roma il 13 Maggio del 609 d.C., in occasione della consacrazione del Pantheon alla Vergine Maria. Successivamente, Papa Gregorio III stabilì che la Festa di Ognissanti fosse celebrata non più il 13 Maggio, bensì il 1° Novembre, come avveniva già da tempo in Francia. Fu circa nel IX secolo d.C. che la Festa di Ognissanti venne ufficialmente istituzionalizzata e quindi estesa a tutta la Chiesa, per opera di Papa Gregorio IV. Fanno eccezione i cristiani Ortodossi, che coerentemente con le prime celebrazioni, ancora oggi festeggiano Ognissanti in primavera, la Domenica successiva alla Pentecoste. L’influenza del culto di Samhain non fu, tuttavia, sradicata e per questo motivo la Chiesa aggiunse, nel X secolo, una nuova festa: il 2 Novembre, Giorno dei Morti, dedicato alla memoria delle anime degli scomparsi. Dall’Irlanda agli Stati Uniti Verso la metà del XIX secolo, l’Irlanda fu investita da una terribile carestia, ancor oggi ricordata con grande partecipazione dagli irlandesi. In quel periodo per sfuggire alla povertà, molte persone decisero di abbandonare l’isola e di tentar fortuna negli Stati Uniti, dove crearono, come molte altre nazionalità, una forte comunità. All’interno di essa venivano mantenute vive le tradizioni ed i costumi della loro patria, e tra di essi il 31 Ottobre veniva celebrato Halloween. Ben presto, questa usanza si diffuse in tutto il popolo americano, diventando quasi una festa nazionale. Più recentemente, gli Stati Uniti grazie al cinema ed alla televisione hanno esportato in tutto il mondo i festeggiamenti di Halloween, contagiando anche quella parte dell’Europa che ne era rimasta estranea. In moltissimi film e telefilm spesso appaiono la famosa zucca ed i bambini mascherati che bussano alle porte. E molti, infine, sono i libri ed i racconti horror che prendono Halloween come sfondo o come spunto delle loro trame. Negli Stati Uniti Halloween ha perso i suoi significati religiosi e rituali, ed è diventata un’occasione per divertirsi e organizzare costosi e allegri festeggiamenti. Pare che ogni anno gli Americani spendano due milioni e mezzo di dollari in costumi, addobbi e feste per il 31 ottobre.

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