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Recensione: Saw Legacy, enigmista parte 8

Non potete sfuggire alla verità.

A differenza di quanto lasciato immaginare dall’epilogo del Saw 3D (2010) che, diretto da Kevin Greutert, è stato poi distribuito in home video con il titolo Saw – Il capitolo finale, non ripartiamo dalla figura del dottor Gordon protagonista del capostipite Saw – L’enigmista (2004) di James Wan, ma iniziamo con un tizio inseguito dalla polizia e dal quale sembra prendere il via il nuovo perverso gioco condotto dal sadico enigmista John Kramer detto Jigsaw.

Perverso gioco che, a cominciare da un temibile sistema fornito di lame rotanti pronte a squarciare la carne, coinvolge stavolta cinque individui destinati presto a rimanere in quattro ed a lasciar emergere i propri scheletri nell’armadio dinanzi alle dure prove cui vengono sottoposti, tra siringhe cariche di mortale veleno e polpacci pronti ad essere tranciati in pezzi.

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Mentre, parallelamente alla loro tragica lotta per la sopravvivenza, sono le indagini portate avanti sia dal detective Halloran alias Callum Keith Rennie che dal medico Logan e dalla sua assistente Eleanor – interpretati da Matt Passmore e Hannah Emily Anderson – a caratterizzare lo sviluppo narrativo dell’ottavo massacro in fotogrammi portato avanti dal boogeyman dalle fattezze di Tobin Bell.

Una scelta che, tra cadaveri in aumento e progressiva emersione di indizi, a causa dell’abbondanza di situazioni ambientate in esterno finisce, però, per ridurre al minimo la forte sensazione di claustrofobia trasmessa bene o male da tutti i precedenti tasselli della saga, rendendo oltretutto i novantadue minuti di visione più vicini al thriller d’impronta poliziesca che a quello in salsa horror.

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Tanto più che, nonostante il coinvolgimento di un sistema di bisturi laser e dello Spiralizer, assurdo dispositivo coniforme ispirato allo strumento da cucina usato per tagliare le verdure in fette arricciate, le sequenze di morte vengono inscenate dai due registi Michael e Peter Spierig – autori, tra l’altro, dello zombie movie Undead (2003) e di Daybreakers – L’ultimo vampiro (2009) – generando una tensione minima e facendo quasi a meno degli eccessi splatter che hanno provveduto – insieme a Hostel (2005) di Eli Roth – a trasformare la serie nella apripista del tanto gettonato filone del torture porn, il cui punto di forza sono sofferti e raccapriccianti omicidi graficamente descritti in ogni dettaglio.

Con la risultante di un Saw legacy decisamente inferiore rispetto ai suoi predecessori… sebbene si lasci tranquillamente guardare e, nel porre lo spettatore in attesa di scoprire chi sia l’erede del defunto Kramer, riserva almeno un inaspettato risvolto conclusivo che riesce nell’impresa di riscattare buona parte dell’intera operazione.

Francesco Lomuscio

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