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Recensione: Non c’è campo, scusa ma ti chiamo offline

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Cosa accade se un gruppo di ragazzi d’inizio terzo millennio si ritrovano improvvisamente impossibilitati a comunicare tramite i propri smartphone e tablet?

A quattro anni da Universitari – Molto più che amici (2013), che già lasciava intuire una certa influenza dal teen cult The Breakfast club (1985), ce lo racconta attraverso la sua sesta fatica registica per il grande schermo lo scrittore Federico Moccia, il quale sembra anche stavolta guardare alla pellicola diretta dal compianto John Hughes, sostituendone, però, la tipologia di ideale isolamento da “prigionia”.

Infatti, non abbiamo un luogo chiuso a rappresentare ciò che impedisce la comunicazione con il mondo esterno, bensì un piccolo e sperduto paese salentino dove, ospiti di un artista di fama internazionale dalle fattezze di Corrado Fortuna, approdano in visita culturale di una settimana gli alunni di una professoressa interpretata da Vanessa Incontrada, affiancata da una collega con il volto di Claudia Potenza.

Collega impegnata a preparare una relazione per una cattedra di lettere a Boston e che, di conseguenza, come anche i liceali finisce per ritrovarsi non poco disagiata dal momento in cui apprende che il posto sia del tutto privo di campo, impedendo di utilizzare qualsiasi moderno strumento per contattare parenti e sfruttare le potenzialità del web.

Una situazione che, con il sempre lodevole Gianmarco Tognazzi a fare da marito della citata Incontrada rimasto a casa insieme alla figlia incarnata dalla Eleonora Gaggero della serie tv Alex & co. (2015), l’autore di Scusa ma ti chiamo amore (2008) anticipa ponendo in risalto già nel corso dei primi minuti di visione la frenetica vita da XXI secolo tempestata di conversazioni multimediali e feste fracassone in discoteca; per poi mostrare la maniera in cui la gioventù odierna – qui rappresentata, tra gli altri, dalla Beatrice Arnera di Addio fottuti musi verdi (2017) e dalla Caterina Biasiol di Slam: Tutto per una ragazza (2016) – si senta totalmente persa se privata della possibilità di parlare tramite messaggi e chat.

E, man mano che entra in scena anche la Neva Leoni di Miami beach (2016) e che la sequenza in cui Mirko Trovato traduce a modo suo i discorsi di un’anziana locale sembra omaggiarne involontariamente una analoga vista ne I Goonies (1985) di Richard Donner, appare evidente l’intenzione di fornire un inno al romanticismo in fotogrammi – con tanto di juke box e serenata – nel ribadire da un lato quanto freddo possa essere un marchingegno abusatissimo come il telefono, dall’altro che bisogna guardare negli occhi le persone quando vi si intrattiene un discorso.

Quindi, poco importa se le prove sfoderate dal cast non sempre risultano convincenti e se l’intreccio a base di corteggiamenti, tradimenti e segreti rischia a tratti di rivelare una debolezza di narrazione che lo rende forse più adatto ai ritmi televisivi con interruzioni pubblicitarie annesse; perché, tra una Elodie che sfoggia il suo nuovo singolo Semplice e uno script – a firma dello stesso Moccia insieme a Chiara Bertini e Francesca Cucci – capace di riservare anche qualche risvolto inaspettato, l’importante, pur senza grossi entusiasmi, è uscire dalla sala consapevoli di aver appreso da un lato che il tempo è un valore, dall’altro che viviamo in un’epoca di profili tanto pubblicamente esposti quanto ricchi di verità nascoste… fino ad un’ultima risata strappata dalla frase conclusiva.

Francesco Lomuscio

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