Cari lettori, oggi la vostra Claudia Conte intervisterà per voi uno dei più importanti drammaturghi e registi del teatro contemporaneo, Luca De Bei, reduce dal successo di Tempeste Solari, spettacolo da lui scritto e diretto in scena nello storico Teatro Eliseo.
Luca De Bei nasce a Padova da padre veneto e madre italoamericana. Cresce a Napoli. Si diploma alla scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova. Come autore e regista debutta nel 1990 a New York con Buio interno a Off Broadway. Nel 2001 vince il Premio Flaiano e nel 2002 il Premio Europeo per la Drammaturgia del Festival di Heidelberg. Per “Le mattine dieci alle quattro” si aggiudica il Premio Le Maschere del Teatro italiano 2011 come miglior novità italiana e il Premio Golden Graal per la regia nel 2010. I suoi testi sono pubblicati in Germania dalla Drei Masken Verlag di Monaco. È anche sceneggiatore cinematografico e televisivo.
Luca, sono passati venticinque anni dal tuo primo debutto come autore e regista, quali sono stati gli step fondamentali nell’arco di una carriera piena di gratificazioni e successi?
Gli step si sono avvicendati tra recitazione, scrittura e regia: ognuna di queste attività ha nutrito l’altra. Tutto è servito: i successi ma anche gli errori, perché da tutto si impara. Mi sono servite moltissimo anche le esperienze all’estero soprattutto New York e Bruxelles.
I cast dei tuoi spettacoli sono di solito sempre azzeccati, qual e’ il tuo metodo nella scelta e nella direzione degli attori?
Mi piace in genere lavorare con attori con cui ho già lavorato, perché so dove possono arrivare e come devo comportarmi con loro. Fare il regista è anche un po’ essere un padre, uno psicologo, un amico, un amante… insomma, si riesce meglio in tutti questi aspetti se si conosce bene il soggetto. Ovviamente non sempre mi è possibile chiamare attori con cui ho già lavorato, ma detesto fare i provini. Preferisco piuttosto vedere gli attori in altri spettacoli. Sulla direzione il mio metodo è semplice: lavoro sui pensieri dei personaggi, sulle loro reali azioni drammatiche, sulla verità dei sentimenti. Questo è quello che mi piace e mi interessa.
A detta della critica e del pubblico sei anche un attore che riesce a trasmettere grandi emozioni, qual è il personaggio che hai amato di più e perché?
Ne ho amati molti. Dal disperato e struggente Moritz del “Risveglio di Primavera” di Wedewkind (diretto da Elio De Capitani), alla misteriosa e folle Anna de “Le cinque rose di Jennifer” di Annibale Ruccello (diretto da Enrico Lamanna) all’ultimo: il padre di famiglia che ama le donne ma vuole essere egli stesso una donna, in “Il Grande Mago” di Vittorio Moroni (diretto da Giuseppe Marini). Sono tre personaggi estremi, densi e strazianti. Questo è quello che mi piace: la passione, la follia e i territori inesplorati.
Come e quando nasce Tempeste Solari? Ti saresti aspettato un tale successo?
Tempeste Solari nasce dall’isteria collettiva del 2012 quando in molti profetizzavano la fine del mondo, travisando completamente il messaggio esoterico legato a quell’evento. La banalizzazione è sempre spaventosa e sentivo che tutto ciò poteva essere materiale per un nuovo testo. Un macrocosmo e un microcosmo che combaciassero, una tempesta di sentimenti all’interno di una famiglia, con un’incombente e paurosa minaccia sulle loro teste. No, devo dire che non mi aspettavo un tale successo, sia di critica che di pubblico, ma lo speravo. Sapevo che il testo avrebbe “parlato” al pubblico, e potevo contare su sei attori straordinari e sui miei storici collaboratori per scene, costumi, luci e musiche e su un produttore entusiasta come Luca Barbareschi. Ma si sa come vanno le cose: non bastano buoni ingredienti per far riuscire una ricetta. Se manca quel “quid” tutto può sgonfiarsi. Qui, per fortuna tutto invece è andato bene.
Ci puoi dare qualche anticipazione sul tuo prossimo progetto?
Ora metterò in scena un monologo per Margherita di Rauso, un’attrice che amo molto e che ho già diretto in “Week End” di Annibale Ruccello, Si tratta di “Louise Bourgeois: falli, ragni e ghigliottine” ispirato alle opere e alla vita della famosa scultrice. Poi farò uno spettacolo con Federica Bern, un’altra delle “mie” attrici e tratto dal poemetto di Shakespeare “Il ratto di Lucrezia”. E poi, la stagione prossima, un nuovo progetto con Maria Paiato altra mia musa ispiratrice (per lei scrissi “Un cuore semplice” tratto da Flaubert): si tratta di un adattamento da “Giro di vite” di Henry James.
Per diversi anni ti sei dedicato anche alla scrittura di sceneggiature televisive. Il tuo rapporto con il cinema e la televisione?
Con il cinema, per cui ho scritto svariati film (ma di questi purtroppo solo due sono stati girati e distribuiti), ho un rapporto di grandissimo amore, ma un amore tormentato e non sempre corrisposto. Dovrei forse dedicargli più tempo ed energie ma i tempi così lunghi del cinema (dal momento in cui parti con lo scrivere un soggetto al momento in cui il film esce nelle sale passano svariati anni) alla fine mi ha un po’ smontato e parecchio disilluso. Con la televisione invece ho sempre avuto un rapporto artigianale: scrivo quello che mi chiedono senza farmi troppe domande perché lo considero un lavoro e basta. Insomma, un lavoro che mi permette di guadagnare, ma senza velleità autoriali: in Italia la televisione non è purtroppo luogo dove poter fare “arte”.
Grazie Luca per il privilegio di aver potuto, attraverso la tua viva voce, conoscere meglio la tua brillante carriera.
Grazie a te Claudia!
Claudia Conte
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