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Addio al grande regista George Romero, padre degli zombi moderni

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E’ morto il grande George Romero, regista de La notte dei morti viventi, Zombi e Creepshow, e padre dei moderni zombi cinematografici, ispiratore di The Walking Dead e di migliaia di film del genere.

Dopo Wes Craven nel 2015 e Herschell Gordon Lewis nel 2016, in questo 2017 se ne va un altro grande regista del cinema horror mondiale, George Romero. Il papà degli zombi movie moderni, filone inaugurato nel 1968 con La notte dei morti viventi, si è spento all’età di 77 anni. Il suo produttore storico, Peter Grunwald, in accordo con la famiglia del regista, ha dichiarato al Los Angeles Times che Romero si è spento domenica nel sonno «dopo una breve ma aggressiva battaglia con un cancro ai polmoni». Stava ascoltando la sua colonna sonora preferita, quella di Un uomo tranquillo (film di John Ford del 1952) ed aveva al suo fianco la moglie Suzanne Desrocher Romero e la figlia Tina.

George A. Romero, di padre cubano e madre statunitense di origini lituane, nasce e cresce a New York City per poi frequentare la Carnegie Mellon University di Pittsburgh (Pennsylvania). Dopo il diploma gira pubblicità e cortometraggi in 8 mm, come il suo primo The man from the meteor. A fine anni ’60 con alcuni amici riesce a racimolare circa 11 mila dollari e, con l’idea di girare un filmetto commerciale e sanguinolento, realizza quello che diventerà un autentico cult dell’horror mondiale: La notte dei morti viventi (1968). Scritto insieme a John A. Russo, il film diventerà il primo di una lunga saga diretta dallo stesso Romero e il capostipite degli zombi movie moderni, fissando solidi paletti che diventeranno gli autentici codici del filone: gli zombi che si muovono lentamente, che sono cannibali, che con il loro morso contagiano i viventi che si trasformano a loro volta, che (ri)muoiono solo se colpiti in testa altrimenti continuano a rialzarsi. Con un budget finale di 114 mila dollari e un incasso mondiale di 30 milioni, nel decennio successivo la critica scorgerà nel film una sorta di critica sociale alla guerra del Vietnam, trasformando così George Romero in un acclamato autore. La notte dei morti viventi sarà poi oggetto di reboot e remake, tra cui quello diretto da Tom Savini nel 1991.

Seguono altre quattro pellicole, girate tutti nei dintorni di Pittsburg, decisamente meno fortunate: There’s always vanilla (1971), commedia sentimentale su un uomo che torna nella sua città ed ha una relazione con una donna più vecchia che resterà poi incinta, La stagione della strega (1972), dramma orrorifico in cui una casalinga si fa sedurre dal fascino della stregoneria, e La città verrà distrutta all’alba (1973), dove un’arma biologica che fa impazzire le persone trasformandole in omicidi e distruttori contamina l’acquedotto di una cittadina. Nel 1977 è la volta di Wampyr (1977), in cui il giovane Martin narcotizza delle donne per poi tagliarne i polsi e berne il sangue.

Nel 1978, grazie all’interessamento di Dario Argento che decide di produrre il suo ritorno al cinema zombesco, George Romero gira il suo secondo film del genere, Zombi (Dawn of the dead). Qui la sua critica prende di mira il consumismo, con i morti viventi che cercano a tutti i costi di rientrare nel loro centro commerciale preferito, in un film che presenta notevoli dosi di splatter e che, girato con un budget molto basso, porta a casa oltre 55 milioni. Al successo internazionale contribuisce anche l’indimenticabile colonna sonora dei Goblin, che insieme ad un differente montaggio voluto da Argento, dona ben altro ritmo al film rispetto all’edizione statunitense. Nel 2004 Zack Snyder ne girerà un buon remake.

Nel 1981 è la volta dello strambo Knightriders – I cavalieri, in cui giovani motociclisti si esibiscono in fiere paesane e vivono seguendo i codici cavallereschi di Re Artù e della leggenda di Camelot, capeggiati dal giovane Ed Harris. Lo stesso Harris, con Leslie Nielsen, sono tra i protagonisti del successivo Creepshow (1982), gustoso film a episodi di genere horror comedy, in omaggio ai vecchi fumetti anni ’70, e tratto da Stephen King: gran successo al botteghino con 21 milioni di dollari incassati solo negli USA. E’ quindi tempo per Romero di chiudere la trilogia zombesca, anche per cercare di passare definitivamente oltre e non restarne prigioniero. Arriva così, nel 1985, Il giorno degli zombi, con i pochi superstiti umani rinchiusi nel sottosuolo e il primo tentativo di addestramento di uno zombi. Cupo e critico verso le follie dell’edonismo reaganiano, il presenta scene talmente splatter da essere vietato ai minori di 17 anni.

Due anni dopo arriva un altro flop, l’horror Monkey Shines – Esperimento nel terrore, in cui un uomo rimasto tetraplegico stabilisce un inconscio legame psichico con una scimmietta ammaestrata che inizierà a compiere delitti. Romero torna quindi a collaborare con Dario Argento, dirigendo un episodio a testa di Due occhi diabolici (1990), con quello romeriano sicuramente migliore e tratto da La verità sul caso di Mr. Valdemar di Edgar Allan Poe. Nel 1993 è la volta de La metà oscura, discreto horror tratto ancora una volta da Stephen King in cui lo scrittore Timothy Hutton cerca di liberarsi del suo crudele pseudonimo letterario, che ormai ha preso forma umana. Cinque anni dopo gira due spot tv per il videogioco zombesco di Resident Evil 2, di cui poi la Capcom gli commissiona l’adattamento cinematografico; il risultato è però ritenuto poco commerciale dalla dirigenza e la regia è offerta a Paul W. Anderson, che poi diventerà la vera anima di quella saga.

Nel 2000 Romero gira un film che uscirà direttamente in vhs, Bruiser, thriller imperniato su un uomo che, accorgendosi di avere un’anonima maschera al posto del viso, decide di sfruttarla per vendicarsi dei torti subiti nella vita. Passano quindi ben cinque anni ed i tempi sono maturi per il tanto atteso quarto capitolo della saga zombesca, che non sarà il più volte annunciato Twilight of the dead, ma La terra dei morti viventi, che grazie ad un budget di 15 milioni di dollari e ad un cast composto da Simon Baker, Dennis Hopper, Asia Argento e John Leguizamo, rappresenta il film più costoso della carriera romeriana. In una città fortificata per difendersi dal contagio, dove solo i ricchi possono vivere bene, si sviluppa una ribellione delle popolazioni e troviamo per la prima volta uno zombi che non sia un semplice automa, con una chiara critica del regista alle lotte di classe. Risultato: quasi 47 milioni incassati e via libera per altri due capitoli, Diary of the Dead – Le cronache dei morti viventi (2007), sorta di road movie con un gruppo di ragazzi in fuga dalla nascente epidemia zombesca, girato in digitale con lo stile mokumentary, e Survival of the Dead – L’isola dei sopravvissuti (2009), storia semi-western di faide familiari su un’isola in cui si contrappone chi vuole sterminare gli zombi e chi tentare di recuperarli, presentato in anteprima mondiale alla 66ª Mostra del Cinema di Venezia e che conclude (non proprio al meglio) l’esalogia zombesco-romeriana.

Nel 2014 è uscito, edito dalla Marvel, il fumetto Empire of the Dead, scritto da George Romero con disegni di Alex Maleev, mentre il appena tre giorni prima di morire il regista aveva diffuso la locandina di George A. Romero Presents: Road of the Dead , il nuovo progetto da lui scritto e prodotto per essere diretto da Matt Birman, noto stuntman nonché regista delle seconde unità degli ultimi film di George Romero. A poche ore di distanza dalla sua morte è arrivata anche la notizia del decesso del grande attore Martin Landau.

di Ivan Zingariello

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