AfricaBar, debutto nazionale al Teatro Argentina per Riccardo Vannuccini e i richiedenti asilo del Teatro in Fuga, in scena dal 22 al 24 giugno 2017 in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato.
AfricaBar chiude la trilogia del Teatro del deserto
AfricaBar: scene di vite sconnesse. Nell’era dell globalizzazione, delle connessioni solo apparenti, a volte forzate e spesso inutili, si fa spazio uno spettacolo passivo che non chiede di essere compreso ma solo accettato nella sua autodeterminazione. Il sipario si apre su un edificio in rovina dall’aspetto nudo ed asettico, spoglio, come le energie che vi si muovono all’interno. Trenta attori rifugiati africani, i richiedenti asilo del Teatro In Fuga, insieme al regista e protagonista Riccardo Vannuccini danno vita ad una traccia dalla doppia lettura; sembrerebbe infatti esserci un rimando differente tra ciò che accade sul palco e quello che arriva al pubblico. Il palcoscenico si anima di frasi, parole e concetti in varie lingue che a volte con tono irruento vorrebbero forse attecchire sugli spettatori, o anche no. I tempi dell’opera sono a tratti lenti ma c’è posto per dinamiche più incalzanti che a mio avviso comunque non coinvolgono emotivamente lo spettatore. Il fattore più importante ed eloquente rimane lo sguardo vuoto ed il silenzio mimico degli attori, un silenzio che non è assenza di rumore bensì esattamente il contrario, è un prendere atto di ciò che è senza cercare consensi, è un accadere nel qui ed ora eterno come se nulla potrà mai essere cancellato, è un percepire costantemente il confine tra quelle vite e noi seduti di fronte in una collocazione semplicemente diversa. Sul palco regna il “caos” nel senso più creativo del termine perché è disordine coerente con il senso del Tutto.
Un ponte immaginario tra attori e pubblico
Il regista Vannuccini ha dichiarato: «In “AfricaBar” il racconto è una giocosa fluttuazione di cosa in cosa, da questo a quello, da locale a straniero, da maschio a femmina senza mai determinare o dividere le figure, dove una sola scena è simbolo di più accadimenti che si aprono a infinite combinazioni». Nello spettacolo tutto è astratto, rischiando di apparire inconcludente, eppure esiste un filo conduttore che fà da ponte immaginario fra attori e pubblico in modo semplice e chiaro: le tazze da caffè! Entrano in scena in maniera cadenzata e portano una ventata di familiarità in tutta quella confusione. Ecco che lì ti ci ritrovi. Ecco che il tintinnio di quei cucchiaini risuona nel teatro e ti accarezza come gesto che appartiene a tutti noi: potrei esserci io che scrivo o tu che leggi su quel palco a tenere in mano quelle tazzine tanto presenti nelle nostre vite, e in quell’istante esatto si percepisce l’unica connessione vera e possibile tra noi e loro.
Dedicato ad Hande Kader
Lo spettacolo, della durata di 70 minuti, è dedicato ad Hande Kader, la 22enne turca attivista per i diritti civili mutilata e carbonizzata nell’agosto 2016. AfricaBar è un progetto prodotto da Artestudio e Refugee Theatre Company che mostra le esistenze vivisezionate di chi fugge dalla mancanza di pace in terra natia, perché la guerra non è solo bombe che esplodono e fucili che sparano, ma anche sentirsi imbavagliati nell’espressione libera di sé stessi in ogni forma e sfumatura. Ad aprire la serata è la giovane Valentina Lamorgese, assistente alla regia che ha introdotto i brevi saluti istituzionali del delegato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Alessandra Morelli, e del prefetto della Commissione Nazionale per il Diritto di Asilo, Angelo Trovato. Colonna sonora curata da Rocco Cucovaz e musiche di Underground Youth, Pogues, Simeon Holt.
AfricaBar di Riccardo Vannuccini è in scena al Teatro Argentina dal 22 al 24 giugno 2017.
Voto 6
di Federica Palazzo
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