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Recensione: Saremo bellissimi e giovanissimi sempre

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In Saremo bellissimi e giovanissimi sempre Marco Chenevier interpreta il pensiero Eckhartiano in uno spettacolo di teatro danza.

Dalla filosofia Eckhartiana alla danza contemporanea

Saremo bellissimi e giovanissimi sempreLa scelta – beati pauperes in spiritu – Eckhart project è lo spettacolo portato in scena da Marco Chenevier dal 26 al 28 maggio al Teatro Vascello. Il regista, coreografo, interprete e autore dei testi ha l’ambizioso obiettivo di rendere vivo e pulsante sul palcoscenico il pensiero del mistico, teologo tedesco Johannes detto Meister (Maestro) Eckhart. Il pensiero Eckhartiano può essere riassunto in un processo di liberazione da ciò che ci appartiene, ci orienta verso un fine, ci determina esteriormente, fino a giungere ad un distacco catartico dall’eigenschaften, dalla “proprietà” che ci condurrà realmente al divino. Chenevier, unico interprete in scena, ci catapulta per un’ora e un quarto alla scoperta della concezione filosofica del mistico tedesco alternando al monologo ironico, la lettura dei testi e la danza contemporanea.

Metateatro e autocritica

Saremo bellissimi e giovanissimi sempre è un’opera che mescola il metateatro e due diverse forme d’arte che si compenetrano. Marco Chenevier si rivolge direttamente agli spettatori e spiega loro le origini del processo creativo che lo hanno guidato durante la scelta dei temi da affrontare, delle coreografie, delle musiche. Il compito appare subito di difficile soluzione e l’artista ne è completamente sovrastato e mostra la propria incertezza, nevrosi per il percorso irto di ostacoli intrapreso. Il regista attua infine una selezione e decide di concentrarsi su cinque fondamenti filosofici: memoria, volontà, sensi, solitudine e giudizio. L’autore pare compiere un vorticoso tentativo di analisi, autocritica, messa in discussione della funzione teatrale, chiarendo al pubblico la logica delle proprie scelte stilistiche e ritrattandole continuamente, quasi all’infinito perché poco pregnanti. Il risultato è un monologo circolare, quasi schizofrenico, sofferto, alternato a coreografie asciutte, ma intrise di energia.

Un’interpretazione ironica e ansiogena

Le scene emotivamente più coinvolgenti sono indubbiamente quelle che rappresentano i sensi e la solitudine. Nella prima l’artista ragiona sull’opportunità di usare due dei cavalli di battaglia più recitati e popolari al mondo: i testi Shakespeariani ed il Preludio di Bach e li interpreta in modo ironico ed irriverente. Nella scena della solitudine Chenevier, recitando e spostando gli oggetti presenti sul palcoscenico, mette continuamente in discussione il proprio operato creativo e dà prova di grande padronanza dei tempi comici con una crescente e nevrotica tensione fisica e verbale che diverte, conquista il pubblico e suscita risate ed applausi.

Marco Chenevier
Marco Chenevier

Il ruolo dell’arte nella società dell’apparire

Il messaggio e le riflessioni più importanti a cui l’artista ci induce sono sicuramente legati all’accostamento tra il pensiero di Eckhart, che si allontana dal mondo dei beni materiali, dei ruoli precostituiti per avvicinarsi ad una dimensione interiore più profonda e vera, ed il ruolo dell’arte nella nostra società votata al culto dell’esteriorità, in bilico tra ansia di apparenza, di possesso e di gloria effimera. L’intento di Chenevier è quello di criticare la società contemporanea votata al più sfrenato consumismo e di domandarsi se sia attuale e perseguibile l’insegnamento filosofico di Eckhart volto ad eliminare l’egoismo attraverso la rinuncia ai desideri, ai beni materiali, al benessere terreno per ritrovare una dimensione interiore più spirituale e orientata alla solitudine, alla non omologazione ed alla ricerca del proprio Io.

Scenografia, luci e coreografie

La scenografia è scarna, essenziale, vi sono solo una sedia, una scrivania con il copione, il materiale di studio per la preparazione dello spettacolo ed un microfono. La scelta minimalista è funzionale al tema trattato, la spoliazione dai beni materiali, dalle abbaglianti ed ipocrite tentazioni dell’apparire, dell’avere a scapito dell’essere. La luce scelta è sempre e solo un occhio di bue che illumina in modo diretto Chenevier mentre recita e danza. Le musiche elettroniche Dark Time in the Revolution di Laurie Anderson danno voce al ritmo frenetico del battito cardiaco del protagonista ed a tratti sono quasi ipnotico-oniriche. Le coreografie sono lineari, ripetitive, a volte fin troppo semplici, benché danzate con forza e passione.

Marco Chenevier coregrafia
Marco Chenevier danza sulle note di “Back to the revolution”

Forma e sostanza

Saremo bellissimi e giovanissimi sempre è un lavoro sicuramente pretenzioso, ma intellettualmente stimolante ed offre diversi livelli interpretativi per lo spettatore, sia per le tematiche trattate di non facile lettura, quale il pensiero di un filosofo come Eckhart, sia per la volontà di creare un parallelismo con  il ruolo dell’arte e dell’estetica nella società contemporanea. Dal punto di visto prettamente formale vi è una certa altalenanza di ritmo e pathos tra le scene che rappresentano i fondamenti filosofici del teologo, molto coinvolgenti alcuni, più ripetitivi e meno esaltanti altri. La scelta interpretativa del testo da parte di un unico artista attraverso il linguaggio teatrale e quello della danza non è risultata completamente vincente a mio parere, pur riconoscendo la grande versatilità, l’ironia, la vivacità espressiva e corporea dell’artista.

Ecco il link della pagina ufficiale dello spettacolo prodotto da IDA – Theatre Danse con il sostegno del MIBACT – Ministero dei beni e delle attivita culturali e dell’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione Valle d’Aosta e andato in scena al Teatro Vascello.

Voto 7

di Anna Urru

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