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Recensione: Nebbia in agosto, la vera storia di Ernst Lossa

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Nebbia in agosto di Kai Wessel, tratto dal romanzo omonimo di Robert Dones del 2008, racconta la storia vera di Ernst Lossa (1927-1944), tredicenne tedesco di origine Jenisch (la terza maggiore popolazione nomade europea dopo Rom e Sinti, conosciuti come “zingari bianchi”) che fu ucciso il 9 agosto del 1944 nell’ospedale psichiatrico di Kaufberen dal programma di eutanasia nazista.

Nebbia in agosto

Ernst Lossa (Ivo Pietzcker)

Ambientato nella Germania del Sud all’inizio degli anni ’40, il film racconta la storia di Ernst Lossa (interpretato dal bravissimo Ivo Pietzcker, che aveva 12 anni quando è stato girato il film), un ragazzino orfano di madre, molto intelligente ma disadattato. Le case e i riformatori nei quali ha vissuto l’hanno giudicato “ineducabile”, ed è stato confinato in un ospedale psichiatrico a causa della sua natura ribelle. Qui si accorge che alcuni internati vengono uccisi sotto la supervisione del dottor Walter Veithausen (Sebastian Koch). Ernst decide quindi di opporre resistenza, aiutando gli altri pazienti, e pianificando una fuga insieme a Nandl (Jule Hermann), il suo primo amore. Ma il piccolo Lossa è in realtà in grave pericolo, perché è la dirigenza stessa della clinica a decidere se i bambini debbano vivere o morire, secondo il programma di “eutanasia” nazista, un macabro capitolo della storia tedesca che per molto tempo è stato cancellato dalla memoria storica.

Nebbia in agosto

Dottor Walter Veithausen (Sebastian Koch)

L’inizio della terapia T4 (che prendeva il nome dal numero civico della sede della centrale dell’operazione a Berlino) avviene alla fine del 1939, dopo la firma del “Decreto Eutanasia” da parte di Hitler. Fino al 24 agosto 1941 (fine del T4) vengono uccise oltre 70mila persone malate di mente nel Reich, nel 1940 era iniziata la costruzione di 21 “reparti per bambini”. Dal 1942 c’era stata l’introduzione delle razioni che portavano alla malnutrizione (attraverso la cosiddetta “dieta della fame”), a causa della quale morirono circa 90mila persone. La differenza tra la terapia T4 e l’eutanasia di cui si parla comunemente oggi è che la prima è in realtà un omicidio di massa fatto dalla propaganda nazista, una sorta di “bonifica interna della società tedesca” per eliminare gli elementi “malati” dal loro punto di vista (compresi disabili, malati di mente ma anche zingari, ebrei, non ariani, ecc.). I centri di eliminazione (“ospedali della morte”) dove venivano mandati i malati per mezzo di autobus o treni dai vari istituti psichiatrici all’inizio erano solo 6 in tutta la Germania, dopo il loro arrivo venivano uccisi nelle camere a gas e questa metodologia gettò le basi per il successivo sterminio degli ebrei. Nel ’41 Hitler dovette sospendere questa operazione perché la notizia di questi omicidi era trapelata creando proteste tra la gente, ma da quel momento furono gli stessi medici, con la complicità di assistenti sociali, infermiere e suore, a sopprimere direttamente i pazienti tramite avvelenamento e cibo non nutriente, in totale ci furono tra i 200 e i 300mila morti uccisi negli ospedali.

Nebbia in agosto

Il dottor Veithausen e Suor Sophia (Fritzi Haberlandt)

Il film ricorda un po’ “Negozio al Corso”, film cecoslovacco del 1965 di Ján Kadár ed Elmar Klos. Il giudizio che il regista dà della Chiesa è molto negativo, non ci fu una forte opposizione per quello che veniva fatto contro gli ebrei e gli zingari, anche se insieme all’opinione pubblica fu determinante per sospendere la T4 e iniziare l’eutanasia “decentrata” che non prevedeva più l’uso di gas ma tramite il “luminal” (nel film sono i barbiturici), un farmaco che viene dato con molta grazia, nascosto nel succo di lampone. Il personaggio dell’infermiera Edith Kiefer (la bella e attraente Henriette Confurius) è la rappresentazione del male nazista. Il dottor Veithausen, che all’inizio sembra un personaggio positivo, nel corso del film si radicalizza e diventa favorevole all’eliminazione non solo dei malati ma anche dei bambini che possono dare problemi, come Ernst, che alla fine viene ucciso perché scopre gli omicidi degli altri pazienti e perché era nomade, questo era il motivo principale per cui era entrato in ospedale. Lossa era un ragazzo dolce, sano, nonostante la sua condotta a tratti problematica, sempre pronto ad aiutare gli altri, che spesso offriva cibo che rubava dalla dispensa agli affamati e ai malati, e fu proprio questa ribellione che alla fine lo portò alla morte.

Nebbia in agosto

Edith Kiefer (Henriette Confurius)

La T4 è andata al di là dei principi su cui è sorta, anche in Italia c’è stata la propaganda a favore della T4 e c’è stata una grande responsabilità anche del mondo scientifico (basti vedere la rivista “La difesa della razza”). Ci sono stati anche molti medici che si sono rifiutati ma è difficile parlare di cifre e percentuali, sia per le vittime che per i medici, nel film si vede che non si tratta solo di rispettare ordini ma si decide di diventare ruote dell’ingranaggio, il male in questo caso non è mai banale ma è scelto e voluto. I medici hanno sempre bisogno di ricordare che i pazienti sono persone perché ogni tanto se lo dimenticano, ed è importante sapere che certe cose sono accadute per far sì che non accadano di nuovo. Il produttore del film Ulrich Limmer ha dichiarato «Ogni volta che guardavo la foto di questo ragazzino, pensavo: questa storia deve essere raccontata».

Nebbia in agosto

Nandl (Jule Hermann) con Ernst Lossa (Ivo Pietzcker)

Film bellissimo e commovente, sin dalla morte del primo bambino a cui fanno bere il succo di lampone, che non dà spiegazioni scientifiche ma umane, mai retorico, forse giusto un filo nel finale quando c’è l’anelito verso la libertà che per Ernst è rappresentata dall’America. E alla fine la sua amica Nandl dirà agli altri bambini che Lossa è andato lo stesso in America, un modo per non farlo morire. “Nebbia in agosto” andrebbe proiettato nelle scuole in occasione della “Giornata della memoria”, insieme ad altri film sul nazismo come “Il viaggio di Fanny” di Lola Doillon o “Il labirinto del silenzio” di Giulio Ricciarelli.

Nebbia in agosto

Alessandro Sgritta

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