Il Grande Gigante Gentile (GGG, titolo originale “The Big Friendly Giant”, BFG) è il nuovo film di Steven Spielberg in uscita il 30 dicembre, in esclusiva per l’Italia con Leone Film Group, distribuzione Medusa.
Basato sul romanzo “Il GGG” di Roald Dahl (pubblicato in Italia da Salani nel 1982, lo stesso anno in cui uscì “E.T. l’Extraterrestre” al cinema), per questo film Spielberg (che il 18 dicembre scorso ha compiuto 70 anni) si è avvalso della stessa sceneggiatrice di E.T., Melissa Mathison (scomparsa a novembre 2015) e dello stesso autore delle musiche, John Williams, per un film che sembra avere tutte le carte in regola per ripetere lo stesso grande successo di pubblico. Il team creativo comprende il direttore della fotografia Janusz Kaminski (Oscar per “Schindler’s List” e “Salvate il soldato Ryan”), lo scenografo Rick Carter (“Forrest Gump”, “Avatar”, “Lincoln”), il montatore Michael Kahn e la costumista Johana Johnston, oltre allo scenografo Robert Stromberg e il supervisore agli effetti visivi Joe Lettieri di Weta Digital (4 Oscar).
“Mai scendere dal letto, mai avvicinarsi alla finestra, mai guardare dietro la tenda”, sono le regole imposte dalla direttrice dell’orfanotrofio, ed è qui che ha inizio la nostra storia: ovviamente la bambina scende dal letto, si avvicina alla finestra, guarda dietro la tenda e viene rapita dal GGG, che la porta nella terra dei giganti.
Il GGG (interpretato da Mark Rylance) è un gigante, un Grande Gigante Gentile, molto diverso dagli altri abitanti del Paese dei Giganti che come San-Guinario (Bill Hader) e Inghiotticicciaviva (Jemaine Clement)si nutrono di esseri umani, preferibilmente bambini. E così una notte il GGG, che è vegetariano e si ciba soltanto di “Cetrionzoli” e “Sciroppio” (l’uso del linguaggio è molto importante nel film, come nel libro di Dahl, esiste una vera e propria lingua da lui inventata che si chiama “Gobblefunk”) rapisce Sophie (la bravissima Ruby Barnhill, al suo esordio sul grande schermo), una bambina che vive a Londra e la porta nella sua caverna. Inizialmente spaventata dal misterioso gigante, Sophie ben presto si rende conto che il GGG è in realtà dolce, amichevole e può insegnarle cose meravigliose. Il GGG porta infatti Sophie nel “Paese dei Sogni”, dove cattura i sogni che manda di notte ai bambini e le spiega tutto sulla magia e il mistero dei sogni. L’affetto e la complicità tra i due cresce rapidamente, e quando gli altri giganti sono pronti a nuova strage, il GGG e Sophie decidono di avvisare nientemeno che la Regina d’Inghilterra dell’imminente minaccia, e tutti insieme concepiranno un piano per sbarazzarsi dei giganti una volta per tutte. Come afferma Spielberg il film è una storia sull’ amicizia, sulla lealtà e sulla capacità di proteggere i propri amici, ed è inoltre una storia che dimostra che anche una bambina piccola può aiutare un grande gigante a risolvere i suoi più grandi problemi.
Il GGG è un ibrido tra un classico Disney e un film della Amblin Entertainment (la casa di produzione fondata da Spielberg con Kennedy e Marshall nel 1981) e dopo vari film storici come “Lincoln” e “Il ponte delle spie” segna il primo film della Walt Disney (che ha dato la sua partnership e concesso i suoi loghi) diretto da Spielberg, con un mix tra oscurità e luce già tipico di Walt Disney in opere quali “Dumbo”, “Fantasia” e “Biancaneve”. Spielberg era un fan di Dahl da anni e aveva letto il suo libro ai suoi figli quando erano piccoli. Il GGG era anche il libro preferito da Dahl stesso e dalla sua morte nel 1990 i produttori avevano parlato con la vedova dell’idea di farne un film. La sceneggiatrice Melissa Mathison ha preso il libro di Dahl realizzando una trasposizione cinematografica al contempo fedele e fantastica, concentrandosi sul rapporto tra il gigante e la bambina, un classico. Spielberg ha scelto di utilizzare un mix tra storytelling e tecnologie digitali, impiegando contemporaneamente elementi live-action con la tecnologia delle tute “performance-capture”, avvalendosi di un sistema di pesi e cavi elastici per fare sentire gli attori ancorati al suolo come se si muovessero in uno spazio denso e dare proporzione alle loro interpretazioni, per poi passare alla creazione digitale, sovrapponendo l’ambiente di ripresa virtuale sulle riprese dal vivo tramite la tecnologia di ripresa Simulcam, senza togliere autenticità alla recitazione, mettendo insieme tre mondi diversi fatti da creature di tre dimensioni diverse. Il GGG è infatti alto poco più di 7 metri, circa la metà degli altri giganti “canniballi” e “assassinistri” alti dai 12 ai 16 metri, con un set fuori scala per far sembrare la bambina Sophie ancora più piccola, con il regista e gli attori che passano continuamente da un set all’altro, grazie anche ai magici effetti luce della fotografia di Kaminski.
Come si diceva grande importanza nel film e nel libro ha la lingua utilizzata dai giganti e in particolare dal GGG, costituita da parole inventate simili al lessico inglese (o italiano nel doppiaggio) che vengono utilizzate al posto di quelle ordinarie: così ad esempio gli esseri umani diventano “urbani”, il cetriolo diventa “cetrionzolo”, lo sciroppo “sciroppio”, ecc. e anche i nomi degli altri giganti sono fatti apposta per incutere paura nei bambini: “Strizzateste”, “Vomitoso”, “Trita-bimbo”, “Spella-fanciulle”, “Scotta-dito”, ecc. Il film è anche il racconto di un percorso di progressiva accettazione del “mostro” nel mondo adulto e normale, in senso “timburtoniano”, fino ad arrivare alla Regina d’Inghilterra (Penelope Wilton) che si convince personalmente della bontà del GGG e aiuta la bambina a sconfiggere i giganti cattivi. E’ un film sull’importanza dei sogni, sulla fuga dalla realtà, sul riscatto dell’immaginazione e dall’oscurità, partendo da un incubo che diventa un sogno ad occhi aperti, un po’ come in “Nightmare Before Christmas” quando si passava da un luogo popolato da mostri alla città incantata dei bambini e del Natale, e viceversa.
Alessandro Sgritta
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