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Recensione: “In bici senza sella”, film a episodi sul precariato giovanile

Lo scorso 27 ottobre all’Aula Ezio Tarantelli della facoltà di Economia della Sapienza di Roma c’è stata la presentazione di “In Bici Senza Sella” (sottotitolo “ricette anticrisi e altri esercizi di sopravvivenza”), film in sei episodi che nasce da un’idea di Alessandro Giuggioli girato da sette giovani registi emergenti (Giovanni Battista Origo, Sole Tonnini, Gianluca Mangiasciutti, Matteo Giancaspro, Cristian Iezzi, Chiara De Marchis e Francesco Dafano), con la partecipazione speciale all’incontro con gli studenti del celebre attore inglese Colin Firth che ha sostenuto il progetto. Il film, presentato nella sezione “Alice nella città” dell’ultima Festa del Cinema di Roma, ha già vinto il Toronto Indipendent Film Award 2016 e il Premio Fondazione Cineteca Italiana come miglior film sulla condizione “precaria” dei giovani di oggi “per l’intelligenza, la sensibilità e l’autoironia con cui ha saputo trattare un tema così importante e urgente.” L’uscita nelle sale è il 3 novembre per Zenit Distribution.

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Attori e registi del film "In bici senza sella" alla Sapienza
Attori e registi del film “In bici senza sella” alla Sapienza

Dopo i saluti istituzionali del prof. Maurizio Franzini, Alessandro Giuggioli ha spiegato che il film nasce come il racconto di varie generazioni (X, Y, Millennials, ecc.) che si possono racchiudere sotto il nome dei “senza sella”, visto quello che è diventato il mercato del lavoro. Oggi tutto ci sembra a portata di mano con un click ma senza il crowdfunding questo film non si sarebbe mai realizzato. A chi pensa che studiare non serva a niente ricorda che l’unica arma a disposizione dei ragazzi è l’estrema preparazione. Il film racconta gli espedienti messi in atto dalle generazioni che si affacciano in questi anni sul mercato del lavoro, in un clima di perenne instabilità dove non ci sono più certezze e in cui bisogna reagire alla crisi per sviluppare quegli anticorpi che permettano di reagire alla rassegnazione e di affrontare il presente e il proprio futuro.

1)  SANTO GRAAL  (regia di Giovanni Battista Origo)

Primo episodio con Edoardo Pesce (Aurelio) e Riccardo De Filippis (Luciano) che vanno a svuotare la cantina del signor Nando Partecipazzi (Alberto Di Stasio), che poi li implorerà di ucciderlo con una spada e li caccia via. I due trovano vecchi elmi da guerrieri, armature e la coppa del “Sacro Graal” da cui bere per diventare immortali. Un vecchio pensionato al bar propone lo scambio della sua pensione con il Sacro Graal e i due accettano pur di non rimanere precari in eterno ed evitare una vita di “le faremo sapere”.

2) I PRECARI DELLA NOTTE  (regia di Sole Tonnini e Gianluca Mangiasciutti)

Secondo episodio da cui è partito l’intero progetto, racconta la storia di cinque precari disperati (Alessandro Giuggioli, Luca Scapparone, Michele Bevilacqua, Manfredi Saavedra, Flavio Domenici) che vagano di notte per le stazioni metro di Roma, dalla Magliana all’Eur, fino all’INPS, ispirati al celebre film “I guerrieri della notte”. C’è un incontro-scontro tra precari e cassintegrati, un inseguimento fino allo Shangrillà, poi arrivano i lavoratori in nero, c’è da svuotare un hangar senza fattura con un’Ape. L’ultima scena è girata all’Idroscalo di Ostia (forse un omaggio a Pasolini) e si chiude con la frase “tutta sta fatica pe’ torna in questo posto de merda”. Forse uno degli episodi migliori del film, girato a quattro mani.

3) CURRICULUM VITAE  (regia di Matteo Giancaspro)

Terzo episodio con Francesco Montanari (il giovane Yuppie), Flavio Domenici e Stefano Ambrogi, è la storia di un ragazzo qualificato che non riesce a trovare lavoro, nonostante gli slogan motivazionali che campeggiano sulle pareti. Il capoufficio parla solo con termini inglesi e gli fa capire che non lo può assumere perché ha il curriculum di un cinquantenne e lo caccia via con la frase di Steve Jobs “Stay hungry! stay foolish!” Il precario “fallito” sale sul tetto di un palazzo e minaccia di buttarsi di sotto ma lo fanno desistere.

4) CRISALIDE  (regia di Cristian Iezzi e Chiara De Marchis)

Quarto episodio, e secondo girato a quattro mani, con Emanuela Mascherini (Laura), Alberto Gimignani e Remo Stella, e la partecipazione di Sara Sartini e Gabriele Guerra. Racconta la storia di una giovane ragazza che firma un contratto di lavoro a tempo indeterminato con una clausola di dimissioni. Un’amica viene licenziata solo perché incinta. Il capo la vede grassa, pensa che sia depressa e la manda dallo psicologo del lavoro, che dice che l’aumento di peso compensa una carenza affettiva. Laura è incinta e partorisce, mentre il capo la chiama al telefono, sente che “non è l’unica a dover sbattere le ali per sopravvivere”, come la crisalide di una farfalla che dopo la metamorfosi deve diventare adulta.

5) IL PARASSITA  (regia di Francesco Dafano)

Quinto episodio, con Alessandro Giuggioli e Ciro Scalera, inizia con un dipendente che viene licenziato. Lo stesso poi riceve un avviso di sfratto esecutivo immediato e rimane in mezzo alla strada, a questo punto entra di nascosto a casa del capo dove vive di nascosto come un parassita, poi quando sarà scoperto il capo cade a terra e muore, rimasto da solo brinda ma scopre che sotto il tavolo c’è un altro parassita. Si ride amaro, come in tutto il film.

6) IL POSTO FISSO (regia di Sole Tonnini)

Sesto ed ultimo episodio, con due attori (Michele Bevilacqua e Luca Scapparone) che avevano partecipato al secondo episodio (sempre diretto da Sole Tonnini) e l’aggiunta di Edoardo Sala. I due amici sognano un posto fisso a tempo indeterminato, si vendono addirittura biglietti per colloqui di lavoro a trenta euro, alcuni disperati saltano e si sfracellano vestiti da supereroi (Zorro, Superman, Wonderwoman). Usano la fionda contro un impiegato madrelingua che sa l’inglese (questa “globalizzazione del cazzo”), il colloquio d’assunzione si chiude con il classico “le faremo sapere”. Alla fine per disperazione i due amici Pietro e Paolo si ritroveranno preti in un seminario. Episodio grottesco e surreale ispirato a “I mostri” di Dino Risi.

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Colin Firth e Alessandro Giuggioli alla Sapienza
Colin Firth e Alessandro Giuggioli alla Sapienza

Dopo la proiezione ha preso la parola Colin Firth, l’attore inglese premio Oscar per “Il discorso del Re” che dice di non c’entrare niente con il film (anche se lo ha supportato economicamente e c’è la moglie Livia tra i produttori) ma è una grande sfida a Hollywood e lo vuole sostenere. Si dice rattristato dal vedere tanti giovani italiani costretti a venire a Londra a cercare lavoro, e la Brexit certo non aiuta in questa Europa dei muri e delle barriere, servirebbe più cooperazione tra le generazioni e tra i paesi. Quando finisce di parlare molti degli studenti presenti si alzano e lo inseguono per avere foto o autografi, perdendosi il dibattito sul precariato che li riguarda da vicino a cui partecipano Christian Raimo e Michele Raitano.

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Christian Raimo alla Sapienza
Christian Raimo alla Sapienza

Questo film nasce prima del “Job’s Act” e ruota intorno all’idea del posto fisso. Per sapere cos’è la precarietà dobbiamo vedere il primo episodio “Sacro Graal”. Cosa accadrà con il Job’s Act alla neomamma? La precarietà non vuol dire che i giovani devono fare i parassiti ma pensare a una strategia per avere più diritti per tutti. La fragilità e l’insicurezza sono molto diffuse, il posto fisso spesso è solo una tappa intermedia. C’è il luogo comune che studiare non serve, però allo stesso tempo non è una soluzione sufficiente, aver studiato permette spesso di guadagnare di più ma non basta, premia meno rispetto al passato. Bisogna vedere se i problemi sono legati alla domanda o all’offerta di lavoro, non può dipendere solo dagli studenti e dal sistema di formazione. Christian Raimo (41 anni) dice che questo film poteva essere girato anche 20 o 30 anni fa e non sarebbe stato molto diverso, quindi non invecchia. Da quando ha finito l’università ha visto crollare l’editoria, il giornalismo e ora forse crollerà anche la scuola. Nessuno di questi giovani precari sta veramente male, il welfare riesce a sostenere le spese mediche  e molti giovani si rivolgono ai genitori e alle famiglie, perché i redditi delle nuove generazioni si stanno impoverendo rispetto a quelle precedenti. Paragona il contratto a tempo indeterminato a un tumore, anche se quest’ultimo è una malattia più comune. Racconta di una ragazza che aveva tre lavori non pagati e spendeva 700 euro di psicanalisi, pagando di tasca sua anche il conflitto di classe. Parla della delegittimazione e della mancanza di rappresentanza sindacale nel nostro paese come di un grave problema e di una inchiesta sul lavoro notturno a Carrefour (in Italia ci sono 1100 punti vendita e 120 notturni), dove gli impiegati prendono 5 euro netti l’ora con turni anche di 17 ore. Ha incontrato storie di tutti i tipi, la maggior parte dei lavoratori di Carrefour lavora in cooperative, non come dipendenti, sono assunti come soci-lavoratori e non hanno diritti sindacali. Oggi ci sono molti posti a rischio anche nei call center, c’è un problema di globalizzazione, si delocalizza in Albania per risparmiare sul costo del lavoro, ma anche l’Italia sta diventando un posto dove il costo del lavoro è talmente basso che conviene investire. Passa il messaggio che l’unico modo per essere competitivi per le aziende è abbassare il costo del lavoro. La sfida è il “dilemma del prigioniero”: creare il coordinamento per non lasciare soli i lavoratori. Questo film è importante perché per ragionare sul lavoro occorre un racconto sul mondo del lavoro. Il rapporto di lavoro avviene fra due parti che hanno forze diseguali, il sindacato nasce proprio per tutelare chi non ha potere contrattuale, se chiunque è disposto a fare qualsiasi cosa pur di lavorare (la domanda che è al centro anche dell’ultimo film di Michele Placido, “7 minuti”) il costo opportunità del non lavorare è zero e per i giovani non ci sono alternative.

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Alessandro Sgritta

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