Eccoci arrivati alla 2a puntata della nuova rubrica “Il Criticone“. Questa volta parliamo di due film che non hanno convinto al 100%: “Everest” e “Io e lei”
EVEREST
Presentato in anteprima al Festival di Venezia, il film non raggiunge le vette dell’omonima montagna.
Siamo nel 1996 e sulla catena dell’Himalaya hanno ormai preso piede le spedizioni “turistiche” che consentono (a chi si può permettere di spendere 65.000 $) di raggiungere la vetta dell’Everest, la montagna più alta del mondo. Tra le maggiori compagnie che forniscono questo servizio ci sono l’americana “Mountain Madness” capeggiata dal famoso alpinista Scott Fischer (Jake Gyllenhaal)e la neozelandese “Adventure Consultants” del meno spregiudicato Rob Hall (Jason Clarke). Coincidenza vuole che entrambi fissino per il 10 maggio, data che considerano “fortunata” (come no!), la partenza delle rispettive spedizioni verso la cima. Iniziano quindi noiose settimane di intenso allenamento ad alta quota, dove i due gruppi affronteranno arrampicate su vette più abbordabili. Conosciamo così volti, umori e storie personali dei futuri scalatori, tra cui troviamo un amico di Hall, anch’egli guida (Sam Worthington), un giornalista di “Outside” (Michael Kelly), un patologo texano (Josh Brolin), una cazzutissima giapponese che ha già scalato le altre 6 cime più alte del mondo (Naoko Mori) e persino un postino (John Hawkes) che già aveva tentato la scalata un anno prima senza riuscirci (complimenti al postino che si può permettere di spendere 130.000 $ in 12 mesi per delle arrampicate!).
Beck Weathers (Josh Brolin) al campo base
Arriviamo quindi al fatidico giorno con le due spedizioni che partono verso la cima, ma tra l’inesperienza di alcuni, superficialità varie e un’incredibile bufera che li coglierà di sorpresa, la fase di ridiscesa si trasformerà in tragedia. Dal campo base il coordinamento via radio è affidato alla povera Helen Wilton (Emily Watson) che assiste impotente agli avvenimenti, oltre a sorbirsi via telefono le preoccupate mogli dei partecipanti, tra cui la bravissima Keira Knightley e Robin Wright. Ovviamente qualcuno sopravvive (non è uno spoiler, infatti il film è tratto dal libro di chi ce l’ha fatta), ma il prezzo da pagare sarà molto alto.
La scalata verso la vetta dell’Everest
Un grande cast per il regista islandese Baltasar Kormákur che mette in scena questo drammone dove la montagna fa solo da contorno/sfondo. Quindi chi dal trailer si aspetta chissà quali mega avventure tra le nevi rimarrà deluso. Vuoi per il fatto che trattandosi di una storia vera non si potesse forzare la mano più di tanto, vuoi per il fatto che per più di un’ora non succede praticamente nulla, vuoi per il fatto che non si riesce ad affezionarsi ai (tanti) personaggi e a soffrire con loro, il risultato è decisamente medio. Nonostante il 3D e la mastodontica bufera che occupa la mezz’ora finale, allo spettatore non viene sinceramente voglia di fare il “tifo” per gli scalatori intrappolati a oltre 8800 metri, e anzi in alcuni casi si tifa quasi contro, della serie “brutto coglione che cavolo ci sei andato a fare lassù? Te la sei cercata!“. Persino Reinhold Messner, uno che di scalate e di montagna qualcosina ne capisce, dopo aver assistito a una parte delle riprese ha criticato il film definendolo “una cartolina in cui manca l’attore principale: la montagna”. Il pubblico però continua ad andare a vederlo, con già 4 milioni di euro incassati e oltre 600.000 spettatori. Se davvero volete affrontare queste due ore in vetta alla montagna, preparatevi anche a qualche sbadiglio e munitevi di un bel caffè caldo.
VOTO: 5.5
Jake Gyllenhaal e il regista Baltasar Kormákur
IO E LEI
L’atteso film di Maria Sole Tognazzi sulla strombazzata normalità di una coppia lesbo lascia qualche perplessità.
Siamo nella Roma borghese di due signore non più giovanissime che convivono ormai da 5 anni. La prima è Federica (Margherita Buy) fa l’architetto, ha un marito alla spalle (Ennio Fantastichini) e un figlio universitario (Domenico Diele); molto riservata e perennemente indecisa, non era mai stata attratta dalle donne prima di questo rapporto e di conseguenza cerca di tenerlo quasi segreto. L’altra è Marina (Sabrina Ferilli), imprenditrice bio-ristorativa (con Alessia Barela a farle da assistente) ed ex attrice, espansiva e senza alcun problema esistenziale nel suo essere lesbica. La loro storia è quella di una normalissima (anche troppo) coppia che si ritrova la sera a condividere lo stesso divano per cena o una serata fuori con le amiche.
Federica (Margherita Buy) e Marina (Sabrina Ferilli) in un momento romantico
Tutto sembra procedere tranquillamente fino a quando Marina rilascia un’intervista in cui parla anche del suo rapporto, facendo il nome di Federica. Lei, riservata com’è, la prende molto male (anche perché i colleghi a lavoro la sgamano) e la cazzia di brutto. Oltretutto per caso incontra il suo semi-ex Marco (Fausto Maria Sciarappa) trasferitosi da Milano e questo la destabilizza ulteriormente, facendole tornare mille dubbi. Quando poi un regista (Massimiliano Gallo) propone a Marina di tornare a girare un film dopo molti anni in una parte scritta su misura per lei, Federica scapoccia definitivamente, terrorizzata dal clamore mediatico che potrebbe generarsi. Quindi parallelamente inizia una storia di sesso con Marco, ma ovviamente Marina non tarderà a scoprirlo…
Federica e suo figlio Bernardo (Domenico Diele)
Partendo dal presupposto che il film è stato scritto da Maria Sole Tognazzi (e da Ivan Cotroneo e Francesca Marciano) appositamente pensando alle due attrici romane (che avevano già dato il loro assenso), il risultato non convince al 100%. Come dicevo di normalità ce n’è anche troppa e, al contrario de “La vita di Adele” (ricco di scene di sesso esplicito), qui il massimo che si vede è un bacio, e neanche troppo convinto. La Tognazzi ha dichiarato che trattandosi di due signore e non di due ragazzine, il sesso era una cosa secondaria e che quindi preferiva soffermarsi sulla fragilità del loro rapporto. A me invece viene da pensare che non abbia voluto osare fino in fondo, senza contare che non sono così sicuro che le due attrici si sarebbero prestate a girare esplicite scene saffiche (insomma, almeno una pomiciata con un po’ di lingua poteva starci!). Detto questo il film scorre via come una normale storia familiare, senza infamia e senza lode, e del macchiettistico mondo gay/lesbo che siamo abituati a vedere al cinema (da “Il vizietto”, omaggiato nel film con il personaggio del cameriere/checca, in poi) non c’è praticamente traccia. Questo non è necessariamente un male, anzi, ma tutta la vicenda è davvero troppo edulcorata per risultare interessante fino in fondo. Si ride qua e là, ma non basta. Infine gli attori: buoni i comprimari (compreso Duccio Camerini, perfetto come venditore di materassi); la Ferilli è pure bravina e il tradimento subìto porta il pubblico dalla sua parte (in realtà già da prima); la Buy fa la Buy e le sue perenni indecisioni e comportamenti diventano snervanti, tanto da volerla quasi prendere a schiaffi. Comunque entrambe non entrano nella parte al 100%, ed è un vero peccato. Per carità, non esistono solo lesbiche camioniste, però a queste (complice anche il non sesso) manca sicuramente una piena credibilità.
VOTO: 6
La coppia alla ricerca di un materasso
A più tardi con la terza puntata de “Il Criticone” in cui vi parlerò di “Sopravvissuto – The martian” e “Padri e figlie”.
Ivan Zingariello
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